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Autore: Little_Bird111    16/06/2014    0 recensioni
Dalla storia:
Anche in una notte buia, in grado di farti sentire come se bruciassi all'inferno, prima o poi, il Sole deve sorgere, e tu puoi solo essere grato che il suo splendore illumini il viso delle persone che hai ancora miracolosamente al tuo fianco.
...eravamo insieme, finché fossimo rimasti insieme, quella guerra ci sarebbe sembrata come una gita a Mielandia.
Questa è la mia prima ff, dopo due anni ho finalmente trovato il coraggio di pubblicarla, spero vi piaccia. La trama è incentrata sulla vicenda di Fred e George durante e dopo la battaglia di Hogwarts. A volte la vita ci sottopone a sfide insormontabili, ma noi possiamo anche dare una svolta differente al nostro destino ed è ciò che ho voluto per i due gemelli.
Buona lettura e fatemi sapere :)
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: George, e, Fred, Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Dopo la II guerra magica/Pace
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TAKE ME BACK TO THE START

“E' battaglia aperta ragazzi. L'ordine della fenice sta arrivando, ora tocca a voi, potete stare a combattere o tornare a casa”. Fu ciò che disse mio padre quel 2 maggio 1998.
Eravamo nella stanza delle necessità, mentre fuori dalle mura l'esercito di Voldemort scagliava incantesimi per abbattere le difese poste dagli insegnanti di Hogwarts sull'area della nostra scuola.
“Io resto a combattere papà!” gridò mia sorella Ginny.
“No, tu sei ancora minorenne e te ne torni subito a casa, dove dovresti essere in questo momento” ribattè mio padre furibondo.
Mi voltai e vidi non molto lontano mio fratello Fred sussurrare qualcosa ad Angelina, la sua ragazza. Questo mi fece capire che lui aveva già preso la sua decisione. Mi si avvicinò con occhi pensierosi ed io compresi che non eravamo ancora pronti alla battaglia. Ci recammo così nel nostro posto preferito del castello. La torre di Astronomia. Una volta saliti nessuno dei due parlò: per attimi che sembrarono secoli stemmo immobili senza guardarci, fermi, con gli occhi al cielo. E ciò che vidi mi fece così male da farmi temere di non riuscire a reggermi in piedi: la nostra scuola stava per andare a pezzi, la bolla protettiva sopra le nostre teste andava disintegrandosi sotto le forze nemiche, in numero nettamente superiore rispetto a noi. Hogwarts, in cui io, i miei fratelli, i nostri genitori e molte altre generazioni eravamo cresciuti; ed io inerme la guardavo cedere. Respirai a fondo per raccogliere la forza e il coraggio per impugnare la bacchetta e uccidere, per la prima volta nella mia vita era indispensabile. O uccidevo, o sarei stato ucciso. Le pareti tremarono e sentii un enorme boato proveniente da sopra, sotto, da qualsiasi lato...la protezione aveva definitivamente ceduto e l'esercito di Voldemort scendeva dalla collina al limitare della foresta proibita e si incamminava verso la scuola. Mi accasciai al suolo con la vista annebbiata da lacrime di terrore, ma subito mi ripresi, perché chinata davanti a me vidi la mia immagine senza paura, uno sguardo deciso che però non riuscivo a stampare sul mio volto. Il mio gemello, Fred, per la prima volta in vita sua mi parlò senza sorridere:
“Di cosa hai paura Georgie?”
“Della lotta”
“Ma noi lo abbiamo già fatto. Tutte quelle volte che facevamo disperare Gazza! E quando abbiamo sparato fuochi d'artificio nella Sala Grande durante gli esami. Abbiamo fatto cose rischiose senza mai avere paura”
“Era diverso! Erano giochi, era infrangere regole scolastiche. Questa è guerra Fred, qui si muore e mi spaventa che tu non riesca a capirlo!”
“Allora pensa che sia un'altra nostra avventura. Qualcosa per cui poterci vantare una volta finita...” ma si bloccò in un sussulto. E capii perché: lo vidi anche io, giù da basso, vidi anche io quel maledetto lampo di luce verde. Mentre noi eravamo sulla torre più alta di Hogwarts la gente già moriva, la battaglia era iniziata.
“Anche tu hai paura Fred, lo so. Lo so che ce l'hai perché...io e te siamo fatti allo stesso modo”
Capii quanto quella luce verde annunciante morte lo avesse spaventato, quanto ora iniziasse a capire che questa non poteva essere un'altra delle nostre avventure. Fred tremò e dovette tenersi la testa tra le mani, iniziò a piangere disperato e la cosa mi spaventò.
“Piango...perchè” continuò a fatica rotto dalle lacrime “George, io non ho paura di vedere la scuola andare a pezzi, di dover affrontare il nemico, non ho nemmeno paura di morire. Io ho paura di sopravvivere e dover seppellire un parente, un amico. Ma soprattutto, ho paura di svegliarmi il giorno dopo questa maledetta battaglia, e non trovarti più accanto a me” abbassai lo sguardo e sussurrai:
“E' ciò che temo anche io. Ho paura di sopravvivere a te, Fred”
Stemmo zitti per un po', finché lui non trovò il coraggio di asciugarsi gli occhi e, saltando in piedi con un balzo esclamò:
“Al diavolo, non accadrà mai! Noi non possiamo morire, abbiamo il negozio da portare avanti! Diventeremo ricchi!”
“Cambieremo il mondo magico!”
“Il mio futuro siamo noi, George” disse ridendo e stringendo la mia mano
“Si, anche il mio” risposi serio "Ma ricorda che rimango comunque il gemello più bello!" dissi stringendo la sua mano ancora più forte
“Spero tu stia scherzando, Lobo Solitario!"
"Fottiti"
"Andiamo Forge" disse ridendo "Dobbiamo far fuori qualche schifoso mangiamorte!” disse prendendomi a braccetto, e insieme, come sempre, ci avviammo verso il cuore della scuola, consapevoli che avremmo visto cose che fino a quel giorno non avevamo mai neppure immaginato. Ma eravamo insieme, finché fossimo rimasti insieme, quella guerra ci sarebbe sembrata come una gita a Mielandia.

