Invito all’Amore
Vivamus,
mea Lesbia, atque amemus,
rumoresque
senum severiorum
omnes
unius aestimemus assis!
Soles
occidere et redire possunt:
nobis,
cum semel occidit brevis lux,
nox
est perpetua una dormienda.
Da
mi basia mille, deinde centum,
dein
mille altera, dein secunda centum,
deinde
usque altera mille, deinde centum.
Dein,
cum milia multa fecerimus,
conturbabimus
illa, ne sciamus,
aut
ne quis malus invidere possit,
cum
tantum sciat esse basiorum.
Catullo
***
Il sole era alto nel cielo, quella
mattina, e sembrava voler infondere coraggio. O perlomeno questo era ciò che
appariva a lui, Oliver Hutton, mentre, palla al piede, si avviava in direzione
del campo da calcio. Aveva deciso di fare due tiri, così, tanto per distrarsi.
Voleva assolutamente smettere di pensare! Ma sapeva che tutto ciò era inutile,
perché non pensare a lei era impossibile. Patricia Gatsby...era lei il fulcro
attorno al quale ruotavano tutti i suoi pensieri, tutte le sue preoccupazioni.
“Forse dovrei chiamarla”, si era
detto. Ma poi? Cosa avrebbe dovuto dirle?
- Scusami Patty se non mi sono
fatto sentire per tutto questo tempo, ma sai, non volevo chiamarti per scoprire
che adesso mi odi! -
No, decisamente era una pessima
pensata quella di chiamarla.
Holly corse per un lungo tratto, in
silenzio, cercando di non pensare a nulla e di concentrarsi piuttosto sulla
palla.
Chissà che starà facendo adesso…
Quel pensiero lo colpì in pieno.
Era mai possibile che per quanto si sforzasse, il suo pensiero continuava ad
andare a lei?
Oh, cuore mio, che tu sia dannato! Quanto può mai
costarti un attimo di stacco da questa tortura che mi sta pian piano lacerando
l’anima?
- Holly! Ehi Holly! – a un tratto
una voce lo distolse dai suoi pensieri.
Oliver si fermò immediatamente, ma
non si voltò: non ne aveva il coraggio. Il suo cuore stava
palpitando...possibile che fosse davvero...lei?!
- Holly! – di nuovo quella voce che
lo chiamava, ma stavolta Oliver la riconobbe.
Non era lei, no, quello era stato
solo il frutto della sua immaginazione. La sua mente contorta aveva sostituito
la voce dell’amico caro Pepe a quella dolce e inebriante della bellissima
Patricia.
Che crudele scherzo mi ha giocato l’immaginazione
stavolta…
- Pepe – disse finalmente Holly,
con tono spento, voltandosi verso l’amico.
Non si curò di emettere un sospiro
deluso. Ormai non gli importava più di niente.
Lei non è qui, è in Giappone, devo mettermelo in testa!
Lei non verrà mai qui, perché ora mi odia e…ha ragione.
Sul suo abbronzato volto comparve
un’espressione profondamente addolorata. Pepe se ne accorse e capì
immediatamente di che si trattava.
- Stai pensando a lei, non è vero?
– chiese in tono dolce il giovane brasiliano.
Holly sospirò. A che valeva
nascondere? Era stanco, tanto stanco di mentire.
- Si, pensavo a lei – annuì col
capo, sospirando nuovamente, abbattuto.
Pepe, allora, gli mise affettuosamente
una mano su una spalla, senza dire nulla. Che senso aveva parlare? Che mai
poteva dirgli, lui?
Holly, però, sembrò apprezzare quel
gesto, tanto che gli sorrise grato.
- Stavi andando al campo da calcio,
non è vero? – chiese poco dopo il giovane brasiliano, cercando di cambiare
argomento.
Oliver annuì. – Si, avevo deciso di
fare due tiri – spiegò. – Ti va di unirti a me? – domandò poi, all’amico.
Pepe non se lo fece ripetere due
volte e annuì immediatamente. – Certo che mi va, puoi scommetterci! – esclamò
entusiasta.
Holly non poté fare a meno di
sorridergli e, raccolto il pallone da terra, si avviò con lui, camminando,
verso il campo da calcio.
***
La porta in legno dell’albergo
venne aperta e da lì ne uscì una giovane e avvenente donna. La gonna chiara le
sfiorava dolcemente le lunghe ed affusolate gambe, mettendole in risalto. La
canottiera dalle larghe bretelle risaltava le forme morbide e sinuose del suo
corpo e la minutezza del suo fisico. I capelli scuri le sfioravano le spalle in
una massa morbida e lucente. La labbra damasco e gli occhi color del carbone
spiccavano sulla sua pelle quasi lattea.
Finalmente sono qui, in Brasile… Quasi non mi sembra vero.
Il caldo sole le colpì gli occhi,
costringendola a socchiuderli. Era felice, si, era veramente felice. Non le
importava nemmeno più di aver passato una giornata pesante. Eh si, perché ieri
era arrivata a Sao Paulo che ormai era sera e così era stata costretta a
rimandare le ricerche del suo amato capitano al giorno seguente. E adesso,
sebbene non avesse minimamente idea di dove andare, né di dove cominciare a
cercarlo, si sentiva ugualmente felice. Sapeva che ce l’avrebbe fatta, che
l’avrebbe ritrovato. Ne era sicura!
Oh Holly, non vedo l’ora di rivederti! E non mi importa
quanto dovrò girare per trovarti, perché adesso sono qui, da te…io…ti troverò!
Armata di fiducia, la giovane
iniziò ad avventurarsi per le vie di Sao Paulo. Non sapeva ancora esattamente
come fare, d’altronde non aveva mai cercato qualcuno in una città grande quale
Sao Paulo, ma questo non significava che si sarebbe scoraggiata! Al contrario,
ce l’avrebbe messa tutta per ritrovare Holly al più presto. Voleva vederlo, non
ce la faceva più. E l’avrebbe ritrovato, si, di questo ne era convinta.
***
Alzo lo sguardo verso il cielo.
C’è il sole, è una bella giornata. Io e Pepe abbiamo giocato per la maggior
parte della mattinata, ma poi siamo ritornati ognuno a casa propria. Non
potevamo permetterci di stancarci troppo, dato che oggi c’è un’importante
partita contro la squadra di Santana.
Santana...adesso lui è qui, di
fronte a me, mentre come me aspetta il fischio dell’arbitro che decreta
l’inizio della partita.
Molti dei miei compagni di
squadra sono nervosi. Li capisco, dopotutto questa è la finale di Campionato.
Li capisco, ma non condivido. Perché in realtà, io, non provo assolutamente
niente. Non sono agitato, né nervoso, sono solo addolorato. Perché? Che sciocca
domanda...perché ancora una volta la mia bella Patricia non è sugli spalti a
tifare per me.
Mia...no, questo non è
certamente il termine più adatto da usare. Patty non è mia, non lo è mai stato
e probabilmente, per quanto mi faccia male anche solo pensarlo, non lo sarà
mai.
Ecco, l’arbitro ha fischiato
l’inizio. Tocco la palla e la passo a Pepe. Il nostro gioco è rapido e spedito
e così ci ritroviamo immediatamente lungo l’area di rigore avversaria. Devo
dire che sono migliorato moltissimo. Il mio gioco adesso è quasi perfetto.
