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Autore: Jeo 95    16/06/2014    13 recensioni
Storia OC. Iscrizioni Riaperte a partire dal capitolo 9! PER OGNI INFORMAZIONE CONSULTATE LE NOTE NEL CAPITOLO 9!
Bonsoir mes amis!!!! Ed eccomi a riproporvi -molto, forse troppo prima del previsto- la mia storia ad OC, pubblicata per un evento speciale!!
Spero che anche questa nuova versione possa piacervi, e che partecipiate alla mia storia ^^
Un bacione a tutti e grazie in anticipo per chiunque parteciperà.
Jeo 95 :3
p.s. STORIA DEDICATA ALLA MIA FANTASTICA BOSS PER IL SUO COMPLEANNO (anche se in ritardo ç.ç)
TANTI AUGURI BOSS!!!!!!!
Genere: Avventura, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: AU | Avvertimenti: Triangolo
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THE KNIGHTS OF THE DRAGONS. 

 

CAPITOLO 2- THE CALL. -PART ONE- 

 

Sistema Solare. Anno indefinito. 

 

Era infinito e buio lo spazio della dimensione reale, un luogo parallelo al mondo di Fiore, un mondo in cui niente di tutto quello che a Fiore poteva sembrare normale esisteva. Un mondo a suo modo piatto, vuoto, grigio, privo del colore che la magia portava al Regno.

A FIorne non esisteva lo spazio infinito, tantomeno altri pianeti all'infuori di quello che ospitava Fiore, che non era un vero e proprio pianeta, semplicemente un infinita distesa di terra dai climi diversi a seconda della zona in cui ci si trovava, un sole e una luna ad illuminare il giorno e la notte. 

Nel mondo della realtà invece, lo spazio non finiva mai, ricco di piccole stelle, rocce e galassie colme di pianeti diversi. La più importante fra le galassie era quella del sistema solare. 

Al centro di essa dominava l'enorme sfera di fuoco, luminosa e talmente calda da bruciare tutto ciò che si avvicinava troppo al suo raggio d'azione gravitazionale. 

Attorno ad esso, sistemati ognuno sul proprio asse, ruotavano i pianeti più importanti di quella galassia, e fra essi, uno in particolare brillava per la sua lucentezza e brillantezza. 

Questo pianeta così bello e luminoso era chiamato "pianta blu", per gli abitanti semplicemente Terra. 

Era l'unico pianeta abitato da creature viventi di ogni specie, forma e dimensione, nonostante tra le tante, ve ne era una che predominava sulle altre, quella che nella storia si era sviluppata ed era cresciuta più delle altre; la specie degli umani. 

Nel corso di milioni di anni la specie umana si era evoluta, era cresciuta e ancora oggi il progresso faceva parte dell'esistenza stessa di queste creature. 

Avevano una storia, diverse culture, leggi, regole, religioni, e ognuno dei sette miliardi di esseri umani che abitava la Terra conduceva una vita diversa da quella di un altro, a volte disturbate da guerre o disgrazie, ma avevano mostrato una stupefacente capacità di ripresa da ogni cosa, per questa loro capacità si credevano una specie invincibile e immortale. 

Nessuno di loro però poteva lontanamente immaginare che tutto ciò che conoscevano, che la vita che stavano vivendo era soltanto una mera illusione, destinata a sgretolarsi una volta che le uniche persone realmente esistenti avessero affrontato la loro verità e avessero abbandonato il pianeta. 

Nulla è reale in quel mondo, se non i prescelti a cui il destino stava per far visita. 

*** 

Dublino, Irlanda. Anno 2014. 
 

Amava cavalcare più di ogni altra cosa al mondo, con la fredda e pungente aria primaverile a sferzarle il volto. 

Nonostante la stagione che precedeva il caldo fosse ormai quasi al termine, nella sua terra natia ancora la gente andava in giro con felpe e maglioni. 

In fondo l'Irlanda non era mai stata famose per il suo clima caldo e accogliente, ma forse proprio per quel fresco sempre presente Carhan Loster si trovava pienamente a suo agio in quella terra. 

Completò ancora una volta il percorso che per tutta la mattina non aveva fatto che riprovare e rifare, concedendo al suo splendido purosangue di andare a riposare al caldo nella stalla del ranch che gli era stata assegnata. 

Tolse sella, redini e lo spazzolò per impedire che si ammalasse, lasciare il sudore addosso ad un cavallo che aveva ancora i muscoli caldi per la corsa in una giornata fredda come questa non era un buona idea, poi lo coprì con la mantella e lasciandogli un bacio sul muso si preparò per tornare a casa. 

- A domani bello, fai il bravo.- 

Andò in spogliatoio a cambiarsi, prima però approfittò del suo essere sola per darsi una rinfrescata. 

Il getto d'acqua calda le colpì il volto gelato dalla brezza, senza però riuscire a riscaldare quella diafana pelle sempre fredda. 

I lunghi capelli neri come l'ebano, che già normalmente le arrivavano fino al sedere, ora che erano bagnati sembravano ancora più lunghi e morbidi. 

Chiuse i grandi ed espressivi occhi dorati, beandosi dell'acqua che le scivolava piacevolmente sul corpo. 

Chiuse l'acqua e tirò un profondo respiro, sentendosi d'improvviso più rilassata e tranquilla. 

Si avvolse nel morbido asciugamano blu tornando in camerino, dove si vestì con dei comodi leggins neri lunghi fino al ginocchio, una maglia blu lunga fino a metà coscia che le stringeva sul seno, non molto pronunciato, mentre ricadeva morbido nella parte inferiore. 

