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Autore: Ely_fly    15/06/2014    4 recensioni
Dunque, salve a tutti :)
Sono tornata, stavolta con una song-fic ambientata al liceo.
Garfield e Rachel fanno parte del club di canto e il ragazzo cerca di sfruttare l'occasione per esprimere i suoi sentimenti, con una canzone, appunto. Anzi, più di una. Ma saranno sufficienti ad aprire gli occhi alla ragazza?
Genere: Commedia, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Beast Boy, Raven
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Era mezzanotte.

Rachel era ancora sveglia, non le riusciva proprio di mettersi tranquilla a dormire, pur sapendo che il mattino dopo la sveglia l’avrebbe svegliata all’alba. Tutta colpa delle scoperte delle ultime ore. La stavano facendo impazzire.

Prima Kori, che le aveva confermato la cotta di Garfield per lei.

Poi le sue compagne di stanza, che le avevano detto di sbrigarsi a capire se le piacesse o meno, perché c’era il rischio che altre mettessero gli occhi su di lui.

E poi quella ragazza russa, Alexandra, che stava evidentemente flirtando con lui.

Senza contare la discussione che aveva avuto al telefono con Jessica poco prima di andare a letto. Anche la sua migliore amica le aveva confermato la cotta di Garfield e come Clara e Ines le aveva detto di sbrigarsi a capire i suoi sentimenti. Aveva però aggiunto che, secondo lei, non era questione di altre ragazze che mettessero gli occhi su di lui o cose simili. No, era tutto per lei stessa. E per Garfield, naturalmente, che meritava una risposta, qualora avesse deciso di dichiararsi o comunque di dirle qualcosa.

Questa era la cosa che più le dava da pensare: sembrava che il tempo complottasse contro di lei. Eppure tutto andava alla grande, prima che tutto questo iniziasse. Non che rimpiangesse di essere a New York, assolutamente no, era il sogno di tutta la sua vita. E non aveva avuto nessuna esitazione nel portare Garfield da sua madre. E allora cosa era stato a far cambiare tutto?

Lo sapeva. Ma preferiva continuare ad ignorarlo. Almeno finché non avesse capito cosa provava davvero.

 

«Eppure con Jason non mi sono mai fatta tutti questi problemi!» sospirò a bassa voce, rigirandosi ancora una volta nel letto. Si voltò verso la finestra e guardò le luci che filtravano attraverso i fori delle tapparelle. Era persa nei suoi pensieri e quasi cadde dal letto quando sentì il telefono che vibrava sul comodino. Si liberò dal lenzuolo con una mossa degna di una contorsionista e controllò chi la stesse chiamando.

Richard.

Con un balzo fu fuori dal letto e rapidamente uscì nel corridoio, per non disturbare le sue compagne di stanza.

«Rich? Che succede?» bisbigliò rapida, sperando che nessuno la beccasse nei corridoi dopo il coprifuoco. Non voleva certo mettersi nei guai il primo giorno di lezioni.

«Riguarda la zia» le rispose lui, concitato. Sembrava serio.

«È successo qualcosa a Selina?» chiese preoccupata la ragazza.

«No, non a Selina…» Richard non fece in tempo a finire la frase che Rachel stava già singhiozzando sommessamente. Se non era Selina, doveva trattarsi per forza di cose di sua madre.

«Che… Che è successo?» domandò, cercando di controllare la voce.

«I medici dicono che ha avuto una specie di crisi e che la sua situazione è molto peggiorata. Anche con l’aiuto delle macchine non sanno quanto potranno tenerla in vita, ancora. Però non sono molto ottimisti, dicono che potrebbe essere per un periodo da tre a sei mesi» spiegò Richard, cercando di mostrarsi più calmo di quanto evidentemente non fosse.

«Cosa?!?» esclamò Rachel, sforzandosi poi di abbassare la voce. «Cosa vuol dire, Rich? Avevano promesso che sarebbe stata bene. Lei deve stare bene!»

