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Autore: Shinny_Leaf    15/06/2014    3 recensioni
Mi chiamo Venus. Venus Blain. Ho 16 anni e vendo me stessa per portare a casa da mangiare.
Domani ci sarà la Mietitura e c'è solo una cosa di cui sono certa: io verrò sorteggiata. Non c'è via di scampo.
Non fatevi impressionare. Io non sono un agnellino impaurito, ma non provo nemmeno piacere a uccidere. Sono sempre la via di mezzo.
La via di mezzo tra una ragazzina un po' pazza e una donna sadica. Quella figura a metà.
Una cosa è certa: se dovrò andare io tornerò a casa.
Tributi...
tremate di paura.
Genere: Azione, Comico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Caesar Flickerman, Finnick Odair, Nuovo personaggio, Presidente Snow
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
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18. Siamo nati dannati

 
Venus’ s POV
 
“ Quindi manca solo una ragazza?” Mi chiede Blaze.
“ Solo una.”
La luna è piena e splendente questa notte, la temperatura è bassa e la foresta è silenziosa. Condizioni favorevoli a una perfetta morte.
Un leggero brivido risale la mia schiena e Blaze se ne accorge.
“ Prendi la mia giacca.” Mi dice sorridente, mentre mi porge l’indumento.
Non me lo faccio ripetere due volte. In un attimo, m’infilo la giacca che si scontra estranea con la mia pelle d’oca.
“ Ci siamo.” Dico a Blaze.
Il suo sorriso si spegne e si trasforma in una smorfia senza vita.
“ Sei pronto?” Gli chiedo un po’ preoccupata.
Ero io, quella che doveva portare i pesi. Quella che doveva soffrire e quella che doveva tenere duro. Quella insana e incasinata, malinconica e disperata, ironica e incredibilmente positiva.
Non lui.
Lui era il bambino che tutti volevano come amico, che tutte le madri volevano come figlio.
Era il bambino sempre grazioso, solare e amichevole. Il bambino coraggioso e speranzoso.
Buono e giusto.
Il bambino che si è trasformato in un ragazzo che sbavava simpatia e carisma. Il ragazzo che era amato e apprezzato.
Il ragazzo con cui la vita è stata gentile fino a un certo punto. Fino a quando non gli si è rivoltata contro il giorno della Mietitura.
Non doveva capitare.
Doveva avere una vita lunga e bella con una famiglia amorevole e una moglie da amare fino allo sfinimento.
“ Del resto, siamo nati per morire, no?” Dice vuoto.
Il rumore di un pezzo di vetro che cade per terra m’invade la mente. Un vetro che si frantuma fa da fastidioso eco nei miei pensieri.
Un pezzo del mio cuore? Assolutamente no.
Io non ho un cuore.
Ho il cuore di Axel, ma niente più.
Un pezzo della mia anima se ne va con il ragazzo che ho amato, in maniera del tutto inconvenzionale, e non tornerà più indietro.
Guardo il terreno, ma non vedo nulla.
Non posso, non posso farlo.
Non è una cosa che so fare o che posso sopportare. Non di nuovo.
Non sopporterò la rottura di un’altra vita solo per far procedere la mia.
Non ha senso prolungare il mio smarrimento.
Devo farlo io.
Io devo morire, Blaze non lo merita.
“ Posso farlo io.” Dico senza tono, solo con tanto vuoto.
Sei la ragazza che ho amato per mille anni e amerò per altrettanti mille. Puoi chiedermi qualsiasi cosa, ma non chiedermi di assistere alla tua morte e cercare di scordarmela.” Mi dice a bassa voce, tenendomi la mano.
“ E forse mi sono espresso male. Probabilmente il mio non è amore, è solo una condizione.
Ti ho abbandonata quando più avevi bisogno di sostegno. Hai superato tutto, mentre all’altezza del mio cuore si stava formando una voragine.
Non capisci? È il mio prezzo da pagare, il mio debito da saldare. Devo morire e tu devi vivere.
È l’unico modo per ripagarti di tutto il male che ti ho fatto, di tutta la solitudine che ti ho lasciato vivere. Possiamo dire che il mio sia quasi autolesionismo ma, andiamo, chi non l’ha mai provato? Tutte le volte che ti vedevo per il Distretto, cosciente della tua fatica e del tuo dolore, crollavo in silenzio. Andavo in pezzi e, nonostante tutto quello che sentivo, non ho mai fatto nulla: né un saluto, né una scusa.
Nulla. Ero rimasto nell’immobilità più totale.
Sono in debito con te e devo morire. E non solo devo, ma me lo merito.
Siamo nati dannati. E forse non lo sai e non l’avresti mai immaginato, ma io sono più dannato di te.
Da dannato mi merito mille e una morte, ma una basta, se devo pagare con gli interessi, per salvare te.
E se ti mancherò, pensa solo, che sono morto per una causa giusta.
Ricorda che ti ho voluto bene (come a una sorella), che io ti ho poi amata (come mia anima gemella) e che ti ho abbandonata perché non merito nulla.
