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Autore: JoiningJoice    17/06/2014    6 recensioni
'Rara avis in terris, nigroque simillima cygno'
In un'altra epoca, in un altro mondo, due cigni completamente diversi l'uno dall'altro scoprono e provano quanto l'amore possa essere sinonimo di debolezza.
In quest'epoca, in questo mondo, due ragazzi completamente diversi l'uno dall'altro scoprono e provano quanto l'amore possa essere sinonimo di una forza che supera anche la morte.
Genere: Angst, Fantasy, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Jean Kirshtein, Marco Bodt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Rara Avis




Ascolto consigliato per la lettura.


- Puoi raccontarmi una storia? -


L'uomo carezzò distrattamente i capelli della bambina che lo osservava curiosa, la testa poggiata su un morbido cuscino e i grandi occhi nocciola senza l'ombra del sonno che avrebbero dovuto avere a quell'ora tarda.


- Ti ho mai raccontato la storia del cigno bianco e del cigno nero? -

- No, papà. -

L'uomo sorrise.

- È una bella storia, bambina mia. La più bella di tutte. -


*


La storia inizia una mattina d'autunno, in un lago che non appartiene a questo mondo. Sulla superficie di questo lago si rincorrevano le libellule, raccogliendo gocce d'acqua fredda e riflettendo sulle loro ali la luce dei primi raggi di un debole sole. Nulla lasciava presagire ciò che sarebbe accaduto più tardi, e di certo il giovane Principe del lago, impegnato ad osservare il proprio piccolo regno con occhi pieni d'amore, non poteva sapere dell'incontro che gli avrebbe sconvolto l'esistenza.
Lasciò che la corrente lo trasportasse lontano dalla riva, un sorriso pacifico in volto, per avvicinarsi ai suoi compagni e compagne, i suoi sudditi, i suoi fratelli e sorelle. Questi lo accolsero volgendogli versi di benvenuto e festa.
Amava la sua vita.
Amava la sua esistenza.
Amava il suo piccolo regno, e i suoi compagni.
Uno di loro, un esemplare che aveva visto sorgere meno lune del Principe, si fece avanti. Appariva trafelato e confuso per qualche motivo particolare. Il Principe, con la sua voce melodiosa e pacata, gli chiese quale fosse il motivo di tanta agitazione.
Il giovane esemplare parlò.

- Sulla riva sud del regno, questa notte, è giunto un Cigno Nero. -

Non appena il giovane ebbe finito di parlare, l'agitazione che era stata solo sua si espanse lungo il gruppo dei suoi compagni, che iniziarono ad agitare le ali, ebbri di una rabbia crescente. Un Cigno Nero non era il benvenuto in quelle acque sacre; un Cigno Nero era una maledizione, rovina per il gruppo, rovina per il singolo, rovina per qualunque cosa su cui egli avrebbe posato il proprio sguardo.
Ma il Principe era giovane, e non aveva mai visto un Cigno Nero in vita sua; il suo cuore vibrava di una curiosità morbosa. Subito aprì le proprie ali candide per attirare su di sé l'attenzione dei propri fratelli e sorelle e chiedere loro di calmarsi, di fidarsi delle sue decisioni, e subito chiese al fratello che aveva portato loro la notizia di condurlo dal Cigno Nero per parlare con lui, nella speranza che questi comprendesse ragionevolmente le sue motivazioni e il perché avrebbe dovuto trovare un altro lago da rendere la propria casa.
Il giovane acconsentì alla richiesta del Principe e, pur spaventato, iniziò a nuotare verso la riva sud, oltre il canneto in cui le femmine deponevano le uova e più in là ancora. Fu solo dopo aver attraversato il canneto che il Principe ebbe finalmente visione dell'esemplare che tutti avevano iniziato immediatamente a temere; e subito, prima ancora che questi alzasse lo sguardo rabbioso per incontrare il suo, sentì di essere legato a lui in maniera inscindibile. Qualcosa che non aveva mai provato prima.
L'esemplare più giovane rimase indietro mentre lui proseguiva nell'avvicinarsi al Cigno Nero, il cuore fresco di buone intenzioni sempre più rapido nel battergli in petto. Il Cigno Nero non gli andò incontro, non volle incontrarlo a metà strada: rimase fermo nella sua posizione a pochi metri dalla riva, intento a fare sfoggio del suo piumaggio scuro, fissandolo.
E aveva ben ragione di vantarsene; il giovane Principe aveva sempre creduto che il modo in cui le sue piume bianche erano in grado di accogliere i giochi di luce del sole fosse bellissimo, ma le piume del Cigno Nero rifiutavano la luce e brillavano di luce propria, e ora comprendeva veramente cosa fosse la bellezza.
Era di fronte a lui, ormai: di fronte al suo sguardo fermo e alla sua silenziosa, frigida regalità, e il Principe non poté fare a meno di allungare il proprio collo e poggiarlo su quello dell'altro, che non si ritrasse ma anzi, ricambiò il gesto.

