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Autore: berlinene    14/08/2008    2 recensioni
“Ho deciso di scrivere questo diario perché so che un giorno mio fratello diventerà famoso. Forse, allora, a qualcuno potrà interessare la storia della sua (o meglio nostra) adolescenza o forse perché come tutte le ragazzine anche a me serve il diario segreto”.Questo scrivevo un bel po’ di anni fa. E in effetti mio fratello è diventato famoso. E anche molti dei suoi, anzi, dei nostri amici. E allora, signor Takahashi, mi chiedo, si poteva parlare un po’ anche di sua sorella?Nessuno si è mai chiesto come si fa a convincere un bambino di cinque anni a mettersi una divisa diversa e fare l’allenamento da solo? Beh, un modo c’è. Far fare lo stesso a sua sorella. E chi è stato per anni il secondo portiere della San Francis? E durante i tornei in Europa, chi allenava i portieri, faceva l’interprete e aiutava il massaggiatore? E chi teneva buono Benji mentre giocava Ed (e viceversa)? E perché tutte le squadre hanno una manager tranne la Toho?Insomma, è venuto il momento di uscire allo scoperto: io sono Irene Price e le pagine che seguono vengono dal mio diario. [Ci sono alcune novità, guarda l'intro]
Genere: Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Warner/Ken Wakashimazu, Genzo Wakabayashi/Benji, Kojiro Hyuga/Mark
Note: Raccolta, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Il Diario di Irene Price genera storie'
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Ambientato in un futuro anteriore di cui non avrei mai pensato di scrivere, un piccolo cammeo dedicato al mio quartetto preferito, al Pannolini!Challenge e alla saga di Mark-mammo-perfetto inaugurata da Maki... così irresistibilmente e paradossalmente IC!



Oggi siamo tornati dall’ospedale con Edwin. Ad aspettarci c’erano i due zietti “europei”, arrivati insieme per l’occasione.
“Fammelo vedere, fammelo vedere” ha cominciato a gridare Benji in preda a una strana agitazione, non appena abbiamo varcato la soglia. Mi ha strappato il bambino dalle braccia e tenendolo goffamente per le ascelle ha esclamato: “Ah! Sapevo che avremmo avuto un maschietto, guarda che mani grandi e come è lungo e che gambe robuste… Signori, il progetto genetico per la creazione del portiere perfetto sta procedendo benissimo. Ah! Che bello! Tutto suo zio”.
“Guarda Price, che puoi farne uno anche tu, non è difficile” gli ha detto Ed tentando di riprendersi suo figlio.
“Sai che nell’antica Roma molti uomini adottavano i figli della sorella perché almeno erano sicuri che fossero sangue del loro sangue?”
“Beh, io ne sono sicuro. E proprio perché è uno Warner” ha incalzato Ed un po’ irritato, “potrebbe anche scegliere di fare karate”.
“Farà quello che vuole” intervengo io. “E smettila di sventolarlo così Benji, da’ qua”, dico sedendomi faticosamente (e dolorosamente, maledetti punti!) sul divano e tendendo le braccia per riprendere il pupo.
Mark stava esprimendo i suoi personali dubbi circa la paternità di Warner dato che il bambino era calvo, quando Edwin ha prodotto un suono strano seguito da un odore nauseabondo. Accorgendosene Mark ha aggiunto:
“Già inizia a fare quello che vuole”.
Tutti ci siamo messi a ridere, poi Benji si è alzato dicendomi: “Vado a chiamare Mrs. Bright”.
Stavo per ringraziarlo quando Ed ha esclamato:
“Come? Non vuoi cambiare il primo pannolino di tuo figlio?”
“Dovrei?” chiedo sorpresa.
“Beh, per nove mesi non hai fatto che ripetere che non farai come tua madre e che sarai presente nella vita di tuo figlio…”
“Sì vabbè, dai, Ed. Mi riferivo a cose più… profonde, ecco” mi giustifico. “E comunque a me e a Benji lo ha sempre cambiato lei e siamo venuti su b-e-n-i-s-s-i-m-o”.
Mio fratello ha annuito.
“Lasciala stare… se non è capace…” ha buttato là Mark.
Stavo per partire con un ultrasonico “NON È VERO CHE NON SONO CAPACE” ma uno sguardo d’intesa accompagnato da un sorrisino sotto i baffi fra i due ex giocatori della Toho mi ha fatto sentire puzza di bruciato. Così ho fatto un profondo respiro e ho detto piatta. “Non siamo più a scuola, carini. Sono finiti i tempi in cui, facendo leva sulla mia ‘parte Price’ riuscivate a farmi fare quello che volevate. E poi, mio caro Warner, è anche figlio tuo, se ci tieni tanto…”
“Io, veramente…”
“Mi avete proprio rotto” ha sbottato infine Mark. Con un gesto rapido quanto incredibilmente preciso e delicato mi prende Edwin di braccio , lo appoggia sul fasciatoio e, con pochi gesti esperti, toglie-lava-improfuma-rimette e me lo riconsegna profumato, gorgogliante e felice. Poi, sotto i nostri sguardi allibiti si rimette seduto e a braccia conserte e borbotta “Se vuoi una cosa fatta bene, mai affidarsi a un portiere. Non puoi mai sapere dove andrà a… parare”.
   
 
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