Le maniche lunghe e strette lasciavano scoperte le spalle ed il collo.  

Finì di allacciarsi le amate converse blu ormai quasi completamente consumate, nonostante ormai fossero da buttare non se ne voleva assolutamente separare. Si legò anche i lunghi capelli, asciugati poco prima, in una mezza coda centrale, e riprendendo dall'armadietto il prezioso braccialetto d'argento che tempo prima sua nonna le aveva regalato. 

Lo carezzò amorevolmente lasciando che la sua mente tornasse a tempo prima, quando ancora sua nonna era con lei.  

Una sola lacrima, triste e solitaria, solcò veloce la sua guancia, ma venne sciugata in un istante. 

Non aveva tempo per mostrarsi debole. 

Prese la sua borsa ed uscì dagli spogliatoi, salutò lo stalliere e la padrona del centro ippico che, gentilmente, si era offerta di ospitare ed accudire il suo amato cavallo permettendole anche di visitare il centro ogni qual volta avesse voglia di cavalcare. 

Praticamente tutti i giorni quindi. 

Camminando per la strada senza sentire poi tutto il freddo che invece le altre persone sentivano, percepì una strana sensazione, qualcosa che mai prima aveva provato in vita sua, ma che le sembrava così famigliare da causarle un moto di nostalgia. 

Di cosa non lo sapeva neanche lei. 

- Ehi ma cosa...?- 

Nei suoi occhi risplendette una luce brillante e violacea, mentre un violento capogiro la fece barcollare. 

Una luce color porpora l'avvolse completamente, facendole digrignare i denti. Una voce le rimbombò nella mente. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Che succede?!- 

La borsa cadde a terra, mentre in un disperato tentativo Carhan tentò di ribellarsi, ed uscire ma non ci fu nulla da fare. 

In un attimo la luce scomparve all'improvviso, portando con se Carhan, della quale rimase soltanto la borsa lasciata a terra, dove poco prima vi era la ragazza. 

*** 

Ishikari, Giappone. Anno 2014. 
 

Sbadigliando rumorosamente ma sempre con quella nota di eleganza che lo contraddistingueva, un ragazzo dai capelli color blu notte, leggermente arricciati e con la frangetta che copriva appena gli occhi, decise di malavoglia che era il momento di interrompere il suo pisolino. 

Saltò giù dall'albero che fino a quel momento gli aveva fatto da giaciglio, con un eleganza e un agilità che dell'umano aveva ben poco. Somigliava più a un gatto in verità. 

Iniziò a camminare con le mani infilate nei jeans scuri, rovinati e consumati a tal punto che chi lo vedeva non riusciva a comprendere se fossero usurati dal troppo utilizzo oppure a fabbrica produttrice li avesse messi in vendita con quel particolare stile trasandato. 

Erano abbinati ad una camicia a quadri che variavano dal bianco all'azzurro, al blu, lasciata aperta sul davanti e più larga della maglietta che indossava sotto, anch'essa larga, di color turchese e lunga fino a poco sotto la coscia. 

La particolarità dell'abbigliamento del ragazzo era la sciarpa color notte che portava al collo, siccome ancora la indossava nonostante il clima fosse mite e piacevole. Probabilmente era cagionevole di salute, o almeno così avrebbe pensato chiunque notando la carnagione diafana del ragazzo ed il suo fisico asciutto, ma in realtà era per puro gusto personale che la indossava, godeva di ottima salute. 

Non si era mai curato della moda e non avrebbe di certo iniziato a preoccuparsene ora. 

Ai piedi portava delle comode nike blazer color smeraldo, impossibili da non notare, e al collo si poteva intravedere da sotto la sciarpa il piccolo ciondolo a forma di anello d'argento dal quale non si separava mai. Era troppo importante. 

Sbadigliò un ennesima volta, aprendo uno degli occhi a mandorla, di un intenso ed ipnotizzante blu elettrico, ma richiudendolo subito per concentrarsi sulla musica prodotta dal suo i-pod. 

Quella sera aveva un duello importante e, per quanto la cosa lo annoiasse da morire, non poteva permettersi di perdere. Questa volta più delle altre. 

Poteva sembrare magro e per nulla forte, ma era muscoloso e discretamente alto, circa 1.80, non marcatissimo e per questo spesso sottovalutato dai suoi nemici. 

Mentre camminava a testa china non si accorse di un energumeno tutto muscoli contro il quale andò a sbattere. 

Era alto, grosso e maledettamente stupido, poiché ebbe la brutta idea di fermarlo per la spalla e alzarlo per il bavero della maglietta, senza avere la minima idea di chi aveva davanti. 

- Ehi tu marmocchio stai più attento! Pretendo delle scuse!- 

Ci mise poco il ragazzo a stendere quell'omone grasso e stupido, riprendendo poi a camminare come se nulla fosse. 

- Odio chi mi da ordini.- 

Guardando il ragazzo andarsene, l'uomo a terra sgranò gli occhi per la sorpresa, avendolo riconosciuto soltanto in quel momento. 

- T-Tu.... sei B-Black Cat...... Harikeen A-Atsushi!- 

E poi svenne, ma il ragazzo se ne era già andato. 

Un forte dolore alle tempie fece fermare Black Cat, mentre gli occhi blu elettrici s'illuminarono di ametista. 

- Accidenti...- 

Una stretta al petto, triste e nostalgica, lo lasciò perplesso, poiché lui non era tipo da provare certe emozioni, specialmente quando non riusciva ad abbinarle ad un ricordo preciso. 

