Era
mezzanotte.
Rachel
era ancora sveglia, non le riusciva proprio di mettersi
tranquilla a dormire, pur sapendo che il mattino dopo la sveglia
l’avrebbe
svegliata all’alba. Tutta colpa delle scoperte delle ultime
ore. La stavano
facendo impazzire.
Prima
Kori, che le aveva confermato la cotta di Garfield per lei.
Poi le
sue compagne di stanza, che le avevano detto di sbrigarsi a
capire se le piacesse o meno, perché c’era il
rischio che altre mettessero gli
occhi su di lui.
E poi
quella ragazza russa, Alexandra, che stava evidentemente
flirtando con lui.
Senza
contare la discussione che aveva avuto al telefono con
Jessica poco prima di andare a letto. Anche la sua migliore amica le
aveva
confermato la cotta di Garfield e come Clara e Ines le aveva detto di
sbrigarsi
a capire i suoi sentimenti. Aveva però aggiunto che, secondo
lei, non era
questione di altre ragazze che mettessero gli occhi su di lui o cose
simili. No,
era tutto per lei stessa. E per Garfield, naturalmente, che meritava
una
risposta, qualora avesse deciso di dichiararsi o comunque di dirle
qualcosa.
Questa
era la cosa che più le dava da pensare: sembrava che il
tempo complottasse contro di lei. Eppure tutto andava alla grande,
prima che
tutto questo iniziasse. Non che rimpiangesse di essere a New York,
assolutamente no, era il sogno di tutta la sua vita. E non aveva avuto
nessuna
esitazione nel portare Garfield da sua madre. E allora cosa era stato a
far
cambiare tutto?
Lo
sapeva. Ma preferiva continuare ad ignorarlo. Almeno finché
non
avesse capito cosa provava davvero.
«Eppure
con Jason non mi sono mai fatta tutti questi problemi!»
sospirò a bassa voce, rigirandosi ancora una volta nel
letto. Si voltò verso la
finestra e guardò le luci che filtravano attraverso i fori
delle tapparelle. Era
persa nei suoi pensieri e quasi cadde dal letto quando sentì
il telefono che
vibrava sul comodino. Si liberò dal lenzuolo con una mossa
degna di una
contorsionista e controllò chi la stesse chiamando.
Richard.
Con un
balzo fu fuori dal letto e rapidamente uscì nel corridoio,
per non disturbare le sue compagne di stanza.
«Rich?
Che succede?» bisbigliò rapida, sperando che
nessuno la
beccasse nei corridoi dopo il coprifuoco. Non voleva certo mettersi nei
guai il
primo giorno di lezioni.
«Riguarda
la zia» le rispose lui, concitato. Sembrava serio.
«È
successo qualcosa a Selina?» chiese preoccupata la ragazza.
«No,
non a Selina…» Richard non fece in tempo a finire
la frase
che Rachel stava già singhiozzando sommessamente. Se non era
Selina, doveva
trattarsi per forza di cose di sua madre.
«Che…
Che è successo?» domandò, cercando di
controllare la voce.
«I
medici dicono che ha avuto una specie di crisi e che la sua
situazione è molto peggiorata. Anche con l’aiuto
delle macchine non sanno quanto
potranno tenerla in vita, ancora. Però non sono molto
ottimisti, dicono che
potrebbe essere per un periodo da tre a sei mesi»
spiegò Richard, cercando di
mostrarsi più calmo di quanto evidentemente non fosse.
«Cosa?!?»
esclamò Rachel, sforzandosi poi di abbassare la voce.
«Cosa
vuol dire, Rich? Avevano promesso che sarebbe stata bene. Lei deve
stare bene!»
«I
medici hanno detto che si tratta di una cosa che capita,
purtroppo, molto spesso, nel caso di pazienti in coma. Dicono che
è raro che si
risveglino. Rachel…»
«Non
dire niente, Richard. Ti prego. Non dire niente. Io… Devo
pensare. Mi dispiace. Ci sentiamo domani.» E riappese,
mettendo a tacere il
cugino, che aveva provato a fermarla.