Ricorda che questo non è un sacrificio, ma è la ragione della mia condizione che io scambio per amore.
È un vincolo meraviglioso.” Mi parla disperato e si allontana da me.
Io sono disperata quanto lui e così rassegnata dalle sue scelte.
“ Promettimi che ci sarai sempre.
Promettimi che la mia disperazione e la tua condizione resteranno vive, da qualche parte.
Promettimi che mi lascerai un pezzo di te stesso e che io lo possa inserire nell’enorme buco che si formerà a seguito della tua morte. O che si sta già formando.” Riesco solo a dire questo.
I suoi occhi marroni si fissano nei miei e lui prende un respiro profondo.
“ Lo prometto.” Dice con voce decisa.
Visibilmente smarrita faccio un passo verso di lui.
“ Un passo più vicino.” Gli ordino con voce spezzata.
Blaze fa un piccolo sorrise triste e annulla la poca distanza che vi era fra noi.
Gli lancio uno sguardo carico di disperazione che lui mi restituisce.
Ci fissiamo, ci contempliamo, coscienti che questa è l’ultima occasione nella quale possiamo imprimere le nostre immagini nella nostra anima.
Ricorderò tutto, ogni suo aspetto e ogni sensazione vissuta insieme.
Ricorderò il suo viso dai lineamenti puliti e armoniosi e la sua carnagione rosea. Ricorderò la sua altezza e il suo fisico per niente gracile.
Ricorderò i suoi capelli castani e i suoi occhi marroni come il legno di mogano, quasi tendenti al rosso.
Il nostro primo incontro da bambini; il modo in cui un bambino solare come lui è subito corso incontro a una bambina diversa come me. Le nostre gite alla riserva naturale del Distretto nelle quali giocavamo e ridevamo insieme.
Ricorderò quando se ne andò mio padre e mia madre morì; mi rimase accanto, senza pretendere la mia vecchia allegria. Il nostro primo bacio, vicino al fiumiciattolo sotto casa sua e con i petali dei fiori di pesco che ci cadevano addosso.
Ricorderò il nostro primo “appuntamento”; il picnic alla riserva, il modo in cui mi sorrideva qualsiasi cosa io dicessi, i piccoli fiori di pesco che intrecciava nei miei capelli.
Ricorderò l’unica volta che siamo riusciti a vedere il tramonto al Distretto: dopo essere saliti sull’albero di casa mia ed esserci incastrati tra i rami più spessi, siamo rimasti lì, a rimirare il meraviglioso sole rosso che scompariva tra le nubi d’inquinamento circostanti.
Speravo tanto di poter salire su quell’albero insieme a lui tutti i giorni e di provare a vedere il lampo verde: uno spettacolo tanto meraviglioso quanto raro. Una volta che il sole raggiunge la linea dell’orizzonte e, in rare occasioni, si può formare una luce verde che dura pochi secondi.
Alzo la mano destra, con una lentezza sfiancante, mentre lui fa lo stesso con la sinistra.
Come se fossimo l’una riflessa nell’altro.
Portiamo le mani, prima a sfiorarsi con un fremito, e a intrecciarsi poi.
Allacciamo lo sguardo e mischiamo i colori delle nostre iridi.
“ Sei sempre stata meravigliosa, ma io non l’ho mai detto.” Sussurra Blaze, mentre appoggia la sua fronte contro la mia.
Stringo gli occhi e mi mordo forte il labbro inferiore per trattenere le lacrime. Una piccola goccia di sangue mi riga il mento.
“ Ovunque andrai, ti prometto che non sarai sola.” Disse sorridendo.
Ora ti sento Blaze, sento il tuo respiro.
Meraviglioso è il modo in cui, tu ed io, ci scambiamo l’anima, attraverso i nostri respiri.
Sento un tocco leggero sul braccio, poi ne sento un altro sulla spalla e poco dopo uno solo la schiena.
Sposto lo sguardo da Blaze e inizio a guardarmi intorno.
“ Nevica.” Sussurro sorpresa.
Stento a crederci; non che nevichi mai al Distretto ma, dopo giorni di sole, non mi sarei mai aspettata la neve.
Blaze allunga un braccio e stende un palmo per catturare un fiocco di neve. I fiocchi si depositano subito sul suo palmo e scompaiono, sciogliendosi.
Blaze aggrotta le sopracciglia e il suo viso diventa una maschera di confusione.
“ Cosa c’è?” Gli chiedo un po’ preoccupata.
“ C’è qualcosa che non va.” Risponde visibilmente teso.
“ Cioè?” Gli chiedo ancora, impaziente.
“ La neve, solitamente, non è calda.” Risponde.
Allungo anch’io una mano e, con stupore, sento il calore di ogni singolo fiocco che si espande e si dissolve. Le goccioline rimaste scivolano giù dalla mia mano.
Probabilmente non l’ho notato prima perché ho ancora la pelle insensibile per colpa del freddo.
Rivolgo la testa verso l’alto e spalanco la bocca. Qualche attimo dopo, un fiocco di neve mi entra in bocca. Il suo sapore è diverso da quello neutro dell’acqua, è quasi ferroso.
“ Ha un sapore strano.” Dico a Blaze.
“ Non è neve.” Aggiungo.
Solo che non so cos’è.
 