Eppure Roberto mi ha detto, nonostante ciò, di non riconoscermi più. Manco di
grinta, mi ha detto. Sarà vero? Probabilmente si. Ma che posso farci? Non ce la
faccio ad essere grintoso sapendo che probabilmente lei mi odi.
Oh, destino crudele, perché hai
voluto dividermi da lei?!
No, la verità non è questa. La
colpa è solo mia; il destino non c’entra. Sono stato io a voler venire qui, in
Brasile, per il calcio. Ma allora ero ancora troppo stupido per capire a cosa
sarei andato incontro con la mia decisione...cosa avrei perso...
D’altronde, se non fossi venuto
sin qui, probabilmente non avrei mai realizzato il mio sogno e adesso non
verrei considerato un “campione”. E forse non avrei capito neanche dell’amore
che nutro per Patty.
Ma allora gli sbagli del passato,
sono davvero da considerarsi tali?
Non lo so. L’unica cosa certa è
che voglio rivederla.
- Holly! – la voce di Pepe mi
giunge dritta alle orecchie.
Mi volto verso di lui e quello
mi passa il pallone. Aggancio con facilità e lo calcio con tutta la forza che
c’è in me. Il tiro va a segno. A poco meno di dieci minuti dall’inizio della
partita, stiamo vincendo già per uno a zero.
I miei compagni di squadra
esultano. Io, a mala pena sorrido. Sono troppo stanco mentalmente per pensare
di esultare. La verità è che voglio rivederti, Patricia...
***
È tutta la mattina che cammino.
Sono stanca, ma ciò non mi frenerà dalla mie ricerche.
Ho già girato mezza città, ma
non ho avuto ancora tracce di Oliver. A un certo punto ho quasi creduto di aver
sbagliato città e così ho chiesto ad un passante. Questo mi ha guardata
stranito, quasi fossi stata un alieno, e mi ha risposto di sì, che questa era
Sao Paulo.
Entro in un bar. Dietro al
bancone il barista mi guarda incuriosito. Mi siedo a una sedia. Devo riposarmi
un po’ assolutamente, se voglio continuare le ricerche. Il mio fisico è
stremato, ma il mio cuore esige a gran voce di rivederti, Holly.
- Desidera? – mi chiede a un
tratto il barista.
Sobbalzo.
Lui mi sorride.
- Vorrei un tè fresco, per
favore – gli dico allora io, che sento la gola disidratata.
Mi guardo un po’ attorno.
Chissà, magari ti incontro per caso qui dentro...
Il caldo e la lontananza da te
mi devono aver dato davvero alla testa. Com’è possibile che io rincontra Holly
in questo bar?
Sospiro.
Chissà cosa starà facendo Holly
in questo momento...
Magari starà girando con il suo
adorato pallone per le vie di Sao Paulo. Sorrido al pensiero. Si, probabilmente
sarà così.
- Ecco a lei – la voce del
barista mi riporta alla realtà.
Mi volto verso di lui e gli sorrido.
- Non sei di qui, non è vero? –
mi domanda a un tratto.
Io lo guardo per un istante in
silenzio. È un bel ragazzo, senza dubbio, e all’apparenza è anche molto
gentile. Scuoto il capo.
- No, esatto – confermo. – Vengo
dal Giappone, Fujisawa -
- Fujisawa, hai detto...- ripete
lui. Sembra pensieroso. – Se non sbaglio Oliver Hutton, il campione del Sao
Paulo, è di quelle parti – mi dice.
Al sentire il nome di Holly,
sobbalzo. Un brivido mi ha percorso la schiena e una nuova speranza mi si è
accesa nel cuore.
- Esatto! – esclamo, con enfasi.
– Senti...ti sembrerà assurdo, però io...ecco, sai, io stavo cercando proprio
Oliver Hutton -
Il barista mi guarda costernato.
– Davvero?! Lo conosci?? – mi chiede sorpreso.
Io annuisco, arrossendo
leggermente. – S...si. Lui...Holly è un mio amico di vecchia data – spiego.
Avrei tanto voluto dire “sono la
sua fidanzata”, ma le cose, purtroppo, non stanno così. E così mi devo
accontentare col dire “sono una sua vecchia amica”. Ma non devo essere egoista,
dopotutto la mia fortuna è già tanta: io l’ho conosciuto.
- Fantastico! – esclama allora
il ragazzo. – Allora è per lui che sei venuta sino in Brasile dal Giappone...-
mormora. – Capisco. Beh, Oliver Hutton è certamente un ragazzo fortunato – mi
ammicca.
Io arrossisco violentemente,
imbarazzatissima. Lui sorride divertito.
- Beh, sono quasi le cinque
ormai...la partita dovrebbe terminare tra un po’ – le sue frasi sconnesse mi
appaiono senza senso.
Lui se ne accorge e mi rivolge
un meraviglioso sorriso. – Non volevi vederlo? – mi chiede.
A un tratto capisco. La
partita...Holly...ma certo, era allo stadio! Gli occhi mi si illuminano dalla
gioia e lo guardo riconoscente.
- Beh, che aspetti? – mi dice
lui. – Perché non corri da lui? – mi incita.
Io annuisco e prendo la borsa. Sto
per uscire dal bar, quando mi ricordo di non aver pagato. Ritorno sui miei
passi velocemente. Voglio correre immediatamente allo stadio. Se la partita
finisce e lui se ne va, io non saprò più dove rintracciare Holly.
- Il conto...quant’è? – chiedo
al barista.
Dalla mia voce traspare
agitazione. Lui mi sorride.
- Non preoccuparti, offre la
casa – mi dice.
Io gli rivolgo un meraviglioso
sorriso e lo ringrazio velocemente, per poi precipitarmi fuori dal bar. Corro,
velocissima. Il mio cuore batte all’impazzata. Con un po’ di fortuna, forse tra
poco ti rivedrò, amore mio. Ti ho cercato così tanto...ho desiderato così a
lungo questo momento...e forse adesso, finalmente...
La vista mi si offusca
leggermente. Sto correndo troppo velocemente, me ne rendo conto, e il mio
fisico, già stanco per l’estenuante ricerca condotta stamattina, sta per
giungere allo stremo. Ma non importa. Io devo
correre.
La strada che mi separa dallo
stadio sembra lunghissima. Eppure lo vedo. È lì, imponente, proprio di fronte
ai miei occhi.
Holly...tra un
po’...forse...noi...io...potrò rivederti...
Ecco, ci sono quasi. Ansimo,
sono distrutta. Sento che se non mi fermo al più presto, sverrò. Ma questo non
mi fermerà. Entro nello stadio. Una luce forte mi costringe a chiudere gli
occhi e a fermarmi. Ma tutto ciò dura pochissimo. Quando li riapro, sono nello
stadio. Attorno a me mille e più persone stanno tifando per i loro beniamini.
Lo sguardo mi cade sulla tabella. Il risultato è di due a due. Stiamo al
novantesimo del secondo tempo. Ormai, manca poco.
E poi finalmente mi volto verso
il campo. Si, li vedo. I giocatori sono ancora lì, a giocare. Li scruto
attentamente...
Dove sei, amore mio?
Il mio sguardo passa veloce da
giocatore in giocatore... Si, quello è Santana, lo riconosco. Il tuo rivale di
sempre.
Ma tu dove sei? Perché ti
nascondi ai miei occhi?
Quello dovrebbe essere Pepe...mi
hai parlato molto di lui...