Fissò
il cellulare e vide che i contorni dell’oggetto erano
sfocati, come se fosse sott’acqua. Con un gesto nervoso si
passò i polsi sugli
occhi, asciugandosi le lacrime e cercò di ricomporsi.
Di
tornare in camera non aveva voglia, al momento. Aveva bisogno
di aria. Non le interessava di essere scoperta o chissà che
altro. Doveva uscire.
Corse
giù per le scale e attraversò l’atrio.
Spalancò le porte ed
uscì nell’aria fresca della notte.
Respirò
a pieni polmoni e si sedette su una panchina in pietra.
Lì
la trovò Garfield, quando uscì anche lui, verso
l’una e mezza.
La
trovò a colpo sicuro, come se in un qualche modo avesse
percepito la presenza della ragazza. Si avvicinò cautamente,
non volendo
spaventarla e non troppo sicuro di quello che stava facendo. Se Rachel
si
trovava lì a quell’ora, doveva essere sicuramente
una cosa seria. E non era
detto che lui fosse il benvenuto.
«Rachel?»
sussurrò, cercando di non allarmarla.
Tentativo
inutile, perché la ragazza sussultò come se le
avessero
sparato. Si voltò lentamente, mostrandogli un viso
tristissimo. Che, alla sua
vista, divenne, se possibile, ancora più triste.
«Rachel?»
ripeté, esitante, avvicinandosi. «Che è
successo?» Si complimentò
con se stesso per non averle chiesto se andava tutto bene,
perché palesemente
andava tutto male.
«Garfield…»
mormorò lei, con voce appena udibile, da quanto era
fioca.
«Sono
qui, che succede?» chiese lui, sedendosi accanto a lei.
In
tutta risposta, la ragazza lo abbracciò e scoppiò
a piangere
sulla sua spalla.
Lui la
lasciò fare, limitandosi a passarle una mano sui capelli e
a stringerla a sé con l’altra.
Dopo
qualche minuto, Rachel finalmente si calmò, ma rimase tra le
braccia di Garfield. Si sentiva protetta e il biondino certamente non
aveva
nulla da ridire.
Sentendo
che la ragazza si era calmata, il ragazzo osò abbassare
lo sguardo su di lei e le chiese dolcemente: «Va un
po’ meglio?»
Lei si
limitò ad annuire lentamente, senza dire una parola.
Lui
ricominciò ad accarezzarle i capelli, lentamente. Rimasero
così
ancora qualche istante, poi il ragazzo ruppe il silenzio.
«Sai,
è una fortuna che ti abbia trovata qui fuori. Stavo venendo
a cercarti, dovevo parlarti. Ma prima avevo bisogno di pensare un
po’ per conto
mio. E quando mi sono sentito pronto, ho come avuto la sensazione che
tu fossi
qui fuori. Ed eccoti qui. Sei pronta a sentire quello che ho da
dirti?»
Lei
annuì di nuovo.
«Stasera,
poco prima di andare a dormire, mi hanno chiamato alcuni
miei parenti. Più che parenti, direi che si tratta delle
persone che mi hanno
allevato dopo la morte dei miei genitori. Non esiste un vero e proprio
legame
di sangue, tra noi, eppure li sento davvero come miei parenti. Sta di
fatto che
mi hanno chiamato, per dirmi che…» Si interruppe
per un istante. «Per dirmi
che, quando tornerò da New York, a settembre,
dovrò trasferirmi. Da loro. In Florida.»
Ci fu
di nuovo un momento di silenzio.
Poi
Rachel realizzò quel che lui aveva detto e si
liberò
violentemente dal suo abbraccio. Lo fissò con i suoi
incredibili occhi, che
stavano iniziando a riempirsi nuovamente di lacrime.
«Te
ne vai?» furono le uniche parole che gli rivolse, prima di
correre via.
“Immagino
che avrei potuto dirglielo con un po’ più di
tatto…”
pensò Garfield tra sé e sé,
guardandola allontanarsi e non osando fare un passo
per seguirla. Le avrebbe parlato la mattina dopo.
