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Autore: SakiJune    16/06/2014    0 recensioni
Ada Markham vive a Londra e NON è una ragazza come tutte le altre: è una fangirl del Dottore, proveniente da un’altra dimensione. Per un capriccio di Clara, delusa e scontenta dopo la rigenerazione del Dottore, Ada giunge a bordo della TARDIS e gli equilibri stagnanti tra i membri dell’equipaggio subiranno un serio scossone.
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Altri, Clara Oswin Oswald, Doctor - 12, Jenny, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Threesome
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'From Lungbarrow to Trafalgar Square'
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La vocina femminile e cinguettante del rappresentante di Alpha Centauri - che femmina non era, doveva ricordarlo per evitare ulteriori brutte figure - era colma di gratitudine. Clara avrebbe preferito meno cerimonie, ma aveva compreso che quell’avventura aveva portato con sé un risvolto di diplomazia interplanetaria, e non si sottrasse ai ringraziamenti.
- Così, sei davvero il Dottore che ho incontrato su Peladon. Sei molto diverso da come ti ricordavo. Ti hanno ingaggiato come incubatrice su Adipose III, di recente?
Il Dottore diede segno di apprezzare la battuta. - Sono un Signore del Tempo, mi succede di dovermi rigenerare qualche volta.
- I Signori del Tempo sono una leggenda - decretò il centauriano, ma le sue certezze sembrarono vacillare non appena ebbe pronunciato quelle parole. - Devono esserlo…
- Quando ci siamo conosciuti la pensavi così? - l’incalzò il Dottore.
- No… no, niente affatto! - La sua voce si fece ancora più stridula. - Com’è possibile, come posso avere dei ricordi tanto contrastanti? Cos’è cambiato nel frattempo?
- Non nel frattempo… nel tempo. E nello spazio. Il mio pianeta è bloccato in un’altra dimensione, e non riesco a ritrovarlo.
- Un’altra dimensione… non avrei creduto nemmeno a questo, fino a poco tempo fa, sai? Ma non sei il primo che si lamenta di una situazione simile. Sembra che i confini si siano fatti sottili, di recente.
- Non di recente: da ogni lato del tempo - lo corresse nuovamente il Dottore, quasi senza accorgersene. - E non è caduto in un portale, sono stato io a sigillarlo: c’era la guerra, una guerra terribile. Ma voglio capire come riportarlo indietro senza conseguenze spiacevoli. Non metterei mai in pericolo l’Universo di mia volontà.
- Ti conosco, Dottore. Non hai bisogno di rassicurarmi riguardo alle tue intenzioni. Ma è una questione molto complessa e vorrei che ne discutessimo con il Consiglio. La Regina di Peladon non ha dimenticato il tuo prezioso aiuto.
Il Dottore si strofinò le mani, uno scintillio di determinazione negli occhi chiari. - Affare fatto. La tua nave o la mia?
- Sono felice che tu sia così ben disposto, potremo aiutarci reciprocamente. Posso... attendere che la vostra amica si sia ristabilita - L’ultima frase suonava come una concessione opzionale e di circostanza.
Jenny si fece avanti, un po’ rossa in volto. - Resterò io con Vastra, se è d’accordo, papà. È una splendida opportunità.
Ada e Clara si fecero l’occhiolino a vicenda, approvando con certe facce da schiaffi stile cupidi in missione.
- Ragazze, vado con la nave di Centauri, è deciso. - Lanciò la chiave della TARDIS nella loro direzione e Clara la prese al volo. - Sarò di ritorno prima di quanto pensiate. Fate compagnia a Dorium, non c’è un buon wi-fi da queste parti.


