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Autore: Nerhs    16/06/2014    2 recensioni
Sentii la panca su cui ero seduta,scricchiolare di nuovo. La sua presenza di fianco a me era evidente. Lo sentii sospirare,stava fissando l’altare di fronte a lui.
-Quindi sono…quanti anni hai?- chiese rompendo il silenzio che si era formato nella piccola cappella
-Diciannove.-
-Sono diciannove anni che tu vieni a pregare qui?- chiese con un misto di innocenza e stupore
La mia risata suonò lì dentro,facendo comparire sul suo volto,un sorriso timido.
Lo guardai e scrollai la testa.
-Sono circa cinque o sei anni.- dissi
Lui annui e poi si mise seduto sull’inginocchiatoio davanti alla panca su cui ero seduta io.
Alzò il mio viso e mi fissò negli occhi.
-Ho…bisogno di te,Ester.- sputò
Ero sicura che le mie guance non fossero mai diventate così rosse come in quel momento.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ashton Irwin
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10.
 
- Coraggio, non salutate?- tuonò Don Christopher sorridendo
 
Presi coscienza della situazione che si stava svolgendo di fronte a me, e iniziai a scuotere la testa in modo ossessivo. Lui non poteva essere tornato. Non poteva esser tornato a rovinarmi la vita, perché ero sicura che quello, d’ora in poi, sarebbe stato il suo unico scopo. Rovinarmi la vita.
Lo fissai impietrita mentre scivolava abilmente tra i tavoli, per accorrere dai bambini che lo attendevano a braccia aperte. Ashton lo guardava furioso e i suoi occhi, che avevano smesso di bruciare su di me, ora stavano osservando il corpo del ragazzo che abbracciava alcune bambine.
I ragazzi del mio gruppo rimasero anche essi stupiti dal ritorno di Connor ma non gli vietarono un’accoglienza degna della loro simpatia e della loro educazione.
Non appena finì i suoi saluti, lo vidi muoversi verso di me. Baciò tutte le altre ragazze e poi si fermò dritto davanti a me. Mi prese le mani, come se fosse la cosa più normale al mondo e notai i suoi occhi illuminarsi, quegli occhi azzurri che non scrutavo ormai da tanto tempo. Mi liberai dalla sua presa, infastidita come sempre da tempo a quella parte nei suoi confronti, e incrociai le braccia sotto il petto, cercando di far fuoriuscire da ogni mio singolo movimento il fastidio e l’odio che provavo.
 
- Possiamo parlare?- chiese
- Non ora. Ho da fare. E neanche dopo. Non ho più tempo per te.-
 
Abbassò la testa, come non aveva mai fatto.
Il più bel ricordo di Connor che avevo, l’unica cosa per il quale io lo avevo sempre stimato e rispettato, e anche amato, era il suo non abbassarsi di fronte a niente e a nessuno. Il suo camminare sempre a testa alta, il suo orgoglio e la sua fierezza che avrebbero sbeffeggiato anche il più arrogante di tutto gli uomini. Eppure, la testa, di fronte a me, l’aveva abbassata più volte. Timidezza, disagio, la consapevolezza di star sbagliando tutto.
Ed ora anche quel poco di stima che mi era rimasta per la sua figura, si era abbassata insieme al suo volto che ora non mi fissava più.
 
- Non dirmi così.- supplicò quasi
- E cosa dovrei dirti? Bentornato, ora è tutto come prima? Non siamo in un film, Con, accettalo.-
 
Mi girai, ma il suo braccio, per l’ennesima, stupidissima volta, fu più veloce, e mi fece tornare con lo sguardo nei suoi occhi.
 
- Non ti sto chiedendo di perdonarmi, ma di lasciarmi parlare. Non pretendo che tu mi perdoni per ciò che ti ho fatto, fossi in te, neanche io lo farei, ma ti sto solo chiedendo di prenderti un minuto per sentire ciò che ho da dire, perché questa situazione non l’hai vissuta da sola, anch’io c’ero con te.-
 