Rachel
continuò a correre, senza altri pensieri se non quelli
rivolti a sua madre, che ormai era destinata a morire, e a Garfield,
che se ne
sarebbe andato. La abbandonavano. Tutti la stavano abbandonando.
Sarebbe rimasta
da sola. E una volta da sola, cosa avrebbe fatto? Era persa, lo sapeva.
Arrivò
in camera sua e cercò rapidamente il suo iPod. Una volta
che l’ebbe recuperato, corse di nuovo fuori, sul balconcino.
Lì si infilò le
cuffiette e fece partire la musica, l’unica cosa che potesse
tranquillizzarla,
in quel momento.
I
feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian angel.
A fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no
return
An' things will never be the same
Sua madre se ne stava andando.
Mentre lei era lì, a New
York. Lontana. Troppo
lontana.
Le cose sarebbero cambiate, lo sapeva e non poteva farci nulla.
I feel I'm
fallin' apart
'cos I know I've lost my guardian angel
A
fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same
E anche Garfield se ne andava. Una
volta finiti quei tre
mesi, non l’avrebbe più visto. In
Florida! Dall’altra parte del paese, rispetto a Jump City! Se
ne sarebbe
andato. Andato!
Nulla sarebbe stato più come prima…
Try to find
the words that
show I sympathise
Words
of comfort, words that never criticize
Though
I know you simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be
Non poteva nascondere che le facesse male, scoprire che Garfield se ne sarebbe andato di lì a poco. Non lo conosceva da tanto, ma gli si era affezionata. Quel suo modo di fare sciocco, quel suo prenderla in giro per attirare la sua attenzione… E lei era stata tanto stupida da ignorarlo fino a quel momento!
Where
are all those feelin's of my yesterdays
Feelin's now I have bring back those bad ole ways.
Though I know you wanna turn an' blow
I just can't stop an' simply let you go
Non poteva, non poteva assolutamente permettere che se ne andasse in Florida. No, era fuori discussione. Non prima che lei gli avesse parlato.
I feel I'm
fallin' apart
'cos I know I've lost my guardian angel
A
fleetin' glimpse of your heart losin' right from the start - no return
An' things will never be the same
Tornò a pensare a sua madre. Fino a quel momento, per lei, era stato come avere un angelo custode, qualcuno cui poter raccontare tutte le sue disavventure, un punto fermo su cui poter contare. E tutto questo stava finendo. Come era possibile?
Let
me see you smile once more that special way
Warm
as summer on a
chilly winter's day
Though
I know you're simply laughin' at me
I just can't stop an' simply let it be
Voleva vederli sorridere entrambi, per l’ultima volta. Voleva poterli ricordare con un sorriso sulle labbra. Ma come era possibile che sua madre potesse sorridere? Era già tanto che i medici le avessero dato ancora sei mesi di vita… Ricacciò indietro le ultime lacrime rimaste.
I feel I'm fallin' apart 'cos I know I've lost my guardian
angel
A fleetin' glimpse of
your heart losin' right from the
start
- no return
An' things will never be the same
Doveva tornare al più presto in California e vedere sua madre. Pazienza se per questo avrebbe dovuto rinunciare al posto alla Juilliard. Sua madre era nettamente più importante. Non osava immaginare cosa sarebbe successo dopo. Non voleva pensarci.
I feel I'm fallin' apart
'cos I know I've lost my
guardian angel
A fleetin' glimpse of your heart losin'
right from the start - no return
An' things will never be the same
E
doveva parlare con Garfield. Garfield era stato il suo angelo
custode, in quei pochi giorni passati insieme. Lui le era stato
accanto, quando
aveva scoperto le condizioni di sua madre. L’aveva difesa da
Jason. L’aveva
aiutata a superare la sua paura di volare. E ora se ne sarebbe andato a
chilometri
e chilometri di distanza. Questa sensazione di vuoto e di nausea che
provava
all’idea di non vederlo più le fece
improvvisamente realizzare quello che
provava per lui.
Era
stata necessaria una simile dichiarazione per risvegliare in
lei sentimenti che credeva perduti.
Quello
era il momento di versare le ultime lacrime e,
silenziosamente, Rachel lo fece.