Fanfic su artisti musicali > One Direction
Ricorda la storia  |      
Autore: quindiciprimavere    17/06/2014    3 recensioni
Salvare è un verbo utopico.
Aggiustare invece, è uno di quei verbi concreti.
E Louis ed Harry lo sanno di doversi aggiustare, perché due anime usurate non ne fanno una sana, e perché amarsi a volte significa dover lasciare andare, per rimediare e rimediarsi.
Tratto dal testo: '' ''Mi manchi.'' Lo sussurrava di notte, alla parte opposta del letto, sfiorando piano il lenzuolo con le dita e facendo apparire un sorriso appena accennato deformato dall'amarezza.
Poi chiudeva gli occhi e inspirava ed espirava finché la voragine al petto iniziava a far meno male, fin quando gli passava.
Il problema era che non passava mai veramente.''
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Already home.


You're too mean, I don't like you, fuck you anyway
You make me wanna scream at the top of my lungs
It hurts but I wont fight you
You suck anyway
                          
The neighbourhood - Afraid.



Louis Tomlinson è una macedonia, una di quelle che all'apparenza ti viene da prendere l'intera scodella e mangiarla tutta, una di quelle che poi dato il primo assaggio ti accorgi che non è propriamente come te l'aspettavi.
Louis Tomlinson è una macedonia andata a male, seppur ancora invitante è ormai da gettare, ed Harry Styles l'ha capito tardi, l'ha capito solo quando nella scodella non è rimasto più niente, perché troppo ingordo ha divorato tutto senza pensare alle conseguenze.
E Louis ha nociuto alla salute di Harry, e lo capisce solo adesso mentre l'altro afferra le valigie riempite solo a metà per fuggire via, sperando di guarirci da quella intossicazione.
Non dice niente, non prova neanche a fermarlo perché lui sa che sarebbe inutile, lo ha capito parecchi mesi prima.
Louis ha capito che sarebbe stato inutile provare a fermarlo se avesse deciso di andar via quando Harry dopo l'ennesima sbronza dell'altro non è andato a tirarlo fuori dalla merda, lasciandolo solo.
Louis ha capito che sarebbe stato inutile provare a fermarlo se avesse deciso di andar via quando Harry dopo averlo visto rincasare fatto fino all'indicibile e con addosso profumo e sapore di un altro non ha detto nulla, chiudendosi in quella che un tempo era stata la loro stanza e chiudendo al contempo quello che era stato il suo amore fuori dalla sua vita.
Louis ha capito che sarebbe stato inutile provare a fermarlo se avesse deciso di andar via quando Harry ha smesso di occupare la metà del loro letto, quando anche sapendo della costante insonnia ed ansia dell'altro ha smesso di preparargli il thé in piena notte e stringerlo tra le braccia sussurrandogli parole rassicuranti solo per farlo calmare, quando ha smesso di guardarlo con quello sguardo; come se fosse l'essere più puro e bello nell'intero universo.
Louis lo ha capito da innumerevoli cose, e più il distacco cresceva più lui non faceva niente, semplicemente perché era meglio così. Restava fermo, immobile, ed osservava come quello che per mesi interi era stata la
fonte di vita a cui attingeva prosciugarsi davanti ai suoi occhi.
Perché era questo quello che lui aveva fatto ad Harry, lo aveva prosciugato, togliendogli tutto ciò che di più bello e prezioso aveva: la spensieratezza, l'amore, la fiducia, la speranza.
Ed ora di quell'angelo dalle guance sempre rosse e gli occhi smeraldini non restava nient'altro che un corpo vuoto, sprecato, danneggiato.
Non dice niente nemmeno adesso che l'altro ha deciso di non dargli più le spalle, concedendogli uno sguardo; uno di quelli vuoti, in cui dentro puoi leggerci solo l'apatia assoluta. Nei suoi occhi non c'é amore né ammirazione, nei suoi occhi ormai non c'è più niente.
E Louis vorrebbe tanto scuoterlo per le braccia, vorrebbe urlargli di non guardarlo in quel modo perché quello è il modo in cui tutti lo hanno guardato per tutta la vita, vorrebbe urlargli anche che non c'è bisogno di fare così, di scappare, che un modo per ricominciare può trovarlo. Vorrebbe dirgli che sa di non poter salvare né lui, né se stesso, né il loro amore ma solo perché salvare è un verbo utopico, ma che se l'altro vorrebbe potrebbe aggiustare le cose, potrebbe sul serio provarci.
Louis vorrebbe anche strappargli le valigie dalle mani e svuotarle per la camera, rimettere tutto al loro posto. I vestiti, il caricabatterie, lo spazzolino, le emozioni, il cuore, loro.
Vorrebbe baciarlo, sentire il rifiuto nella bocca dell'altro e farlo sparire, vorrebbe stringerlo avvertendo la distanza nelle braccia dell'altro e farla annullare.
Eppure Louis non fa niente di tutto ciò che vorrebbe fare.
Non fa niente quando Harry silenzioso, com'era quando è entrato nella sua vita, ne esce.
Lo lascia semplicemente andare, liberandolo, sperando che l'intossicazione non gli abbia poi fatto tanto male, sperando che possa guarire dall'apatia in cui è caduto, che le sue guance possano tornare ad imporporarsi ed il suo sorriso ad espandersi lasciando senza fiato chiunque e scaturendo l'invidia di Venere.
Louis sa che adesso dalle sbronze dovrà tirarsi fuori da solo, che adesso potrà vendere il suo corpo a chiunque perché ormai non appartiene più a nessuno, che ora l'altra metà del suo letto sarà ogni sera vuota e fredda senza il suo corpo ad occuparne lo spazio, che adesso l'insonnia e l'ansia torneranno a divorarlo nelle notti senza fine senza le sue braccia e la sua voce a distrarlo, che nessun paio di occhi si soffermeranno più su di lui in quella maniera.
E Louis ci pensa a quanto schifo farà tutto d'ora in poi, ci pensa mentre si siede sul letto e inala quello che un tempo era stato il loro profumo, quello dei loro odori mischiati.
E Louis sa che non dovrebbe, ma una lacrima se la fa scappare, anche due. Quando arriva a cinque smette di contare. E se ne sta nel suo angolo, a leccarsi le ferite pur sapendo che non guariranno mai, e sperando profondamente che non lo facciano perché sono i segni del suo passaggio, l'unica testimonianza che lui lo ha amato; lo ha amato così tanto da distruggersi e distruggerlo.
Perché è questo che succede quando l'amore è troppo, scoppia, distruggendo ogni cosa. Perché l'amore è una cosa grande e non può essere contenuta.
E Louis ci pensa a come quell'amore troppo grande gli abbia in parte purificato l'anima sporca che si ritrova, e di come di conseguenza abbia imbrattato quella dell'altro.
Ed adesso di quell'amore non rimane niente se non cocci di cuore sparsi ovunque, fotografie strappate giacenti nel cestino vicino alla scrivania, qualche video conservato nei meandri della cantina, piccoli regali come la collanina a mezzo cuore ancora legata al collo o come il portachiavi rosso risalente al San Valentino di qualche anno prima.




