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Autore: berlinene    14/08/2008    0 recensioni
“Ho deciso di scrivere questo diario perché so che un giorno mio fratello diventerà famoso. Forse, allora, a qualcuno potrà interessare la storia della sua (o meglio nostra) adolescenza o forse perché come tutte le ragazzine anche a me serve il diario segreto”.Questo scrivevo un bel po’ di anni fa. E in effetti mio fratello è diventato famoso. E anche molti dei suoi, anzi, dei nostri amici. E allora, signor Takahashi, mi chiedo, si poteva parlare un po’ anche di sua sorella?Nessuno si è mai chiesto come si fa a convincere un bambino di cinque anni a mettersi una divisa diversa e fare l’allenamento da solo? Beh, un modo c’è. Far fare lo stesso a sua sorella. E chi è stato per anni il secondo portiere della San Francis? E durante i tornei in Europa, chi allenava i portieri, faceva l’interprete e aiutava il massaggiatore? E chi teneva buono Benji mentre giocava Ed (e viceversa)? E perché tutte le squadre hanno una manager tranne la Toho?Insomma, è venuto il momento di uscire allo scoperto: io sono Irene Price e le pagine che seguono vengono dal mio diario. [Ci sono alcune novità, guarda l'intro]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Diario di Irene Price genera storie'
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Siamo alla vigilia dell'epica prima finale fra Muppet e New Team. Ripresosi dall'infortunio, finalmente anche Benji, insieme a Irene, raggiunge la squadra...

Finalmente anche noi siamo arrivati! E le sorprese sono cominciate subito.
È stata una cosa fulminea, questione di un secondo. Eravamo vicino alla pensilina ad aspettare l’autobus per andare allo stadio a vedere l’altra semifinale. C’era molta nebbia e i mezzi erano in ritardo. Ho sentito un fischio, quello inconfondibile di un pallone che, calciato con molta forza, fende l’aria. Ho visto mio fratello passarmi davanti muovendosi, come di riflesso, verso sinistra. Nella stessa frazione di secondo, un’ombra mi ha afferrato e spinto verso destra. Senza neanche capire come, mi sono ritrovata a terra. O meglio: a terra c’era lui, l’ombra, le braccia strette attorno a me, e io ero sdraiata sopra. Mi ci è voluto qualche momento per realizzare. Sentivo mio fratello rimbrottare qualcuno circa “la pericolosità di un tale comportamento” e due voci rispondere in coro. Due facce uguali guardavano verso di me – i gemelli Derrick! penso in un angolo della mia mente. Cavolo se sono uguali, invece io e Benji…
“Ma che cazzo fai?” ha esclamato poi mio fratello, un pallone in mano e, sul volto un’espressione di sorpresa. “Come ti salta in mente di gettare le persone a terra così?” prosegue afferrandomi per un polso e strappandomi dalle braccia dell’ombra.
“Io credo” mi intrometto “che volesse solo togliermi dalla traiettoria del pallone, ecco”.
“Bastava afferrarlo” ha detto Benji tenendo con una mano sola il pallone appena bloccato e facendolo dondolare. È odioso quando fa così.
“Non ci sarei mai arrivato” ha risposto l’ombra “mi è sembrata l’unica soluzione, per quanto avventata.” E poi rivolto a me: “Non ti sei fatta male, vero?”
“No, tu piuttosto: sono io che ti sono…” ho pensato che in effetti era strano: era stato lui a spingermi e poi… era finito sotto di me! Ho capito in un istante che lo aveva fatto apposta. Si era tuffato in modo da attutirmi la caduta col proprio corpo. Incredibile!
“Sono io che ti sono caduta addosso e non sono proprio un peso piuma”. Gli ho teso la mano per aiutarlo ad alzarsi.
“Non ti preoccupare. Se sai come cadere, difficilmente ti fai male” ha risposto lui ignorando la mia mano e alzandosi agilmente in piedi. Era molto alto, un po’ più di Benji ma più esile: le spalle e il petto erano più stretti di quelli di mio fratello, le gambe lunghe e slanciate. Ma quando mi aveva abbracciato avevo sentito, sotto la maglietta oversize, un corpo tonico al punto giusto. Si è dato una spolverata ai vestiti, ha raccolto lo zaino e il berretto persi durante la caduta e si è sistemato quest’ultimo sui lunghi capelli neri.