Una luce viola lo intrappolò nel suo raggio e una voce gli sussurrò una frase in una lingua che Atsushi conosceva, ma che purtroppo non seppe tradurre. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Che? Latino?- 

E con l'I-pod come unica prova della sua presenza lì, Atsushi scomparve nel nulla insieme al raggio violaceo. 

*** 

Matsuyama, Giappone. Anno 2014. 


Se c'era una struttura per cui il piccolo distretto di Matsuyama, situato nell'isola Shikoku in Giappone, era molto conosciuta dai più, era sicuramente la palestra di judo. 

Molti ragazzi e ragazze si allenano in questo sport di auto difesa che da sempre appassiona persone di ogni età, per partecipare a competizioni nazionali, internazionali, o anche solo per semplice passione. 

Ed è proprio in questa famosa e rinomata palestra che uno dei miti di questo sport si allenava e combatteva il più delle volte. 

La cosa incredibile di questo rinomato campione è che si trattava non di una ragazzo altro e massiccio, bensì di una ragazza, carina solare e nemmeno troppo minacciosa. 

Urla di dolore riecheggiarono dalla struttura della palestra, dove al momento era in corso un combattimento di allenamento, tra un ragazzo piuttosto robusto e la fantomatica ragazza prodigio. 

Non era particolarmente alta, uno e sessanta all'incirca, dal fisico si allenato ma non muscoloso ed un seno prosperoso, nascosto dalla casacca che indossava. 

La pelle color pesca era illuminata dalle piccole gocce di sudore che la imperlavano, mentre i lunghi e mossi capelli biondo-ramati erano raccolti in una coda di cavallo per facilitarle l’allenamento. 

I grandi occhi blu mare brillavano di determinazione pura, mentre si sfogava con il malcapitato avversario che aveva davanti, e che aveva osato provocarla dandole della nana. 

Farla arrabbiare era l'ultima cosa che qualcuno doveva permettersi di fare, e siccome alla palestre ogni conflitto si risolveva con un leale scontro, e non mutilando orribilmente l'avversario, era così iniziata una lotta per l'onore. 

Con un ultimo calcio ben assestato la ragazza spedì a terra lo sfidante, facendo si che il sensei chiudesse l’incontro. 

- Basta così, vince Miel!- 

La ragazza si inchinò, poi raggiunse il maestro che la stava chiamando, ghignando malefica al ragazzo a terra. 

- E ora implora il mio perdono, altrimenti...- non servì nemmeno che finisse la frase. 

- C-Chiedo perdona Dream-sama!!!!- e s'inchinò piagnucolando, chiedendo pietà e perdono. 

Soddisfatta la bionda sorrise solare, avvicinandosi finalmente al sensei che la osservava con un gocciolone dietro il capo. Era davvero tremendo il suo asso. Si schiarì la voce prima di parlare. 

- Ottimo lavoro Miel, come sempre un combattimento eccellente.- 

- Grazie sensei.- sorrise lei. 

- Ora puoi andare a cambiarti, ma ricorda che anche domani ci sarà un allenamento speciale. Le competizioni sono vicine e ti voglio in forma.- le ricordò serio l’uomo. 

- Certo sensei, sarò puntuale.- 

Con un veloce scatto, forse troppo veloce, si voltò per andare a cambiarsi e poter così tornare a casa, ma per sbaglio inciampò nel tappetino che indicava la zona di combattimento, sbattendo così il naso a terra. 

- Tutto bene Miel?- le chiese il sensei preoccupato. 

Sapeva che la ragazza era distratta, ma non poteva evitare di preoccuparsi ogni qual volta inciampava, scivolava o sbatteva in qualcosa. 

E ciò succedeva spesso, molto spesso. 

Miel si rialzò come se non avesse appena fatto un volo non indifferente, rossa d’imbarazzo. 

- S-Sì tutto bene!- 

Scattò verso la porta come un fulmine, cercando di cancellare l'imbarazzo per quella rovinosa caduta, ma inaspettatamente essa si aprì proprio quando la ragazza aveva la mano ad un palmo dalla maniglia, facendo si che il suo naso per la seconda volta in un giorno prendesse una bella botta. 

- T-Tutto bene?- le chiese il ragazzo colpevole dell’apertura della porta. 

Tenendosi il naso Miel annuì, dileguandosi poi verso lo spogliatoio femminile. 

Era sempre stata una tipa sbadata, distratta e attira guai di ogni genere, specialmente imbarazzanti.  

Ormai aveva perso il conto delle volte in cui il suo povero corpo, naso in primis, aveva reclamato un po' di pietà per le troppe contusioni ricevute in modi non propriamente onorevoli, tra questi inciampare in ogni cosa e sbattere contro le porte come successo poco prima. 

Dopo una veloce doccia rinfrescante indossò dei jeans scuri aderenti, una felpa blu petrolio con cappuccio e tascona davanti, che sul petto aveva ritratto un simpatico orso bianco e delle scarpe un tela, bianche e basse. 

Si rimise gli orecchini a cerchio ed uscì, facendo attenzione a non sbattere nuovamente contro qualcosa o qualcuno. Per oggi di botte ne aveva abbastanza. 

Mentre camminava per i corridoi prese il cellulare, mandando un messaggio alla zia per dirle che stava tornando, almeno così non si sarebbe preoccupata troppo. 

Sorrise poi ricominciando a camminare saltellando, prendendo un ennesimo colpo contro un muro che sembrava saltato fuori da chissà dove. 

- Ma si può sapere che succede? Come mai oggi sbatto contro tutto?- si massaggiò il naso dolorante, per poi prendersi tra le mani anche la tempia. 