‘Cause I’m shouting your name all over town
I’m swearing if I go there now
I can change his mind, turn it all around
And I know that I’m drunk but I’ll say the words
And he’ll listen this time
Even though they’re slurred
So I, dialed his number and confessed to him
I’m still in love
But all I heard was nothing

Nothing - The script.

E' incredibile notare come i dettagli riportino a galla tutto. Louis ha pensato questa frase per due intere settimane, sorprendendosi ogni volta di quanto male potesse fare far riemergere certe cose.
Succedeva per caso, ad esempio quando entrava al supermercato e senza pensarci acquistava i suoi biscotti preferiti, oppure quando il Giovedì sera si ritrovava sdraiato sul divano con in mano una confezione intera di gelato alla vaniglia a guardare la puntata nuova della serie che seguivano assieme, e ne rimaneva sorpreso perché inizialmente detestava quel telefilm, lo aveva iniziato a seguire solo perché lo faceva Harry.
Louis si ritrovava a pensare spesso che era difficile uscire da quella che fino a poco tempo prima era stata una simbiosi.
Pensava che una relazione dovesse finire prima di arrivare a quel punto, dove non sai più dove finisci tu e dove inizia l'altro.
Perché poi le persone si perdono, e loro si erano persi. E non si sarebbero ritrovati, non più.
Louis aveva pensato quello e anche molte altre cose, e aveva pensato anche di doverglielo dire, di dovergli dire che si sarebbero dovuti lasciare prima, che lui lo avrebbe dovuto lasciare prima, perché adesso era troppo tardi e perché adesso lui si era perso, e voleva mandarlo al diavolo, dirgli che era tutta colpa sua.
Così aveva preso il cellulare, aveva fatto il suo numero e poi aveva aspettato una risposta che alla fine non era arrivata.
Ci aveva provato due, cinque, sette volte eppure gli squilli avevano continuato ad andare a vuoto e la segreteria telefonica non aveva smesso di inserirsi.
Alla fine aveva smesso di chiamare.
Allora aveva pensato che se lui fosse stato morto sarebbe stato uguale, con la sola differenza che tutto quel male che continuava ad aleggiare avrebbe avuto un senso.


