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Autore: sarah_122    16/06/2014    2 recensioni
chi l'avrebbe salvata, se non l'avesse fatto da sola?
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eppure ero ancora li, su quel letto, con i brividi, anche se c’erano tre coperte a proteggermi dal freddo. Avevo sempre freddo, sempre. E non c’era mai nessuno disposto a scaldarmi. Due genitori che non si accorgevano di niente, che passavano sopra a tutto, che non immaginavano neanche lontanamente cosa provassi. Una sorella che pensava solo a essere più magra di me, e l’altra troppo piccola per capire. Eleonor, per lei era una gara, vinceva chi pesava meno. Quanto rancore verso quella sorella che invece di aiutarmi mi incentivava ancora di più a dimagrire, a non mangiare. La prossima settimana ci sarebbe stata la gita di terza media, la più ambita, la più attesa di tre anni di medie. Eppure il mio unico pensiero era che nessuno mi avrebbe controllato, e sarei potuta dimagrire ancora. Mi preparai tutto, valigia, vestiti, tutto. La mattina della partenza ero felice. Volevo staccare da tutto, e dimagrire, ancora e ancora. Non mangiai niente. Stetti cinque giorni senza mangiare, apparte qualche piccola cosa, giusto per fare contenta Giorgia. L’ultima giorno, la professoressa a tavola mi rimproverò davanti a tutti facendomi piangere. Che figura di merda. Ma non riuscivo a toccare cibo. Già dai giorni prima mi programmavo cosa avrei ingerito, e se le cose non sarebbero andate secondo i miei piani mi sentivo talmente in colpa da stare male. La sera che tornai a casa, c’era mamma ad aspettarmi:
“come stai, figlia mia?” aveva gli occhi in lacrime, erano cinque giorni che mi aspettava e non le pareva neanche vero che fossi ancora viva.
“mammaa, che bello rivederti, mi sei mancata!” finsi un sorriso e dicevo che andava tutto benissimo. Niente andava bene, ricordo ancora ora quanto cazzo mi sentivo male durante le visite sotto il sole. Non avevo neanche la forza di reggermi in piedi, figuriamoci di camminare. Respirare era diventato difficile, a volte mi sentivo soffocare. Era stata l’esperienza più brutta della mia vita, ma dovevo far finta di niente, perché per tutti avevo fatto l’ultima stupenda gita con i compagni delle medie, vaglielo a dire alla gente come eri stata male.
Avevo comprato i souvenir e gleli diedi, vedendo il massimo menefreghismo da parte loro. Inizialmente mi chiesi come mai, ma poi capii: sai che gliene frega a una madre del souvenir se stava per perdere la figlia?
Nonostante gli avessi detto di non prepararmi niente che avrei preso qualcosa all’autogrill, mi fece trovare pronta la minestra. Certo, come cazzo potevo chiederle ancora di credermi e di fidarsi di me dopo quello che le avevo fatto?
Il giorno dopo restai a casa, era sabato, niente scuola. Quella mattina appena mi alzai come sempre trovai il latte pronto nel bricco fatto da mamma. Stavo male, avevo la scusa per non prenderlo. Perfetto. Mi preparai un the, con appena mezzo cucchiaino di zucchero. Faceva schifo, ma potevo sopportarlo pur di non aumentare quel maledetto numero di calorie. Da mangiare? Due fette biscottate, senza niente, è sottinteso. 78kcal. Troppe. Ormai anche una singola caloria era troppa. Dopo cinque giorni di digiuno anche l’acqua sembra troppo calorica. Mi feci venire a prendere da papà per farmi portare da nonna. Non ce l’avrei mai fatta a prendere l’autobus senza sentirmi male. Andai da nonna e mi addormentai. O almeno feci finta di dormire. Per saltare il pranzo. Alla fine nonna mi costrinse a prendere un the. ‘chissà quanto zucchero ci avrà messo’ pensai. Saltai la merenda, non ce l’avrei mai fatta. La sera a cena il brodo con la minestrina. La minestrina. Pasta. Calorie. La mangiai a forza, con i sensi di colpa a mille e lo stomaco completamente chiuso. Quella sera scesi e mi misi in macchina, in attesa che mamma finisse la solita chiacchierata con nonna e mi portasse a casa. Entrò in macchina.
“che hai mangiato per  cena?” fu la domanda. Nonna aveva parlato.
“il brodo con la pasta dentro.”
“e basta?”
“si mà, ma la pasta è sostanziosa, tranquilla che non mi deperisco!”
“ah, la pasta è sostanziosa? E tu vuoi far morire di crepacuore una madre che ti ha messo al mondo?”
“mamma, no, mamma mia oh!”
“ma che ti sta succedendo? Che hai? Lo vedi che non ti reggi più in piedi? Che hai intenzione di fare? Vuoi morire, e con te vuoi morta tua madre?”
Era disperata, avvvilita, delusa, preoccupata, piangeva, urlava, era totalmente fuori di sé, e avevo paura, eravamo in macchina e continuava a sbandare, stava perdendo il controllo, e tutto questo solo e soltanto per colpa mia.