E poi...all’improvviso...si, ne
sono certa, il mio cuore ha smesso di funzionare per qualche istante, per poi
riprendere a battere più forte di prima, martellante nel petto.
Holly...tu...sei qui...io...ti
vedo.
Non posso sbagliarmi, quello sei
veramente tu, amore mio! Quei capelli neri, gli occhi color carbone, il fisico
atletico e quel modo di giocare...quello sei tu, Holly!! Sei tu!!
Io...io ti ho ritrovato, amore
mio...
Tu...sei davanti ai miei occhi,
ormai...
- Forza, Holly!! – grido con
tutto il fiato che ho in gola.
Alcune lacrime mi rigano il
viso. Sono felice, si, felicissima. Finalmente ti rivedo, vita mia.
***
Siamo quasi al novantesimo
minuto del secondo tempo. Manca poco, ormai. La partita sta per terminare,
eppure non c’è ancora un vinto o un vincitore. E io...io sono maledettamente
stanco. Non è stanchezza fisica la mia, no, ma mentale. Non ce la faccio più a
continuare così. Io ho bisogno di rivederti, angelo mio!
Tutto questo...la
lontananza...la partita...no, non ce la faccio più a fingere che vada tutto
bene. Non ce la faccio più a stare lontano da te, Patricia. Ho deciso: appena
finisce questa maledetta partita, io verrò da te, Patty, in Giappone. E non mi
importa neanche più di scorgere l’odio nei tuoi occhi quando mi vedrai, perché
ora come ora l’unica cosa che mi importi veramente è il solo poterti rivedere.
Basta, tutto il resto non ha più senso per me. Neanche questa stupida partita.
Sorrido. Non posso fare a meno di pensare a quanto sia strana la vita. Il
destino si sta prendendo gioco di me, ma io me ne sono reso conto solo ora. Io,
Oliver Hutton, che ho passato tutta la mia vita a rincorrere un sogno chiamato
calcio, adesso non riesco più ad esserne felice. Adesso che finalmente posso
considerarmi un campione, adesso che sto giocando una delle più importanti
partite con una delle più bravi squadre, non riesco a fare a meno di chiedermi
quando finirà, quando potrò andare via da tutto questo. Solo ora mi rendo conto
di come in realtà la vita si sia sempre presa beffa di me. Quando vedevo solo
il pallone davanti ai miei occhi non mi accorgevo di Patricia, e adesso che il
mio sguardo, i miei pensieri sono rivolti solo a lei, è il pallone a passare in
secondo piano. Ma il destino è crudele, perché ha voluto che io mi accorgessi
di ciò quando era ormai troppo tardi, quando io ormai ero lontano mille miglia
dal fulcro dei miei pensieri, dall’unica mia ragione di vita: Patricia Gatsby.
- Holly! Ma che stai facendo? –
di nuovo è la voce di Pepe a riportarmi alla realtà.
E io, come se aprissi solo ora
gli occhi, mi rendo conto di quello che sta succedendo. Ecco, lo vedo, il
pallone è a pochi passi da me. Ma io sono fermo, mi limito a guardarlo
impassibile.
- Holly, attento! – continuo a
sentire la voce di Pepe. – Sta per arrivare Santana!! Holly! Un solo goal! Un
solo goal e vinciamo! -
Cosa volete che mi importi di
questa stupida partita?, vorrei tanto gridare. Cosa mi importa se Santana si
impossessa della palla e segna, vincendo così il Campionato? Nulla,
assolutamente nulla. Niente ha più importanza per me, ormai.
Sento Santana passarmi accanto.
Ha fatto sua la sfera, come Pepe temeva, e si sta dirigendo verso la porta del
Sao Paulo. Se segna, noi abbiamo perso. Eppure, nonostante io sia consapevole
di ciò, non mi importa. Il mio forse è un pensiero egoistico, però non mi
importa se perdiamo. Io voglio solo che questa partita finisca il più presto
possibile, per andare via. A cosa importa chi vincerà? Chi verrà sconfitto?
- Forza, Holly!! -
Rimango come pietrificato per un
istante. No, non può essere...devo averlo sognato, deve essere un’altra delle
mie allucinazione, altrimenti come spiegare quello che ho appena sentito? Non
può essere lei, è assurdo! Ci sono milioni e milioni di spettatori oggi, e le
loro grida sono tante e forti, come avrei mai potuto sentire – se fosse
realmente così – le sue? Devo averle immaginate, si, immaginate. Non può essere
vero. Devo essere impazzito per pensare che lei possa...possa essere venuta sin
qui. Però...
- Holly, ti prego, devi
riprenderti!! – di nuovo quella voce.
Come è possibile che io riesca a
distinguerla tra le altre?
- Non ricordi più la promessa?!
Devi segnare! Devi farlo per me, per te, per il tuo sogno! -
La promessa...il mio sogno...
*Flash-Back*
- E così hai deciso di partire…- sussurrò appena una giovane
e graziosa ragazza.
Il giovane accanto a lei, seduto sull’erbetta che
costeggiava il canale, la guardò per un istante in silenzio. Sembrava triste,
notò. Ma poi si riscosse, dandosi mentalmente dello stupido. Perché mai sarebbe
dovuta essere triste? Non aveva senso! Non ne aveva perché lei sapeva bene
quanto ciò significasse per lui, quanto avesse atteso quel giorno.
- Si – asserì, ritornando a posare lo sguardo sull’acqua che
scorreva nel canale.
Era il tramonto, ormai, e i tenui raggi del sole
illuminavano l’acqua conferendole un aspetto quasi incantato.
- Patty? – le chiese poi, tutto a un tratto.
La giovane lo guardò interrogativamente. – Si? – gli chiese
attonita.
- Tu sei felice per me? – la sua domanda innocente le fece
mancare un battito.
La ragazza, allora, si sedette accanto a lui e rimase per un
lungo istante in silenzio. Poi, finalmente, rispose.
- Si – annuì col capo. – Sono felice per te, Holly. Tu…te lo
meriti -
Oliver Hutton si voltò a fissarla sorpreso di quella
risposta. Accanto a lui Patty sembrava serena, e sul suo volto era scomparsa
anche l’espressione crucciata di poco prima.
- Davvero? – le chiese, senza smettere di fissarla.
Patricia annuì nuovamente, convinta. Poi si voltò verso di
lui e lo guardò con una dolcezza infinita negli occhi.
- Holly, mi prometti una cosa? – lo guardò speranzosa lei.
Il giovane annuì, troppo smarrito per cercare di dire qualcosa.
- Holly, prometti…promettimi che non butterai mai via il tuo
sogno, nemmeno quando sarai troppo scoraggiato o stanco. Promettimi che,
qualunque cosa succeda, tu non rinuncerai a esso, non rinuncerai a lottare per
realizzarlo -
Le parole di Patricia erano ricolme di aspettazione, Holly
se ne accorse. Però, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire il motivo
per cui lei volesse strappargli quella promessa. Perché su una cosa Oliver era
certo: lui non avrebbe mai rinunciato al suo sogno, mai!
- Holly? – lo chiamò timidamente lei, di fronte al suo
mutismo. – Me…me lo prometti? – chiese con una certa esitazione.
Oliver, a quel punto, si voltò verso di lei e le rivolse un
meraviglioso sorriso. – Si, te lo prometto, Patty -
*Fine Flash-Back*
Come aveva potuto? Come aveva
potuto dimenticare la promessa che Patricia gli aveva strappato poco prima di
partire per il Brasile?
