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Autore: Simonne Lightwood    16/06/2014    6 recensioni
PRESUNTA PRIMA PARTE DI COHF, incentrata sul ritorno dei Malec. Una riappacificazione che però avverrà nel più inatteso dei modi.
Un pericolo incombe sui figli di Lilith, minacciando la vita di Magnus. E se neanche i suoi poteri gli fossero d'aiuto questa volta? E se Alec , il suo ormai ex fidanzato, fosse l'unico in grado di salvarlo dalla crudeltà di Sebastian?
Genere: Azione, Fantasy, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era una fresca notte di novembre, a New York. Anche se le finestre della camera da letto erano chiuse, dall'esterno si sentiva l'incessante ticchettio della pioggia che si riversava sulle strade della grande mela.
Un tuono ruppe la quiete della notte, svegliando Chairman Meow. Il gatto emise un miagolio spaventato, saltando giù dalla veranda su cui si era appisolato e decidendo di trovarsi un posticino più comodo, ovvero il letto del suo padrone. Si arrampicò goffamente sul copriletto zebrato, zigzagando tra i cuscini colorati, e acciambellandosi sulla pancia di Magnus. 
Lo Stregone, dal canto suo, era sveglio. Ma non erano stati i tuoni a svegliarlo, nè tantomeno la palla di pelo che si era rannicchiata sulla sua pancia.
Erano stati i pensieri. Pensieri che si erano insinuati nella sua mente come un dei virus e che lo avevano tormentato per ore, rifiutando di lasciarlo riposare. Continuava a pensare e ripensare agli eventi di quella giornata: ai passi che aveva sentito nello scantinato, la pesante porta che veniva buttata giù, un ragazzo che si avvicinava a lui, un paio d'occhi azzurri dietro la parete di luce, lo sguardo pentito di Alec, la configurazione Malachi che andava in frantumi, le sue labbra contro quelle del Nephilim. 
Aveva ripensato a quando erano tornati a casa, quel pomeriggio. Nel momento in cui la porta del loft era stata chiusa, Magnus aveva spinto il suo ragazzo contro il muro e lo aveva baciato, stringendolo con tanta forza da lasciare Alec senza fiato. Il Lightwood era rimasto sorpreso da quel gesto improvviso, ma non si era di certo tirato indietro, anzi, aveva ricambiato il bacio senza esitare. Ed erano rimasti li, avvinghiati contro la porta per quella che ad entrambi era sembrata un'eternità. Un'eternità fatta di baci e morsi e gemiti e respiri irregolari. Entrambi erano stanchi e sudati, i loro vestiti erano coperti di sangue e i loro occhi contornati da occhiaie, ma nessuno dei due sembrava farci caso. Erano di nuovo insieme ed erano felici. Questo era tutto ciò che importava.
Quando finalmente si erano staccati, Alec era arrossito e - senza preoccuparsi di nascondere il sorriso che si stava formando sulle sue labbra - aveva chiesto a Magnus qual'era il motivo di quel bacio inaspettato. Lo Stregone aveva ricambiato il sorriso, un sorriso che faceva apparire i suoi occhi ancora più luminosi, e aveva semplicemente risposto: ''Perchè tu non smetti mai di sorprendermi, Alexander Lightwood''. Ed era così. Magnus non si sarebbe mai aspettato che il suo ex fidanzato, che aveva lasciato in modo così crudo due settimane prima, sarebbe andato a liberarlo senza esitare, rischiando la propria vita e quella dei suoi cari per salvare qualcuno che gli aveva detto ''ti amo'', seguito da ''non voglio mai più rivederti''. Non avrebbe mai pensato che Alec avrebbe disubbidito al padre per lui, nonostante quello che era successo. Anche se aveva cercato di non darlo a vedere, il figlio di Lilith era rimasto colpito dal tono deciso del ragazzo quando aveva detto a Robert Lightwood che sarebbe tornato a casa con lui. Magnus aveva visto gli occhi dell'uomo accendersi di rabbia e incredulità alle parole del figlio, ma il suo Alec era rimasto impassibile e aveva sostenuto lo sguardo gelido del padre, fino a quando quest'ultimo non aveva ceduto. Magnus aveva secoli di vita alle spalle e aveva conosciuto più Shadowhunters di quanti potesse contarne, ma non aveva ma conosciuto nessuno di così forte, coraggioso e altruista come Alec.