Annuii e tornai sui miei passi.
Aveva ragione. Non c’ero solo io. Anche lui, probabilmente, in qualche modo, aveva sofferto, e nulla, neanche io, poteva impedirgli di spiegarsi e di parlare. Ma forse aveva ragione, non lo avrei perdonato.
Uscii dalla sala mensa e mi diressi verso la sala svago. Passando per il lungo corridoio che attraversava l’hotel, mi capitò sott’occhio un calendario. Mi soffermai, ed accarezzai i giorni con la punta del dito indice. Scorsi fino al giorno d’oggi, e mi accorsi che quello sarebbe stato il penultimo giorno del nostro campo estivo.
L’idea di Ashton mi balenò tra i pensieri e la sua figura fece capolino nei miei occhi. Se non avesse deciso di seguirci fino a Sidney, nella Sidney in cui noi abitavamo, e non in quella in cui lui viveva, quello sarebbe stato il penultimo giorno che lo avrei avuto di fronte ai miei occhi.
Raggiunta la sala svago, mi lasciai cadere su una delle poltrone che erano lì presenti, sperando dal profondo del mio cuore, che Ashton sarebbe arrivato lì e si sarebbe seduto al mio fianco, consolandomi e rassicurandomi, confessandomi che lui non mi avrebbe lasciata tornare nella mia Sidney da sola, ma che lui mi avrebbe seguita ovunque fossi andata.
E a volte chiamiamo “strambo” quel destino che decide di accontentarci quando meno ce lo aspettiamo, perché in quel momento, pensai che il destino che avevo così odiato alle volte, mi avesse ascoltata in una di quelle situazioni in cui io avevo più bisogno del suo avvento.
Perché Ashton entrò nella sala svago e si accovacciò ai piedi della poltrona su cui io ero seduta e mi accarezzò la gamba, sorridendomi solamente come lui sapeva fare.
 
- Ehi, è arrivato il bus, dobbiamo andare in spiaggia!-
- Oggi è il penultimo giorno Ash.-
 
Vidi il suo viso crucciarsi e le sue sopracciglia distendersi in una smorfia di stupore e incomprensione. Si piegò meglio verso il mio corpo e anch’io cercai di raddrizzarmi per vedere meglio il suo dolce e bellissimo viso.
 
- C-cosa vuoi dire?-
- Mi avevi detto che ci avresti pensato, e che poi me lo avresti detto. Non ne abbiamo più parlato. Io domani tornerò a Sidney. La mia Sidney Ash. La Sidney così lontana da questa spiaggia, la Sidney isolata, la Sidney che non ha nulla di splendido rispetto a questa qui, la Sidney lontana da te, dove tu, non ci sei.-
- I-io ci ho pensato.- riprese d’un tratto lui
- E allora? Perché non me ne hai mai parlato?- il mio viso sorrise di nuovo, sperando che dalla sua bocca uscisse ciò che io volevo udire
- Perché ti avrebbe fatto solo del male.-
- Che cosa vuol dire questo?-
- Io…non verrò con te nella tua Sidney, Ester.-
 
Avete presente quando tutto quanto sembra pesare così troppo, talmente troppo, che il dolore vi costringe alle lacrime? E avete presente quando le lacrime, che minacciano di scendere da un momento al altro, si fermano sugli occhi e pizzicano, pizzicano terribilmente, e poi arriva anche quel fastidiosissimo groppo in gola che porta via il respiro? E avete presente quando la persona che più amate, vi dice che, in un certo senso, il giorno dopo la vostra storia sarà finita? Io lo avevo presente.
 
- C-cosa vuol dire che tu non verrai con me?-
- Io…non posso. Ester, qui ho la mia vita, la mia famiglia, mio fratello, mia sorella, Luke, i miei amici.-
- Ma non ci sono io…-
- Non dire così ti prego.-
- E cosa dovrei dire? Ashton è quello che stai dicendo anche tu. Stiamo dicendo le stesse cose, ma non riusciamo a capirci.-
- Ti capisco benissimo, io.-
- Quindi, vorresti dirmi che sono io a non capire te.- sbuffai
 
Mi presi la testa tra le mani, arrivata ormai al limite della sopportazione. Forse, aveva ragione. Pretendevo troppo da lui, gli avevo chiesto assai troppo. Seguirmi lontano dal posto in cui lui viveva, dal posto in cui lui aveva tutto, e solo per stare con me. Ma chi ero io per chiedergli tanto? Chi ero io per obbligarlo a fare una cosa del genere?
Sorrisi tra le lacrime che senza chiedere il permesso, mi bagnavano le guance e gli presi le mani, decisa ad arrendermi davanti ad un’altra battaglia persa, ad un’altra storia andata, ad un’altra delusione, ad un altro mattone che avrebbe rafforzato il muro, quasi ormai completo, con il quale da tempo a quella parte mi difendevo dal amore. Perché forse l’amore non esisteva infondo, alla fine finiva sempre per vincere qualcun altro. L’amore non vinceva mai. Vinceva la distanza, vincevano le troie, vincevano le parole della gente.
 
- Okay. Va bene. Se è questa la tua decisione, sono d’accordo con te. Mi dispiace, ho preteso troppo dalla tua vita, e non volevo. Sei stato una delle persone più importanti della mia vita Ashton, ti prego di non dimenticarlo mai. Ti amo.- gli baciai la guancia, e dopo un sorriso assai troppo finto, mi alzai dalla poltrona su cui ero seduta e lo lasciai lì, in sala svago, mentre mi fissava impassibile, senza alcun sorriso sul volto, solo con le lacrime che gli decoravano malamente il viso.
 