«I medici hanno detto che si tratta di una cosa che capita, purtroppo, molto spesso, nel caso di pazienti in coma. Dicono che è raro che si risveglino. Rachel…»

«Non dire niente, Richard. Ti prego. Non dire niente. Io… Devo pensare. Mi dispiace. Ci sentiamo domani.» E riappese, mettendo a tacere il cugino, che aveva provato a fermarla.

Fissò il cellulare e vide che i contorni dell’oggetto erano sfocati, come se fosse sott’acqua. Con un gesto nervoso si passò i polsi sugli occhi, asciugandosi le lacrime e cercò di ricomporsi.

Di tornare in camera non aveva voglia, al momento. Aveva bisogno di aria. Non le interessava di essere scoperta o chissà che altro. Doveva uscire.

Corse giù per le scale e attraversò l’atrio. Spalancò le porte ed uscì nell’aria fresca della notte.

Respirò a pieni polmoni e si sedette su una panchina in pietra.

 

Lì la trovò Garfield, quando uscì anche lui, verso l’una e mezza.

La trovò a colpo sicuro, come se in un qualche modo avesse percepito la presenza della ragazza. Si avvicinò cautamente, non volendo spaventarla e non troppo sicuro di quello che stava facendo. Se Rachel si trovava lì a quell’ora, doveva essere sicuramente una cosa seria. E non era detto che lui fosse il benvenuto.

«Rachel?» sussurrò, cercando di non allarmarla.

Tentativo inutile, perché la ragazza sussultò come se le avessero sparato. Si voltò lentamente, mostrandogli un viso tristissimo. Che, alla sua vista, divenne, se possibile, ancora più triste.

«Rachel?» ripeté, esitante, avvicinandosi. «Che è successo?» Si complimentò con se stesso per non averle chiesto se andava tutto bene, perché palesemente andava tutto male.

«Garfield…» mormorò lei, con voce appena udibile, da quanto era fioca.

«Sono qui, che succede?» chiese lui, sedendosi accanto a lei.

In tutta risposta, la ragazza lo abbracciò e scoppiò a piangere sulla sua spalla.

Lui la lasciò fare, limitandosi a passarle una mano sui capelli e a stringerla a sé con l’altra.

 

Dopo qualche minuto, Rachel finalmente si calmò, ma rimase tra le braccia di Garfield. Si sentiva protetta e il biondino certamente non aveva nulla da ridire.

Sentendo che la ragazza si era calmata, il ragazzo osò abbassare lo sguardo su di lei e le chiese dolcemente: «Va un po’ meglio?»

Lei si limitò ad annuire lentamente, senza dire una parola.

Lui ricominciò ad accarezzarle i capelli, lentamente. Rimasero così ancora qualche istante, poi il ragazzo ruppe il silenzio.

«Sai, è una fortuna che ti abbia trovata qui fuori. Stavo venendo a cercarti, dovevo parlarti. Ma prima avevo bisogno di pensare un po’ per conto mio. E quando mi sono sentito pronto, ho come avuto la sensazione che tu fossi qui fuori. Ed eccoti qui. Sei pronta a sentire quello che ho da dirti?»

Lei annuì di nuovo.

«Stasera, poco prima di andare a dormire, mi hanno chiamato alcuni miei parenti. Più che parenti, direi che si tratta delle persone che mi hanno allevato dopo la morte dei miei genitori. Non esiste un vero e proprio legame di sangue, tra noi, eppure li sento davvero come miei parenti. Sta di fatto che mi hanno chiamato, per dirmi che…» Si interruppe per un istante. «Per dirmi che, quando tornerò da New York, a settembre, dovrò trasferirmi. Da loro. In Florida.»

Ci fu di nuovo un momento di silenzio.

Poi Rachel realizzò quel che lui aveva detto e si liberò violentemente dal suo abbraccio. Lo fissò con i suoi incredibili occhi, che stavano iniziando a riempirsi nuovamente di lacrime.