Eppure ero ancora li, su quel letto, con i brividi, anche se c’erano tre coperte a proteggermi dal freddo. Avevo sempre freddo, sempre. E non c’era mai nessuno disposto a scaldarmi. Due genitori che non si accorgevano di niente, che passavano sopra a tutto, che non immaginavano neanche lontanamente cosa provassi. Una sorella che pensava solo a essere più magra di me, e l’altra troppo piccola per capire. Eleonor, per lei era una gara, vinceva chi pesava meno. Quanto rancore verso quella sorella che invece di aiutarmi mi incentivava ancora di più a dimagrire, a non mangiare. La prossima settimana ci sarebbe stata la gita di terza media, la più ambita, la più attesa di tre anni di medie. Eppure il mio unico pensiero era che nessuno mi avrebbe controllato, e sarei potuta dimagrire ancora. Mi preparai tutto, valigia, vestiti, tutto. La mattina della partenza ero felice. Volevo staccare da tutto, e dimagrire, ancora e ancora. Non mangiai niente. Stetti cinque giorni senza mangiare, apparte qualche piccola cosa, giusto per fare contenta Giorgia. L’ultima giorno, la professoressa a tavola mi rimproverò davanti a tutti facendomi piangere. Che figura di merda. Ma non riuscivo a toccare cibo. Già dai giorni prima mi programmavo cosa avrei ingerito, e se le cose non sarebbero andate secondo i miei piani mi sentivo talmente in colpa da stare male. La sera che tornai a casa, c’era mamma ad aspettarmi:
“come stai, figlia mia?” aveva gli occhi in lacrime, erano cinque giorni che mi aspettava e non le pareva neanche vero che fossi ancora viva.
“mammaa, che bello rivederti, mi sei mancata!” finsi un sorriso e dicevo che andava tutto benissimo. Niente andava bene, ricordo ancora ora quanto cazzo mi sentivo male durante le visite sotto il sole. Non avevo neanche la forza di reggermi in piedi, figuriamoci di camminare. Respirare era diventato difficile, a volte mi sentivo soffocare. Era stata l’esperienza più brutta della mia vita, ma dovevo far finta di niente, perché per tutti avevo fatto l’ultima stupenda gita con i compagni delle medie, vaglielo a dire alla gente come eri stata male.
Avevo comprato i souvenir e gleli diedi, vedendo il massimo menefreghismo da parte loro. Inizialmente mi chiesi come mai, ma poi capii: sai che gliene frega a una madre del souvenir se stava per perdere la figlia?
Nonostante gli avessi detto di non prepararmi niente che avrei preso qualcosa all’autogrill, mi fece trovare pronta la minestra. Certo, come cazzo potevo chiederle ancora di credermi e di fidarsi di me dopo quello che le avevo fatto?
Il giorno dopo restai a casa, era sabato, niente scuola. Quella mattina appena mi alzai come sempre trovai il latte pronto nel bricco fatto da mamma. Stavo male, avevo la scusa per non prenderlo. Perfetto. Mi preparai un the, con appena mezzo cucchiaino di zucchero. Faceva schifo, ma potevo sopportarlo pur di non aumentare quel maledetto numero di calorie. Da mangiare? Due fette biscottate, senza niente, è sottinteso. 78kcal. Troppe. Ormai anche una singola caloria era troppa. Dopo cinque giorni di digiuno anche l’acqua sembra troppo calorica. Mi feci venire a prendere da papà per farmi portare da nonna. Non ce l’avrei mai fatta a prendere l’autobus senza sentirmi male. Andai da nonna e mi addormentai. O almeno feci finta di dormire. Per saltare il pranzo. Alla fine nonna mi costrinse a prendere un the. ‘chissà quanto zucchero ci avrà messo’ pensai. Saltai la merenda, non ce l’avrei mai fatta. La sera a cena il brodo con la minestrina. La minestrina. Pasta. Calorie. La mangiai a forza, con i sensi di colpa a mille e lo stomaco completamente chiuso. Quella sera scesi e mi misi in macchina, in attesa che mamma finisse la solita chiacchierata con nonna e mi portasse a casa. Entrò in macchina.
“che hai mangiato per  cena?” fu la domanda. Nonna aveva parlato.
“il brodo con la pasta dentro.”
“e basta?”
“si mà, ma la pasta è sostanziosa, tranquilla che non mi deperisco!”
“ah, la pasta è sostanziosa? E tu vuoi far morire di crepacuore una madre che ti ha messo al mondo?”
“mamma, no, mamma mia oh!”
“ma che ti sta succedendo? Che hai? Lo vedi che non ti reggi più in piedi? Che hai intenzione di fare? Vuoi morire, e con te vuoi morta tua madre?”
Era disperata, avvvilita, delusa, preoccupata, piangeva, urlava, era totalmente fuori di sé, e avevo paura, eravamo in macchina e continuava a sbandare, stava perdendo il controllo, e tutto questo solo e soltanto per colpa mia.
  
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