“Beh” mi fa mio fratello. “Andiamo? L’autobus sta arrivando”.
“Arrivo, Benji”. Poi rivolta al ragazzo.”Ciao e…grazie. Comunque io sono Irene, piacere”. Ho teso la mano.
“Price?”
Sono rimasta interdetta: com’è che sa il mio cognome? Poi mi sono accorta che la mia mano tesa era stata ignorata di nuovo e che l’ombra stava fissando mio fratello.
“Benji Price. Dovevo immaginarmelo. Dai riflessi, dalla presa e dalla boria” ha detto con un sorriso ironico. Ha fatto per andarsene.
“E tu chi saresti?” ha chiesto Benji.
E lui girandosi da sopra la spalla gli ha risposto solo “Lo scoprirai molto presto” ed è scomparso nella fitta nebbia.
Mio fratello era ufficialmente incazzato, ci avrei scommesso. In effetti quel tipo aveva colpito anche me. Ma tutto questo sarebbe rimasto un episodio se più tardi non…
Ma andiamo per ordine.
Abbiamo sbagliato autobus (e Benji sempre più incazzato). Quando siamo riusciti finalmente a capirci qualcosa, ci chiama Paul per dirci che la partita era finita, che la Muppet aveva vinto e di aspettarli in albergo. Ha anche blaterato qualcosa su un rigore parato a Philip e un nuovo portiere ma ce lo raccontava dopo altrimenti spendeva troppo. Inutile dire che ognuna delle affermazioni di Paul aveva contribuito a far imbufalire ulteriormente mio fratello, cosicché, quando siamo arrivati in albergo e mi ha intimato “Andiamo ad allenarci” non ho osato ribattere. Che palle. Però nel grande parco vicino all’albergo si stava davvero bene. Dopo un paio d’ore buone di fondamentali la sagoma di Holly si stagliava, mai così agognata all’orizzonte. Ci ha raggiunto, ha accennato un saluto al mio indirizzo e ha monopolizzato mio fratello. Ho deciso di liberarli della mia ormai inutile presenza e di farmi un giretto per quel bellissimo parco. Stavo passeggiando quando ho visto…indovinate chi? Lui! Quello che invece del pallone ha parato me! L’ombra! Era intento in esercizi di stretching ai limiti del contorsionismo. Adesso indossava una tuta che però sul momento non sono riuscita ad associare a nessuna squadra. Mi sono avvicinata da dietro, quindi non poteva vedermi. “Toh” ho esordito “Il mio salvatore!”
Si è voltato di scatto.
“Scusa” proseguo, “non volevo spaventarti”.
Non sembrava molto felice di vedermi, anzi, sembrava piuttosto scocciato. Si è voltato del tutto e ho visto il logo della squadra sulla maglietta: la Muppet!
“Se disturbo...” Sono arretrata di qualche passo.
“No, scusa. È che sono un po’ nervoso. Ne sono successe così tante da ieri…” si blocca, come se avesse parlato troppo. Poi cambia discorso: “Venendo qua ti ho visto allenarti con Price. Interessanti gli esercizi che facevate…” Si blocca di nuovo. “Sei piuttosto brava. Giochi anche tu?”
“No è che spesso mi alleno con lui per fargli compagnia. Da sempre”.
“Lui è il tuo… voglio dire voi state…siete…”
“Fratelli” concludo io. “Gemelli per la precisione”.
“Ah”.
Silenzio.
“Sei molto sciolto per essere un calciatore. Prima sembravi un contorsionista” riprendo io, tanto per dire qualcosa.
“Figurati. Facevo solo un po’ di Yoga per rilassarmi. A dire il vero oggi non sono in gran forma, mi fa male tutto”.
“Spero non perché ti sono caduta addosso”.
“No” ride. “È che ho passato la notte in treno e non è il massimo della comodità. E poi sono entrato in campo, così, a freddo…” di nuovo si rabbuia e si blocca come se avesse parlato troppo. Ma solo un attimo poi sorride e riprende: “Ho la schiena a pezzi, per non parlare delle spalle e del collo…Insomma un catorcio”. Ha riso di nuovo. Mi sono trovata a pensare che è carino quando ride.
“In tal caso, vorrei che mi permettessi di sdebitarmi”.
Sguardo interrogativo dell’ombra.
Gli ho girato intorno e mi sono seduta dietro di lui, gli ho appoggiato le mani sulle spalle e ho cominciato a massaggiare piano.