Come up to meet you, tell you I'm sorry
You don't know
how lovely you are,
I had to find you, tell you I need
tell you I set you apart

The Scientist - Coldplay.


Sessantacinque giorni, ventitré ore e sei minuti a Louis sembravano un'infinità di tempo.
Il tempo. Quel bastardo gli era sempre stato nemico, sin da quando correva alle sei di mattina per non perdere l'autobus e non arrivare in ritardo a scuola.
''E' questione di tempo''  gli diceva sempre suo padre, e lui lo aveva sempre preso in parola.
Anche adesso si rifaceva a quella frase, se lo ripeteva come un mantra ''è questione di tempo'' pensava ''tornerà'' aggiungeva.
''E' questione di tempo, le cose si aggiusteranno.''
''E' questione di tempo, l'insonnia fra poco passa.''
''E' questione di tempo, risponderà alle mie chiamate.''
''E' questione di tempo, quello stupido telefilm finirà la stagione.''
''E' questione di tempo, smetterò di comprare quei dannati biscotti.''
Era questione di tempo eppure per tutte quelle piccole cose il tempo sembrava prolungarsi all'infinito, sembrava che non fosse mai abbastanza.
Così un bel giorno aveva deciso di non sperarci più nel tempo, si era rimboccato le maniche e senza curarsi di apparire minimamente decente era uscito di casa per andare da lui.
E non gliene fregava niente se avesse sussultato vedendolo, se avesse visto quant'era conciato male con la barba incolta e i capelli sfatti e lunghi, con i vestiti più larghi giorno dopo giorno.
Lo doveva prendere così per com'era, rotto e distrutto. E avrebbe dovuto vedere quanto male lo aveva ridotto, e avrebbe dovuto sentirsi in colpa fino ad impazzire.
Pensava questo Louis mentre andava da lui, pensava a questo e a come sarebbe stato bello sentire il cuore tremare di nuovo alla vista di quei ricci e quegli occhi vividi.
Pensava anche alle parole taglienti che avrebbe potuto sibilargli, allo schiaffo che avrebbe potuto stampargli sulle guance candide e al bacio che avrebbe potuto poi dargli per alleviare il dolore.
Lo aveva cercato al lavoro, spiando da fuori attraverso la vetrina, non c'era.
Nel vecchio appartamento, non c'era.
Da quella checca bisbetica di Nick, neanche.
Alla fine, rassegnato, aveva fatto per tornarsene a casa. Poi gli era venuta la brillante idea di passare da sua madre; davanti ad un thé  ed un paio di biscotti gli disse che era partito, che ormai erano tre settimane che non era più a Londra, che il figlio non le aveva detto niente di più di un ''parto, ma non so se torno'', che gli aveva detto solo che andava a scoprire l'America.
E così se ne era andato, senza voltarsi indietro, senza avere ripensamenti, se ne era andato e non ci aveva pensato più.
Ed allora Louis aveva smesso. Aveva smesso tutto, si era ritirato a casa e aveva chiuso le tapparelle, spento le luci e occupato la sua metà del letto. Aveva chiuso gli occhi e sperato che lui non l'avesse mai fatto, che non avesse davvero voltato pagina, che non avesse davvero varcato quella porta per l'ultima volta solo per uscirne, che non se ne fosse davvero andato.
Ma la verità era quella, che non c'era più niente a cui aggrapparsi. Che lui davvero non c'era più, che nessuno glielo avrebbe riportato indietro.
E così Louis si rese conto di aver sbagliato tanto, troppo e si maledì per non essere stato abbastanza forte da tenere duro, per non essersi sforzato di far funzionare le cose, si maledì per essersi ed averlo lasciato andare.
Un tizio una volta aveva detto una frase che recitava tipo:
Un giorno mi perderai come si perdono gli accendini, lasciati distrattamente nelle mani di qualcun altro che ne ha bisogno”, e lui sentiva di aver fatto proprio così. Lo aveva lasciato andare, se distrattamente o intenzionalmente non contava più, il punto è che lo aveva fatto ed adesso voleva disperatamente tornare indietro pur sapendo che indietro non sarebbe potuto tornare.
Si addormentò pensando a quanto sarebbe stato bello riavere quell'accendino tra le mani.