- Ho preso talmente tante botte oggi che ora mi gira anche la testa.- sospirò, prima di riprendere a camminare, ignorando le proteste del suo naso e quel fastidioso mal di testa. 

Si fermò ad un chioschetto di granite e ne prese una, decisamente l’unica cura possibile a quella serie di sventure che quel giorno sembravano non voler smettere di perseguitarla. 

Soltanto le sue amate granite potevano lenire il dolore procurato da tutte quelle cadute e quelle distrazioni. 

Prese una scorciatoia nel parco sperando così di arrivare prima ed evitare altri problemi probabilmente dolorosi e indesiderati, gustava intanto e in tutta tranquillità la sua amata granita fresca. 

Una fitta alla testa, più forte delle precedenti, la fece gemere lievemente, costringendola a portarsi una mano sulla tempia. 

- Eppure non mi sembrava di aver mangiato troppo in fretta.- 

Un luccichio viola le risplendette negli occhi, accompagnato da un senso di nostalgia a cui Miel non seppe dare spiegazione, mentre una luce violacea l’avvolse, facendole cadere la granita dalla sorpresa. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Che lingua è?- 

Non poté analizzare quella frase, poiché perse i sensi subito dopo, mentre la luce si intensificò e la portò con se. 

*** 

Tokyo, Giappone. Anno 2014. 


Non poteva chiedere di meglio se non quella pace e quella tranquillità che qualche Kami, in cui non credeva affatto, di buon cuore aveva deciso di concedergli. 

Odiava il contatto con le persone, meno ne aveva in giro e meglio stava. 

D'altra parte però, lavorando in un negozietto d'armi, il cui commercio era già di per se non sempre proficuo, vedere il locale del negozio vuoto non era per Ashuros Bleeder fonte di buone notizie. 

Eppure il giovane ventenne sembrò non curarsene poi molto, d'altronde i fondi finanziari non mancavano, e poi meno stava con altre persone meglio stava. 

Se ne stava tranquillo e seduto dietro il bancone, tranquillo e rilassato a lucidare le splendide armi da taglio che avrebbe poi esposto in vetrina. Erano i nuovi modelli quelli. 

Era un ragazzo che all'apparenza poteva sembrare malato e cagionevole a causa della sua pelle molto pallida, ma che in realtà nascondeva un fisico muscoloso e non troppo evidente, potando spesso a fraintendere la sua forza fisica. 

I capelli albini poi non aiutano a dare un aria allegra a questo scorbutico ragazzo dai canini leggermente sporgenti, come se non bastasse, a dargli un aspetto ancor più minaccioso vi era la spaventosa cicatrice che dalla tempia sinistra scendeva fino alla mandibola, dritta e lineare, passando per l'occhio sinistro, coperto sempre da una benda. L'altro occhio invece, scarlatto come il sangue, scrutava concentrato ogni minima parte della lama affilata che Ashuros continuava a rigirarsi tra le dita, controllandone la perfetta fattura e la mancanza di difetti. Ammirò soddisfatto il suo lavoro e l'arma, trovando entrambi spettacolari. 

Si alzò dalla sedia con le armi appena lucidate in mano, nascondendo così il disegno delle spade rosse incrociate che erano ricamate sulla maglietta grigia che indossava. Anche senza le armi però si sarebbe visto ben poco della maglia, nascosta dalla giacca in pelle nera che neanche all'interno del negozio il ventenne si era tolto. Jeans blu e scarpe da ginnastica nere completavano il suo semplice e comodo outfit. 

Mentre si avvicinava alla vetrina un forte capogiro gli fece perdere la presa sulle armi, che caddero a terra con un tonfo sordo facendolo imprecare. 

- Spero solo che non si siano rovinate o graffiate.- 

L'occhio scarlatto brillò di viola e così come ad altri prima di lui, anche ad Ashuros venne infusa nel petto una sorta di nostalgia, che lasciò comunque indifferente ed impassibile il ragazzo. 

Semplicemente si domandò da cosa potesse essere causata e perché, a lui di certo non mancava nulla di così importante da dover provare certe sensazioni. 

Non si accorse nemmeno della lacrima solitaria che gli solcò il viso, a lui che non provava mai nulla e che era sempre così pacato e controllato. 

Un fascio di luce viola si puntò su di lui come un riflettore, imprigionandolo all'interno del suo raggio. 

- Che cazzo succede?!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

La luce divenne più intensa, mentre le vertigini gli stavano facendo perdere conoscenza. 

Non riuscì a cadere al suolo, la luce si dissolse prima, portandosi via anche il ragazzo dai capelli argentati. 

*** 

New York, Stati Uniti d'America. Anno 2014. 


- Buongiorno a tutti!!!- 

Un energica ragazza dai lunghi capelli candidi come la neve, legati in una pratica treccia laterale, entrò in cucina raggiante come ogni mattina, sprizzando la sua energia da tutti i pori. 

I brillanti occhi viola trasmettevano la sua grinta e la sua allegria. 

- Oh buon giorno Yelle.- la salutò la madre sorridendo. 

Yelle si sedette a tavola, pronta ad una normale colazione con sua madre, come succedeva ogni giorno. 

Sin da quando aveva memoria lei e sua madre avevano sempre vissuto da sole, prive di qualsiasi presenza maschile in casa. 

Daltronde suo padre era morto quando lei era ancora troppo piccola per ricordare, e sua madre non aveva mai voluto risposarsi per l'amore che provava da sempre per suo marito. 

O almeno questo è quello che Yelle ha sempre pensato. 

