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Autore: MiaBlack    17/06/2014    5 recensioni
Vi mancavo? U.U
Qualcono torna dal passato di Felicity (sono fissata col suo passato). chi sarà? e cosa vorrà?
tratto dal testo 1 capitolo "-Stai bene? – mi chiede sospettoso Oliver, adoro quando è così apprensivo nei miei confronti.
-Certo che sto bene.. Non si vede? Perfettamente! – l’ultima parola mi esce più acuta del resto della frase, sembro strafatta. " ormai lo sapete che con i riassunti faccio pena!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Felicity Smoak, John Diggle, Nuovo personaggio, Oliver Queen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 5

***

Altra giornata di lavoro, oggi non sono arrivata tardi per fortuna, Isabel mi guarda con odio, ma ormai non ci faccio più caso, non so cosa si siano detti lei e Oliver ieri, ma qualunque cosa sia mi va bene visto che io vengo lasciata stare.
Mi guardo attorno non c’è nessuno, Oliver e la strega sono chiusi in ufficio a discutere di non so cosa, Dig è in ufficio con loro, non c’è nessuno a portata di orecchio e quindi ne approfitto, devo chiamare mia madre. Compongo il numero e attendo che qualcuno mi risponda.
“Clinica Marsers buon giorno…” mi rispondono.
-Buongiorno, sono Felicity Smoak… -
“Signorina Smoak, buongiorno…” ecco, ora c’è la solita trafila di convenevoli che volevo evitare, ho fretta, qualcuno potrebbe sbucare da un momento all’altro e non voglio che ascoltino, la mia conversazione.
-Dottoressa, avrei bisogno di parlare con mia madre è possibile?- dico di getto interrompendola, mia madre è malata, è schizofrenica. Non so quando sono apparsi i primi sintomi, ero troppo piccola, ma ripensandoci forse sono comparsi con l’abbandono di mio padre, passava intere giornate a letto e molte volte si dimenticava le cose più semplici come venirmi a prendere a scuola o altre cose del genere, inizialmente pensavo fosse depressione, che stesse male per via di mio padre, ma ora, dopo quello che lui mi ha detto, non sono più così sicura, forse era già malata allora e io non lo sapevo.
“Non so, non sta molto bene…” lo sapevo la mia solita fortuna.
-Vorrei provarci lo stesso se non le dispiace.- alla fine riesco a convincere la dottoressa a lasciarmi parlare con mia madre, spero che sia in un momento si.
-Mamma? Sono Felicity, come stai? –
“Oh, bambina mia… Quanto mi manchi.” per fortuna è una giornata si, mi ha riconosciuto. Cerco di parlare del più e del meno per un po’ le chiedo come sta e tutte le altre cose, non voglio sconvolgerla più del dovuto.
-Mamma ascoltami, ieri ho incontrato una persona… - inizio esitante, la sento distante un po’ disorientata, devo sbrigarmi.
“Che persona? Ti ha fatto del male?”
-No mamma, almeno non ora. Ho incontrato papà. – ammetto.
“Cosa? Dove? Non ti fidare di lui è il diavolo! Ci ha abbandonate! Demonio!”
-Ascolta, mamma, lui mi ha detto che voleva che tu ti facessi aiutare, che eri malata.. è vero? Vi siete lasciati per questo?- ti prego mamma di, di si. Dimmi che non mi ha mentito.
-Ti prego, se è così non mi arrabbierò, ma dimmi la verità!-
“Demonio… è il demonio! Satana, brucerà all’inferno con Satana!” ecco è partita, lo so che non è carino da dire, ma è così, mia madre ha un delirio religioso, il che è strano visto che nella sua vita non è mai stata una persona religiosa.
-Ti prego concentrati. Sono io Felicity.-
“Non credergli… Satana è il più abile dei bugiardi. Ti inganna per ottenere qualcosa… Satana.” Alla fine la dottoressa le toglie il telefono non è stata una telefonata molto produttiva.
“Signorina Smoak?”
-Sono qui, mi dispiace averla fatta agitare…- sospiro frustrata, non ho ottenuto nulla.
“Non si preoccupi. Mi dispiace che non sia riuscita a ottenere le risposte che voleva…” Oliver esce dall’ufficio con Dig, stanno parlottando e puntano dritto verso me. Dannazione.
-Non si preoccupi, senta ora devo tornare a lavoro. Mi scusi ancora. Arrivederci.- chiudo appena in tempo, Oliver e Dig si fermano davanti a me.
-Felicity, ci prenoti un tavolo al ristorante? – annuisco, Oliver, Isabel e il nuovo potenziale investitore tutti a pranzo fuori, guardo l’orologio speriamo di trovare un tavolo, anche se a Oliver Queen nessuno dice di no.
-Lo faccio subito.- sto per prendere il telefono quando questo squilla.
-Si? –
“Ciao Felicity!” la vocina allegra al telefono mi fa sorridere, è la ragazza giù alla reception.
-Dimmi tutto?-
“Occupata con il grande capo?”
-Eh già, è successo qualcosa?-
“C’è una persona che ti cerca…”
-Moro, occhi azzurri?- chiedo, che domanda stupida ovvio che è lui, è quasi l’ora della mia pausa pranzo quindi deve essere per forza lui.
“Sei veggente? Comunque si, devo farlo salire?” Dio mi scampi da questa ipotesi.
-No! Digli che arrivo tra poco. Grazie.- ci manca solo che mio padre salga e si incontri con Oliver poi non sarei veramente capace di tenere tutto questo segreto.
-Ci sono problemi? – mi domanda Oliver, il suo sguardo ha il potere di leggermi dentro.
-Nessuno. Ora chiamo.-
Dieci minuti dopo, ho prenotato e mi affaccio in ufficio e comunico loro l’orario e il nome del ristorante. Faccio segno ad Oliver che vado a pranzo e scappo prima che lui mi possa fermare, non voglio far incontrare i due.
All’ingresso saluto Leila la ragazza che mi ha chiamato per avvertirmi dell’arrivo di mio padre, quella mi sorride in risposta e mi indica la direzione dove si trova il mio appuntamento.
Lo vedo confabulare al telefono, non mi sembra una conversazione molto tranquilla, come mi vede inizia a parlare a raffica e chiude rapidamente. Mi sorride è a disagio chissà con chi stava parlando.
-Eccomi scusa, una cosa urgente. –
-Ma ora sei tutta mia no? –
-Si! Allora andiamo. – mi passa un braccio attorno alla vita e mi accompagna verso la porta, mentre esco sento nel corridoio la voce di Isabel. Il gruppetto è appena sceso, mi volto e incrocio lo sguardo di Oliver che guarda nella mia direzione, mi volto e accelero il passo uscendo dall’edificio.