Quella sera giocarono alle sciarade e alle venti domande (“Vive in quest’epoca?” “No. Perché, in che epoca siamo?” “Non lo so, ma visto che hai detto di no senza esitare possiamo escludere a prescindere la Faccia di Boe”) e Ada raccontò quel che ricordava della famiglia reale di Peladon e di Aggedor, di Jo Grant e soprattutto dei Guerrieri di Ghiaccio. Clara riprese il discorso raccontando la sua avventura con Skaldak al Polo Nord, sul sottomarino del Capitano Zhukov. Dorium fingeva di ascoltare, ma sembrava infastidito da qualcosa; alla richiesta di spiegazioni, confessò che avrebbe preferito se il Dottore non fosse partito da solo.
- È un’occasione unica. Se la Federazione Galattica ha preso coscienza dei cambiamenti nell’Universo, può aiutarci ad evitare una nuova Trenzalore - spiegò Clara.
- Non è più questione di temere o non temere il ritorno di Gallifrey, - continuò Ada - Si tratta di andare incontro a questa certezza con le risorse migliori.
- Sarà come dite voi, ma se questa specie di congrega gli gioca qualche brutto scherzo, come possiamo aiutarlo da qui?
- La Federazione non è una “specie di congrega”, signor Maldovar. Per quanto ne so, è un’organizzazione con sani principi e spirito di collaborazione - protestò Clara. Aveva un talento notevole ad improvvisare, e come insegnante sapeva gestire una situazione spinosa. Gli altri due, però, non sembravano inclini a mantenere un’atmosfera pacata.
- Non esisterà più nulla di quello che dite, ai miei tempi! Ci saranno di nuovo guerre e stermini e terrore!
- E lei ne ha approfittato per accumulare crediti e guadagnare sul sangue degli altri! - sbottò Ada. - Vogliamo parlare di Madame Kovarian? Di come avete complottato per rapire una bambina innocente e trasformarla in un’arma per uccidere il Dottore?
- Io non lo conoscevo davvero, allora. - balbettò, profondamente turbato. - Non sono fiero di ciò che ho fatto. Non sono fiero di come ho vissuto. Ma credevo che fossimo un poco oltre quest’acredine, che avessimo stabilito un certo grado di... rispetto reciproco, signorina Markham.
Ada sospirò, rimangiandosi mentalmente quella sfuriata. Il lato peggiore del suo carattere era ormai venuto allo scoperto.
- Non sto dicendo che non mi fido di lei - tentò di rimediare. - Tutti possiamo sbagliare, scegliere la strada più facile… solo, non significa che tutti lo facciano. Partire prevenuti non serve a nulla, la fiducia è qualcosa di reciproco.
- Perciò siete convinte che questo centauriano abbia buone intenzioni?
- Ha un forte senso dell’onore e un grande debito di gratitudine nei confronti del Dottore. E anche di me, adesso, a quanto pare - lo rassicurò Clara, guardandosi il braccio che era andata a farsi medicare nell’infermeria del complesso turistico.
Dorium grugnì. Per lui il discorso era chiuso, ma se avesse avuto ancora uno stomaco avrebbe gradito volentieri un antiacido.
- Le chiedo scusa. Non avrei dovuto tirare in ballo il passato. - Ada si avvicinò alla scatola e gli porse la mano in segno di pace. Dorium gliela sfiorò con le labbra, augurandosi che Clara non lo mandasse a sbattere contro il soffitto in un impeto di gelosia.
- È davvero una strana terrestre, signorina.
Le parve il più bel complimento che si potesse ricevere.