Istintivamente Holly si voltò verso
il punto da cui aveva udito quella voce. Si voltò e il suo cuore smise per un
istante di battere quando incrociò due meravigliosi occhi color del carbone.
Quei capelli...quegli occhi...quel fisico...quello sguardo...quel sorriso...no,
non poteva sbagliarsi, quella era lei, era Patty. Ma che ci faceva lì Patricia?
Possibile che fosse venuta sin lì, in Brasile, solo per...per cosa, poi? Per
rivederlo? Per riabbracciarlo? Holly non capiva, non ci riusciva. L’unica cosa
certa era che quella era lei e che lui doveva segnare il goal della vittoria.
Lo doveva a lei, a lui stesso, alla promessa e a tutti i tifosi che lo avevano
sempre incoraggiato. Ma soprattutto, lo doveva al suo sogno.
Quasi si fosse svegliato solo in
quel momento da un lungo torpore, Holly iniziò a correre verso la sua porta.
Doveva fermare Santana, doveva segnare! Si, non poteva non tener fede alla
promessa fatta, non poteva deludere nuovamente Patty! Non questa volta. Non
più. Non poteva buttare via ciò per cui aveva così a lungo lottato, Patty non
glielo avrebbe mai perdonato. Lui non
se lo sarebbe mai perdonato!
Veloce come un uragano che tutto
travolge, Holly si precipitò nella propria area di rigore, deciso a
rimpossessarsi della sfera.
Devo vincere, devo farcela!! Per me, per Patty, per la
nostra promessa, perché è sempre stato questo il mio sogno! Non posso
dimenticarlo! Non devo dimenticarlo!
Proprio in quel momento, Carlos
Santana stava per apprestarsi a tirare. Aveva ormai scartato tutti gli
avversari e ad ostacolare il goal che lo avrebbe condotto alla vittoria c’era
solo il portiere. Finalmente Santana tirò, convinto che quello sarebbe stato
goal, ma ciò che successe dopo lo sconvolse non poco. Veloce come una saetta,
Oliver si era portato accanto al portiere e con uno splendido balzo era
riuscito ad intercettare la sfera, che rimbalzò sul suo piede e cadde sul
suolo. Santana, così come tutti gli altri, lo guardarono sconvolti. Quella
scintilla negli occhi dell’attaccante giapponese non era forse quella grinta
che lo aveva così a lungo contraddistinto ma che da qualche tempo sembrava
essere scomparsa in lui? Sembrava, appunto, perché adesso era lì, adesso Holly
era ritornato quello di un tempo, non c’erano dubbi. E quasi a voler confermare
ciò, il giovane numero dieci e stella del Sao Paulo iniziò a correre spedito
verso la porta avversaria. Fu subito visibile il cambiamento nel ragazzo.
Quello che adesso tutti vedevano non era più l’Holly-automa di poco prima,
l’Holly che giocava solo perché costretto. No, adesso davanti agli occhi di
tutti c’era un nuovo Holly, o forse era meglio dire il vecchio e grintoso
Holly, che era riuscito a conquistare tutti con la sua energia, con il suo
entusiasmo e vitalità. Si, non c’erano dubbi, il vecchio Holly era ritornato.
Quei dribbling, quei pallonetti, quei giochetti col pallone...non si trattava
più solo di tecnica, adesso in lui c’era grinta, quella voglia di vincere che
tutti credevano avesse perso. Ma si erano sbagliati. Si erano sbagliati tutti.
- Holly! Holly! Holly! – quasi
l’entusiasmo ritrovato del giovane avesse contagiato tutta la folla, i presenti
iniziarono a invocare il suo nome, incoraggiandolo.
Holly, di fronte a ciò, non poté
fare a meno di sorridere. Come aveva potuto dimenticare le sensazioni
meravigliose che solo il calcio poteva dargli?! Ma adesso non importava sapere
il perché, o il come, perché finalmente le aveva ritrovate. Le aveva ritrovate,
e ancora una volta doveva tutto a lei, a Patty. Solo il suo ricordo, la
promessa che gli aveva strappato, solo lei era riuscita là dove gli altri
avevano fallito. Perché nessuno, né Roberto, né Pepe, né nessun altro era
riuscito a farlo ritornare quello di un tempo. Solo lei, Patricia. Holly non
capì se la voce che poco prima aveva udito era stata veramente la sua, o se se
l’era solo immaginata, e sinceramente non gli importava neanche più di tanto
saperlo. Perché, in ogni caso, era stato solo merito suo se aveva riscoperto
quella parte di se stesso che aveva dimenticato.
E se adesso ce la faceva, se
riusciva a vincere, sarebbe corso da lei, e l’avrebbe ringraziata, per tutto.
Perché se adesso lui era quello che era, se era riuscito a ritrovare la grinta
di un tempo, lo doveva solo a lei. Lei e lei soltanto, l’unica donna che
avrebbe mai potuto amare e desiderare al suo fianco.
Grazie, Patty, per questo dono che mi hai fatto. Tu sola
sei riuscita a ridonarmi la grinta e io…io non ti ringrazierò mai abbastanza.
Anche se…
- PATTY!! QUESTO GOAL E’ PER TE!!!
-
Mi rendo conto che non è molto, però…accettalo amore mio,
ti prego.
Tutto lo stadio rimase con il fiato
sospeso a osservare l’azione. Holly aveva gridato quelle poche parole l’attimo
prima di tirare in porta. Il suo era stato un tiro di come se ne erano visti
pochi. Non solo la palla aveva una potenza unica, ma un effetto, una velocità
pazzeschi! Il portiere guardò la palla incapace di muoversi, mentre quella si
muoveva di qua e di là come impazzita. Non la vide neppure, nessuno la vide,
quando quella si insaccò nella rete segnando così il goal della vittoria del
tre a due proprio agli ultimi secondi dalla fine. Perfino il cronista rimase
per un istante ammutolito alla scena. Ma il mutismo durò ancora per poco,
perché poi tutto lo stadio, cronista compreso, non appena l’arbitro fischiò la
fine dell’incontro che decretò il Sao Paulo campione, scoppiarono in un boato.
- GOAL!!! – si udì urlare per tutto
lo stadio.
I tifosi del Sao Paulo erano in
visibilio, meno quelli che tifavano per la squadra di Santana. Eppure, tutti
erano rimasti a bocca aperta di fronte a quel magnifico goal. Tutti avevano
apprezzato quel goal. E, cosa più importante, tutti aveva sentito la dedica di
Holly. Tutti, e quindi anche Patty, che, dalla tribuna, sorrise raggiante.
Holly…non posso credere che tu mi abbia dedicato questo
goal…il goal della vittoria.
Stava piangendo in quel momento.
Non sapeva che altro fare. Holly...il suo adorato Holly era lì, acclamato da tutti,
e, proprio davanti a quei tutti, aveva dedicato il goal a lei e lei soltanto.
Patty non poteva chiedere di più. Holly si era ricordato di lei, le aveva
dedicato il goal della vittoria...che altro voler desiderare di più? Forse
c’era ancora qualcosa da voler desiderare, ma in fondo Patty non era venuta sin
lì per quello. Non sperava in quello, anche se in cuor suo lo desiderava
ardentemente.
Patty stava ancora fissando il suo
amato capitano, quando venne spintonata da tutta quella folla che sembrava in visibilio.
Patricia sorrise.