You hit the drinking, take a toll
Watch the past go up in smoke
Fake a smile, yeah, lie and say
I'm better now than ever
And your life's okay
Well it's not

Six Degrees of separation - The Script.

Le settimane successive Louis aveva provato ad uscire dal suo torpore tornando alle stronzate di sempre.
Aveva bevuto fino a sfiorare il coma etilico, fumato come un turco, scopato in dei squallidi bagni di bar e discoteche con persone di cui dopo qualche ora aveva già scordato il viso ed il nome.
Eppure non serviva a niente, più il tempo passava più lui diventava avariato.
Così si ritrovava spesso a piangersi addosso, in momenti qualunque. Sull'autobus, davanti alla cena, sotto la doccia, davanti alla televisione. Non ci faceva più caso, non tentava nemmeno di controllarsi quando succedeva, si abbandonava ai tremiti ed ai singhiozzi perché se li avesse respinti ed ingoiati le crepe che si portava dentro sarebbero divenute sempre più profonde fino a farlo cadere definitivamente a pezzi.
''Mi manchi.''  Lo sussurrava di notte, alla parte opposta del letto, sfiorando piano il lenzuolo con le dita e facendo apparire un sorriso appena accennato deformato dall'amarezza.
Poi chiudeva gli occhi e inspirava ed espirava finché la voragine al petto iniziava a far meno male, fin quando gli passava.
Il problema era che non passava mai veramente.
Se ne rese conto quando iniziò a prendere i pezzi di foto giacenti nel cestino, tentando di riattaccarli per ricostruire almeno una parte di quei ricordi sfumati nel nulla.
Se ne rese conto quando recuperò da sotto il letto il peluche che gli aveva regalato al loro secondo appuntamento e che lui ovviamente aveva lasciato lì. Lo ringraziò mentalmente, perché da quella notte aveva potuto avere qualcos'altro da stringere tra le proprie braccia.
In cuor suo sapeva che prima o poi sarebbe tornato, o perlomeno ci sperava.
Momentaneamente si accontentava di quel peluche e del thé senza zucchero che aveva imparato a prepararsi da solo.


I wanted you to stay
'Cause I needed
I need to hear you say
That I love you, I have loved you all along
And I forgive you, for being away  for far too long
So keep breathing, 'cause I'm not leaving you anymore

Far away - Nickelback.