«Te ne vai?» furono le uniche parole che gli rivolse, prima di correre via.

“Immagino che avrei potuto dirglielo con un po’ più di tatto…” pensò Garfield tra sé e sé, guardandola allontanarsi e non osando fare un passo per seguirla. Le avrebbe parlato la mattina dopo.

 

Rachel continuò a correre, senza altri pensieri se non quelli rivolti a sua madre, che ormai era destinata a morire, e a Garfield, che se ne sarebbe andato. La abbandonavano. Tutti la stavano abbandonando. Sarebbe rimasta da sola. E una volta da sola, cosa avrebbe fatto? Era persa, lo sapeva.

Arrivò in camera sua e cercò rapidamente il suo iPod. Una volta che l’ebbe recuperato, corse di nuovo fuori, sul balconcino. Lì si infilò le cuffiette e fece partire la musica, l’unica cosa che potesse tranquillizzarla, in quel momento.

 

I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel.
A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

Sua madre se ne stava andando. Mentre lei era lì, a New York. Lontana. Troppo lontana.

Le cose sarebbero cambiate, lo sapeva e non poteva farci nulla.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

E anche Garfield se ne andava. Una volta finiti quei tre mesi, non l’avrebbe più visto. In Florida! Dall’altra parte del paese, rispetto a Jump City! Se ne sarebbe andato. Andato!

Nulla sarebbe stato più come prima…


Try to find the words that show I sympathise

Words of comfort, words that never criticize

Though I know you simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be


Non poteva nascondere che le facesse male, scoprire che Garfield se ne sarebbe andato di lì a poco. Non lo conosceva da tanto, ma gli si era affezionata. Quel suo modo di fare sciocco, quel suo prenderla in giro per attirare la sua attenzione… E lei era stata tanto stupida da ignorarlo fino a quel momento!

 

Where are all those feelin's of my yesterdays
Feelin's now I have bring back those bad ole ways.
Though I know you wanna turn an' blow
I just can't stop an' simply let you go

 

Non poteva, non poteva assolutamente permettere che se ne andasse in Florida. No, era fuori discussione. Non prima che lei gli avesse parlato.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same


Tornò a pensare a sua madre. Fino a quel momento, per lei, era stato come avere un angelo custode, qualcuno cui poter raccontare tutte le sue disavventure, un punto fermo su cui poter contare. E tutto questo stava finendo. Come era possibile?

 

Let me see you smile once more that special way

 Warm as summer  on a chilly winter's day

Though I know you're simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be

 

Voleva vederli sorridere entrambi, per l’ultima volta. Voleva poterli ricordare con un sorriso sulle labbra. Ma come era possibile che sua madre potesse sorridere? Era già tanto che i medici le avessero dato ancora sei mesi di vita… Ricacciò indietro le ultime lacrime rimaste.


I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

Doveva tornare al più presto in California e vedere sua madre. Pazienza se per questo avrebbe dovuto rinunciare al posto alla Juilliard. Sua madre era nettamente più importante. Non osava immaginare cosa sarebbe successo dopo. Non voleva pensarci.

 

I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel

A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same

 

E doveva parlare con Garfield. Garfield era stato il suo angelo custode, in quei pochi giorni passati insieme. Lui le era stato accanto, quando aveva scoperto le condizioni di sua madre. L’aveva difesa da Jason. L’aveva aiutata a superare la sua paura di volare. E ora se ne sarebbe andato a chilometri e chilometri di distanza. Questa sensazione di vuoto e di nausea che provava all’idea di non vederlo più le fece improvvisamente realizzare quello che provava per lui.

Era stata necessaria una simile dichiarazione per risvegliare in lei sentimenti che credeva perduti.

Quello era il momento di versare le ultime lacrime e, silenziosamente, Rachel lo fece.

  
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