Sono così per te, Holly. Per il goal che tu hai
realizzato per te e per loro…per i sogni che continui a dare loro. Sei
speciale, Oliver Hutton, più di quanto immagini, e questo la gente l’ha capito,
come l’ho capito io. Non cambiare mai, te ne prego amore mio.
Sul viso di Patricia comparve un
dolcissimo sorriso. Adesso doveva andare. Non era più l’ora di rimanere lì.
Doveva andare...doveva incontrarlo.
***
Oliver non poteva fare a meno di
sorridere mentre i suoi compagni di squadra lo prendevano in braccio, urlando a
più non posso il suo nome. Tutti i presenti lo stavano acclamando, ma Holly si
accorse con dispiacere che là dove poco prima aveva visto la sua adorata
Patricia, adesso non c’era più nessuno. I tifosi erano scesi dagli spalti,
eppure, per quanto si sforzasse, non riusciva a vederla, a trovarla. Possibile
che fosse stato solo il frutto della sua immaginazione? Possibile che l’aveva
solo sognata?
No, non poteva essere, il destino
non poteva essere stato così crudele con lui. Non poteva avergliela data e poi
riportata nuovamente via. Holly si rifiutava di crederlo. Non poteva, non
poteva assolutamente credere che l’aveva persa di nuovo. Non stavolta.
No, ti prego, non questa volta…non resisterei…non puoi
avermela portata via di nuovo!
Quella di Holly era una vera e
propria supplica mentale. Ma poi il fluire dei suoi pensieri venne interrotto
dal momento che i compagni di squadra avevano preso a lanciarlo in aria, quasi
fosse stato una bambola.
- Ehi! – si lamentò Holly.
- Sei stato fantastico, Holly! –
esclamò uno dei giocatori del Sao Paulo.
- Ci hai stupiti – mormorò un
altro.
- Credevo che saresti rimasto lì
imbambolato a vita – gli disse Pepe con un sorriso smagliante sulle labbra. – E
invece alla fine ti sei ripreso! Io non so cosa sia successo, quale prodigio
sia avvenuto, so solo che ce l’hai fatta, ce l’abbiamo fatta! -
Oliver sorrise a quelle parole. Si,
ce l’avevano fatta.
Il prodigio di cui tu vai parlando, Pepe, porta il nome
di Patricia Gatsby, amico mio.
Solo quando i suoi compagni di
squadra lo misero giù, a terra, Oliver si accorse della presenza di Roberto. I
due si guardarono per un lungo istante negli occhi, poi fu proprio l’allenatore
a rompere il silenzio.
- Finalmente oggi ti ho rivisto
giocare come a un tempo, Holly – disse, fiero e felice. – Non capirò mai cosa
sia avvenuto, ma quello che ho visto giocare agli ultimi minuti della partita
non era più l’Holly spento degli ultimi tempi. È bello riaverti tra noi,
Holly...è bello rivederti come un tempo...- sorprendendo tutti, Roberto lo
aveva abbracciato.
Holly era rimasto molto stupito di
quel gesto, ma poi sul suo volto comparve un sorriso dolcissimo.
Hai visto cosa sei riuscita a fare, Patty?
Oliver ricambiò alla stretta
dell’allenatore-amico, e per la prima volta dopo tanto tempo si sentì felice,
veramente felice. Aveva realizzato il suo sogno, aveva mantenuto la promessa
fatta...adesso finalmente poteva, poteva correre da lei.
***
Sento la fresca brezza
carezzarmi dolcemente il viso. Ispiro a pieni polmoni, cercando di assaporare
tutto ciò che accade attorno a me. Non voglio perdere niente, voglio avere
tutto ben scolpito nella mia memoria, cosicché quando tornerò in Giappone ad
accompagnarmi sarà il dolce ricordo di questo viaggio. Non so se ritornerò mai
qui, in futuro, per questo voglio che sia tutto chiaro e delineato nei miei
ricordi. Mi piacerebbe che un giorno, a distanza di anni da oggi, quando
guarderò al passato e rievocherò questo viaggio, ricordi tutto come fosse
accaduto solo ieri. Mi piacerebbe che per allora le sensazioni meravigliose che
sto provando adesso non si assopiscano, ma siano sempre così intense come lo
sono oggi. Sono felice di essere qui. Ho lavorato duro per riuscire a venire
qui, ma alla fine ciò che più conta è che io ci sia riuscita. Alla fine i miei
sforzi sono stati ripagati.
Vedo alcuni giocatori uscire
dallo stadio. Sorrido. Non posso farne a meno. Tra un po’ ti rivedrò, Holly,
amore mio, e, cosa ben più importante, potrò riabbracciarti. Dall’alto degli
spalti non sono riuscita a capire quale sia stata la tua reazione vedendomi
qui. Sembravi incredulo. Forse ti sarai domandato che ci faccio qui, io. D’altronde,
nessuno si sarebbe aspettato una cosa del genere da me. Perfino Evelyn ne è
rimasta sconvolta quando gliene ho parlato.
- Vorresti lavorare in un bar
per andare in...in Brasile? – mi ha guardata con un’espressione sbigottita,
talmente buffa che sono scoppiata a ridere.
Beh, si, le ho comunque risposto
io. E così alla fine eccomi qui. Chissà se Holly sarà felice di
rivedermi...ecco, di nuovo i dubbi a tormentarmi. Scuoto decisa la testa. Devo
smettere di pensarci. Tanto ormai sono qui, no? E di sicuro non me ne andrò
prima di averlo riabbracciato. Non ho fatto tutti questi chilometri, spendendo
quasi tutti i miei soldi, per poi andarmene senza aver prima raggiunto il mio
scopo. Sono venuta qui per riabbracciarlo, e possono stare certi che lo farò.
Non mi farò scappare questa occasione. Probabilmente non ce ne saranno più in
futuro di queste opportunità.
- Patty? -
Eh? Chi mi ha chiamata?
Possibile che si stesse riferendo davvero a me? Mi volto per vedere chi è stato
a chiamarmi – ammesso che abbiano davvero chiamato me – senza nascondere la
sorpresa che sto provando in questo momento. Lo riconosco subito. Il ragazzo
abbronzato davanti a me non può che essere Pepe. Si, è lui, non posso
sbagliarmi.
- P...Pepe? – chiedo io,
titubante.
Lui mi sorride. – Allora sei
veramente tu! – esclama, sembra felice di vedermi.
Ma come fa a conoscermi?!, mi
chiedo perplessa. Lui deve essersi accorto della mia confusione e mi sorride
affettuoso.
- Holly mi ha parlato tanto di
te, Patricia Gatsby – mi dice.
Io rimango senza parole per un
lungo istante. Non posso crederci...Holly...lui...ha davvero parlato di me a
Pepe?
- Davvero? – chiedo finalmente,
sorpresa e frastornata.
Voglio sapere, sapere se è vero.
Non posso credere che Holly abbia davvero parlato di me a lui, Pepe. Certo,
sapevo che erano molto amici loro due, ma non è questo il punto. Il fatto è che
se gli ha parlato di me, allora, forse, qualcosa conto per lui. Forse...,
arrossisco al pensiero...forse mi pensa ogni tanto.
- Davvero – mi sorride Pepe.
Io arrossisco notevolmente e lui
mi guarda interrogativamente. Ma come potrei spiegargli la mia felicità in
questo momento? È troppo grande perché riesca ad esprimerla a parole. E così,
semplicemente rimango in silenzio.