Più tardi, nella loro stanza, rimasero ad ascoltare l’una i respiri dell’altra. Non c’erano altri suoni in tutta la nave; l’assenza del Dottore era palpabile e pesante come una coperta bagnata sul petto. Ada strofinò il viso tra i seni di Clara, spettinata come un folletto dei boschi. Si era comportata male con Dorium. La sua irruenza avrebbe allontanato anche lei, prima o poi? Era sempre la stessa storia: quando stringeva amicizia con qualcuno, all’inizio era timida e gentile, poi si prendeva troppa confidenza e iniziava a fare la saputella, risultando odiosa.
- Potresti restare a casa mia, qualche volta - propose Clara tutt’ad un tratto. - Non è un granché e non ho mai imparato a usare il forno come si deve, ma potremmo sperimentare. - Immaginò la normalità, tornare a casa dal lavoro e trovarla in cucina a dirle “Bentornata”. Magari senza nulla sotto il grembiule, come adesso sotto le lenzuola.
Non avrebbe significato lasciare il Dottore per sempre.
Avevano un patto, prima di Trenzalore: un viaggio alla settimana e non di più, puntualità nei limiti dei capricci della TARDIS, l’assicurazione che niente avrebbe interferito con la sua vita reale. Ma poi era cambiato tutto. Lui era invecchiato, era cambiato, così, in poche ore
(un millennio)
e poi c’era stata quella telefonata a straziarla nel profondo, a spingerla a mentirgli e restargli vicino per un tempo più lungo, e si era ritrovata a trascurare sempre di più gli impegni, la famiglia, tutto.
Ed era stranissimo, a pensarci. Il periodo delle “gite del mercoledì” era stato anche pieno di fantasie su di lui, come se si stesse prendendo una vera e propria sbandata, eppure alla fine riusciva a restare con i piedi per terra. Ora avrebbe voluto tornare a quel distacco apparente, quando il loro rapporto era migliore. “Qualità e quantità non vanno mai di pari passo” diceva sua nonna.
Doveva trascorrere più tempo a casa, si ripeté, e nella sua mente suonò come una decisione. Ma Ada avrebbe accettato un compromesso del genere? Che cos’era più importante per lei?
E poi si rese conto che la domanda valeva anche per se stessa.
Che cos’è più importante per me?
- Avrei paura.
- Di che cosa? Non è come sposarsi, insomma, solo passare un po’ di tempo tra quattro mura di mattoni, andare in un pub dove non servono tentacoli al posto delle patatine, così per cambiare.
- Clara… - Cercava le parole giuste. - In questa dimensione non ho una casa, non ho un lavoro, non ho nemmeno un pianeta a cui tornare. E non vorrei nemmeno tornarci. È vero, all’inizio sei stata tu a scegliere per me, ma ho scelto di restare perché ho capito che era il mio destino. Se tra di noi dovesse andare tutto a rotoli…
- Potremmo sempre restare amiche. Continuare come prima. - Clara era ormai abituata ai suoi consueti cali di autostima, e aveva imparato a gestirli senza spazientirsi né assecondarla troppo.
- Ma se il Dottore non tornasse a prenderci, resterei sola per davvero.
- Tu pensi che lui ci lascerebbe senza nessuna spiegazione? No, non è così. Credevo lo conoscessi più di me, ma forse dallo schermo della TV non si può capire davvero. - C’era amarezza nella sua voce. - Se non ritorna, è perché non può farlo, perché qualcosa o qualcuno lo trattiene, perché è in pericolo e allora siamo noi che dobbiamo aiutarlo, è sempre stato così, se lo desideri con tutte le tue forze lo raggiungerai… - Per un istante le sembrò di aver recuperato la memoria delle sue eco, ma quest’illusione si spense come un fiammifero nel buio.
- Non voglio correre questo rischio. Non voglio pensarlo lontano. Già adesso sento un vuoto assurdo, vorrei essere sicurissima che vada tutto bene. Tutte le cose che ho detto prima, che la Federazione lo appoggerà e che sarà un successo e tornerà senza problemi… le credo, sì, ma non posso esserne certa. Solo quando lui sarà di nuovo qui potrà sparire questa paura.
Che cos’è importante?
- Io rispetto il tuo ottimismo, lo ammiro - continuò Ada, gettando fuori tutto per timore che lei fraintendesse, cercando le parole adatte: - Quando scendi dalla TARDIS e ci saluti fiduciosa per tornare alla vita di tutti i giorni, io capisco che è giusto. Ma non può esserlo per me. Almeno, finché non troveremo Gallifrey. Poi dovrà fare delle scelte, e immagino che cambierà tutto, e allora sì, potrei dover decidere di vivere da qualche altra parte, e vorrei davvero che fosse con te. Perché allora non avrà più bisogno di noi...
Clara annaspò nel silenzio, chinò la testa contro la sua, le scostò brusca i capelli con la fronte come se volesse penetrarle la mente.
- Vorrei guardarlo con i tuoi occhi. Ne ho bisogno. Sentire quello che senti. Sapere quello che sai.
- Tu sei invidiosa di me, io sono invidiosa di te… non va mica bene - scherzò Ada senza troppa allegria.
- Io credo che noi andiamo più che bene. - Era riuscita a confessarle una parte della verità, anche se con un giro di parole non proprio evidente, e lei non aveva reagito come aveva temuto per tutto quel tempo. - Non dimenticare la profezia di Occhi Rossi. Saremo una cosa sola…
Ada l’acciuffò, la strinse forte, iniziò a baciarla e l’ultima frase sensata che le udì pronunciare fu:
- Hai ragione, non senza di lui… mai senza di lui, finché possiamo.

La TARDIS ascoltava.

   
 
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