Il pranzo è stato piacevole, niente di sofisticato come ieri sera, un semplice hamburger in un ristorante vicino all’ufficio. Ho parlato più che altro io e di quello che ho fatto da quando lui se ne andato, la vita con la mamma, la scuola, l’ammissione al Mit, e poi il mio lavoro, sembrava molto interessato al mio lavoro, mi ha chiesto del mio capo, spero di essere stata abbastanza brava da nascondere la mia cotta mostruosa per Oliver. Al contrario lui non mi ha detto niente della sua vita, ma non importa ci saranno altre occasioni, voleva vedermi anche stasera, ma stasera devo lavorare con Oliver a quei video, non so cosa si aspetti di trovare, ma oggi proprio non posso non andare alla fonderia.
Sono tornata in ufficio e mi fermo accigliata, sulla mia scrivania ci sono delle rose rosse. Sono più che convinta che non c’erano prima quando sono andata a pranzo, come sono arrivate?
-Ehy, a quanto pare hai un ammiratore segreto. – Dig compare da qualche parte alle mie spalle, non è divertente, chi mi potrebbe mai mandare delle rose rosse? Guardo Diggle lui è divertito per non so bene quale ragione.
-Di chi stai parlando? – gli chiedo avvicinandomi alla mia scrivania e deponendo tutta la mia roba.
-Dell’uomo con cui ti abbiamo visto uscire abbracciata. – mi fermo e lo guardo, abbiamo, plurale, lui e chi? Mi volto verso Oliver che è seduto nel suo ufficio e mi guarda attentamente, poi sposta lo sguardo su qualcosa accanto a me, i fiori.
-E quindi?- chiedo indifferente, almeno cerco di essere indifferente, tra i fiori c’è una busta con un biglietto, la prendo curiosa di vedere cosa ci sia scritto.