- Sei venuta sin qui per
incontrare Holly? – ancora una volta è la sua domanda a riscuotermi dai miei
pensieri.
Arrossisco leggermente, ma ciò
non mi ferma dall’annuire. Lo vedo sorridere, nonostante io abbia lo sguardo
basso per l’imbarazzo.
- Vieni, ti porto da lui – mi
dice.
Io annuisco e lo seguo. Quasi
non riesco a crederci...tra un po’ io potrò riabbracciarlo...potrò
riabbracciare il mio amato Holly. Niente mi emoziona di più in questo momento.
Ho atteso così a lungo questo giorno, immaginando ogni più minimo particolare.
A casa, in Giappone, ogni tanto quando finivo di lavorare mi mettevo a
riflettere su quando avrei riabbracciato Holly, su quello che avrei potuto
trovare, su ciò che avrei provato. E nei miei lunghi sogni di fantasia ero
preparata a qualsiasi cosa. Eppure adesso che sono qui, adesso che sta
avvenendo ciò che più desideravo, il mio incontro con Holly, non posso fare a
meno di sentirmi emozionantissima e turbata. Non sono preparata, non lo sono
per niente. Con Holly non lo sono mai. Ogni volta che sono con lui, finisco
sempre per sentirmi una scolaretta alle prima armi e non una donna, quale
invece sono. D’altronde, Oliver è diverso. Lui...lui è speciale.
- Ecco, siamo arrivati – mi dice
Pepe.
Io annuisco nuovamente e mi
guardo attorno. Siamo all’interno dello stadio, ma stavolta non sono sugli
spalti. Sento un brivido percorrermi la schiena nel constatare la grandezza
reale dello stadio. Visto da qui, da centrocampo dove mi trovo attualmente,
sembra davvero gigantesco. È quasi impressionante. Adesso, però, non c’è più
nessuno. Le uniche due figure all’interno dello stadio, in questo momento,
siamo io e Pepe. E pensare che, fino a poco tempo fa, questo campo era gremito
di gente che esultava a gran voce.
Il fluire dei miei pensieri
viene interrotto dal movimento di Pepe. Mi volto verso di lui e lo guardo
sorpresa.
- Aspettalo qui – mi dice Pepe
sorridendomi. – Holly arriverà a momenti -
- D’accordo – mormoro io,
sentendomi emozionata al solo sentire il suo nome.
Sento Pepe allontanarsi di
qualche passo da me, fino a raggiungere l’uscita del campo.
- Adesso capisco perché Holly
era così giù – mi dice prima di andarsene. – E capisco anche perché è riuscito
a riscuotersi solo ora – io mi volto verso di lui giusto il tempo per vederlo
andare via.
Seguo la sua figura fino a
quando di lui non ne rimane più traccia, poi abbasso lo sguardo. Che voleva
dire? Non capisco. Adesso, l’unica cosa che so è che tra poco lo rivedrò, lo
riabbraccerò. Non pretendo nulla da lui, però vorrei tanto scorgere nei suoi
occhi quella scintilla che aveva poco fa, quando ha realizzato quel magnifico
goal. Vorrei vederla, si, ma stavolta mi piacerebbe che sia per me, che sia dovuta
a causa mia. È forse chiedere troppo? Probabilmente si, perché, in fondo, io
non ne ho alcun diritto. Però, ne sarei davvero felice. Felice e onorata.
- Patty?! – sobbalzo.
Non riesco a crederci...eppure
quella voce...è la sua, non posso sbagliarmi.
- Patty, sei tu? – di nuovo
quella voce.
Sento il mio cuore battere
velocissimo, quasi fosse impazzito. Holly...
Mi volto lentamente e con gli
occhi chiusi. Non voglio girarmi e rendermi conto che mi sono sbagliata, che
quello davanti a me non sei tu, che è stato solo uno dei tanti sogni che faccio
la notte. Ormai sono voltata, ma non ho ancora aperto gli occhi. Sono una
vigliacca, lo so, ma non riesco ad aprirli. Preferirei rimanere con l’illusione
che sia lui, anziché aprirli e scoprire che mi sono sbagliata, e magari
ritrovarmi nella mia camera da letto, a Fujisawa.
- Patricia...tu...- lo sento
mormorare.
Che la voce sia la sua, ormai
non ho più dubbi, ma non ho ancora la certezza che questa sia la realtà. Apro
gli occhi per scoprire se è tutto vero o se è solo frutto della mia
immaginazione, e la prima cosa che vedo è un petto muscoloso messo in risalto
da una maglietta bianca. Alzo lo sguardo di poco. Voglio vederlo in volto, non
posso più resistere.
- Holly...- sussurro non appena
incrocio il suo sguardo.
Lui mi guarda con un’espressione
che non gli avevo mai visto in volto e mi sorride. Sembra felice. Allora,
dopotutto, ha gradito la mia visita. Sorrido a mia volta, timidamente. Ma poi
abbandono anche la timidezza e, troppo impaziente per resistere oltre, gli
corro incontro.
- Holly! – grido, incapace di
trattenere ancora l’emozione fortissima che sto provando in questo momento.
Gli corro incontro fino a
buttarmi tra le sue braccia. Non posso fare a meno di poggiare la testa sul suo
torace e socchiudere gli occhi, mentre le mie mani timidamente gli circondano
la vita. Sento alcune lacrime rigarmi il volto, ma non mi importa di asciugarle
e di farmi vedere, così, in tutta la mia fragilità davanti a lui. Non mi
importa perché adesso l’ho ritrovato, lo sto abbracciando...adesso sono felice.
***
Sono rimasto l’ultimo, l’ultimo
a cambiarsi. Gli altri se ne sono ormai andati tutti, ma a me, sinceramente,
non importa. Continuo a pensare a lei, a Patty. Quando l’ho vista sugli spalti
mi è mancato il fiato per un istante, ma come al solito la mia si è rivelata
un’allucinazione, perché dopo lei non c’era più. È stato solo il frutto della
mia immaginazione a credermi di averla vista, il mio cuore ha parlato per lei
facendomi credere che Patty fosse stata davvero qui a ricordarmi della
promessa. Perché lei non c’è, non è qui, è in Giappone, a Fujisawa. Uno scherzo
del destino mi ha fatto credere che Patty fosse qui, ma mi sono evidentemente
sbagliato. Però se abbiamo vinto è tutto merito suo. Anche se adesso lei è a
Fujisawa, è stata proprio lei a farmi rinsavire dal mio torpore.
Ecco, finalmente ho finito di
cambiarmi. Afferro la mia borsa e mi avvicino alla porta. Appoggio la mano
sulla maniglia e apro la porta, ma prima di uscire mi volto ancora per un
istante a guardare lo spogliatoio. Sorrido. Quante volte ho visto Patty
sistemare gli spogliatoi, quando ero ancora a Fujisawa? Tante volte. Per un
attimo mi sembra quasi di rivederla. Si, quella che sta prendendo quegli
asciugamani dalla panchina di legno, lamentandosi con Bruce che ha lasciato
tutto in mezzo, non è forse lei? Sbatto le palpebre più volte per assicurarmi
che non sia un sogno, ma alla fine si rivela per ciò che realmente è: un’altra
delle mie fantasie. Sospiro. Lei è a Fujisawa, perché non riesco a fissarmelo
nella mente?