“Cerca di rilassarti” gli ho detto. “E magari anche di respirare.”
Sentivo i suoi muscoli rilasciarsi sotto il mio tocco mentre il respiro si faceva lento e regolare. Ho proseguito per un po’, nel silenzio più totale. Dopo un buon quarto d’ora gli ho sussurrato: “Tutto bene là sotto?”
“Be…” si è schiarito la gola “Benissimo.”
“Visto, eh? Salvare la vita all’assistente del massaggiatore della New Team ha i suoi vantaggi”.
Sotto le mie dita, lo sento irrigidirsi di nuovo.
“Non ti preoccupare, avrai i tuoi buoni motivi per non volermi dire che giochi nella Muppet. E per non presentarti. Non a un’avversaria. Non il giorno prima della finale.” Mi sono alzata piazzandomi davanti a lui: “Ricordati che sono la sorella di Benji Price, segreti tattiche e misteri sono all’ordine del giorno. Magari me lo dirai domani dopo la partita. Ora devo andare”.
Mi ha guardata come se non credesse alle proprie orecchie e poi ha risposto:
“Ok, se non lo scoprirai da sola, te lo dirò domani. A proposito… grazie del massaggio.”
“Grazie del salvataggio.”
“E…” esita, poi mi guarda fissa negli occhi “A domani”.
Stavo per rispondergli “A domani”, quando una voce dal sentiero dietro di me mi ha fatto sobbalzare.
“Ah, eccoti qui finalmente”.
Eppure quella voce…
Il mio cuore se n’è accorto subito e si è messo a battere all’impazzata, era quello! Quello del tiro dopo le selezioni della New Team, il capitano della Muppet… Mark Landers! Si è avvicinato e mi ha guardata.
Ancora una volta mi sono persa in quegli occhi scuri e freddi, ad ammirare le sopracciglia folte, scure e ben disegnate, la carnagione olivastra, il naso dritto e insolente, le labbra sottili sempre lievemente imbronciate a dargli quell’aria un po’ da incazzato fisso. Il tutto su un corpo mozzafiato: spalle larghe, bicipiti in bella vista, pettorali suggeriti dalla maglietta aderente, ventre piatto e fianchi stretti, gambe dritte e muscolose e un culetto…
Anche se oggi aveva l’aria stanca.
A un altro livello di coscienza, sentivo proseguire la loro conversazione.
“Capitano! Cosa ci fai qui? Dovresti riposare… hai un aspetto orribile” ha detto l’ombra.
“E tu dovresti essere a ‘fare stretching nel parco’.” ha replicato Mark in tono ironico, sottolineando le ultime parole.
“Capitano… io…” ha farfugliato l’altro, imbarazzato.
“Rilassati, cosa vuoi che me ne freghi cosa fai e con chi, a me basta che domani fai il tuo dovere in…E tu cos’hai da fissarmi con quella faccia?”
Diceva a me? In effetti dovevo avere un’espressione fra il beato e l’idiota. Ma più idiota.
“Ehi, dico a te?”
Ho deglutito a vuoto. Non mi usciva una sillaba.
“Cos’è? Sei sorda, muta o solo stupida?” Si è avvicinato. Riuscivo solo a pensare: “Dio, dio quant’è bello”.
“Ciao” tiro fuori in fine.
“Ci conosciamo?”
“Sì… cioè no… io… dopo le selezioni della New Team…”
“Aspetta ora ricordo (Davvero??????). Eri in tribuna…Tu sei… cazzo! Sei la sorella di Price! È arrivato anche lui? Giocherà domani?”
“Certo che giocherà.”
“Vedrai” ha detto tornando a rivolgersi all’altro ragazzo. “Vedrai sarà un degno avversario da battere.”
Queste parole sono ovviamente andate a infiammare la mia parte Price.
“Tsè! Battere! Voglio proprio vedevi!”
“Ora sì che sembri sua sorella. La stessa aria strafottente. Lo stesso sguardo…”
Ormai la parte Price era partita e neanche i begli occhi di Mark avevano più effetto.
“E poi mi avete rotto con questo ‘la sorella di’, Ok? Ho un nome, mi chiamo Irene, chiaro?”
I due ragazzi mi hanno guardata, stupiti Forse avevo un po’ esagerato ma, ho pensato, potevo ancora ritirarmi con un certo onore.