 
Blaze’ s POV
 
“ … l’anima, l’anima sì. Le strapperemo via il cuore. Il cuore cosa? Egli deve morire, perché è qui secondo te? Deve morire, prima dell’anima.. Anima deve soffrire, mentre guarda Cuore morire. Sì, decisamente sensato.” Delle frasi sommesse provengono da vicino.
“ Venus, hai sentito?” Le chiedo, preoccupato.
La osservo mentre si guarda attorno visibilmente spaventata.
“ Cuore muore prima e Anima soffre, così deve essere. Anima non muoverà un arto per colpa della tristezza. Anima fa la dura, ma è la più debole… noi lo vediamo. Noi sappiamo vederlo. E dopo ciò? Me medesima avrà infilzato anche anima e se la mangerà, perché Me medesima ha fame.. e poi vincerà.” Dice la voce.
Non sembra una voce umana; è altalenante e in continuo cambiamento. Quasi stonata cambia, a ogni singola sillaba, il volume e la modulazione di voce. Urla e poi sussurra, gracchia e cantilena.
Mette i brividi.
“ Sì, è orrendo. Qualsiasi cosa sia, faremmo meglio ad andarcene.” Risponde con il volto contorto in una smorfia di tensione.
“ Sicura? Ho la netta sensazione di dover affrontare quella.. quella cosa.”
“ Blaze, non penserai mica che..?” Mi dice confusa.
Possibile che riesca a leggermi come un libro aperto? Per nemmeno una frazione di secondo mi è balenata in testa l’idea che la voce che sentiamo provenga dall’ultima ragazza rimasta nei Giochi e Venus ha capito subito le mie intenzioni.
“ Per quello che ne sappiamo potrebbe essere qualsiasi cosa.” Continua insicura mentre alcuni fiocchi di neve si depositano sulle sue ciglia per poi sciogliersi e colare rapidamente sulle sue guance.
Quasi infastidita, Venus si asciuga il viso etereo dalla poca acqua che, ripetutamente, le corre sul viso.
E non c’è immagine più bella di una ragazza bianca come la porcellana in mezzo a una distesa di bianca neve. I suoi capelli biondi innevati e le sue labbra rosse regalano colore a uno spettacolo così maestosamente puro.
Mai mi ero accorto di quanta naturalezza e purezza contenesse quest’unica ragazza.
Troppo oscura per il giorno, troppo luminosa per la notte.
Troppo spaventata dal cielo, troppo vincolata per il mare.
Troppo per la Terra, troppo poco per il Paradiso.
“ È lei, me lo sento. “ Le affermo.
Un rumore di passi strascicati misto a versi di stanchezza sembra avvicinarsi verso la nostra posizione.
Senza aspettare un solo attimo, trascino Venus per un braccio dietro un albero e mi nascondo assieme a lei.
Ripugnante: ecco una sola parola che riassume lo spettacolo che ci si propone davanti.
Non è più un essere umano, ma un agglomerato di arti e ferite.
La ragazza cammina gobba usando solo la gamba destra, strascicando sulla neve gelata quel poco che le rimane dell’altra gamba. Il piede sinistro non esiste più e della gamba è rimasto solo metà tibia e perone. Il corpo è ricoperto di ferite non ancora cicatrizzate. Inoltre, dalla sua canottiera, s’intravede una spessa cicatrice che fa da protagonista sul suo sterno.