- Ero venuto a chiedervi di andarvene. - sussurrò il Cigno Bianco, godendo del calore originato dalla vicinanza dell'altro. - Ma ora comprendo che siete un Principe quanto lo sono io, e fatico a capire il perché siate dovuto scappare dal luogo in cui regnavate per occupare un altro luogo di pace. Come potrebbe mai qualcuno separarsi da tanta bellezza? Come potrei io separarmi da tanta bellezza, ora che ho potuto vederla? -

Il Cigno Nero non rispose, ma aprì le ali e sembrò volerle tendere verso il Cigno Bianco per accoglierlo in un abbraccio. Il Cigno Bianco si abbassò più che poté verso di lui per consentirglielo, ignaro di qualunque cosa stesse accadendo attorno a lui che non fosse causata dal Cigno Nero.

- Siete il primo a complimentarsi con me per la mia bellezza, ma proprio a causa di ciò che voi definite tale io non sono Principe di nessun regno; lo ero quando non ero altro che un cucciolo, finché il Re mio padre si rese conto che il mio piumaggio non sarebbe mai schiarito, tutt'altro, e convinto dalla Regina mia madre che il mio animo si sarebbe fatto scuro come il mio corpo decise di cacciarmi, troppo impietosito dall'amore che provava per me per porre fine alla mia vita. E da allora vago alla ricerca di un posto in cui rimanere. -
- Potremmo stare assieme. - la voce del giovane Principe Bianco era piena di una gioia mai provata prima. - Potremmo governare questo lago insieme. I miei fratelli e le mie sorelle mi vogliono bene, sono certo che, una volta visto quanto sapete essere dolce e gentile ignorerebbero il vostro colore e il vostro sguardo freddo e proverebbero per voi ciò che provo io. -
- E cosa provate voi per me? - sussurrò il Cigno Nero, la voce incrinata dall'ansia di sentire quelle parole.
Il Principe alzò il collo e posò la propria fronte su quella del Cigno Nero, perso in un luogo e in un sentimento che mai avrebbe creduto di poter conoscere in vita sua. - Vi amo. - rispose, la voce piena di forti, confuse emozioni. - Vi amo come mai ho amato prima in vita mia, di un amore cieco e che non vuol sentir ragioni. Rimanete con me. -

Si avviarono assieme lontano da quell'oscura riva, di ritorno verso il gruppo dei compagni del Principe. Il giovane che lo aveva accompagnato era scomparso da tempo.
Nella luce del sole ormai alto nel cielo, il Principe poté notare che il piumaggio del suo amato non escludeva la luce come aveva creduto, anzi: l'accoglieva in pieno, lo sguardo giù più addolcito da quella visuale, beandosene tanto quanto ne beava il suo animo fino a poco prima infelice. Mai più avrebbe permesso che la tristezza escludesse a quel cuore tutto il bene che faceva parte del loro mondo; mai più lo avrebbe abbandonato.

- Voglio farti un dono. - decise.