In ogni caso, nonostante a volte sentisse la mancanza del padre, vivere con sua madre non le dispiaceva affatto. 

Anzi era molto divertente dal suo punto di vista. 

- Vedo che sei già vestita cara, vai da qualche parte?- le chiese dolcemente la donna. 

La ragazza dai lunghi capelli albini indossava un outfit semplice e comodo, ma allo stesso tempo anche elegante. Jeans chiari ed una maglietta a maniche corte completamente nera, semplice e pratica. 

Annuì sorridente alla madre, addentando una fetta di pane tostato con marmellata. 

- Già, ho un appuntamento e non voglio far tardi. Sarà bellissimo e divertentissimo! Andremo in giro per negozi, faremo shopping e poi magari mangeremo anche fuori. Giusto non mi aspettare per pranzo, probabilmente mangerò la e…- 

- Yelle calmati e riprendi fiato, non mi ha nemmeno detto con chi uscirai.- sospirò la madre, per poi lasciarsi andare ad un sorriso. 

Sua figlia era una di quelle persone dalla parlantina facile, ma era anche questo lato del suo carattere che la rendeva unica e speciale ai suoi occhi. 

L'albina si lasciò andare ad una piccole risata nervosa, facendo una piccola linguaccia come a volersi scusare di aver parlato troppo, Era una sua caratteristica quella, per quanto ci provasse non avrebbe mai potuto né voluto cambiarla. 

Finì in fretta la colazione e rispose alla domanda della madre, o almeno ci provò.  

- Scusami mamma hai ragione, vedi sto uscendo con…- una rapida occhiata all’orologio posto sul mobile li vicino la fece sbiancare. 

- Santo cielo è già così tardi?! Ma com’è possibile?! Accidenti se non mi sbrigo non arriverò in tempo.- 

Con un balzo degno del miglior rimbalzista dell'NBA Yelle raggiunse l'ingresso in un lampo, dandosi un ultima occhiata allo specchio dell'ingresso e ricordandosi solo un secondo prima di uscire una cosa molto importante e tornando indietro. 

Diede un veloce bacio sulla guancia alla madre, poi come un tornado corse fuori casa. Non voleva assolutamente far tardi. 

Fortunatamente il luogo del ritrovo erano i grandi magazzini che distavano solo pochi kilometri da casa sua, quindi con una corsetta leggera o un passo sostenuto, sarebbe arrivata giusto in tempo. 

Mentre correva si sentì stordire da un improvviso giramento di testa che la fece barcollare pericolosamente, mentre i suoi occhi viola risplendettero intensificando il loro colore purpureo. Il raggio viola che già aveva preso tanti ragazzi investì in pieno anche lei, che non riuscì più a muoversi. 

- Che succede?- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

Sempre la stessa voce, con la stessa misteriosa frase invase i pensieri della rossa, confondendola ancor di più. 

Yelle sentì gli occhi chiudersi, come se quella luce le stesse risucchiando tutte le energie, e poco dopo svenne. 

La luce sparì con lei, come ormai aveva già fatto tante volte. 

*** 

Yorkshire, Inghilterra. Anno 2014 


Molte erano le leggende che si celavano all'interno del misterioso quanto affascinante castello di Richmond, nello Yorkshire, in immensa struttura ricca di fascino e storia, fondato sulle solite fondamenta di una antica leggenda. 

Qui di fatti, girava la singolare voce che, in questo maestoso castello, Re Artù e i suoi cavalieri giacessero addormentati in un sogno profondo, chiusi in una cripta segreta accessibile solamente da una camera dei sotterranei. 

Ed era proprio in questi ultimi che un giovane universitario curiosava con interesse ed emozione tra i mille corridoi labirintici in cui si era infiltrato per scoprire se quella storia fosse vera o soltanto un illusione. 

Quella parte del castello era buia e quasi completamente priva di illuminazione, l'unica fonte di luce che spezzava l'oscurità era data dalle torce appese al muro, accese qualche ora prima dal custode del palazzo. 

Nonostante la scarsa illuminazione rendesse la figura del ragazzo un ombra nel buio, la luce fornita dal fuoco delle torce era sufficiente affinché si potessero intravedere i corti capelli castano chiari e i brillanti quanto intensi occhi verdi, la pelle leggermente abbronzata e la muscolatura appena accennata ma comunque presente. 

Anche se l'umidità e il lieve venticello che tirava nei sotterranei rendevano l'ambiente tetro e gelido, il ragazzo indossava una maglietta rossa a maniche corte, abbinata ad un paio di jeans e a delle scarpe da ginnastica bianche. 

Era da sempre rimasto affascinato dalle vicende del grande Re Artù, e la pausa tra un esame e l'altro era stata l'occasione migliore per esplorare il Regno Unito in cerca dei luoghi dove il re dei cavalieri aveva compiuto le sue ammirabili gesta. 

Si guardava attorno attento e preparato, osservando una cartina rimediata in biblioteca e prendendo di tanto in tanto anche qualche appunto. 

Arrivato davanti ad una porta in legno di ciliegio sorrise soddisfatto, finalmente era arrivato alla sua meta. 

- Bene, la porta dovrebbe essere questa.- 

Senza esitazioni o cerimonie varie, aprì la porta ed entrò nello studiolo segreto che secoli prima apparteneva al re. 

Non era molto grande e nemmeno arredata, se non per una libreria ed una scrivania. 