Ciò che oggi ricordo di quella notte furono i corpi inermi dei morti. Pochi furono inizialmente quelli dei nemici e, fin troppi quelli dei nostri amici, parenti, insegnanti.
Dopo che vidi Lupin e Tonks morti, il corpo di Lavanda dilaniato dai morsi di un lupo mannaro, per una frazione di secondo credetti che me ne sarei andato da quell'inferno. Prendendo con me mio fratello e scappando in un posto lontano.
Ero con Fred e nostro fratello Percy mentre ci pensavo.
“Fred andiamocene!!” gli urlai per coprire il rumore delle grida che ci circondavano..
“Cosa?! Cosa stai dicendo? Perché dovremmo?!”
“Quasi metà dei nostri sono morti! Quanto passerà prima che uno fra me e te venga ucciso?! Non voglio perderti Fred!” dissi guardandolo negli occhi azzurri
“Non succederà!”
“Attento! Freed!!”
L'anatema che uccide lo sfiorò, lui barcollò e io, temendo il peggio, uccisi il Mangiamorte. Corsi verso Fred e, tenendolo stretto, feci una cosa impensabile: rischiai tutto, rischiai le nostre due vite chiudendo gli occhi e provando a Smaterializzarmi. “Non ci si può smaterializzare entro i confini di Hogwarts” avrebbe sentenziato Hermione. Ma quando mi ritrovai con Fred nell'unico luogo del castello celato alla battaglia, il tunnel che collega la scuola ad Hogsmeade, capii perché mai ci fossi riuscito: quella non era più Hogwarts, era un rogo, un fragile albero avvolto dalle fiamme, era un castello di carte che si piegava alla foga del vento, e non obbediva più alle sue leggi.
 