Un piccolo pensiero, per farti capire quanto io tenga a te.
Un bacione
Tuo padre

Come ho fatto a non pensare a lui, ieri la collana, oggi le rose, se questo è la sua tattica perché io lo perdoni si sbaglia, ancora non mi fido di lui, c’è qualcosa che mi impedisce di credergli veramente. Mi siedo giocherellando con il pezzetto di carta. Un uomo che compra l’affetto di una persona con i regali non è un uomo, sono i gesti che lo rendono tale.
-Allora è lui? – insiste Dig, passo il dito sul vaso, accarezzo la superficie liscia e fredda della porcellana. Non mi piacciono, mi irritano, non li voglio sulla mia scrivania, tenerli qui sarebbe come se io l’avessi realmente perdonato e ancora non sono convinta. Il cellulare squilla è lui, sicuramente vorrà sapere se sono arrivati e se mi piacciono.
-Pronto. –
“Ti piacciono?” prevedibile, che dovrei dirgli, i fiori sono bellissimi, peccato che sia il significato ad essere sbagliato. Io non provo nulla per lui.
-Sono belli. Grazie.- atona, la mia voce è atona anche alle mie stesse orecchie, se mi fosse morto il gatto sarei più allegra di così.
“Sono contento. Sto cercando di farmi perdonare…” perdonare che parola strana e piena di significati, per chiedere perdono prima di tutto si dovrebbe chiedere scusa e lui non l’ha mai fatto, dovrebbe sforzarsi di creare qualcosa senza comprarmi, non ho otto anni, non ho bisogno di regali..
-Sono veramente belli.-  Le mie dita scivolano sul vaso è un attimo, il vaso ondeggia pericolosamente e sbilanciato dal peso dei fiori si rovescia all’indietro, non l’ho fatto di proposito, non era mia intenzione far cadere il vaso, ma anche se vedo tutta la scena al rallentatore non faccio nulla per fermarlo. Il vaso scivola dal tavolo e cade dentro al cestino che è accanto alla mia scrivania, beh senza volerlo hanno fatto la fine che dovevano. Strappo il biglietto e lascio che anche lui vada a fare compagnia ai fiori.
-Ora devo lavorare. Ci sentiamo. – voglio chiudere questa maledetta conversazione.
“Stasera non puoi proprio?” tenta di nuovo, non ho voglia di vederlo credo che per due soli giorni sia satura della sua presenza.
-Stasera devo lavorare. Buona giornata – alzo gli occhi dal cestino dove i fiori fanno capolino e guardo Dig che mi guarda sorpreso dal mio gesto, anche Oliver mi sta guadando e non capisce il mio comportamento. Chiudo la chiamata e accendo il mio pc pronta ad un pomeriggio di lavoro.