- Se non sbaglio, il vecchietto ha detto che il passaggio segreto dovrebbe essere qui, però dopo la prima volta che è stato aperto nessuno l'ha più trovato.- 

Indugiò qualche attimo pensoso, portandosi una mano sotto il mento e riflettendo su dove potesse essersi cacciata quell'entrata segreta. 

Se c'era la prima volta, per forza doveva trovarsi ancora li. 

- Il posto più logico è senz'altro la libreria, ma se fosse lì l'avrebbero sicuramente trovata, quindi mi chiedo dove possa essere.- 

Camminò in circolo per diverse volte, quasi volesse lasciare una buca circolare al posto del pavimento a forza di camminarvi, per poi mettersi ad ispezionare il muro attentamente. 

Picchiettò ovunque, in alto in basso, a destra, a sinistra, finché il rumore dei mattoni non divenne sordo e vuoto, come se dall'altra parte non ci fosse nulla. 

Tastando su varie pietre trovò finalmente quella che cercava, nascosta dietro la libreria e in contatto con quelle del pavimento. 

- Evvai ci siamo! Un altro successo per Ace Mustang!- 

Davanti a lui si spalancò un ingresso segreto, probabilmente lo stesso che doveva portarlo al fantomatico Artù addormentato. 

Finalmente avrebbe chiarito quell'affascinante mistero. 

- Bene allora, andiamo!- 

Appena mosse un passo verso l'ingresso, un lancinante dolore alle tempio lo obbligò a fermarsi, mentre la nostalgia per qualcosa che nemmeno Ace sapeva s'impossessò di lui. 

I suoi occhi verdi si colorarono di viola. 

- Ma cos'è? La maledizione dei fantasmi?- 

Un raggio viola lo abbracciò, mentre Ace sempre più confuso ormai non riusciva più a capire cosa stesse succedendo. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

La porta nascosta di richiuse in pochi attimi, senza che però il giovane Mustang avesse potuto entrarvi e svelare il mistero, poiché la luce portò via anche lui. 

*** 

Londra, Inghilterra. Anno 2014. 


Non era semplice il lavoro di un graphic designer, poiché il semplice talento nel disegno e nell'abbinamento dei colori non bastava per avere successo. 

Bisognava saper incontrare le richieste dei clienti, progettare le cose in modo da attrarre clienti all'attività che commissionava il lavoro, saper rendere tutto invitante e giocoso, ma alle volte anche pacato e professionale. 

Bisognava adattarsi alle esigenze, le pretese e il tema che una determinata commissione richiedeva. 

E questo Nene lo sapeva fin troppo bene. 

A soli 19 anni era una dei graphic designer più famose della città e non era raro che si ritrovasse chiusa in studio a progettare loghi, magliette, cartelloni pubblicitari e altre commissioni di genere commerciale. 

Ma non era raro che le venisse commissionata anche l'organizzazione di party e feste in generale, dal punto di vista del tema e della decorazione degli ambienti. 

Sbuffando si portò una mano tra i lunghi e mossi capelli bianchi, mentre chiuse per un attimo gli stanchi occhi del medesimo colore. 

La pallida pelle venne illuminata da un raggio di sole penetrato dalle persiane, mettendo in risalto anche le guance rosee e le labbra carnose. 

Portandosi una mano sotto il mento esausta, picchiettando nervosa sul tavolo con le unghie ben curate e dipinte di bianco dell'altra. 

- Maledizione.- 

Si alzò dalla scrivania per bere un bicchiere d'acqua e sperando così di ritrovare la calma e l'ispirazione per completare il progetto. 

Era alta e snella, non troppo prosperosa, ma era ugualmente una bellissima ragazza. 

Aprì il mini bar che teneva in studio ed estrasse una bottiglietta d'acqua, ne bevve avidamente più di metà per poi tornare al suo lavoro più calma e tranquilla. 

Quando riprese in mano la matita per continuare il progetto, il cellulare squillò. 

- Pronto.- 

- Ehi Nene! Ma sei ancora al lavoro?!-  

Dall'altro lato del telefono vi era Kate, sua coinquilina e buona amica, nonostante il carattere snob e viziato che quest'ultima aveva.  

- Ciao Kate, si sono ancora in studio. Ti serve qualcosa?- 

- Non dirmi che stai ancora lavorando a quel progetto sui maiali?! Che orrore!- 

Kate era il tipo di persona schizzinosa e cresciuta nel lusso, con gusti difficili e smanie di essere sempre al centro dell'attenzione. 

In un certo senso però, quel lato della sua coinquilina la divertiva. 

- Si è ancora quello, e non è sui suini, ma per una ditta che produce salumi.- 

- Si si è uguale, fatto sta che quelle bestiacce centrano sempre. Il cliente ha cambiato ancora idea?- 

Nene sbuffò irritata, rispondendo soltanto con un grugnito che l'amica interpretò come risposta positiva. 

- Per questo stanotte non sei tornata a casa?- 

- Esatto, la scadenza è tra poco e quelli continuano ad avere pretese su pretese. Sono incontentabili.- 

Il progetto prevedeva che progettasse per questa famosa ditta di salumi una maglietta divertente e spiritosa da poter vendere ai negozi come gadget. 

Il problema è che di tutti i bellissimi progetti presentati, era stato scelto l'unico che la ragazza avrebbe scartato dal principio. 

Il problema? Secondo il padrone andavano apportate alcune lievi modifiche, che si erano poi trasformate in una completa rivoluzione, distruggendo i poveri nervi della ragazza. 

Ma Ribonuyoshi Nene non si arrendeva davanti a nulla, e passando ore ed ore sul computer per modificare il disegno che via via andava sempre più incontro ai gusti del cliente, ma che non era mai perfetto. 