Mi piegai piangendo e pregando verso il corpo privo di sensi del mio gemello, provando a sentire il suo battito, sperando fosse solo svenuto. Era caldo, infatti dopo attimi interminabili Fred aprii gli occhi.
“Te l'avevo detto che ce ne saremmo dovuti andare” espirai in un sospiro di sollievo
“Taci! Se tu non ti fossi messo a blaterale quel “Mangiacacca” sarebbe già morto!”
“Lo è Fred....Io... l'ho fatto io”. Rimanemmo li, insieme, aspettando che I nostri nemici, Voldemort compreso, cadessero uno ad uno. Senza parlare, rimanemmo in quella torre a guardare il Sole sorgere, perché, anche in una notte buia, in grado di farti sentire come se bruciassi all'inferno, prima o poi, il Sole deve sorgere, e tu puoi solo essere grato che il suo splendore illumini il viso delle persone che hai ancora miracolosamente al tuo fianco.

A volte me ne vergogno, di non aver continuato a combattere, di essermi rintanato in quel tunnel come un coniglio. A volte l'istinto ti porta spesso a scegliere la cosa sbagliata, ma oggi, a distanza di un anno da quella notte, io e Fred sappiamo di aver scelto la cosa giusta. Ho scelto di continuare a vedere il volto di Fred riflesso sul mio volto, il suo sorriso stampato sulle mie labbra ed i suoi occhi, di nuovo e per sempre riflessi nei miei. Abbiamo scelto la nostra amicizia, il nostro legame, che è la cosa più importante che ci sia, l'unica cosa concreta della mia esistenza, e l'unica cosa che per sempre esisterà.
Mi capita spesso di pensare a cosa sarebbe ora di me se quell'incantesimo avesse colpito Fred. Cosa diventa un persona quando perde la parte più grande di sé? Il suo migliore amico, il suo gemello...
Non potrei più esistere senza Fred, perché in lui trovo la parte più grande, più importante di me...la parte migliore di me.
 

La psicologa del Ministero della Magia mi guarda, odio lei, odio lei e come il suo mestiere la porta a presentarsi. Vuole farti credere che sia un' amica, ma mentre le parli il suo sguardo è gelido e distante, tipico di un medico, per questo odio parlare con lei.
“Sono queste le cose per cui sei grato di avere tuo fratello? Lui è davvero la parte migliore di te?” chiede con falso interesse.
“Si, ovvio. Ora mi scusi, ma devo portare a Fred il suo regalo di compleanno. Oggi è il nostro compleanno, il primo dopo la caduta di Voldemort, ora il mondo magico è libero, quindi gli ho regalato un nuovo manico di scopa e una nuova mazza da battitore, così possiamo ricominciare a giocare a Quidditch in giardino con Ron e Ginny, come facevamo prima, ooh quanto ci divertiremo! Ma la mamma non sarà contenta perché Fred distruggeva continuamente le finestre con le sue battute.” dissi euforico, ero così eccitato per il nostro ventunesimo compleanno, non potevo più stare a parlare con quella donna, dovevo raggiungere mio fratello per dargli il suo regalo.
Così corsi fino all'ultimo piano della Tana, dove si trovava camera nostra, la spalancai e appoggiai il regalo per Fred sul suo letto.
Vidi dietro di me la figura della psicologa. Per la prima volta, sul suo freddo viso vidi solo uno sguardo compassionevole...
“George, guardami. Sei di nuovo uscito dal nostro schema. Stavi di nuovo sognando. Fred è morto nella battaglia di Hogwarts, non è più accanto a te”
“No, lei mente! Lui è sempre con me!”
“Si certo George! Nei tuoi pensieri, lui non ti abbandonerà mai..tranquillo, io sono con te, io ti capisco, ora ricominciamo i nostri esercizi. Ripeti, George --ero alla battaglia di Voldemort, ho combattuto, nonostante le perdite, fino alla fine--”
“No!! Lei non può capire, nessuno può capire! E basta!! Avrei preferito migliaia di volte fare il codardo, nascodermi, pur di salvare Fred...se l'avessi saputo...è colpa mia, è colpa miaa!”
Corsi via piangendo. Avevo di nuovo dimenticato la realtà. Tutti quegli esercizi preparati dal Ministero appositamente per me, George Weasley, erano del tutto inutili, loro non capivano, nessuno capiva, nessuno di loro ha mai avuto un gemello, nessuno di loro l'ha perso nella battaglia di Hogwarts, ed io continuavo a dimenticare. Qualcosa dentro di me continuava a negare ciò che realmente successe. L'incantesimo investì Fred in pieno, ed io non solo non lo portai in salvo in quel tunnel, io non ero neppure con lui, non ho potuto dirgli addio. Da quel giorno il mio cervello ha inventato una versione alternativa di quella notte. Parlo ancora con Fred, a tavola apparecchio sempre anche per lui, gli faccio i regali, ma anziché portarli alla sua tomba glieli metto sul letto. La mia famiglia è spaventata da questi comportamenti, ma loro non capiscono, io voglio solo tenerlo vivo accanto a me.
Dimentico le cose, dimentico di mangiare, di lavarmi, dimentico addirittura se io abbia o meno una mia famiglia, sembra che l'unica convinzione che fino ad oggi abbia guidato la mia vita sia stata sempre e solo Fred.