Forse non vederlo per tutta quella giornata mi avrebbe fatto bene. Forse stare da sola a riflettere su quanto mi sarebbe mancato, sarebbe stato un terribile errore, eppure lo stavo commettendo. Forse desiderare di stringerlo tra le mie braccia per l’ultima volta, mi avrebbe fatto male ancora di più, ma non riuscivo a non pensare al suo corpo forte e alle sue braccia che mi cingevano il bacino.
Forse commiserarmi sarebbe stato inutile, eppure non stavo facendo niente per non permetterlo.
 
 
 
 
 
 
 
 
- Bene, cari ragazzi, anche questo altro campo estivo è giunto al suo termine. Ringrazio dal profondo del mio cuore tutti gli educatori che hanno aiutato a concretizzare questo sogno che avevo espresso al inizio del estate e spero che tutti voi vi siate divertiti insieme a noi. Ho, purtroppo, una spiacevole notizia per voi: Ashton, il nostro caro educatore, da poco con noi, non potrà seguirci nella nostra parrocchia, causa problemi personali. Quindi, oggi sarà l’ultimo giorno in cui lo vedrete, o almeno per un po’ di tempo! Ci mancherai caro Ash! Bene, tutti sul bus, si torna a casa!- urlò Don Christopher salendo per primo nel bus
 
Tutti i ragazzi, le bambine, gli educatori, si accalcarono ai piedi di Ashton per salutarlo e augurargli il meglio. Aspettai che la fila di “ammiratori” diminuisse e poi mi avvicinai al ragazzo per salutarlo a mia volta.
Il suo sorriso mi accolse, e per la prima volta, mi sentii a casa sebbene abitassi lontano chilometri da quel parcheggio immenso. Allargò le braccia, e con la freddezza di un caro vecchio amico, mi strinse al suo petto.
Odiavo quella freddezza tra noi.
 
- Allora, è finito. Tutto.- dissi abbassando lo sguardo
- Tutto?- domandò quasi stupito
- Tutto Ash. Non siamo in un film. Viviamo quasi in due città distinte e separate, lontane chilometri. Io ho l’Università, tu hai i tuoi amici e la tua famiglia. Ci abbiamo provato e te lo avevo detto che avrei finito per rovinare una vita, e in questo caso ho rovinato la mia.-
- I rapporti a distanza sai che possono durare se chi ne è coinvolto ci crede veramente…- provò a dire già con gli occhi che brillavano
- Sei un bellissimo ragazzo Ash. Lo sai. Tutte lo sanno. E…diciamocelo, quel giorno che mi hai colpito con la palla a parte “che belle tette!” hai pensato a qualcosa di diverso?- gli scappò una risatina malinconica che placò all’istante
- Ti amo, ricordalo. Sempre.- lo baciai sulla guancia e feci per andarmene
- H-ho fatto una promessa. Quando eri su quel letto, inerme, senza vita, ho fatto una promessa a Dio. G-gli ho promesso che…se lui ti avrebbe lasciata a me, nelle mie mani, io ti avrei protetto come meritavi, come il Suo angelo meritava. Gli ho promesso che nulla ti avrebbe ferito, perché ci sarei sempre stato io lì con te. E ora non posso mantenere questa promessa. Ma sappi che, io ci sarò, anche se distante chilometri, perché anche se tenterai di allontanarmi, o se la distanza lo farà, l’amore che provo per te non diminuirà, mai. E lo prometto.-
 
Mi girai a guardarlo e mi attrasse di nuovo a se, stringendomi più forte di prima e la freddezza era scomparsa. Lo baciai più volte sul collo, e le sue lacrime bagnavano copiosamente i miei capelli, ma non ci interessava.
Marissa mi staccò dal suo corpo e mi costrinse a salire sul pullman.
Io chiusa dentro quel veicolo.
Lui attaccato al finestrino al di fuori.
Io che gli mimavo quel “Ti amo, sempre.”.
Lui che rispondeva con quel “Anch’io, sempre.”.
Io, in quel bus che stava partendo, e che si muoveva sul asfalto cocente.
Lui che correva dietro il mezzo.
Io, che lo amavo come non avevo mai fatto.
Lui, che faceva lo stesso.
 
 
 
Nerhs’s box.
 
Il campo estivo è terminato. Ma tranquille, la storia continuerà ancora per un pochino!
E dopo tanto, mi rifaccio viva! Scusatemi il ritardo, ma a quanto pare, neanche le vacanze sono vacanze!
Spero che nel frattempo, nei miei copiosi ritardi, abbiate letto qualcuna delle mie OS che scrivevo di fretta e di furia per farmi perdonare un minimo!
Bene, qui Ashton e Ester si dicono un “addio”…secondo voi sarà un “addio” definitivo o no?
Io li trovo dolcissimi ‘sti due qui, poi boh!
Scappo che sono appena tornata da Roma e un temporale si sta portando via la mia città:(
Un bacione ragazzuole e buona estate <3
Nerhs xx
 
  
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