E detto questo si voltò verso il canneto, implorò il Cigno Nero di attenderlo e si inoltrò all'interno di quelli che erano i nidi delle covate. Qui fu accolto dall'unico cigno rimasto a covare la propria nidiata non ancora nata: un esemplare femmina della sua età, ma molto più minuto e aggraziato di lui, con cui il Principe condivideva allegri ricordi d'infanzia. La femmina lo salutò pronunciando il suo nome, cosa non comune tra quelli della loro specie, e chiese cosa portasse il Principe del lago in quel luogo.
Il Principe, raggiante, le spiegò l'accaduto; lei ascoltò attenta, senza interromperlo, annuendo felice ogni qualvolta la voce del Principe lasciasse sfuggire l'amore che lo possedeva. Era felice per lui: preoccupata, ma felice; e quando il Principe, giunto alla fine del suo racconto, le fece la sua strana richiesta lei acconsentì senza pensarci due volte, porgendo lui una delle sue uova.
Il Principe accolse tra le sue ali quella piccola creatura non ancora nata, osservandola con occhi pieni d'affetto e chiedendo alla propria sorella se avesse già deciso come chiamare il piccolo cigno di cui lui e il Cigno Nero si sarebbero presi cura. La giovane le disse che il nome che aveva deciso di donare alla piccola era Odette.
Il Cigno Bianco tornò sui propri passi tenendo stretto a sé l'uovo e cantando la propria gioia; fu solo una volta uscito dal canneto che si rese conto che il suo canto non era stato ricambiato, e che le acque in cui nuotava non erano quelle trasparenti e tranquille del suo lago, del suo regno: l'acqua in cui aveva nuotato fin da cucciolo non era mai stata rossa, né cosparsa di piume nere.
Preso d'angoscia, alzò lo sguardo di fronte a sé, confermando i propri timori: a pochi metri da lui, dove il rosso nell'acqua si faceva più intenso, giaceva il corpo senza vita del Cigno Nero, circondato dai suoi fratelli e le sue sorelle, gli stolti e i ciechi, che subito si affrettarono a vantare l'uccisione del demonio che aveva infestato quelle acque.
L'uovo tra le ali del Principe cadde, dimenticato; il Cigno Bianco volò e atterrò in un battito di ciglia accanto al corpo del suo amato, urlando il proprio dolore ai suoi compagni, che si allontanarono da lui intimoriti. Gli occhi del Cigno Nero erano vuoti e privi di vita, ma fissi sul sole, quel sole che tanto a lungo aveva potuto guardare senza avere in cuore la paura di essere un abominio. Il Cigno Bianco allungò il collo verso di lui e pianse tutte le sue lacrime, cercando un segno di vita, un battito, qualunque cosa che lo aiutasse a sperare che per loro non era finita. E mentre continuava nella sua inutile ricerca il sangue inzuppò il suo candido corpo e il piumaggio scuro del Cigno Nero si mischiò al suo.
Le sue speranze svanirono insieme all'ultima nota della canzone che aveva continuato a cantare per tutto il pomeriggio e la sera. Quando alzò lo sguardo dal corpo ormai freddo del suo innamorato era di nuovo notte, e la luna splendeva beffarda quanto il sole, prendendosi gioco della sua infinita tristezza con la sua candida bellezza.
Il giovane Principe si allontanò dal corpo del suo amato, incapace di pensare a ciò che avrebbe dovuto fare e poco incline a ritornare dai suoi compagni: ora comprendeva la solitudine che il Cigno Nero aveva dovuto patire a causa della crudeltà dei suoi simili. Vagò senza meta per ore, continuando imperterrito a piangere e pregando di poter raggiungere il Cigno Nero nella morte, perché sapeva che mai più avrebbe amato con la stessa intensità, mai più avrebbe provato quella breve e incoerente felicità provata per poche ore, e mai avrebbe ritrovato un motivo per vivere senza lui. E il lago, che era stata la sua casa e sua madre per tutta una vita, ascoltò le sue preghiere e gli rispose.
Gli rivelò che gli ultimi pensieri del Cigno Nero, sopraffatto dal gran numero dei suoi assassini, erano rivolti a lui; e rivelò che aveva avuto tanta pietà per quel povero cuore così nuovo all'amore da accoglierlo a sé e consentirgli di rinascere in un'altra forma, in un altro tempo e in un altro mondo.
Il Cigno Bianco, ora rincuorato, implorò il lago, chiedendogli se fosse possibile fare la stessa cosa per lui. Il lago esitò: non sapeva se sarebbe riuscito a concedere ai due di rinascere vicini, e non voleva vedere il più prezioso dei suoi figli morire per seguire un sogno praticamente irrealizzabile. Ma il Principe era tanto fermo nelle sue convinzioni che il lago non poté che soddisfare la sua disperata richiesta.
E con un ultimo canto, il cigno aprì le proprie ali – una bianca, una nera – e lasciò che il proprio cuore cedesse al dolore della sua perdita, morendo.