“Hai avuto problemi con la magia dopo la sua morte?” mi chiese la psicologa
“Si, io...non riesco più ad evocare un Patronus” dissi imbarazzato
“Forse non riesci perché, riponevi tutti i ricordi felici in lui.” azzardò lei
“E' chiaro che il motivo sia questo” risposi irritato
“Qual é il tuo patronus, George?” mi chiese curiosa
“Una iena”
“E qual'era quello di Fred?” La guardai diritta negli occhi e lei, portandosi una mano alla bocca, rispose per me : “Una iena, naturalmente”. Annuii, spostando il mio sguardo fuori dalla finestra.


Mi smaterializzo nel cuore di Londra, ho bisogno di stare in mezzo alla gente, per cogliere negli occhi di uno sconosciuto gli occhi di Fred, per sentire una mamma chiamare il figlio Fred e girarmi sobbalzando. Dopo sofferenti ore cariche di allucinazioni al St. James Park vedo arrivare in lontananza una luce argentata che fluttua nel cielo, è...è il patronus di Fred! Una iena, è proprio una iena, si avvicina porgendomi una zampa, dice che mi porterà da Fred. Penso agli esercizi della psicologa “Non è Fred, non è Fred” penso. Tolgo la nebbia dai miei occhi e in effetti il patronus è una pantera, non una iena e parla con la saggia voce di mia madre, che scandisce lentamente, “Devi tornare George, toccami la zampa, devi andare da Angelina” Non appena sfioro il fumo argenteo con il dito esso mi fa materializzare alla tana.

Già, Angelina; dopo poco tempo la morte di Fred la incontrai alla sua tomba, entrambi ci passavamo molto tempo. Appena mi vide si portò una mano alla bocca spaventata, scoppiò a piangere e io dissi semplicemente “E' brutto vivere essendo il fantasma di qualcun'altro”, lei doverosamente si scusò ma non smise di sfiorare la foto di Fred sulla lapide, piano piano imparammo a piangerlo insieme, tenendoci compagnia, e confortandoci a vicenda. Ci siamo innamorati così, ma mai sposati, entrambi eravamo e siamo tutt'ora troppo scossi per vedere fiori, sorrisi, anelli, ospiti. Siamo come due fantasmi che guardandosi negli occhi non vedono l'amore che possono darsi, ma l'unica persona che per loro abbia mai significato amore. E' come se stessi vivendo la vita che Fred non ha avuto modo di continuare. E so bene che sto conducendo la mia vita con Angelina essendo l'ombra di Fred, come se stessi semplicemente facendo le veci del mio gemello.
Ma perché ora mia madre mi diceva di andare da lei? La nostra casa era vicina alla tana, proprio accanto. Entrai e vidi Angelina stesa sul letto, madida di sudore.
“George, stai bene?” mi chiese
“Si, ma tu? Che hai?”
“E' un giorno importante questo” Dal bagno qualcuno piangeva, i miei occhi erano annebbiati, ma vidi chiaramente la dottoressa del San Mungo uscire dal bagno con due fagotti tra le braccia, ne diede uno ad Angelina ed uno a me, erano due maschi. Ora ricordavo, i miei figli, l'unica cosa bella che mi fosse accaduta dopo Fred.
Non ricordavo che sarei diventato padre, come senza un aiuto non ricordassi praticamente niente, ma quel patronus era una iena ed era Fred, ne avevo l'assoluta certezza, mi aveva portato a casa a farmi conoscere i miei figli. Li abbiamo chiamati Colin e Fred, mio fratello sarebbe contento di conoscere questi bambini, è come se in parte fossero anche suoi, perché in me c'è la parte di lui che non morirà mai. Mi somigliano tanto Fred, ci somigliano; so che starai sorridendo nel guardarli.