***
Mi sono trattenuta a lavoro un po’ più del solito, giusto per completare le ultime cose prima del fine settimana, così lunedì quella strega non avrà niente da urlarmi contro.
Arrivo al covo e ancora non c’è nessuno, buono posso lavorare tranquillamente su quei video senza avere il fiato di Oliver sul mio collo. Il fiato di Oliver sul mio collo? Non sarebbe male se fosse in un altro tipo di situazione. Dio. Devo trovarmi un uomo altrimenti finirò veramente per fare qualche cazzata.
-Felicity… - ecco come non detto.
-Ehy! – saluto senza voltarmi.
-Che ci fai già qui? – indico lo schermo senza smettere di lavorare.
-Hai trovato qualcosa. –
-Non ancora. – mentre parliamo mi si è avvicinato e si è posizionato dietro di me sento il suo respiro caldo contro il mio collo e questo mi provoca dei brividi lungo la colonna vertebrale, rabbrividisco e lui se ne accorge.
-Hai freddo? – mi chiede. No stupido essere con un cromosama Y! Sono solo sessualmente frustrata dal mio capo sexy che non mi considera, mentre io vorrei usare questa scrivania come base per del sesso sfrenato. Ovviamente niente di tutto questo esce dalla mia bocca.
-No, sto bene. – lo sento muoversi dietro di me, ma non mi volto, se mi giro noterà che ho le guancie rosse, tutta colpa dei miei pensieri, devo realmente trovarmi un ragazzo. Presa dai miei deliri non mi rendo conto che Oliver si è tolto il giubbotto di pelle e me lo ha appoggiato sulle spalle.
-Oliver. – ma si è già allontanato e si sta togliendo la maglia per iniziare i suoi allenamenti, sono momenti come questi che mandano all’aria tutti i miei buoni propositi di non fantasticare su di lui. Per momenti non intendo il fatto che si sia tolto la maglia, intendo il gesto di darmi il suo giubbotto, sia chiaro, ma comunque anche vederlo senza maglia non aiuta, no decisamente no, un giorno su quegli addominali spalmerò della nutella… Tre. Due. Uno. Ho un lavoro che mi aspetta, allora dicevo, computer. Si computer vediamo.
Arriva anche Diggle, il quale cerca di convincermi a riprendere gli allenamenti di autodifesa, ma non ci penso neanche, a salvarmi arriva il mio cellulare.
-Salvata! – esclama mentre prendo il telefono, non controllo nemmeno chi è visto che sto facendo la linguaccia a John ridacchiando.
“Signorina Smoak.” Il sorriso mi si congela sul volto, questa è la voce della dottoressa della clinica dove è mia madre.
-Si? È successo qualcosa? – mi volto per controllare l’orologio, sono le nove di sera, non è mai successo che mi chiamassero a quest’ora, okay è successo una sola volta, mia madre in un momento veramente no aveva tentato di scappare e si era fatta male in modo serio, quindi capirete se sto praticamente tremando per questa telefonata.
“No, stia tranquilla, è tutto a posto, sua madre sta bene.”
-Meno male. – sospiro di sollievo e torno ad appoggiarmi alla sedia più rilassata.
“La chiamo perché dopo la sua telefonata sua madre ha continuato a parlare, inizialmente non sembrava niente di diverso dal solito, ma la cosa mi ha incuriosita, così ho provato a parlarle.” Ha provato a parlarle? Quindi si doveva essere calma, questa cosa mi sta incuriosendo.
-E cosa le ha detto? – ascolto attentamente il racconto della dottoressa, mentre gioco con la sedia girando su me stessa, è una cosa infantile, ma mi aiuta a pensare.
“Ripeteva che satana era vicino a lei, che doveva stare attenta. Che era in pericolo…” Satana vicino a me? Okay che lavorando per Arrow di gente che sembra il diavolo ne vedo tanta, ma lei come fa a saperlo?
“Poi diceva che sicuramente voleva qualcosa da lei, che aveva già provato a usarla, ma che l’avevano protetta.” Okay, mi sono ufficialmente persa in questo discorso, io non sarà una dottoressa, ma se una persona mi fa questo discorso io aumenterei i farmaci.
-Ma questo non ha senso, voglio dire è collegato a…-
“Nel suo delirio era molto lucida, per questo mi sono permessa di chiamarla. Continuava a ripetere che l’aveva provato a portarla via da lei, che l’aveva venduta. So che tutto questo non ha senso, ma era diverso dai soliti deliri causati dalla schizofrenia,  rispondeva alle domande in modo coerente.”
-Quindi secondo lei quello che diceva deve avere senso, voglio dire non è inventato. –
“Ha parlato di diari e di lettere. Diceva che la verità stava tutta li.” Diari? Lettere? Satana? Usarmi? Ma che accidenti, io un filo logico in tutto questo non ce lo vedo.
“la sua telefonata l’ha molto scossa è stata tutto il giorno in pensiero per lei. Beh mi dispiace averla disturbata, ma credevo che potesse aiutarla.”
-La ringrazio molto per avermi chiamata, ora come ora, non saprei, non riesco a capire cosa intenda, ma ci penserò e vedrò se riesco a decifrare quello che ha detto.- in fondo è di questo che si tratta, decifrare il suo modo di parlare. Ci salutiamo e chiudo la chiamata. Due paia di occhi mi fissano curiosi, alle loro orecchie deve essere suonata strana questa conversazione, ma non mi interessa.
-Problemi? – mi chiede Oliver appeso come un pipistrello a una delle travi del soffitto, ogni volta che lo vedo la su mi chiedo come accidenti abbia fatto ad arrivarci e soprattutto come fa a scendere senza rompersi l’osso del collo, però da questa posizione ho una panoramica del suo fondoschiena e vi assicuro che è un panorama niente male.
-No nessuno. Torna pure ad allenarti tranquillamente! –
-Ciao a tutti! – Roy entra nel covo e ci saluta allegramente è un pezzetto che non passa da queste parti Thea lo ha tenuto occupato con il club, a quanto pare mentre la fidanzata è a sostenere la madre in uno dei suoi comizi lui ne ha approfittato per venire ad allenarsi un po’.

