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Autore: Zihna    15/06/2014    3 recensioni
«Dovrebbero passare tra poco» «Chi te lo ha detto?» «Il Merlo» «E lui ne è sicuro?»
«Fate silenzio! Eccoli!»
Feliciano strinse il fucile tra le mani sudate. Il rumore di passi si faceva più forte ad ogni istante che passava. Si appiattì contro le foglie, imitando i suoi compagni che si erano zittiti.
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Una storia a più capitoli ambientata durante il periodo dei partigiani in Italia (1943-1945). I personaggi saranno un po' (tanto) ooc.
GerIta
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Germania/Ludwig, Nord Italia/Feliciano Vargas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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«Smettila di fischiare»
Ludwig non ne poteva più, gli facevano male i piedi, aveva caldo e da più di un’ora l’italiano chiamato “Nord” non la finiva più di fischiettare, per non parlare del fatto che non mangiava dal giorno prima.
«Se vuoi canto qualcosa» «Non ci provare» Lo ammonì il tedesco con aria severa. Il partigiano fece spallucce e continuò a camminare. Aveva un’andatura tranquilla, rilassata, come se stesse passeggiando diretto al mercato. Ludwig invece incespicava in ogni radice e più di una volta rischiò di cadere a causa della pendenza del terreno.
«Ci vorrà ancora molto?» Domandò con una punta di esasperazione nella voce.
Improvvisamente il ragazzo si fermò e lui rischiò di andargli addosso.
«Cosa stai…» «Shht» Lo zittì l’italiano.
«Lo senti anche tu?» Il tedesco rimase in ascolto e in lontananza udì lo scroscio di un corso d’acqua.
«Da questa parte» E i due ripresero il cammino, procedendo in discesa.
«Ti va di parlare?» Chiese timidamente il partigiano. Ludwig sospirò, questi italiani erano davvero rumorosi.
«Di cosa?» «Non saprei, di tutto. Parlami di casa tua, com’è la Germania?»
Ludwig fu colpito da quella domanda, non avrebbe mai immaginato che a qualcuno potesse interessare.
«Bhé…è bella, molto. Ho studiato a Berlino e quando la guerra finirà andrò a viverci. È una grande città e ci sono molte cose da fare e da vedere, biblioteche, musei, negozi…» Non aveva idea di cos’altro dire, così in un improvviso attimo di imbarazzo chiese: «Perché non mi dici com’è la tua di casa?»
L’italiano, che lo aveva ascoltato con attenzione, sembrò rianimarsi.
«Io sono nato e cresciuto a Milano, è una bella città, non troppo lontana da qui. Avevamo un piccolo appartamento piuttosto lontano dal centro, e per andarci prendevo la bicicletta. Ricordo ancora il profumo del mercato il sabato e quello della chiesa la domenica. Mio fratello detestava andarci, ma a casa era quello che pregava più di tutti»
La risata dell’italiano strappò un sorriso anche al tedesco, era bello vederlo raccontare di cose a lui familiari, sembravano due ragazzi normali piuttosto che due soldati, oltretutto nemici.
«Hai detto che hai un fratello»
«Si chiama Lovino, è una delle persone più scontrose che abbia mai visto! Ma gli voglio bene e mi manca» Un’ombra di malinconia attraversò il viso del ragazzo.
«È anche lui un partigiano?»
«Non saprei, aveva detto che sarebbe andato a sud ad arruolarsi, ma non ha detto per che parte. L’ultima lettera che mi ha mandato risale alla primavera e dice solo che tornerà a nord alla fine della guerra»
Il ragazzo abbassò lo sguardo.
«Sono certo che sta bene» Borbottò Ludwig in un goffo tentativo di risollevargli il morale. A quanto pare funzionò dato che l’italiano gli concesse un altro dei suoi sorrisi.
«Tu invece ne hai di fratelli?»
«Uno solo, più grande. Si chiama Gilbert ed è rimasto in Germania»
Pensare al fratello gli faceva male, ne sentiva mancanza. Quando era piccolo pensava di odiarlo per via di tutti gli scherzi e le prese in giro ricevute, ma ora avrebbe dato qualsiasi cosa pur di rivederlo sano e salvo.
«Guarda!» Non fece in tempo a realizzare che si erano lasciati il bosco alle spalle che l’italiano gli corse davanti completamente nudo, tuffandosi poi in un fiumiciattolo che scorreva pigramente davanti a loro.
«Cosa stai facendo?» Come se si fosse appena ricordato di essere nel bel mezzo di una guerra, Ludwig strinse il fucile mentre il ragazzo riemergeva dall’acqua sorridente.
«Non vuoi fare il bagno? L’acqua è fresca»
Il tedesco esitò.
«Non cercherò di affogarti, rilassati» Rise l’italiano.
Dopo alcuni istanti Ludwig sospirò spogliandosi, lasciò abiti e fucile accanto a quelli del partigiano ed entrò anche lui nel fiume. L’acqua non era troppo fredda, l’ideale per rinfrescarsi in una giornata estiva.
«Ludwig!» Fu strano sentirsi chiamare per nome, e appena si voltò, stupito, l’italiano batté le mani sull’acqua, spruzzandogliela addosso. Entrambi risero e quello fu l’inizio di una battaglia. Si schizzarono l’acqua addosso a vicenda ridendo come due matti e per quel pomeriggio la guerra fu lontana, estranea a quei due ragazzi.
 