“Sei più felice ora, George?” Mi chiede la psicologa; la sto rivalutando, ora sto rivalutando tutto
“Molto felice, è come se i miei figli dessero uno scopo alla mia vita. Non so come abbia fatto a stare tanto tempo senza sorridere. Sorridere era la nostra specialità, mia e di Fred. E ora è così semplice, è semplice essere felici”
“Quindi va tutto bene? Pensi ancora a Fred?”
Dio che domanda idiota, lascio correre perché alla nascita dei miei figli promisi a me stesso di ignorare questo genere di domande idioti che in futuro avrebbero potuto farmi.
“Ma certo. E' ovvio. La sera, quando non ho più pannolini da cambiare, bambini da cullare e la casa è buia e silenziosa, io cado di nuovo in quel labirinto”
“In pratica quando non vedi i tuoi figli pensi a Fred”
“Si perchè quando sono con loro non ne ho bisogno, in loro vedo Fred, loro sono Fred”
“Già, capisco. Dimmi George, come il labirinto in cui cadi, cosa intendi?”
“E' come un sogno, dal quale però non riesco a svegliarmi, è lo stesso ogni notte. Sono in un vero labirinto, tipo quello del torneo Tremaghi; lì vedo Fred, ma dopo poco lo perdo di nuovo e io devo procedere nel labirinto per ritrovarlo. Nel labirinto vedo anche me e lui, da piccoli, ci parliamo, gli dico delle cose che succedono a casa, gli dico che mi manca; gli chiedo se sa dirmi dove si trova, gli dico di aspettarmi, di proteggermi”
“E lui cosa ti dice?”
Mi copro gli occhi con le mani, mani che vengono immediatamente bagnate dalle mie lacrime.
“...Mi...dice...che lui non smette mai di guardarmi”
quando alzo lo sguardo annebbiato dalle lacrime su di lei, la vedo china sui fogli, sta piangendo anche lei.
“So quello che pensi di me George. Sarò un medico, ma non sono di pietra. Ora continua, dimmi cosa ti dice d'altro”
“Mi dice di cercarlo, di non smettere di cercarlo, dice che io so dove posso trovare conforto ”
“E tu sai dove trovarlo?”
“Si”
“E dove?”
“Specchi...”.
 

Tre anni dopo...