“Ehm, scusate a volte mi lascio un po’ trasportare. Comunque, in bocca al lupo per domani, che vinca il migliore”.
“L’hai detto” ha replicato Mark. Ma c’era qualcosa nella sua voce. L’ho guardato: si era portato la mano alla fronte ed era pallidissimo.
Neanche il tempo di dire: “Si sente male” che l’ho visto accasciarsi, ma io e l’altro siamo riusciti a impedirgli di cadere a terra.
Quando l’ho afferrato l’ho sentito caldissimo.
“Ha la febbre alta” ho esclamato.
“Sì, subito dopo la partita aveva avuto un malore. Credevo fosse in stanza a riposare invece è venuto qui… Dannato testone… Cosa facciamo?”
“Innanzitutto, distendiamolo e tiriamogli su le gambe. E poi ecco: vai a bagnare questo fazzoletto alla fontanella. E dammi la tua felpa”.
Così lo stendiamo a terra, il ragazzo gli tiene le gambe su, mentre io lo copro con la felpa perché sta tremando, e gli metto il fazzoletto sulla fronte.
“Dobbiamo portarlo in albergo ma siamo troppo lontani per portarlo a braccia” dice.
Mi è venuto in mente che Freddie, l’allenatore di mio fratello a quell’ora doveva essere arrivato con la macchina. L’ho chiamato e ci è venuto a prendere. Arrivati all’albergo, Freddie ha aiutato il ragazzo ad accompagnare Mark in camera. L’ombra ha continuato a fissare Marshall per tutto il tempo e quando lui gli ha intimato di chiamare subito l’allenatore, il medico della squadra e la famiglia di Mark, ha balbettato solo un “Sì, signor… signor Marshall”. Sembravo io di fronte a Mark!
Poi sono tornata qui in camera a scrivere. Mio fratello ancora non è tornato…anzi no, eccolo. Ora gli racconto tutto!

********


Hey sono ancora io! Oggi non ho fatto altro che scrivere ma d’altronde sono successe un casino di cose. Quando gli ho detto di Mark, mio fratello è andato su tutte le furie dicendo che “se non c’è Landers non c’è competizione”.
E quando più tardi gli ho detto che sarei andata a vedere come stava, lui ha risposto “Vengo con te. Ci penso io a far svegliare quel vigliacco. Non è malato, se la fa solo sotto dalla paura”. Menomale che Landers non può sentirlo altrimenti finirebbe con le mani nel viso!
La porta era socchiusa e sono entrata nella stanza: Mark era disteso nel letto col ghiaccio sulla testa. Era madido di sudore, pallidissimo e agitato. Per un attimo l’ho fissato poi mi sono guardata intorno.
C’erano una signora di mezz’età con tre bambini, due maschi e una femmina, e un altro giocatore della Muppet, credo si chiami Danny Mellow. Nonostante avessi cercato di fare meno rumore possibile, tutti si erano voltati verso di me. Mi accorgo che mio fratello non mi aveva seguita dentro.
“Come sta?” ho chiesto.
“Insomma,” ha mormorato Danny.
“La febbre gli è leggermente calata,” ha detto la signora. La madre di Mark immagino, gli somiglia molto. “Ma non ha ancora ripreso conoscenza. Ma tu chi sei, una sua amica?”
“Io… ecco ero con lui quando si è sentito male…”
“Ah, allora sei tu.” Poi rivolta al bambino più grande che non stava fermo un attimo: “Su, sta’ buono, non vedi che Mark sta dormendo?”
“Non è vero.” Risponde il bambino, “se ne andato come papà e non torna più”.
Quell’affermazione mi ha raggelato il sangue.
“Matthew! Non dire queste brutte cose”.
“Stai mentendo” continua il bambino “Mark non dormirebbe mai invece di allenarsi! Non Mark Landers”.
Della serie: buon sangue non mente.
In quel momento il bambino più piccolo che dormiva in braccio alla signora Landers si è svegliato e ha chiesto:
“Mamma, si è svegliato Mak?”
“No, Michael, non…”
“Già” interviene Matthew, “come può è morto!”
“Matthew!”
Intanto il piccolino si è messo a piangere dicendo “Mak, Mak” e anche la bambina, che giocherellava tranquilla sulle ginocchia di Danny, gli è andata dietro.