Quando il cielo iniziò a mutare da azzurro a quel rosa pallido che annunciava l’arrivo del tramonto i due soldati si trovavano distesi sul prato, l’italiano indossava pantaloni e canottiera mentre il tedesco si era infilato solo i pantaloni. Poco prima entrambi avevano mangiato un pezzetto a testa del pane che si era portato il giorno prima il partigiano, e questo aveva tranquillizzato un po’ i loro stomachi vuoti.
«Quando la guerra sarà finita potrò venire a trovarti in Germania?»
Ludwig venne preso alla sprovvista da quella proposta.
«Si…» Non aveva idea di come sarebbe stata la sua nazione alla fine di quel conflitto, ma era certo che sarebbe cambiata. Forse l’avrebbero rasa al suolo o forse tutto il mondo ne avrebbe fatto parte, il futuro era molto incerto.
Il silenzio tornò tra i due, ma questa volta senza imbarazzo, semplicemente entrambi desideravano godersi la pace della campagna.
«Feliciano»
Disse improvvisamente il ragazzo sdraiato accanto a lui.
«Wie bitte?...Come?»
«Feliciano Vargas, mi chiamo così»
Aggiunse sorridendo l’italiano.
«Feliciano…» Ripeté Ludwig accennando un sorriso. Un partigiano gli aveva appena rivelato il suo vero nome, significava che poteva fidarsi di lui? Si erano raccontati delle loro vite e avevano persino giocato insieme quel pomeriggio, ormai nessuno dei due aveva più intenzione di uccidere l’altro.
«Ludwig»
«Ja?»
«Vuoi ancora sapere perché mi sono unito ai partigiani?» Il tedesco osservò per qualche istanti gli occhi ambrati del giovane prima di annuire.
«Dovevo arruolarmi come fascista, ma non volevo. La guerra mi ha sempre fatto paura e non volevo parteciparvi, allora sono scappato. Ovviamente per i disertori c’è la pena di morte, così sono rimasto nascosto» L’italiano fece una piccola pausa.
«Mi vedevo con una ragazza in quel periodo, dovevi vedere quanto era bella»
Un sorriso gli increspò le labbra.
«Si chiamava Alice, teneva sempre i capelli legati in una treccia e l’ho conosciuta mentre lavava i panni al Naviglio Grande. Dovevamo sposarci»
Il tedesco rimase in silenzio notando gli occhi lucidi di Feliciano.
«Mio fratello era già partito per il sud e mio nonno si era nascosto con me, così i fascisti non avevano nessuno con cui prendersela, ma qualcuno disse loro di Alice. Un giorno passai davanti a casa sua e trovai la madre in lacrime, mi disse che la polizia l’aveva portata via. Nessuno seppe più niente di lei, e nel frattempo conobbi delle persone che mi proposero di unirmi alla Resistenza. Ho accettato e ho ucciso fascisti e nazisti, ma ovviamente nulla di tutto questo potrà mai riportare Alice da me»
Ludwig distolse lo sguardo dalle lacrime che solcavano il viso di Feliciano. Si chiese se ogni partigiano avesse una storia simile alle spalle e lo stomaco gli si strinse in un nodo.
«Alcuni combattono per degli ideali, altri per la libertà»
Feliciano si mise seduto asciugandosi le lacrime.
«Io lo faccio perché non ho altro» Aggiunse con un sorriso triste.
Improvvisamente il tedesco lo abbracciò. Strinse a sé quel corpo magro come per proteggerlo, gli accarezzò i soffici capelli castani e lo lasciò singhiozzare contro la propria spalla.
Avrebbe tanto voluto piangere anche lui, ma ancora una volta non lo fece. Improvvisamente i due si ritrovarono a fissarsi negli occhi, Ludwig si specchiò in quelli bagnati dalle lacrime dell’italiano, e Feliciano in quelli azzurro cielo del tedesco. I loro volti erano vicini, troppo vicini.
Improvvisamente Ludwig sentì la necessità di azzerare quella distanza, ma venne preceduto dall’italiano, le cui soffici labbra si posarono su quelle del soldato.
Si baciarono, tenendosi stretti l’uno all’altro, come per disperazione.
Il regime per il quale combatteva aveva detto a Ludwig che baciare un uomo era sbagliato, mentre a Feliciano ci aveva pensato la chiesa, ma in quel momento nessuno dei due sembrò ricordarsene.
Appena le loro labbra si allontanarono, i due sciolsero anche l’abbraccio. Si alzarono in piedi e si rivestirono con calma.
«Da che parte andiamo adesso?» Domandò Ludwig recuperando il fucile.
«Di qua, seguiamo il corso d’acqua ancora per un po’, tra qualche ora farà buio»
Ed entrambi si rimisero in cammino, comportandosi come se nulla fosse successo, ma sentendosi come se un tornado li avesse appena travolti.

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Ed ecco a voi il terzo capitolo uvu
Avrei voluto soffermarmi ancora un po’ sull’aspetto “romantico” della situazione, ma non volevo allungare troppo il capitolo, così mi rifarò nel prossimo :B
  
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