Quella sera Magnus aveva fatto comparire dal nulla del cibo italiano. Avevano mangiato con calma e passato la serata accoccolati sul divano a parlare di quello che era successo nelle ultime due settimane, delle loro speranze e delle loro paure. Quando era calata la sera e aveva iniziato a farsi buio, Alec si era alzato per accendere la luce ma Magnus lo aveva fermato. Aveva passato tre giorni in una configurazione Malachi, intrappolato tra quattro mura di luce e i suoi occhi chiedevano pietà. Alec aveva proposto di accendere le candele, e così avevano fatto. Magnus aveva schioccato le dita e nella stanza erano comparse decine di candele profumate che brillavano come lucciole nel buio della stanza, riscaldando l'atmosfera. Poi, verso la mezzanotte, Alec si era addormentato, mentre Magnus non era riuscito a prendere sonno. 
Magnus si sistemò su un fianco, lasciando scivolare il gatto sul materasso, e i suoi splendenti occhi felini si posarono sul ragazzo che dormiva pacificamente accanto a lui. Le persiane delle finestre erano alzate, permettendo alla luce lunare di accarezzare il volto del giovane. Le labbra di Alec erano lievemente dischiuse, le sue lunghe ciglia nere tremolavano appena, i capelli scompigliati gli ricadevano sul volto.
Magnus lo guardava rapito: persino dopo mesi che stavano insieme, non si era mai stancato di ammirare la delicata bellezza di Alec. Si trattenne dall'impulso di toccarlo -dal momento che non voleva svegliarlo dopo una giornata così stancante - ma le sue dita fremevano dal desiderio di accarezzare quelle guance che arrossivano per le sue attenzioni e di sfiorare con le dita quelle labbra che sembravano urlare ''baciami!''. 
Dato che il sonno non ne voleva sapere di arrivare, decise di andare in soggiorno, e magari portarsi avanti con la traduzione di un testo scritto in ctonio antico. Era un lavoraccio, ma qualcuno doveva pur farlo. Spostò la coperta di lato, facendo per alzarsi.
-Magnus - la voce di Alec lo fece sussultare. Si voltò e vide che il ragazzo lo guardava con i suoi occhi celesti che splendevano nel buio. 
-Dove stai andando? - Chiese con la voce impastata nel sonno, protendendo un braccio verso di lui.
Magnus si fermò, esitante. Guardò il suo ragazzo che si protendeva verso di lui, lasciando che il lenzuolo scoprisse la sua schiena pallida e decorata da rune. Rune di tenacia, forza, maestria, equilibrio. Marchi eleganti e delicati che simboleggiavano il coraggio di Alec e i pericoli che doveva affrontare quotidianamente. Il figlio di Lilith sorrise a quella visione, rivelando i suoi denti leggermente appuntiti, simili a quelli di un gatto. Ad un tratto gli era passata la sete.
-Da nessuna parte - disse, tornando sotto le coperte. Sentì Alec mugugnare qualcosa, mentre le braccia del Nephilim avvolgevano la vita di Magnus e il suo viso affondava nel collo del più grande. 
-Non andartene, Magnus. - Lo Stregone sentiva le labbra di Alec solleticargli il collo, mentre pronunciava quelle parole e sentì una fitta nel petto. 
-Non mi lasciare..- Disse, stringendo possessivamente il suo ragazzo a sè. Magnus fu scosso da un'ondata di tenerezza e tristezza e gli accarezzò affettuosamente i capelli, poi la sua mano si spostò sul collo del giovane e infine scese sulla sua schiena, lasciando che vagasse sulla sua pelle candida. 