Harry Styles non è il tipo di persona che cambia improvvisamente abitudini, non lo ha mai fatto e quando è successo non ne è rimasto sorpreso.
Ci sono cose che vanno fatte, come cercare di cambiare vita per non restare sotterrato dai ricordi del passato. Così lui l'ha fatto, ha preso e confinato tutto nella parte meno accessibile del suo cervello, ha fatto le valigie e si è lasciato ogni cosa alle spalle, senza soffermarsi su quanto stupido e affrettato potesse essere quel gesto.
Adesso però ci fa i conti, seduto a terra nel suo nuovo appartamento a New York, mangiando cibo cinese e fissando un punto imprecisato della finestra in salone dove l'acqua continua a scrosciare imperterrita.
Non ha ordinato cibo indiano anche se lo preferisce perché quella era un'altra delle sue vecchie abitudini, una di quelle più frequenti che condivideva con lui.
Mangiavano cibo indiano quattro volte a settimana, seduti sul letto con lo stereo acceso al minimo del volume, raccontandosi la giornata, ridendo, rubandosi baci finché quelli non gli bastavano più e allora gettavano ogni cosa a terra e interrompendo qualsiasi tipo di conversazione stessero intrattenendo fino a poco prima per fare l'amore fino ad addormentarsi attorcigliati tra loro, sazi e sfiniti e felici.
Harry lascia perdere il cibo cercando di non pensarci più, e ormai sono sei mesi che cerca di mettere da parte quei ricordi. E loro puntualmente tornano, nei momenti meno opportuni come durante le sue ore di lavoro come part-time al call center, o durante il tragitto di ritorno dal lavoro a casa sua in autobus, persino durante le nottate di sesso che ogni tanto si concede con Ben, il suo datore di lavoro.
Tornano e lui non sa se esserne felice perché ancora non ha dimenticato o se sentirsi disperato perché scordare sarebbe la svolta che lo farebbe tornare a vivere. Eppure sa che se anche andasse avanti niente sarebbe più come prima, mancherebbe sempre qualcosa, si sentirebbe sempre pieno a metà, felice a metà, completo a metà. Perché lui sa che Louis era il pezzo giusto, l'unico che avrebbe potuto combaciare ed aderire perfettamente con lui. Ma quel pezzo, per quanto giusto fosse, era usurato, mordicchiato ai lati, e lui non era stato capace di aggiustarlo, così aveva finito per danneggiare anche il pezzo che era lui stesso e alla fine non aveva combaciato più niente, il puzzle è parso inutile da continuare.
Adesso è diverso però, Harry la sente la mancanza di quel puzzle, vorrebbe così tanto tornare a costruirlo, vederne la magnificenza una volta concluso.
Così neanche lui ci pensa su più di tanto quando prende il cellulare ed inizia a chiamarlo, ma l'unica risposta che viene data alla sua chiamata è che ''il numero che ha selezionato è inesistente''.



You told me you'd never leave
But do you know
Things have changed so suddenly
And here I am
I am moving on without you
Without you
And now the years have passed us by
And I do not know why
Before you tried
You chose to quit
So where are you tonight
You could make everything right
But instead
You're missing it

You're missing it - Jason Walker.

 

Settecentotrenta giorni, tredici ore, cinquanta minuti e ventiquattro secondi sono attualmente la più grande vastità di tempo che Louis conosca.
A Londra le festività natalizie sono finite e lui si affretta a smontare l'alberello di Natale che Bryan lo ha costretto ad addobbare quell'anno.
Le decorazioni sono le stesse di due anni prima, Louis non ha voluto cambiare nulla. Quando è andato a tirarle fuori dalla cantina ha dovuto mettere da parte il senso di vuoto che si era nuovamente manifestato, lo ha messo a tacere perché non poteva permetterselo proprio un suo ritorno, non adesso che le cose iniziavano a trovare terreno stabile per lui.
Non era felice, ma stava bene. L'apnea si era fatta più lieve, stava tornando a respirare, o almeno era ciò che si sforzava di credere.
Bryan era piombato nella sua vita ad Ottobre, lo aveva conosciuto durante uno dei suoi giri al Tate Modern, il museo d'arte preferito di Harry.
Bryan era davvero parecchio simile a lui, di certo non possedeva la sua bellezza ma i capelli ricci scompigliati e gli occhi chiari glielo ricordavano tanto.
Caratterialmente era un abisso diverso, non aveva il suo carisma, la sua vena eccentrica, quella goffaggine che lo rendeva terribilmente sexy, non possedeva nemmeno un pizzico della sua innocenza, ma Louis si accontentava come del resto aveva sempre fatto nei suoi ventitré anni di vita.
Sapeva di non poterlo amare, e sapeva anche che non era colpa sua, ma aveva imparato ad apprezzarlo.
E che dire di Bryan? Si accontentava anche lui, i silenzi di Louis se li faceva andare bene, gli sporadici baci se li faceva bastare come anche le rare volte in cui gli concedeva di spiare nel suo io interiore.
E non importava se quello non era minimamente paragonabile al rapporto che aveva con lui, Louis si faceva bastare quella parvenza di stabilità.
Dopo un po' aveva chiuso con le cazzate, riconoscendo che ripercorrere gli sbagli di una vita non lo avrebbe di certo riportato a lui, soprattutto se parte della causa di quella rottura erano stati quegli stessi sbagli.
Adesso cercava di essere un buon compagno per Bryan, cercava di non ricadere in fallo, e in qualche modo cercava anche di dimostrare qualcosa a sé stesso, iniziava ad essere una persona migliore.
Certe volte fantasticava sul fatto che semmai lui fosse tornato, e lo avrebbe visto così cambiato, così migliorato magari ci avrebbe ripensato, avrebbe rimesso tutto in discussione e sarebbe tornato tra le sue braccia.
Ma era un'utopia anche quella, e Louis alle utopie aveva sempre cercato di non affidarsi.
Così aveva preso anche quella fantasticheria insieme agli addobbi di Natale e l'aveva chiusa insieme ad essi nello scatolone pronto ad essere rispedito in cantina.