L'unico risultato completo ottenuto con quella commissione era di far odiare alla ragazzia sia i computer che i suini. 

- Scommetto che non mi hai chiamata per parlare di lavoro vero?- 

Comunque conosceva la sua amica, che nonostante fosse molto diretta ora stava girando intorno a quello che voleva dirle. 

- Già infatti! Stasera uscirò con il mio amoruccio, ho bisogno che qualcuno mi dica quanto sarò favolosa prima che lui mi veda, quindi muoviti a tornare qui!- ed ecco che aveva ripreso la sua naturale schiettezza. 

Nene rise. 

- Farò il possibile. Ricordati che...- 

La ragazza si dovette portare una mano alla tempia per alleviare il capogiro che l'aveva colta all'improvviso, dato probabilmente dalle troppe ore sul computer. 

All'improvviso però gli occhi brillarono di viola, con una malinconica nostalgia che attanagliò il cuore della confusa ragazza. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Ma cosa diavolo...?-  

Una luce viola discese su di lei, l'avvolse e scomparve, portandosi dietro la ragazza. 

L'unica prova che restò di lei fu il cellulare, con Kate ancora in linea che tentava di richiamare l'amica scomparsa. 

*** 

Los Angeles, Stati Uniti. Anno 2014. 
 

In un campo abbandonato di periferia, un uomo sui 27 anni giocava tranquillo a basket in piena solitudine. 

Gli piaceva stare solo e tirare a canestro, molto più che passare del tempo con tutti quei vermi del mondo che non erano minimamente degni di ricevere attenzioni da lui. 

Non gli interessava di niente e nessuno che non fosse lui, se non era per suo interesse o piacere, il mondo poteva pure bruciare e cadere in rovina che lui se ne sarebbe fregato, forse addirittura ci avrebbe anche goduto. 

Intorno a lui si apriva un raccapricciante spettacolo di corpi sanguinanti sparsi per tutto il campo, vittime di quello stesso uomo che ora tranquillamente tirava triple e schiacciava come se nulla fosse. 

D'altronde dovevano saperlo, quei poveri malcapitati, che disturbare Caius Mordred mentre praticava il suo sport preferito equivaleva ad abbracciare senza dubbio la fredda mano della morte. 

La prossima volta avrebbero fatto più attenzione a quel che facevano. 

Caius anche solo di vista di presentava come un omone dalla corporatura possente, spalle larghe e muscoli ben definiti. Era altro, molto altro, quasi raggiungeva i 2 metri, dalla carnagione dorata quasi da sembrare perennemente abbronzato. 

A causa dei veloci scatti che faceva mente palleggiava abilmente, i corti e spettinati capelli color fuoco svolazzavano ribelli in ogni parte, ricadendo come di norma sugli occhi dorati, freddi ed inespressivi, ma dal taglio stranamente ferini. 

In quel momento indossava dei larghi pantaloni a tre quarti, una maglietta nera a maniche corte nascosta da una felpa rossa, sempre aperta e con la manica destra arrotolata. Il cappuccio della felpa, alzato sul capo, nascondeva i capelli, che ad ogni movimento si scompigliavano sempre più. Ai piedi indossava delle Air Jordan rosse e nere. 

Era isolato dal mondo esterno grazie alle cuffiette, che  

Pendendo una lunga rincorsa, Caius saltò a canestro per schiacciare, sfruttando la faccia di uno dei malcapitati, steso poco avanti il canestro, come se fosse un trampolino. 

All'uomo rimase un segno rosso in volto, due denti in bocca ed il naso rotto e sanguinante, uno spettacolo raccapricciante per chiunque. Tranne per Caius. 

Ammirò il suo spettacolo con un ghigno in volto, tirando poi un potentissimo calcio allo stesso uomo usato poco prima come trampolino. 

- Che vi serva da lezione, mai dare ordini a me.- 

Raccolse la palla e si diresse verso l'uscita del campo, ghignando ancora al ricordo del bellissimo spettacolo che si era lasciato dietro, ma la palla gli sfuggì di mano, un forte male alla testa l'aveva costretto a fermarsi, mentre una crescente sensazione che mai aveva provato e alla quale non sapeva dare un nome crebbe in lui. 

Gli occhi divennero viola, e un raggio del medesimo colore lo circondò col suo fascio. 

- Che cazzo succede?!- 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

E come ad altri prima di lui, anche Caius sparì con la misteriosa luce, che stava prendendo con se sempre più persone. 

*** 

Kyoto, Giappone. Anno 2014

Un piccolo bambino sui cinque anni tentava disperato di acchiappare il suo palloncino che, dispettoso, aveva deciso di impigliarsi ad un ramo troppo alto per uno scricciolo come lui. 

La sua mamma era poco lontana dove si trovava lui, ma era impegnata al cellulare per aiutarlo e lui non voleva disturbarla. 

Disperato lasciò che i grandi occhioni s'inumidissero, preparandosi al pianto più grande e fastidioso che avesse mai fatto, se non ché qualcuno arrivò giusto in tempo per frenare il suo pianto. 

- Ecco piccolino, su non piangere.- 

Una bella ragazza dai capelli color miele gli stava sorridendo cordiale. I capelli erano scalati, e sul lato destro erano più lunghi che sulla sinistra, piastrati, e da entrambe le parti cadevano sulle spalle. 

Gli occhi dall'iride di un colore particolare, di un rosa tendente al fucsia che ebbero il potere di calmare il piccolo all'istante, complice anche il riottenimento del suo amato palloncino. 