Qui tutti si allenano, mentre io aspetto che il computer finisca di sistemare il video mi sono messa a scrivere sul mio diario, è un piccolo vizio che ho da quando sono piccola e ancora non ho perso, anche perché vista la malattia che ha mia madre c’è la possibilità che io perda i miei ricordi.
-Non ho mai capito una cosa di voi donne. – esclama Roy guardandomi, smetto di scrivere e lo guardo curiosa.
-Cosa?-
-La vostra mania di tenere un diario, perché tenete un diario? – mi chiede credo che sia una domanda che si fanno tutti gli uomini.
-Per non dimenticare… - questa risposta mi riporta alla mente qualcosa, mi suonano famigliari, infine eccoli i ricordi:

ho si e no dieci anni e sono appena tornata da scuola, la casa è buia, tutte le finestre sono chiuse e le tende sono tirate per non far entrare la luce.
-Mamma? – la cerco in cucina e in salotto, ma di lei non c’è traccia, sbuffo e punto verso la sua camera da letto e la trovo è stesa sotto le coperte con il diario appoggiato sul materasso e la penna in mano, sta scrivendo il suo diario.
-Mamma! Perché è tutto chiuso? È primavera fuori c’è il sole, fai entrare un po’ d’aria! – salto sul letto sorridendole, è pallida, non sembra star bene, da quando papà ci ha lasciato sta quasi sempre a letto a scrivere.
-Amore, che ci fai qua?-
-Ti sei dimenticata di venirmi a prendere. – le spigo sbuffando, non è la prima volta che succede, e proprio per questo ho il permesso di tornare a casa da sola.
-Mi dispiace tesoro, vieni qua.-
-Dovresti alzarti, il medico dice che dovresti uscire, andiamo a fare una passeggiata.-
-Non ora amore, devo finire di scrivere una cosa… - la guardo mentre la penna torna verso la pagina e inizia a tracciare parole che non riesco a vedere, non ho mai letto i suoi diari, mi piace rispettare la privaci.
-Mamma, perché tieni un diario? – questo suo vizio non l’ho mai capito, non vedo perché scrivere quello che mi accade, lo posso ricordare.
-Perché non dimenticare… dopo un po’ i ricordi spariscono, i dettagli si perdono e non ricordi più le cose con chiarezza, mentre se le scrivi, quando poi andrai a leggerle ricorderai tutti i dettagli. –
-Mamma, non ricordi?-
-Certo che ricordo, ma se ti chiedessi cosa hai fatto questo giorno due anni fa, tu lo ricordi? – ci penso su, no decisamente non ricordo, due anni fa è tanto tempo come faccio a ricordare così lontano. Scuoto la testa.
-Tieni un diario sempre, ti sarà molto utile. –


Quel pomeriggio uscimmo e io comprai il mio primo diario, da allora lo tengo regolarmente, alcuni giorni sono più vuoti, altri sono ricchi di dettagli, ma ogni giorno scrivo qualcosa, per ricordare quello che ho fatto e cosa mi è successo.
-…Dimenticare cosa?-  è sempre Roy che mi parla, ma la mia mente è partita ancora una volta seguendo il suo fiume di pensieri.
-..Diari, lettere…Ma certo! – come ho fatto a non pensarci, tutti i diari di mia madre e le lettere. Quando è andata in clinica mi ha chiesto di tenere i suoi diari e altra roba, mi ha pregato di non buttare via niente e io l’ho accontentata, era una scatola, un po’ ingombrante ma decisamente piccola per contenere la vita di una persona. Mi alzo e punto dritta verso Roy.
-Sei un genio! Grazie! – gli do un bacio sulla fronte, prima di tornare indietro alla mia postazione e afferrare le chiavi di casa e della macchina.
-Felicity? –
-Devo fare una cosa, ci vediamo dopo… Forse. Qui va da solo, quando si ferma è pronto. Dove diavolo ho infilato le chiavi? – cerco in borsa senza successo, anche le tasche del giubbotto sono vuote.
-Eccole! – le trovo sul tavolo e le prendo insieme al cellulare e poi scappo via, come ho fatto a non pensarci subito, mia madre scriveva tutto, da qualche parte in quei diari ci deve essere anche quello che è successo con mio padre.
-Aspetta, che succede? – Oliver mi ferma sulle scale preoccupato dal mio comportamento, quando avrò sistemato tutto forse sarà il caso che gli racconti tutto altrimenti penserà veramente che sto impazzendo.
-Ti vieto di dire niente! – mi guarda male, e io mi fermo con la bocca mezza aperta, cavolo stavo proprio per dire niente, uffy.
-Devo andare a casa, te lo spiego dopo. Scusa. – mi libero dalla sua presa e scappo verso il mio appartamento a tutta velocità.
Sono andata via dal covo così di fretta che non ho presso nemmeno il giubbotto e la borsa, ormai li recupererò dopo o domani.

Continua...

eccomi qua!
che dite si sta facendo un po' più interessante la situazione?
^.^ un  bacione a presto...
Solo due recensioni? ç.ç come mai???
va beh un baciooo a martedì
Mia
   
 
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