It's just another night
And I'm staring at the moon
I saw a shooting star
And thought of you
I sang a lullaby
By the waterside and knew
If you were here,
I'd sing to you
You're on the other side
As the skyline splits in two
I'm miles away from seeing you
I can see the stars
From America
I wonder, do you see them, too?

All of the stars - Ed Sheeran.


Certe volte Harry se lo chiede quanto immensa possa essere e sembrare l'America, se lo chiede durante quelle notti in cui l'insonnia colpisce anche lui, costringendolo ad uscire dal guscio protettivo che è il suo letto per cercare un po' di aria purificante e pace affacciato alla finestra con gli occhi rivolti al cielo e alle stelle che non smettono mai di brillare, che non lo fanno neanche quando il tempo è terribile, quando le cose vanno male.
E sono quelle stesse stelle che gli hanno dato la forza di tirare avanti durante tutto quel tempo, prende ispirazione da loro Harry, perché come loro anche lui non ha smesso di brillare o per meglio dire di vivere.
Ancora non si è del tutto adattato a quegli spazi grandi, a tutto quel caos, quella vita frenetica, all'aria americana. Certe volte la nostalgia per la sua Inghilterra ce l'ha, per la vita ordinaria, la stabilità, per la sua Londra che anche se grande ha i suoi limiti. Harry certe volte lo ammette a sé stesso che la nostalgia di casa ce l'ha.
E per quanto tenti di non pensarci lui sa che la sua casa non è sua madre, né il suo vecchio appartamento, né la sua Londra. La sua casa è lui.
E viceversa.
Harry sa di essere ancora nei suoi pensieri, nel suo cuore, sotto la sua pelle. Lo sente perché quel filo che ha legato per tempo le loro anime anche se è usurato non si è ancora spezzato.
Ma tornare non è possibile, non adesso. Lui la possibilità di cambiare vita se la deve concedere, deve almeno provarci, e se non ci riuscirà pazienza, ma non può ancora mollare. E' passato troppo poco tempo, e le ferite si stanno rimarginando solo adesso, ma piano, quindi è necessario aspettare.
L' estate è alle porte, la bellissima primavera appena trascorsa sta lasciando il posto al caldo ed al sole.
Ben gli ha proposto di trascorrere le vacanze estive insieme, in qualche posto come le Isole Guadalupe, o ancor meglio ai Caraibi.
Harry sa già che non accetterà, eppure una speranza gliel'ha lasciata. Da due anni a questa parte ha capito che la speranza nella vita è fondamentale, che non andrebbe tolta a nessuno perché quando quella muore non ti resta più niente, e così ha glissato la proposta con un ''forse''.
Non sa bene se quella tra lui e Ben sia una relazione, nessuno dei due ha mai osato definirla tale; in fondo non convivono, non dividono il letto la notte, non festeggiano San Valentino insieme, non fanno quelle piccole cose che scandiscono una relazione.
Fanno del sesso occasionale, sì, ogni tanto il Sabato sera escono, o raramente pranzano insieme. Si limitano a quello, entrambi consapevoli di non voler niente di più.
Ad Harry va bene così, dopo un po' l'ha capito che amare non è sempre necessario.



And I know,
you're going to be away a while
But I got no plans at all to live
And would to take away
my hopes and dreams
and just stay with me?
All my senses come to life while I'm stumbling
home as drunk as I, have ever been
and I'll never leave again.

One - Ed Sheeran.


