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Autore: Soul of Paper    17/06/2014    5 recensioni
Il mio finale della quinta serie. Cosa sarebbe successo se dopo aver ricevuto quella telefonata notturna a casa di Madame Mille Lire nella quinta puntata ed essersi seduti su quel divano, le cose fossero andate diversamente? Cosa sarebbe successo se Gaetano non avesse permesso a Camilla di "fuggire" di nuovo? Da lì in poi la storia si sviluppa prendendo anche spunto da eventi delle ultime due puntate, ma deviando in maniera sempre più netta, per arrivare al finale che tutte noi avremmo voluto vedere...
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Camilla Baudino, Gaetano Berardi, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 34: “Deception”


Disclaimer: questi personaggi non mi appartengono ma sono di proprietà dei rispettivi proprietari/detentori di copyright. Questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro. 

 
“Scusami, Gaetano, ma mi è rimasto un dubbio: come ha fatto Scortichini ad essere assolto per mancanza di prove, se aveva confessato?”
 
Sono in auto e stanno tornando a casa dopo aver salutato Marchese ed essersi accordati per tenersi aggiornati a vicenda. Si erano quindi dati appuntamento per la sera dopo in un famoso pub del centro di Roma. Se Marchese non si fosse presentato, sarebbe stato un segnale che i loro movimenti erano seguiti dalla polizia. Avevano ritenuto più prudente evitare le telefonate e qualsiasi cosa potesse essere registrata.
 
“Vedi, Camilla, è che per spingerlo a confessare io e Sonia… la dottoressa De Giorgis,” si corregge, quando nota l’occhiataccia di lei al sentirgli pronunciare quel nome, “insomma, per spingerlo a confessare, avevamo organizzato quella messa in scena con i punkabbestia minacciosi ed arrabbiati. Quella che avevamo studiato insieme io e te, ti ricordi no?”
 
“Certo, certo che mi ricordo. Per mettergli paura e convincerlo che fosse meglio rimanere in galera che stare fuori.”
 
“Esatto, ma il problema è che Scortichini era un osso duro e non mollava, continuava a negare tutto e avevamo prove circostanziali, che anzi, sinceramente, avrebbero potuto incriminare di più la tua amica Martina Predolin che lui, dato che la pistola l’aveva gettata via lei e che non c’era alcuna prova concreta che arrivasse proprio dallo scambio dei loden o che questo scambio fosse mai avvenuto. Comunque, per farlo confessare, gli ho strappato un capello e, d’accordo con la dottoressa De Giorgis, gli abbiamo detto di aver ritrovato un capello sul loden che Martina aveva preso per sbaglio e che il DNA l’avrebbe inchiodato.”
 
“E non era vero?”
 
“In parte: avevamo trovato un capello, ma era senza il bulbo, e quindi inutilizzabile.”
 
“Capisco…”
 
“E quindi Scortichini al processo d’appello s’è trovato un ottimo avvocato, che mi chiedo ancora come sia riuscito a pagare, tra parentesi, e ha convinto il giudice che la confessione fosse avvenuta in un momento di non lucidità e non fosse ammissibile come prova. Abbiamo anche rischiato problemi legali e lavorativi sia io che la dottoressa De Giorgis, ma per fortuna il giudice non è arrivato a tanto e non ha voluto mettere in dubbio la nostra buona fede. Ma nel frattempo lo Scortichini è riuscito ad uscire di galera e a tornare in libertà.”
 
“Ma come mai non me ne hai mai parlato? Soprattutto dopo che abbiamo rivisto Ilenia e abbiamo iniziato a frequentarla?” gli domanda, e, anche se deve guidare e può solo sbirciarla di sfuggita ogni tanto, percepisce lo sguardo di lei fisso sul suo viso.
 
“Perché me l’ha chiesto proprio Ilenia di non dirti nulla, Camilla…” ammette, stringendo quasi inconsciamente di più il volante.
 
“Cosa? Ma perché? E quando?” esclama lei stupita, alzando anche il tono di voce.
 
“Sai, quando ci siamo sentiti al telefono per la prima volta, per metterci d’accordo sul babysitting di Tommy, ho voluto chiederle scusa per quello che era successo e dirle quanto mi dispiaceva per… per non essere riuscito a far avere giustizia a suo fratello. E lei mi ha assicurato di essere convinta che avevo, che avevamo fatto tutto il possibile e che sapeva che non ci potevo fare più niente, anche volendo. Mi ha detto che stava guardando avanti, che aveva ormai accettato la situazione e che comunque lo Scortichini non era la persona che più incolpava per la morte di suo fratello.”
 