Finalmente mi decido ad uscire
dallo spogliatoio. Richiudo la porta e per un istante rimango immobile a
decidere il da farsi. So che dovrei andarmene arrivato a questo punto, che non
c’è più nulla da fare, ma c’è qualcosa che mi trattiene. Non so bene come
spiegarlo, la mia è solo una sensazione, però sento che c’è ancora qualcosa che
devo fare, qui, in questo momento.
Senza pensarci più, mi avvio
deciso verso il campo da calcio, come attirato da una calamita invisibile. Non
capisco perché mi senta così agitato in questo momento. Che motivo c’è? Eppure
è così: mi sento agitato e teso come non lo ero da tempo. A mano a mano che mi
avvicino al campo da calcio, il battito del mio cuore si fa sempre più
accelerato e frenetico. Perché?
Non ho il tempo di rispondermi
che davanti ai miei occhi appare il campo da calcio. Sorrido ripensando a
quante emozioni mi aveva dato appena poco tempo fa. A quante me ne aveva date
in passato, a quante me ne avrebbe potute dare in futuro. È stato proprio lì,
su un campo da calcio, assistito solo dal mio fidato pallone, che ho potuto
conoscere tante persone: Benji, Tom, Bruce, Julian, Philip, Mark e tutti gli
altri. Tutte persone fantastiche che mi hanno regalato emozioni
indimenticabili. E sempre grazie al calcio ho potuto conoscere lei, Patricia
Gatsby.
Si, il calcio mi ha dato
veramente tanto. Forse anche troppo. Non avrei mai sperato in tutto questo.
Adesso sono acclamato come una celebrità, quando mi incontrano per le strade mi
chiamano “campione”, adesso mi stimano tutti. Ma la strada che mi ha portato
sin qui non è stata facile, al contrario è stata spesso impervia e tortuosa. Ma
io sono sempre andato in fondo, perché, per quanti ostacoli potevo incontrare
nel mio cammino, sapevo che se non avessi mollato ce l’avrei fatta un giorno ad
arrivare sin qui. E alla fine, a quanto pare, avevo avuto ragione. Ma il merito
non è stato solo il mio, no, sarebbe troppo facile prendersi tutti i meriti. Se
adesso sono quello che sono lo devo soprattutto agli altri, ai miei amici che
mi sono stati sempre accanto, sostenendomi e incoraggiandomi, e a lei, Patty,
che col solo sorriso è riuscita a farmi arrivare fino a questo punto. Si, il
merito di tutto questo va a loro, solo ed esclusivamente a loro. Se loro non
fossero stati al mio fianco, io probabilmente non sarei qui a quest’ora. Se
Patty non mi avesse sorriso, incoraggiato, confortato, amato, io adesso non mi
troverei sicuramente qui, su questo campo da calcio.
Sorrido, riemergendomi ancora
per un istante in quei dolci ricordi. Ma adesso basta pensare al passato, ora
c’è un volo che devo prendere, per Fujisawa. Devo assolutamente prendere quel
volo, perché c’è una persona che devo ringraziare più di ogni altra: Patty.
Mi volto per andarmene, ormai
non ho più alcun motivo per rimanere qui. Mi volto e per poco non svengo quando
davanti ai miei occhi appare una figura femminile che tanto a lungo ho sognato.
Lei è lì, a centrocampo, ferma, con lo sguardo rivolto verso il basso. Sbatto
le palpebre più volte per assicurarmi che non sia nuovamente uno scherzo
giocato dalla mia immaginazione, ma ogni volta che riapro gli occhi, lei è lì,
davanti a me. Possibile che non sia solo un sogno?
- Patty?! – sussurro quasi,
senza smettere di fissare quella figura.
Sei davvero tu? Perché non mi rispondi?
Lei se ne sta ferma, con lo
sguardo rivolto verso il basso, e non dice una parola. Che non mi abbia
sentito?
- Patty, sei tu? – insisto io.
Ti prego, Patty, se sei
veramente tu, rispondimi!
Quasi avesse udito la mia muta
supplica, Patricia – o perlomeno la giovane davanti a me – si volta nella mia
direzione. Si volta, ma mantiene lo sguardo basso. Ha gli occhi chiusi, e non
posso fare a meno di chiedermi il motivo. Che anche lei, come me, abbia paura
si tratti solo di un sogno?
Adesso che la guardo meglio, mi
rendo conto che questa ragazza che ho davanti agli occhi, è effettivamente
Patricia Gatsby. Non può essere nessun’altra, perché è stato il mio cuore a
riconoscerla.
- Patricia...tu...- mormoro.
Ho così tante cose da dirle,
così tante domande da porle. Tra queste, vorrei chiederle che ci fa qui, in
Brasile. Ma le parole semplicemente non mi escono dalla bocca e l’unica cosa
che riesco a fare è guardarla, ancora troppo frastornato per rendermi conto di
quello che sta succedendo.
La vedo aprire gli occhi,
finalmente. Nell’incrociare il suo sguardo il cuore mi manca di qualche
battito, ma non importa. Non posso credere che Patty sia veramente qui, ma non
ho più dubbi ormai che questa ragazza sia lei. Quegli spontanei occhi color del
carbone non ingannano: sono i suoi. Sorrido e la guardo, sperando che riesca a
captare tutta la gioia che sto provando in questo momento. Spero tanto che
riesca a percepire, nel mio sguardo, tutto l’amore che provo per lei.
- Holly...- mi chiama.
Il mio cuore ha un fremito. Non
ricordavo mi facesse questo effetto sentire il mio nome pronunciato da lei.
Dio, Patty, ti amo!, vorrei tanto gridarle, ma semplicemente non ci riesco e
così, seppur a malincuore, rimango in silenzio. La verità è che sono un
vigliacco, perché a fermarmi so essere solo la paura che ho di un suo rifiuto.
Adesso che lei è qui, non voglio che scappi via per colpa mia.
Ma poi...poi accade qualcosa che
mi sconvolge. Vedo...vedo Patty corrermi incontro, mentre urla a gran voce il
mio nome, fino a buttarsi praticamente tra le mie braccia. Sento la sua testa
poggiarsi sul mio petto e le sue piccole mani farsi largo attorno alla mia
vita. Non posso crederci...lei, Patty...lei mi ha...mi ha abbracciato.
Sono incredulo, mai mi sarei
aspettato una cosa del genere. Mai mi sarei aspettato una simile reazione da
Patty! Credevo che lei mi odiasse, ma evidentemente devo essermi proprio
sbagliato.
Senza quasi accorgermene, la
abbraccio dolcemente. Sono ancora un po’ frastornato...è successo tutto così
velocemente... Ma poi il dolce odore dei suoi capelli mi inebria per un istante
e mi fa perdere tutta l’esitazione. La stringo un po’ più forte a me. Non
vorrei doverla lasciar andare mai più.
Quando prima l’ho vista, sugli
spalti, ho davvero creduto che si trattasse di un sogno, della mia
immaginazione, ma adesso lei è qui, tra le mie braccia, io la sto stringendo.
No, non era il frutto della mia immaginazione, a dire quelle parole non è stato
il mio cuore, ma lei, Patricia Gatsby. Lei, che è venuta sin qui per...per
cosa? Per ricordarmi della promessa? Beh, per qualunque motivo sia venuta qui
in Brasile, l’importante adesso è che ci sia.
- Patty? – la chiamo.
So cosa voglio dirle, l’ho
sempre saputo. E quando ho sentito le sue braccia cingermi dolcemente la vita,
ho capito che non potevo più tacere. Io devo dirglielo, devo dirle
assolutamente la verità. Non posso più rimanere in silenzio, è il mio cuore a
non poterlo più sopportare. Io devo
gridare a tutto il mondo i miei sentimenti!