Inutile descrivere le innumerevoli macchie che ha sulle braccia grondanti di sangue. Mancano tutte le dita, tranne il pollice, dalla sua mano destra.
Il viso è pallido e uno dei suoi occhi è chiuso e attraversato da una cicatrice che termina sul mento. La sua bocca sputa sangue a ogni sua parola.
“ Signori e signore, ecco a voi l’Edizione dell’Orrore.” Mi sussurra sarcastica Venus nell’orecchio.
“ Come si può ridurre una ragazza così?” Dico, più a me stesso che a lei.
“ Ho la netta sensazione che, quest’anno, il Capo Stratega sia un tipino particolarmente sadico. E anche assetato di sangue, parecchio.” Sussurra di nuovo.
Nonostante la situazione, mi scappa una piccola risata. Come fa a trovare la forza di scherzare in un momento del genere? È meravigliosa, non c’è altra spiegazione.
“ Andiamo, non lo è secondo te? Cioè, parliamo di uno che ha messo nei Giochi: veleni, droghe, rumori ipnotizzanti, sparizioni notturne, ganci con le corde, suicidi disperati di coppia e neve. Capisci? Neve! Così, alla cazzo.” Dice quasi seccata.
Menomale che la ragazza ha l’udito praticamente inesistente, altrimenti ci avrebbe già assalito.
“ E la sfigurazione qua davanti, ti sei dimenticata.” Le dico, facendo un cenno con la testa verso la ragazza che cammina vanti e indietro a pochi metri da noi.
“ Non sia mai!” Mi risponde alzando di poco le mani, quasi in segno di resa.
“ Può darsi che ci voglia uccidere a suon di polmonite e influenza.” Le dico, con un ghigno divertito sul volto.
Il suon cristallino della sua risata mi avvolge in una calda coperta e il suo silenzio improvviso mi riporta nelle tenebre al freddo, nudo.
Torna a fissare la ragazza, concentrata sulle sue prossime mosse. Incespica le sopracciglia, mentre si spreme la mente alla ricerca di un piano d’attacco.
Ed io non ho nessuna intenzione di perdermi i miei ultimi attimi di Venus Blain.
 
 
 
Eh già! Ho aggiornato finalmente e sono in un ritardo spaventoso.
Non vi so spiegare il perché. So solo di essere cambiata.
Non so in cosa, ma so di essere diversa e voglio essere totalmente sincera con voi.
Ho paura che non finirò mai questa storia. O meglio, non so se la finirò. Sapete, ho passato mesi in ospedale. Ero occupata a guarire e a seguire ore di lezione con insegnanti private per tentare di salvare l’anno. Troppe assenze, troppe malattie, troppi problemi.
Tutti mi dicono: “La salute prima di tutto eh!”. Già, avreste dovuto vedermi. In ospedale, in tutti questi mesi, sarò anche guarita da ciò che mi affliggeva il corpo, ma, la grande realtà è che, sono diversa ora. Troppo diversa.
Ci sono pensieri “stravaganti” che affollano la mia mente. Paure nuove, orrori sconosciuti e.. niente più sicurezze.
Il mio corpo è davanti al mio pc, ma la mia mente si è persa in un ospedale.
Mi sono smarrita.
Spero di non avervi deluse o di non sembrarvi psicopatica.
Mi dispiace davvero tanto.
Proverò a rimettermi insieme.
Proverò a finire la storia.
 
A presto,
Valeria (Shinny)
  
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