*


- E poi che succede, papà? -

L'uomo si chinò verso la bambina, posandole un bacio sulla fronte, senza risponderle subito. La bambina si sistemò meglio sul cuscino e chiuse gli occhi.

- Poi il Cigno Nero apre gli occhi in un mondo nuovo e terribile, senza memoria di chi è stato, ed è pieno di un'inspiegabile rabbia che si placa solamente nel giorno in cui reincontra il Cigno Bianco, il suo unico immortale Principe. - sussurra contro la sua fronte. - I due passano tanti anni assieme senza capire cosa li leghi, fino al giorno in cui il Cigno Bianco non guarda la morte in faccia per la seconda volta nella sua esistenza. Ma questa volta non è amichevole, e tocca al Cigno Nero salvare la persona che ama, garantire loro un futuro. E ci riesce. -

Odette russò lievemente, immersa in un sonno sereno e senza incubi. Un sonno che Jean, perso nel ricordo di quando l'aveva trovata in mezzo agli altri bambini rimasti orfani a causa di uno dei tanti attacchi dei Giganti, sperava di poterle garantire per molti anni ancora.

- Ed è il futuro più bello che esista. -

Si alzò, abbandonando il letto della bambina e richiudendo piano la porta della sua stanzetta dietro sé; scese le scale due gradini alla volta, fermandosi solo quando fu al piano inferiore, l'ingresso della loro casa a Stohess, la casa acquistata dopo anni di sacrifici e fatiche.
Ed eccolo lì, seduto su un divano con un libro in una mano e una tazza di tè nell'altra; eccolo lì, sul volto segni dell'età che svaniscono nell'attimo in cui alza lo sguardo su di lui, occhi nocciola pieni di un amore che Jean era sicuro avrebbe sconfitto qualsiasi cosa.
Eccolo lì, seduto sotto le loro cappe della Legione Esplorativa, ormai solo un lontano ricordo, appese al muro. Sotto un'ala bianca, e un'ala nera.

- Che storia le hai raccontato, stasera? -

Jean si chinò a baciare Marco, sorridendo nel sentirlo affondare il proprio volto nell'incavo della sua spalla.

- La nostra. -












Rara avis in terris, nigroque simillima cycno: uccello raro sulla terra, quasi come un cigno nero.
L'idea mi saltellava in testa da stamattina, dovevo tirarla fuori e, comunque andrà, sono contenta di averlo fatto; sono consapevole che questo non è lo stile a cui vi ho abituato - si avvicina molto più al mio stile personale quando scrivo fantasy, ma...andava scritta così.
Pensavo alla monogamia dei cigni, a come è credenza popolare che una volta morto il partner, quello rimasto in vita si lasci morire. Pensavo al simbolo delle Ali della Libertà (che sono bianche e blu ma vabbè dettagli) e pensavo a Jean e Marco, a ciò che è accaduto loro, e pensavo ai cigni neri e al fatto che gli esemplari omosessuali di questa razza arrivino a rubare uova alle femmine per crescere dei cuccioli con il proprio partner e pensavo al Lago dei Cigni e a tante altre cose.
Sono un mucchio di pensieri e caos, io.
Comunque il cigno spaventato è Armin e il cigno che dona il suo uovo è Historia. Perchè ce li vedo ad avere entrambi un bel rapporto con Marco. E c'è un altro sacco di simbologia che vabbuò finisco domattina ho il cervello strano x'''
Se volete, fatemi sapere che ne pensate: mi piacerebbe sapere se ho combinato un disastro o vi ho lasciato qualcosa.
Alla prossima, con Young And Beautiful (credo) :D
- Joice
   
 
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