In quel momento, stringendo il Nephilim a sè e sentendo il cuore del ragazzo battere contro il proprio petto, si chiese con che coraggio fosse riuscito a lasciarlo quel giorno, alla stazione della metropolitana. Gli sembrava un atto di pura follia. 
-Non ti lascerò, Alec. - Gli sussurrò all'orecchio -Non fino a che il tuo cuore continuerà a battere. -
Magnus aspettò che Alec dicesse qualcosa ma, non ricevendo nessuna risposta, abbassò lo sguardo sul volto del Nephilim. I suoi occhi erano chiusi. Si era riaddormentato. Il moro sorrise a quella visione. Avrebbe potuto guardare Alec dormire fino all'alba, ma tra uno sbadiglio e l'altro si rese conto di avere sonno anche lui. Risistemò meglio la coperta su di loro e chiuse gli occhi, lasciando che il buio lo avvolgesse. Dopo non molto si addormentò, con la testa di Alec sul suo petto e le braccia di Magnus avvolte intorno al corpo esile del ragazzo. 

Catarina si asciugò la fronte con un fazzoletto, mentre si lasciava sprofondare nella poltrona di pelle accanto al letto. Era stanca e sudata e tutto ciò che voleva fare in quel momento era tornare a casa, tuffarsi sul letto e dormire per il resto della giornata. Ma, per sfortuna, la vita dei figli di Lilith non era così semplice. Dovevano lavorare sodo per guadagnarsi da vivere, e a volte il loro lavoro includeva anche cercare di riportare alla normalità una Shadowhunter che era stata trasformata in una specie di mostro con la Coppa Infernale da Jonathan Morgenstern. 
Catarina guardò sconsolata la donna che giaceva immobile sul letto. I lunghi capelli castani erano sparpagliati sul cuscino e le braccia distese lungo ai fianchi. La Strega fece un respiro profondo prima di allungare con incertezza la mano verso il viso di Amatis e alzarle la palpebra destra verso l'alto, scoprendo un occhio nero come il Vuoto. La donna gettò il fazzoletto a terra, sconsolata. Da quando era arrivata all'Istituto, quasi tre ore prima, aveva provato tutti gli incantesimi possibili e immaginabili per cercare di riportare la sorella di Luke alla normalità. Aveva persino preso in prestito il Libro Bianco, che ora si trovava nella biblioteca dell'Istituto, sperando di trovare un incantesimo adatto al suo caso. Ma neanche in un libro di incantesimi importante come quello c'era scritto qualcosa riguardo a come curare una Shadowhunter che ha bevuto il sangue di uno dei demoni più potenti del mondo e ora si è trasformata in una specie di demone anche lei. 
Catarina aveva passato tre ore a cercare un incantesimo che potesse aiutare Amatis, non solo perchè Luke Garroway le aveva promesso una ricca ricompensa se ci fosse riuscita, ma anche perchè provava pietà per la povera donna. Non era mai stata vicina ai Nephilim quanto lo era stato Magnus, lei preferiva lavorare con gli umani, ma conosceva la storia della sorella di Luke. Sapeva che era stata costretta a divorziare da suo marito, dall'uomo che amava più di chiunque altro solamente perchè a Valentine non andava a genio il fatto che Stephen fosse sposato con la sorella di uno sporco lupo mannaro. Amatis non aveva potuto fare niente per evitarlo: era stata costretta a vedere la sua runa del matrimonio venire brutalmente strappata dal Conclave e rassegnarsi al fatto che Stephen avrebbe sposato un'altra donna solo perchè uno psicopatico aveva deciso così. Sapeva che Valentine le aveva fatto il lavaggio del cervello, facendole credere che suo fratello fosse diventato un mostro dopo la trasformazione e che tutta la sua umanità gli fosse stata strappata. Le aveva fatto odiare il suo fratellino, sangue del suo sangue, l'unica famiglia che le era rimasta. 