Milleduecentoventidue giorni, trentanove ore, centocinquanta minuti e settantadue secondi e sembra passata una vita, è questo quello che Louis pensa durante quel Giovedì di Aprile, seduto sul proprio divano con la sua fidata vaschetta di gelato alla vaniglia tra le mani e l'ennesima stagione di quel dannato telefilm.
Ormai sono passati sei mesi da quando Bryan è andato via per frequentare l'Università di Medicina in Italia, lasciandolo. Non è stata una rottura tragica, entrambi sapevano che quel momento sarebbe arrivato e nessuno dei due si era poi così legato all'altro da farne un dramma.
Louis l'ha lasciato andare dandogli un buffetto ed augurandogli buona fortuna, sperando che il futuro riservasse bei progetti per quel ragazzo che durante quell'anno gli aveva ridato la stabilità che gli serviva per rimettersi in piedi.
Aveva moderato il suo stile di vita, si era trovato un lavoro, aveva riallacciato i rapporti con sua madre e le sue sorelle e aveva perfino permesso a Lottie di passare l'estate con lui quand'era partito per la Francia.
Cose che tre anni prima non si sarebbe mai sognato di fare, che tre anni prima non avrebbe saputo dire con certezza se ai tre anni successivi ci sarebbe arrivato vivo.
Eppure eccolo ancora lì, in piedi, una macedonia andata a male sostituita da frutta migliore, più sana.
Louis era sicuro di stare bene, ne era certo, come era certo di non essere ancora felice.
Perché se parte di lui era stata ricucita, messa a nuovo, purificata l'altra parte era rimasta sdrucita, vuota, gelida, sporca. Ed era consapevole che non sarebbe bastata tutta la volontà che possedeva per curare quella parte, quel pezzo di anima, quelle ferite. Servivano mani più esperte, più innocenti, più pure, mani affusolate e bianche, le sue mani.
Con quella parte di sé stesso aveva imparato a conviverci, con i mostri sotto al letto anche, solo che non lo terrorizzavano più come un tempo, e quando cercavano di opprimerlo lui si stringeva addosso il peluche, inalando il suo profumo e sussurrandosi le stesse parole che un tempo lontano gli sussurrava lui.
E se questo non bastava si alzava e si faceva il thé, e se ancora non era abbastanza ci aggiungeva anche i suoi biscotti.
Aveva imparato col tempo a non avere paura dei ricordi, aveva imparato che convivere con essi ed apprezzarli e tirarli fuori ogni tanto non era un sacrilegio, perché erano parte di lui, parte della sua vita, parte di ciò che ancora era.
Harry non se ne sarebbe mai andato completamente, sarebbe sempre rimasto sotto la sua pelle, tra le lenzuola, negli addobbi di Natale, nei biscotti del supermercato, nei film e telefilm che seguiva, nel cibo indiano che ancora quattro volte a settimana ordinava, nello stereo in camera, nei dischi indie e rock sulla scrivania, nelle foto attaccate al muro, nei regali di San Valentino, nelle pareti di casa, nel peluche, nel thé, nella sua vita, nel suo cuore.






You say love is what you put into it
You say that I'm losing my will
Don't you know that you're all that I think about?
You make up a half of the whole
You say that it's hard to commit to it
You say that it's hard standing still
Don't you know that I spend all my nights
Counting backwards the days 'til I'm home?
If only New York wasn't so far away
I promise the city won't get in our way
When you're scared and alone,
Just know that I'm already home

Already Home - A Great Big World.