Il centrocampista della Muppet la guardava senza sapere che fare: so che è il giocatore più giovane del campionato ma in quel momento aveva un’espressione tesa e seria, da adulto.
“Signora” azzardo, “Forse i bambini sono stanchi. E anche lei. Vada a casa. Resterò io qui”. Non chiedetemi perché l’ho detto.
“Ma…” fa Danny, “Fra poco devo andarmene anche io…Resti qui da sola?”
“Non c’è problema. Domani mica devo giocare, io”.
Poi mi rivolgo a Matthew.
“Ti fidi a lasciarmi con tuo fratello?”
Lui mi ha squadrata perbene. Poi con aria seria mi ha chiesto: “Cos’è? Sei la sua ragazza?”
Mentre penso “Magari” rispondo: “Nooo! Sai chi è mio fratello? Benjamin Price! Mi ucciderebbe se …”
“Ok, mi fido” conclude.
“Grazie, tesoro” mi dice la madre “Chiamami se succede qualcosa”.
Mentre si preparavano per andare, ho visto mio fratello sulla porta. Sono uscita.
“Ho sentito tutto” dice “Ma possibile che devi fare sempre la crocerossina del cazzo? E sia. tanto appena la famigliola se n’è andata, ci penso io a farlo svegliare”.
“Vergognati!” gli ho risposto. “Comodo prendersela con chi non può reagire. Sei un vigliacco!”
“Per tua informazione, il vero vigliacco sta là dentro” dice accennando alla stanza.
“No, sta proprio qui di fronte a me!”
“Abbassa la cresta, signorina” mi ha fatto prendendomi per il bavero.
“E tu tieni le mani in tasca” gli ho detto colpendolo sulle dita.
“Benjamin Price.” ci siamo voltati entrambi. Era la voce di Freddie. “Tua sorella ha ragione. Il vigliacco sei tu. Ora, hai due possibilità: o entri civilmente in quella stanza o te ne torni nella tua”.
Dentro mio fratello combattevano orgoglio e coscienza ma, si sa, il primo non lo batte nessuno. E così si è gloriosamente (per modo di dire) ritirato.
Sono rientrata nella stanza, non prima di aver lanciato uno sguardo complice a Freddie che però non ha ricambiato. Di solito siamo cane e gatto invece oggi è corso ben due volte in mio aiuto…mah!
“Ti ho sentito discutere” ha detto la signora Landers. “Ci sono problemi?”
“No, no. Con mio fratello parliamo sempre così”.
“Ah, ok. Grazie ancora”.
“Arrivederci”.
Resto lì con Danny che però combatte per stare sveglio.
“Vai a letto anche tu. Ci sarà bisogno di te, domani”.
Annuisce e va nella sua camera.
Ero sola. In una camera. Con Mark. Cazzo.
Solo che lui era privo di conoscenza…sigh! E poi mi faceva pena. Gli ho sfiorato i capelli con una mano e gli ho baciato la fronte: e quando mi ricapita!
Era sudatissimo e scottava. Poverino.
Devo essermi un po’ appisolata perché dopo quello che è sembrato un istante mi sono sentita sfiorare la spalla.
Era la signora Landers.
“Ho lasciato i bimbi da una vicina. Io tanto non riuscirei a dormire. Ma tu sì, mi pare. Vai pure a letto e grazie”. Mi ha sussurrato, accarezzandomi i capelli.
Ho sentito un braccio scivolarmi intorno alla vita. E ancora una volta mi sono trovata a pochi centimetri dai grandi occhi neri del ragazzo del parco.
“Ce la faccio da sola” ho detto divincolandomi da quell’abbraccio.
“Ti accompagno in stanza”.
In realtà era solo al piano di sotto, ma tant’è. Ho bussato, sperando che quel ghiro di mio fratello si svegliasse. Ho sentito del movimento.
“Beh, allora buonanotte.” Mi sono affrettata a dire nel tentativo di far andar via il ragazzo prima che Benji aprisse. “E… in bocca al lupo per domani”.
Per l’ennesima volta oggi me lo sono ritrovato a una spanna. Eppure non so ancora il suo nome. Stavo per farglielo notare quando la porta è scattata, io mi sono voltata verso il rumore e un attimo dopo… l’ombra era scomparsa di nuovo.
I ragazzi sono proprio un rebus… ma a quanto pare domani avremo il risultato…non solo della finale.
Auguri Mark ma… FORZA NEW TEAM!!!!
   
 
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