Catarina si arrotolò una lunga ciocca di capelli bianchi come la neve attorno a un dito, cercando di decidere cosa fare. Era ovvio che se non era riuscita a trovare una soluzione nel Libro Bianco, non l' avrebbe trovata da nessuna parte. Fece una sintesi delle opzioni che le rimanevano: poteva chiedere aiuto a Magnus, oppure rassegnarsi e annunciare a Luke che purtroppo non c'era niente da fare. Scartò l'opzione di parlarne con i Fratelli Silenti. Maryse le aveva detto di aver parlato con Fratello Zaccaria, la sera prima, e che lui le aveva detto che i Fratelli erano impotenti contro quella che era evidentemente una forma di magia nera. Tutto quello che era riuscita a fare era farle ingoiare una pozione che l'avrebbe tenuta buona per un altro paio di giorni, simile a quella che Jocelyn aveva bevuto all'arrivo degli uomini di Valentine, mesi prima. 
Chiuse il libro che aveva sulle ginocchia, rassegnata. Non si era mai sentita così impotente, e questa sensazione non le piaceva affatto. 
Qualcuno bussò alla porta e la Strega smise subito di giocare con i suoi capelli.
-Avanti- disse e quando si voltò vide Luke venire verso di lei. La sua barba e i suoi capelli erano più lunghi rispetto all'ultima volta che lo aveva visto. I suoi occhi azzurri erano carichi di preoccupazione. Catarina pensò che il colore degli occhi di Amatis fosse simile al suo, prima che venisse trasformata e le si formò un nodo allo stomaco, al pensiero.
-Catarina. Ho interrotto qualcosa di importante? Mi dispiace, è che non ce la facevo più ad aspettare in biblioteca. Avevo bisogno di vedere mia sorella. -
Luke si incamminò verso il letto di Amatis, sedendosi sul bordo. 
-Non hai interrotto niente, in realtà. Non preoccuparti. - Catarina si sforzò di sorridere, ma quando lo fece si rese perfettamente conto che il suo sorriso sembrava più una smorfia. Si mordicchiò nervosamente un'unghia. Era giunta l'ora di dare a Luke la cattiva notizia. 
Luke prese la mano della sorella tra le proprie, poi si voltò verso la Strega. 
-Allora, come.. come procedono le cure? - Le chiese. I suoi occhi erano seri ma colmi di speranza. Questo rende le cose ancora più difficili, pensò Catarina. 
-Non bene - disse, evitando di guardare Luke negli occhi. -Luke, io.. ho cercato di trovare un incantesimo adatto al caso di Amatis, ma non ho trovato niente. Ho persino guardato nel Libro Bianco. - Disse, indicando il libro sul bracciolo della poltrona. Non ci sono incantesimi, nè pozioni in grado di eliminare una quantità così grande di sangue demoniaco dal corpo di uno Shadowhunter senza ucciderlo. Forse nessuno stregone si è mai occupato di trovarne una perchè non è mai successo niente di simile prima d'ora. Sia noi figli di Lilith che i Fratelli Silenti siamo impotenti. - Prese il coraggio e alzò lo sguardo verso l'uomo. Si aspettava di vedere stupore o persino rabbia nei suoi occhi, ma tutto ciò che trovò fu la rassegnazione.
-Come pensavo - disse lui, e lei alzò involontariamente un sopracciglio bianco come i suoi capelli. 
-So che sei brava nel tuo mestiere, Catarina. Se dici che è così, allora mi fido di te. Non hai nessuna motivo per mentire. - Luke spostò con gentilezza una ciocca dal volto della sorella, lasciando la sua mano. 
-Mi dispiace tanto. Avrei davvero voluto aiutarla, ed ero sicura di riuscirci ma.. non è andata così. -
Luke fece un respiro profondo, poi sorrise. Non era uno di quei sorrisi che ti illuminano il volto, era un sorriso triste. Il sorriso di un uomo che aveva perso una delle poche persone importanti della sua vita. 
-Non abbiamo avuto un'infanzia facile. - Disse lui e Catarina si sistemò meglio sulla poltrona.
-I nostri genitori ci hanno abbandonati quando eravamo ancora molto giovani. Una cosa del genere è piuttosto insolita in una famiglia di Shadowhunters, no? - 
Lei annuì e aspettò che andasse avanti. 