Il  12 Settembre 2019 è una giornata piovosa  a Londra, sembra quasi che il mondo sta per venire giù.
Louis Tomlinson sta rincasando dal suo lavoro, fisso ormai da due anni, al bar vicino al Tate Modern.
L'appartamento è sempre quello di cinque anni prima, stesso caos, stessi ricordi appiccicati al muro, stessi quadri d'arte contemporanea appesi alle pareti, stessa televisione mezza guasta, stesso divano rovinato ricoperto di cuscini lilla e rosa.
Si siede sul divano, afferra il telefono e chiama lo stesso take away indiano di sempre per la consueta scorpacciata di cibo.
Prende il telecomando ed accende la tv, dannandosi per essersi perso l'inizio della nuova puntata di Grey's Anatomy.
Ha perso il conto delle stagioni ormai, non ci fa più caso, è routine guardarlo e deve ammettere che anche se volesse non riuscirebbe a smettere, perché ha iniziato a piacergli seriamente.
Quando suonano alla porta si affretta ad andare ad aprire con il portafogli in mano, lo stesso che quando apre la porta gli casca insieme alla mascella.
Davanti ai suoi occhi si presenta un metro e ottanta di pelle perfetta, fianchi stretti e gambe sode, due smeraldi inizialmente opachi che adesso brillano e bruciano di un verde vivido, una bocca carnosa e scarlatta e screpolata e da baciare, mordere e curare, ed un sorriso. Uno di quelli che gli mancavano tanto, perché non vedeva da tempo, da anni, uno di quelli che quando avevano smesso di apparire il cielo si era fatto più scuro e tetro. Era un sorriso innocente, accennato, felice e compreso di due meravigliose fossette in cui affondarci l'indice.
Ci erano voluti cinque benedetti anni per mettere apposto tutto, per rimarginare le loro ferite, per disinfettare i loro cuori, per ricucirsi l'anima, per smettere di aver paura delle loro emozioni, per allontanarsi dai propri sbagli, per imparare a convivere con i ricordi, per aggiustarsi.
Ed ora Harry Styles era di nuovo pronto, consapevole che quella possibilità per una vita migliore l'avrebbe avuta solo con Louis Tomlinson accanto.
C'era voluto tempo, distanza e lacrime ma il filo adesso era più forte, i pezzi del puzzle erano stati rimessi a nuovo pronti per combaciare.
Ed Harry Styles era terribilmente affamato, e la macedonia che era Louis Tomlinson sembrava l'unico cibo esistente sulla terra capace di saziarlo.
''Sono tornato per rimanere''  mormorò Harry qualche ora dopo, in camera loro, al buio, mentre si stringevano nudi e felici dopo aver fatto l'amore con il cibo indiano sparso a terra e Grey's Anatomy messo ancora in pausa nel salone.
Louis lo guardò, stringendolo e dandogli il trilionesimo bacio della serata, per poi sussurrargli: ''Ed io sono rimasto per tenerti.''
Quella notte Louis aveva ritrovato il suo posto tra le braccia di Harry, Harry nel cuore e nell'anima di Louis, il thé nella scatola dello scaffale in cucina, il peluche sotto al letto e l'amore nelle loro anime usurate.

                                                                                            
Fine.







E anche questa è conclusa.
Premetto dicendo che l'ho scritta nell'arco di una giornata e mezza, poiché l'ispirazione mi è venuta solo la scorsa notte in cui mi sentivo particolarmente depressa e tutto questo angst dovevo pur riversarlo da qualche parte!
Come al solito non ne sono a pieno convinta, ma scrivere questa ''cosa'' (posso definirla cosa? Ma sì, dai.) mi è venuto naturale.
Potrà essere un fiasco totale, come il primo capitolo della long a cui ancora sto lavorando (sì, non ci rinuncio solo perché alla mia carissima Giulia piace), oppure potrà piacere. Il mio cuore tifa vivamente per la seconda opzione.
Su questa one-shot c'è poco da dire, non la commento perché spero lo facciate voi.
Quindi spero in tante recensioni, perché i vostri pareri per me giuro che sono importantissimi!
Ps. So che i dialoghi sono inesistenti, ma leggendo capirete che ho preferito soffermarmi più su di loro e sulle loro emozioni che su conversazioni che probabilmente sarebbero state inutili e non avrebbero reso a pieno il concetto.
Pps. Anticipo già da adesso che sto lavorando ad un altra one-shot, che premetto ci vorrà del tempo per concluderla perché stavolta ho pensato in grande!
Ppps. ( Esiste un ppps?) Lascio, per la seconda volta, il nickname di twitter:fiftheensprings
ALT, l' ho fatto da poco solo per farvi avere un contatto in cui potermi scrivere nel caso qualcuna/o di voi volesse chiedermi qualcosa sulla precedente one-shot (Non mi resta che vivere.), o semplicemente volesse intrattenere una chiaccherata.
Ora mi dileguo, quindi un sorriso ed un bacione, a presto!
- quindiciprimavere.

  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > One Direction / Vai alla pagina dell'autore: quindiciprimavere