Non mi importa cosa accadrà
dopo, non voglio soffermarmi a pensarci, altrimenti potrei anche decidere di
rimanere in silenzio. E non posso permetterlo. Quando a lungo ho taciuto?
Troppo a lungo perché possa farlo ancora.
La vedo guardarmi
interrogativamente. Ha le lacrime agli occhi, ma sembra sinceramente felice.
Adesso sono ancora più convinto. Si, io devo dirglielo.
- Patty, c’è una cosa che devo
assolutamente dirti – la mia voce è ferma e decisa, forse perché lo sono io. –
Non posso più rimandare, perché è il mio cuore a esigerlo -
***
- Patty? – mi chiama Holly.
Sono piuttosto sorpresa, ma ciò
non mi impedisce di alzare lo sguardo e fissarlo negli occhi. Lo fisso negli
occhi, e il mio cuore sembra fermarsi per un istante, prima di iniziare a
battere come impazzito. Possibile che tu debba farmi questo effetto, amore mio?
Si, è possibile.
Holly in questo momento ha
un’espressione estremamente seria, come gliene ho viste poche volte. Ma anche
stavolta è diversa, perché ora non è rivolta ai suoi avversari, ma a me e me
soltanto. Sono felice, si, veramente felice. Non mi sentivo così da tanto,
tantissimo tempo. Venendo qui in Brasile, non avrei sperato niente di tutto
questo. E invece ancora una volta la vita si è dimostrata generosa con me.
- Patty, c’è una cosa che devo
assolutamente dirti – rimango sorpresa di quelle parole.
Holly mi sta guardando serio e
deciso come non mai. Cosa vuoi dirmi, amore mio?
- Non posso più rimandare,
perché è il mio cuore ad esigerlo – continua lui.
Ad esigere cosa?, vorrei
chiedergli. Ma ho paura, ho paura di parlare. E così mi limito a fissarlo negli
occhi, in quei grandi occhi neri che tanto adoro. Ti prego, Holly, parla, non
tacere. Non potrei sopportarlo...non ce la farei...potrei anche morire per
questo tuo silenzio.
- Patty, so che non te l’ho mai
detto, e per questo non riuscirò mai a perdonarmi – mi dice finalmente lui.
Grazie Holly, per aver esaudito
alla mia muta preghiera.
- Ma adesso che sei qui, adesso
che ti rivedo, mi rendo conto che non posso più rimanere in silenzio -
Oh, Holly... Sento le lacrime
affacciarsi prepotenti ai miei occhi, ma non mi importa. Parla ti supplico,
dimmi quello che spero. Non rimanere più in silenzio, non potrei più
sopportarlo.
- Dio, Patty! – sento la mano di
Oliver carezzarmi dolcemente una guancia.
Io chiudo gli occhi, per assaporare
fino in fondo quell’attimo. Vorrei non finisse mai, ma ancora una volta a
riportarmi alla realtà sono le tue parole.
- Ti ho così a lungo cercata...-
mi sussurri.
Io apro gli occhi e ti fisso, in
silenzio.
- Ma adesso che sei qui, io...io
non ti lascerò più andare – la tua voce ferma e decisa mi stupisce, ancor più
le tue parole.
Non ti ho mai sentito parlare
così...non a me, perlomeno. Che stai cercando di dirmi, vita mia?
- Io...ti amo, Patricia Gatsby -
Sto forse sognando? O lui...? Piango,
non riesco a smettere. Non posso credere che lui, Oliver Hutton, mi abbia
davvero dichiarato il suo amore. Mi sembra tutto così assurdo, irreale...ma
deve essere vero, deve! Altrimenti
io...io potrei anche morirne.
Lo guardo negli occhi, cercando
delle risposte. Holly...i suoi occhi in questo momento sono così sinceri...come
sempre del resto. Sto piangendo, me ne rendo conto. Holly...tu non mi stai
mentendo...i tuoi occhi ricolmi d’amore...il tuo cuore così puro...tu stai
dicendo la verità, non ho più dubbi a riguardo. Holly...tu...tu mi ami davvero.
Sento le tue dita asciugare le
mie lacrime, dolcemente, con tanto amore.
Quanto ho desiderato che ciò
avvenisse? Quanto a lungo ho aspettato questo momento?
Tanto, tantissimo.
E adesso che sta accadendo
davvero, non posso concedermi il lusso di rimanere in silenzio. Non posso
perché io non voglio concedermelo! Tu devi sapere, Holly, devi conoscere i miei
sentimenti. Ti amo da tanto, è vero, ma non te l’ho mai detto e adesso è
arrivato il momento di parlare. Non mi lascerò prendere nuovamente dalla
timidezza, non ora. Adesso, io devo parlare.
- Holly...- lo chiamo
flebilmente, in un sussurro, mentre nuovamente lacrime di gioia mi solcano il
viso. – Io...ti amo anch’io, Oliver Hutton – lo dico con un tono serio e deciso,
sperando che lui percepisca dal mio sguardo l’intensità dei miei sentimenti.
Holly mi guarda, in silenzio.
Probabilmente nemmeno lui, come me, si aspettava una cosa del genere. Ma poi mi
sorride e il mio cuore si sente come rinato. E finalmente, il momento che ho
così a lungo atteso, giunge.
Holly mi prende dolcemente il
viso tra le sue mani e, delicatamente, mi avvicina di più a lui, al suo volto.
Siamo a pochi centimetri di distanza, le nostre bocche stanno per sfiorarsi. Ci
guardiamo ancora per un istante negli occhi, poi, incapaci di attendere oltre,
li chiudiamo entrambe e finalmente le nostre labbra si uniscono.
Si, è questo il bacio che ho a
lungo sognato. È questo ciò che sognavo tutte le notti. Ma la differenza è che
adesso, finalmente, è reale. È tutto reale.
Una volta qualcuno ha detto di
vivere, e di amare. Io, posso dire di averlo fatto.
The End
Finalmente l’ho terminata! Che ve ne pare? Vi è piaciuta la
mia breve fanfiction?
Per quanto mi riguarda, devo ammettere che sono rimasta
molto soddisfatta del risultato. Ci ho messo un po’ di tempo, è vero,
soprattutto per terminare quest’ultimo capitolo, ma alla fine ciò che conta è
che ci sia riuscita.
Vi prego, fatemi sapere che ne pensate! Sapete che ci tengo
tantissimo!!
Ancora un volta il titolo del capitolo l’ho preso da una
lirica di Catullo. Forse una delle più conosciute.
Per quanto riguarda i personaggi, ripeto che non mi
appartengono ma sono proprietà del rispettivo autore. Inoltre non vengono usati
da me a scopo di lucro.
Beh, non so che altro dire…
Non mi rimane che congedarmi, allora.
Ma prima, voglio dedicare la mia fanfiction a tutti gli
innamorati, a chi mi ha sostenuto e a tutti voi, lettori, che vi siete
apprestati a leggerla. Vi ringrazio tantissimo!
Inoltre un particolare ringraziamento va a Fedechan, che
come sempre è stata gentilissima con me, offrendosi di pubblicare al mio posto
la fanfic (eh si, il mio pc è ancora rotto! -__-’’)!
Grazie tantissimo a tutti!!!
^__^
Spero di risentirci presto.
Baci
Memi J