-Amatis si è sempre presa cura di me. Era il tipo di sorella che dormiva per terra accanto al mio letto quando c'erano i temporali, perchè sapeva che mi facevano paura, e che mi portava il the caldo ogni due ore quando ero malato. - La nostalgia nella sua voce spinse Catarina ad appoggiargli una mano sulla spalla, nel tentativo di consolarlo. 
-E poi.. poi io sono stato trasformato e Valentine le ha riempito la testa di cazzate, facendole credere che io fossi diventato un mostro e consigliandole di fare finta che fossi morto. Dopo l'ennesimo grande litigio, non ci siamo più visti per anni. Mi ero rassegnato all'idea che non l'avrei mai più rivista, fino al giorno in cui Clary ha deciso di intrufolarsi a Idris per seguire i suoi amici. Ha ingoiato l'acqua del lago Lyn e ha iniziato ad avere febbre e allucinazioni. Non sapevo cosa fare, nè da chi portarla. Stavo iniziando ad andare in panico. Poi mi è venuta in mente mia sorella. Sapevo che mi odiava e che non voleva più vedermi, ma era l'unica speranza che avevo di salvare Clary. Così mi sono buttato. Ho suonato al campanello di casa sua e le ho chiesto aiuto. E lei ha accettato, mi ha aiutato nonostante tutto. Ha curato Clary e l'ha accolta a casa sua, senza sapere nemmeno chi fosse. Si è fidata di me, come ogni sorella si fida del proprio fratello. -
Luke abbassò il capo, ma Catarina vide che aveva gli occhi lucidi. Non sapeva nemmeno cosa dirgli per consolarlo. Non era una bella sensazione. 
-Oh, Luke. Mi dispiace così tanto. Non solo non sono riuscita a trovare una cura per tua sorella, ma non sono nemmeno brava a consolare le persone. Sono una frana. - Disse, e con sua sorpresa, Luke sorrise. -Non sei una frana, e non è colpa tua se non esiste un'incantesimo in grado di aiutare Amatis. Non puoi mica inventartelo? - 
Catarina fece un respiro e abbassò lo sguardo sulle sue mani, che in quel momento avevano assunto una tonalità di blu più chiaro. 
-E allora cosa facciamo? - Gli chiese. 
Per un momento lui non rispose, rimase immobile con lo sguardo perso nel vuoto, poi lentamente alzò gli occhi su di lei. 
-C'è solo una cosa che possiamo fare, a questo punto. - 
Catarina spalancò gli occhi. Forse non era brava a consolare le persone, ma era brava a leggere negli occhi della gente e ciò che vedeva negli occhi di Luke in quel momento non le piaceva affatto. 
-Non stai pensando a ciò che penso che tu stia pensando, vero? - Chiese lei.
-Invece sto pensando proprio a quello. - Rispose lui, serio più che mai. Catarina aveva senza dubbio capito ciò che voleva fare.
-Cosa?! Lo sai che potresti cacciarti in guai seri? - La Strega si spostò e il Libro Bianco cadde a terra.
-Lo so, ma è l'unica opzione che ho. L'unica possibilità che ho di salvarla. Non ti sto coinvolgendo nel mio piano, Catarina, tu non sei di certo obbligata ad aiutarmi, anche se te ne sarei grato se lo facessi. -
La figlia di Lilith scrutò la sua espressione un'ultima volta con la speranza di trovare un velo d'incertezza nei suoi occhi, ma fu delusa. Luke aveva preso la sua decisione e non aveva intenzione di tirarsi indietro. 
-Ti aiuterò, invece. Ho promesso a Maryse che lo avrei fatto e lo farò. -

Taylor lasciò cadere il libro per terra, sbuffando. Non era uscita dall'Istituto tutto il giorno e non sapeva più cosa fare per scacciare la noia. 
