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Autore: nisa95_    17/06/2014    1 recensioni
Artemisia Illian è una ragazza forte cresciuta con sua sorella Lyla fra le strade della sua città. La scuola sta per finire e presto dovrà decidere cosa fare del suo futuro; ovviamente il ragazzo freddo e distaccato dai capelli fiammeggianti Rush Pendragon non che suo peggior nemico e ricco di famiglia, sarà costretto da un prof molto bizzarro a lavorare con lei ad un progetto scolastico... I due conoscendosi meglio capiranno che in fondo, non sono poi così diversi...
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Cinque anni dopo: “Pronto qui parla la disadattata orfana di genitori e moglie di un uomo problematico, abusato da piccolo…” Sentii attraverso il cellulare, la sua risata come miele fuso sulla pelle: “Eddai amore non avercela con me, è tutta colpa del mio capo che mi tiene in ostaggio a lavoro…” Roteai gli occhi seccata, borbottando: “Sei tu il capo Rush! Dio… Sto pensando di lasciarti…” Stentavo a trattenere un sorriso, mentre lui mi rispondeva: “Sai eri quasi convincente angelo, questa sarà la millesima volta che me lo dici dopo quel fantastico Ti amo da parte tua…” Che colpo basso brutto ragazzino viziato. Sorrisi diabolica: “Già… Quasi quanto il giorno in cui nacque Scarlett e tu scoppiasti a piangere come un bambino” Lo udii ridere ancora, dicendo: “Così giochi sporco Arte, dove sei che ti vengo a prendere?” Sorrisi raggiante, dicendogli: “Al liceo, ti dice nulla a te? Volevo andare a trovare la nostra cara e vecchia vicepreside” Sapevo che stava sorridendo maliziosamente, infatti la sua risposta traboccava di divertimento: “Oh sì mia bella mostriciattola… Ci vediamo tra poco” Appena chiusi la chiamata, scorsi quella marmotta paffutella della signora Strange che cercava di caricare il bagagliaio che rischiava di esplodere da un momento all’altro… “Buongiorno vicepreside, come sta? Sono cinque anni che non ci vediamo…” La prof Strange sembrò non riconoscermi ed io le feci un caloroso sorriso, togliendomi le lenti scure: “Artemisia prof, come sta?” La vicepreside si sistemò meglio gli occhiali, urlando felice: “Oh cara ciao, guarda come sei bella! Sembri una giovane donna in carriera. Io vado avanti ringraziando il cielo e tu che hai fatto di bello per tutto questo tempo?” Con la mano, spostai la frangia corta all’indietro, mi ero tagliata i capelli di recente; il nuovo taglio era analogo a quello della prima superiore e sorrisi nel ricordare la faccia di Rush quando mi aveva vista: “Bene bene vicepreside, insegno ad una scuola di ballo per bambini traumatizzati che mio marito sponsorizza. Sono vestita così elegantemente, perché ho il pranzo di lavoro per l’incontro genitori insegnanti…” Indossavo una camicetta verde acqua, con una gonna a vita alta e stretta color turchese, abbinata a dei tacchi alti e neri. Una delle poche volte che indossavo roba griffata del genere. La prof Strange mi osservò con aria sognante: “Congratulazioni mia cara! Con chi ti sei maritata?” In quell’esatto momento un grosso e lucido Pic up nero, accosto vicino a noi e un giovane uomo scese dall’abitacolo. E che uomo. I suo occhi perlacei screziati d’argento, erano nascosti dai soliti Rai Ban, ma la pelle color panna valorizzata dalle poche lentiggini, richiamavano l’attenzione sui suoi rossi capelli che il vento sollevò. Aveva un taglio scalato all’altezza poco più sotto delle orecchie, che lasciava scoperti i lineamenti d’angelo del viso e i numerosi pircing che fortunatamente non si era tolto. Vestito con una giacca gessata blu scuro e sotto una camicia candida come i suoi denti, senza cravatta e un paio di jeans scoloriti, nuovi di zecca. Il mio dio greco. La vicepreside appena scorse Rush, divenne pallida come la morte. Osservando prima me e poi lui attentamente… Stavo per buttarmi a terra dal ridere. Nessuno sapeva che eravamo sposati se non pochi compagni di classe… Cominciò a balbettare come un ossesso: “Lo giuro! S-Se vi mettete a litigare… A… A mazzate, chiamerò la polizia!” Mio marito si tolse gli occhiali da sole con fare teatrale, mostrando il suo sguardo mozzafiato e dicendo pacato: “Anche per me è un piacere rivederla…” Dopo spostò i suoi occhi su di me, ritornando quell’odioso ragazzino di dieci anni fa, sorridendo malvagio: “Ciao mostriciattola, non sentirti superiore solo perché per una volta nella vita indossi roba firmata…” L’ ho ammetto, avrei voluto prenderlo a pugni… Feci una smorfia di disgusto: “Ciao anche a te Pendragon, dove hai lasciato Joel?” La prof Strange, urlò: “Basta! Sono stufa di sentirvi, dopo cinque anni fate ancora così…” Con tono sincero, aggiunsi: “Ci siamo sposati prof, lui e mio marito” Stavamo passeggiando tranquillamente prima del pranzo lavorativo, non riuscivamo a smettere di ridere: “Hai visto la faccia della vicepreside?! Per poco non sveniva sul ciglio della strada…” Rush mi prese a braccetto, borbottando un po’ stufo: “Perché è così difficile da credere che siamo marito e moglie?!” Me lo strinsi più vicino a me, cercando di non cadere su quei trampoli: “Ehm… Forse perché per quasi cinque anni ci siamo presi a mazzate senza mai concludere nulla…” Lui alzò un sopracciglio, fissandomi vagamente pensieroso: “Cos’è cambiato?” Corrucciai le sopracciglia, domandandogli confusa: “Non riesco a seguirti, in che senso?” Lui si fermò continuando ad osservarmi: “A me quei giorni di dieci anni fa, otto anni fa, sembrano solo un brutto sogno. Non ricordo nemmeno perché ti odiassi tanto… Mi sento uno stupido…” L’ho abbracciai stretto stretto al mio corpo, sussurrandogli all’orecchio: “Oh amore, che importanza può avere ora? Semplicemente è passato e quei momenti non torneranno più… E devo dire che un po’ mi mancano sai…” Rush mi prese il volto tra le mani, depositando un casto bacio sulle labbra, bisbigliandomi: “Arte prima di conoscerti meglio, il mio cuore aveva un taglio profondo che nessuno riusciva a cicatrizzare, poi sei arrivata tu ed ora non solo non ho più incubi ma mi hai donato una splendida bimba e sei riuscita a rendermi veramente felice; tu sei indelebile ora. Come una cicatrice sulla pelle…”
  
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