Non era particolarmente altra, abbastanza per arrivare a quel ramo maledetto, magra e dal seno prosperoso. 

- G-Grazie! Come ti chiami Nee-chan?- 

- Sono Misaki Kuroshi, e tu sei proprio un piccolo ometto davvero carino.- gli carezzò amorevolmente il capo, salutandolo e correndo verso l'uscita del parco. 

- Ora devo andare, mi raccomando fai il bravo, e attento al palloncino.- 

- Ok! Ciao e grazie ancora Misaki-nee!- 

La bionda sorrise dolce al piccolo, continuando però a camminare per la sua strada, come meta il liceo in cui studiava. 

Contrariamente a quello che si poteva pensare, la ragazza indossava abiti molto casual, quali un paio di jeans sorretti da una cinta, delle converse basse, una maglia scollata che lasciava scoperte le spalle ed un cappellino alla francese dalla quale non si separava mai. 

Non passavano inosservati poi i grandi orecchini a forma di cuore, e il bracciale dorato che suo padre le aveva regalato quando ancora viveva con lei e sua madre. 

Quella mattina non indossava la divisa, poiché doveva passare soltanto a ritirare alcuni documenti per poi tornarsene a casa. Era giorno di vacanza, quindi niente studio per quella volta. 

Non che Misaki avesse bisogno di studiare, in fondo era la ragazza immagine del liceo e la più intelligente dell'istituto, il che la rendeva un inguaribile secchiona. 

Era anche una ragazza gentile e disponibile, che si faceva in quattro per aiutare chiunque ne avesse bisogno, e che per questa sua gentilezza aveva spesso sofferto nella vita. 

Comunque era sempre stata capace di rialzarsi e sorridere, affrontando ogni dolore con crescente coraggio e imparando a diffidare di chi prima le si era dimostrato amico. 

La seguiva una reputazione da ragazza facile e che la da a tutti senza problemi, voce sparsa da compagne invidiose del suo aspetto che si erano divertite a rovinarle la vita. 

Tutto ciò che avevano fatto però, era stato distruggere la fiducia che la ragazza riponeva nelle persone, rendendo più difficile per lei concedere al prossimo la fiducia. 

Nonostante tutto però, non poteva evitare di aiutare chiunque fosse in pericolo. 

Misaki camminava allegra per la strada fischiettando un motivetto orecchiabile, pensando che appena fosse tornata si sarebbe preparata un dolce fresco per pranzo, quando improvvisamente sentì la testa girare in preda a delle forti vertigini, e per evitare di cadere dovette appoggiarsi ad un palo. 

Gli occhi assunsero una tonalità violacea, mentre una sensazione nostalgica la costrinse a portarsi una mano sulla zona del cuore. 

Cosa le succedeva? 

Un fascio di luce sempre viola l’avvolse completamente, come se qualcuno le avesse puntato un riflettore addosso. 

- Ma cosa…?!- 

Provò ad uscire ma non ci riuscì, sentì poi voce parlarle e tutto accadde in pochi istanti. 

- Nobilis miles respondet, oportet te ...- 

- Chi sei?!- gridò allarmata. 

Si stava spaventando. 

La voce non rispose, ma la luce viola diventò più intensa costringendola a coprirsi gli occhi, dopo di che si dissolse improvvisamente, com’era venuta. 

Non fu solo la luce a sparire. 

Dove poco prima stava Misaki ora non vi era altro che vuoto, ogni traccia di lei era sparita e nessuno aveva visto nulla. 






































*Note Autrice*
Ehhhhhhhh ecomi qua!! XD
Non mi aspettavate così presto vero? u.u Be ringraziate Vale per questo (Eden891 qui su efp) che mi ha spronata una settimana con i suoi complimenti ed incoraggiamenti, altrimenti chissà quanto avreste dovuto aspettare XP
Allura, mi porto avanti e chiedo scusa a Stella e Wilwarind, perchè le loro scene le ho variate molto poco ^^"
Chiedo scusa, ma le avevo già pronte e non mi dispiacevano, quindi le ho tenute ^^" spero non vi dispiaccia non aver letto cose nuove sui vostri OC.... miglorerò più avanti promesso!
Altra cosa rivolta alla mia amica Nay principalmente: La scena di Nene è ispirata a fatti realmente accaduti alla sua proprietaria, in classe per la famosa salumeria Le***i (mettiamo censura, non si sa mai :P) alla creatrice di quello stesso personaggio XD
Non odiarmi tesora, io ti lovvo tanto!! XD
Altra cosa, ho messo delle città e dei continenti anche a chi non mi aveva specificato dove vivevano, così a fini estetici diciamo, spero che non vi dispiaccia ><
L'ultima cosa che volevo dire è che l'ordine di presentazione è stato fatto completamente a caso, ovvero che leggendo i vari OC ho preso quelli che con una letta al carattere e agli Hobby mi davano idee (orribili certo, ma è un inizio ^^)
Sicuramente (perchè non basta rileggerlo 15 volte) avrò fatto degli errori, ditemi voi se ce ne sono e provvederò ad aggiustare in seguito ^^"
Gli OC qui non sono molto caratterialmente trattati, per quello bisognerà aspettare il quarto capitolo, ma se ci sono parti che ho sbagliato e che non vi convincono non esitate a dirmelo ok? u.u
Persone che non sono apparse in questo capitolo non entrate in panico, nel prossimo apparirete voi, dopo di che daremo il via alle danze e alla storia vera e propria XD
Be e per stasera è tutto gente, un bacione a tutti e buonanotte!!!!!
A presto!
Jeo 95 =3

   
 
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