Quel mattino il padre adottivo di Clary era andato a fare visita a sua sorella, una Cacciatrice che era stata trasformata in una Oscura da Jonathan, da quello che aveva capito, e che Aline aveva accidentalmente ferito il giorno prima. Clary era venuta all'Istituto con lui, ma non le era stato permesso di vedere Amatis. Solo Luke poteva entrare. Allora era andata da lei, dopo aver salutato Jace e Izzy ed erano rimaste in camera sua a parlare per circa mezz'ora. A Taylor aveva fatto piacere vedere Clary, come al solito, ma quel giorno la rossa sembrava di cattivo umore. Ciò che era successo ad Amatis l'aveva turbata più di quanto pensasse. Taylor non poteva biasimarla. In fondo, era come se fosse sua zia. 
Quel pomeriggio, Isabelle era uscita con il suo fidanzato vampiro - che la bionda non aveva ancora avuto la possibilità di conoscere -, mentre Alec era era ancora a casa di Magnus. Clary era tornata a casa per fare da supporto morale a Luke e pure Jace era uscito, anche se non sapeva dove fosse andato. 
Taylor si annoiava e si sentiva sola. E lei odiava stare da sola. Un romanzo drammatico di seicentotrentacinque pagine, che finiva con la morte di entrambi i protagonisti, non le era d'aiuto in quel momento. 
Dalla finestra sopra il suo letto entrò un debole raggio di sole, che fece scintillare l'anello d'argento che Taylor portava sempre. Si trattava dell'anello di famiglia dei Whitelaw, che il suo padre adottivo le aveva regalato quando aveva compiuto tredici anni. All'epoca lei non sapeva ancora di non essere la figlia di Derek Whitelaw. Se il suo patrigno le aveva regalato quell'anello, sapendo benissimo di non avere nessun legame sanguigno con lei, probabilmente le voleva davvero bene. Si chiese se avrebbe mai ereditato l'anello dei Lightwood. Probabilmente no. Lo avrebbero dato ad Alec, essendo il primogenito.
Taylor fece un sospiro. Le mancavano i suoi genitori, le mancava la sua casa e la sua amata Idris. Si trovava piuttosto bene all'Istituto, ed era davvero contenta che i suoi fratelli fossero riusciti ad accettarla come una di loro, ma non c'è nessun posto come la propria casa. Si chiese se avrebbe mai rivisto Derek Whitelaw. 
In quel momento, qualcuno bussò alla porta con due decisi ''toc toc''. Poteva essere solo una persona.
-Avanti - disse Taylor, sedendosi sul letto a gambe incrociate. 
Suo padre entrò. Indossava una semplice maglia grigia e un paio di jeans. A Taylor faceva uno strano effetto vederlo indossare vestiti che non fossero la tenuta o la divisa da Inquisitore, altrettanto nera.
-Ciao, Taylor. Stai.. ehm, è tutto a posto? - Le chiese, avvicinandosi al suo letto. 
Lei annuì e gli fece cenno di sedersi. Sembrava a disagio, e lo era anche a lei. Anche se vivevano sotto lo stesso tetto da una settimana ormai, le faceva ancora uno strano effetto stare da sola con lui.
-Devi dirmi qualcosa? - Chiese lei, notando che non la stava guardando in faccia. Sembrava agitato. 
Robert si passò una mano tra i capelli corvini. Taylor conosceva bene quel gesto; lei lo faceva spesso quando era nervosa. Ecco da chi aveva preso. 
-Si, in realtà. Taylor, sai che ti voglio bene. Sei mia figlia e voglio bene a te quanto ne voglio ad Isabelle e Alec. Tuttavia, come ti ha già detto mia moglie il giorno in cui sei arrivata, non puoi restare a vivere qui per sempre. Gli Istituti hanno il dovere di ospitare temporaneamente gli Shadowhunters in difficoltà, ma non di regalare loro una nuova casa. -
Taylor lo fissava a bocca aperta, incredula. La stava sbattendo fuori di casa? Dopo solo una settimana? Dopo che li aveva aiutati nella battaglia contro Sebastian? La bionda scattò in piedi.