“Ce l'ho fatta dottoressa! Ho evocato un Patronus!”
“Meraviglioso, George! Come ci sei riuscito?”
“Ero con i miei figli, guadavamo vecchie foto di famiglia. Quando hanno visto la foto di tutti noi in vacanza in Egitto dieci anni fa sono rimasti a bocca aperta nel vedere due me. Mi hanno chiesto chi fosse quel ragazzo. Io ero pronto a dirglielo, è stato il pensiero di parlare di lui ai miei figli che mi ha reso felice. Parlare senza vergogna a qualcuno che ami di qualcuno che hai amato e che continui ad amare, il sapere che loro sarebbero stati gli unici a credermi e ascoltarmi senza giudicare, la loro innocenza mi dava una grande forza. E prima di pronunciare Expecto Patrounm, ciò che vidi fu Fred che rifilava a Gazza dei pasticetti svenevoli. La iena è arrivata con un grande splendore, i bambini un po' si sono spaventati, ma si sono calmati non appena la iena ha smesso di ringhiare e ha iniziato a parlare con la mia voce, anzi, con la voce di Fred”
“Cosa? Ma non è possibile”
“Le dico di si. Mi piace immaginare che Fred abbia trattenuto il nostro patrunos presso sé, finché io non sono stato pronto”
“E cosa ha fatto?”
“Ha parlato ai bambini”
“Cosa ha detto?”
“Che era tanto che voleva conoscerli”
“Sono senza parole”
“Poi i bambini si sono messi ad inseguire la iena d'argento, giocavano con lui, capisce? Sentivo la sua risata”
“E non ha parlato con te?”
“Si, mi sono avvicinato e gli ho detto che era tutto risolto, credevo che fosse come un fantasma, che fosse tornato, ma lui ha detto che a differenza dei fantasmi i patroni sono creature evanescenti, e che il fatto che lui potesse parlarmi non sarebbe più potuto accadere. Era come un miracolo? Un regalo per il mio primo patronus dopo la sua morte? O un privilegio offerto a Fred da non so chi comandi nell'altro mondo?”
“Silente magari” disse ridendo la psicologa, risi anche io.
“Si, perché no?! Ma soprattutto mi ha detto di continuare a cercarlo, e finalmente ho capito.”
“Hai capito come trovarlo?”
“Si, ho capito”.



Sono davanti al cancello principale di Hogwarts, la professoressa McGranit viene ad aprire.
“George caro, come stai?” chiede stringendomi forte.
“Meglio, professoressa” dico mostrandole le foto dei bambini “E lei, come sta?”
“Io bene, anche se non sono più giovane come una volta. Che meraviglie, vi somigliano tanto, a te e tuo fratello” dice sorridendo osservando la foto e, ne sono sicuro in quel momento è come se lei stesse rivedendo molte cose del passato “A cosa devo la tua visita?”
“Chiederle un favore, professoressa. Dovrei accedere alla Stanza delle Necessità. Esiste ancora?”
“Ma caro, la Stanza delle Necessità esiste sempre. Che devi farci, se posso chiedere?"
"Devo...tornare all'inizio...ritrovarmi"
Mi guardò pensierosa "Ma ricordi la regola per accedervi? ...Se devi chiedere, non lo saprai mai, ma se lo sai...”
“...devi solo chiedere” concludo io sorridendo.

Sono davanti ad un muro che mi guarda inaccessibile. La mia mente continua a formulare la frase “devo trovare il posto in cui si trova tutto”...Ad un certo punto, come se il muro avesse capito la mia testardaggine nel voler entrare, una porta di bronzo scuro si materializza davanti a me.
Eccolo, è la prima volta che lo vedo, questo è un oggetto magico molto potente. La leggenda vuole che se una persona troppo vuota e triste vada a cercare la felicità in questo oggetto possa perdersi in esso e nei piaceri che esso porta, tanto che alle volte, tornare indietro non è più possibile”

Mi metto davanti allo Specchio delle Brame e tutto ciò che vedo è la mia immagine riflessa, ma nel mio caso, è proprio ciò che voglio vedere, mi avvicino sempre più, fino a toccare lo specchio con il viso...é come essere entrato in un sogno, ma il mio corpo sembra essere compresso da forze invisibili. Sono ancora nella Stanza delle Necessità, ma il freddo ed il tetro buio di essa sono spariti, sostituiti ora da una bianca luce accecante e un calore mai provato, il calore che ti da una carezza, una mano che ti aiuta a rialzarti, le risate delle persone che ami, il calore dell'amore, l'amore che senti quando sai di non essere solo...
“Ce ne hai messo di tempo” dice una voce alle mie spalle. Mi giro sussultando e di nuovo, vedo me.
Ma, mentre il mio corpo è paralizzato da gioia e inimmaginabile stupore, quello che ho davanti a me è un corpo che si avvicina, mi stringe, sento il suo calore, le sue lacrime insieme ad una meravigliosa risata. La sua risata, suono che mi avvolge interamente.Vedo finalmente che le mie lacrime, sono e sono state, anche le sue. Dopo anni di lacrime e vuoto incolmabile, ho ritrovato me stesso.

 

   
 
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