-Non ci posso credere! Sono passati solo sette giorni e vi siete già stufati di avermi attorno?! -
-Taylor, per favore, abbassa la voce..-
-No che non la abbasso! - disse lei, gridando ancora di più. -Mi stai dicendo di andare a vivere in mezzo alla strada? Sai che non ho un posto dove andare. -
-Certo che no! - Si affrettò a dire lui, alzandosi a sua volta. -Non lascerei mai che mia figlia vivesse in mezzo alla strada. Per chi mi hai preso?! -
Taylor rimase in silenzio per un momento. -E allora.. dove hai intenzione di mandarmi? -
-Ho trovato un appartamento in affitto a pochi isolati da qui. Non è molto grande, ma è davvero accogliente. Potrai venire ad allenarti qui ogni giorno e passerai comunque del tempo con i tuoi fratelli e con Clary, non ti sto allontanando da loro. Dal momento che sei minorenne, l'affitto lo pagherò io, per questo non ti devi preoccupare. E inoltre..-
-Non mi stai dicendo la verità. - Lo interruppe lei, con le braccia incrociate contro il petto e il viso rosso per la rabbia. 
Robert la guardò senza capire. -A cosa ti riferisci? -
La bionda alzò gli occhi al cielo -Mi stai dicendo che il Conclave ti impedirebbe di lasciarmi vivere qui? Non solo sono tua figlia, la figlia del Capo dell'Istituto, e non una Shadowhunter qualsiasi, ma tu sei l'Inquisitore: il più importante esponente del Conclave insieme al Console! Non venire a dirmi che non puoi tenermi qui per legge, perchè sei tu che fai le leggi. Inoltre il Console è Jia Penhallow e i Penhallow sono amici di famiglia dei Lightwood. Dubito che Jia abbia qualcosa contro di me. Quindi risparmiati le bugie, papà. Il motivo per cui non vuoi che resti qui è un altro, ammettilo. - Taylor aveva parlato, o meglio gridato, in fretta e le bruciava la gola, ma i suoi occhi erano ancora inchiodati in quelli del padre. Non si sarebbe arresa così facilmente.
Robert la guardò per un attimo senza dire niente. La bionda sorrise tra sè. Suo padre non si aspettava una reazione simile. Poi fece un respiro profondo, si passò nuovamente una mano tra i capelli e parlò.
-In realtà io non ho niente contro il fatto che tu viva qui, Taylor. Anzi, mi fa piacere che ti trovi bene qui e che vai d'accordo con i miei i figli. È solo che, essendo l'Inquisitore, la mia sede è a Idris. Questo significa che non rimarrò qui per molto. Sono venuto qui per aiutarvi ad affrontare Sebastian, ma ora che tutti i suoi uomini sono morti ieri, dubito che si farà vivo presto. Il Conclave ha bisogno di me e non so per quanto tempo resterò qui. Inoltre Maryse.. ehm, come dire.. lei non ha ancora accettato il fatto che io abbia avuto una figlia con un'altra donna, e non è molto contenta del fatto che..-
-Ah, eccolo il vero motivo. - Disse Taylor in tono piatto. -Maryse non mi vuole. Ci voleva tanto a dirlo?-
-Mi dispiace, Taylor. - Disse lui, e la ragazza notò che sembrava davvero dispiaciuto. -Non volevo ferirti. Non dopo tutto quello che ti è successo. -
-Sai papà, preferisco le verità amare piuttosto che le bugie a fin di bene. Questa è una cosa che devi sapere di me. Entro quanti giorni me ne devo andare? - 


Scusate, scusate, scusate se ci ho messo così tanto. 😫
Probabilmente pensavate che fossi morta, non vi biasimo per questo. Ho iniziato a scrivere questo capitolo poco prima dell'uscita di cohf, poi il libro è uscito e ho deciso di finire di scriverlo dopo averlo letto. Per chi non avesse ancora letto il libro: vi farà morire di feels. 😝
Vi dico già nei prossimi capitoli prenderò un po' spunto da cohf per continuare a scrivere, ma non metterò spoiler. ☺
  
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