“Eh, certo, incolpava suo padre, giustamente,” intuisce Camilla, rabbrividendo al sol pensiero di quell’uomo che, per fortuna, aveva avuto il dispiacere di conoscere solo per brevi istanti.
 
“Esatto, e mi ha chiesto di non dirti niente, sapendo che altrimenti ti saresti sentita in colpa e ti saresti tormentata per non averla potuta aiutare più di così e… conoscendoti, Camilla, ho pensato che fosse la cosa migliore. Che fosse inutile rivangare questa storia e rischiare di farti stare male, soprattutto visto che, per l’appunto, non ci potevamo ormai fare più niente,” spiega, trattenendo il fiato e attendendo la reazione che, come prevedibile non tarda ad arrivare.
 
“E quindi per non farmi stare male hai preferito nascondermelo? Ma non sei stato tu a dirmi che volevi condividere tutto con me, non ci siamo promessi che non ci sarebbero stati segreti tra noi?” domanda lei, ferita, guardandolo di nuovo in quel modo che lo fa sentire un verme.
 
“Lo so, ma-“
 
“Ma niente! Ma per chi mi hai preso? Per una bambola di porcellana o per una di quelle dame da romanzo rosa, quelle che svengono ogni due minuti?” esclama alzando la voce, tanto da spingerlo ad accostare la macchina per poterla guardare negli occhi.
 
“Camilla, ma certo che no, non l’ho mai pensato, nemmeno lontanamente! Lo so che sei una donna forte, probabilmente anche più forte di me, ma so anche quanto tu sia sensibile e generosa e quanto non ti dia pace per le ingiustizie, anche e soprattutto per quelle che non puoi risolvere. E Ilenia ha così insistito che ho anche pensato che forse lei stessa non era pronta a parlarne, a rievocare quel periodo e che te l’avrebbe raccontato se e quando l’avesse ritenuto opportuno.”
 
“E invece magari parlarne con qualcuno era proprio quello di cui aveva bisogno, Gaetano. E comunque non era giusto che tu decidessi anche per me, lo capisci?” gli domanda, con tono più calmo ma dal retrogusto amaro.
 
“Sì, lo capisco, e hai ragione, Camilla, scusami. Ma ti garantisco che non ti nasconderei mai nulla di importante… però se qualcuno mi chiede di mantenere il segreto su qualcosa che non riguarda direttamente noi due o i nostri cari e che non avrà alcuna ripercussione su… sulla nostra famiglia… cosa dovrei fare?” le chiede, catturando la mano destra di lei nella sua e tirando un sospiro di sollievo quando lei non la ritrae.
 
“Sì, non hai tutti i torti…” sospira lei dopo un attimo di riflessione, mentre il suo cuore si ferma come sempre per qualche istante quando lui pronuncia quelle due parole – nostra famiglia. Perché, sebbene stiano insieme tutto sommato da poco, nonostante non ci sia alcun vincolo tra loro secondo la legge e non convivano nemmeno più – almeno per il momento – anche lei non riuscirebbe a definire il rapporto che si è creato tra lei, Gaetano, Livietta e Tommy in nessun altro modo.
 
“Gaetano, non pretendo che tu mi venga a riferire ogni singola cosa, che ti debba sempre sentire in obbligo di raccontarmi tutte le confidenze altrui, però per me questa cosa ci riguardava ed era ed è importante, non solo perché voglio molto bene ad Ilenia, e lo sai, ma anche perché quel caso l’avevamo affrontato insieme.”
 
“D’accordo, messaggio ricevuto, professoressa,” la rassicura, posandosi la mano di lei sul cuore, “è che… non sono abituato a… tutto questo, ad avere questa… intimità con qualcuno e non sto solo parlando delle altre donne con cui sono stato, Camilla, ma anche dei miei amici e della mia… famiglia. E, anche se tu non immagini nemmeno cosa significhi per me, quanto l’abbia desiderato quello che stiamo costruendo, vivendo insieme, è ancora tutto nuovo per me e a volte non so come muovermi, come regolarmi e mi sento imbranato ed inadeguato come un ragazzino e-”
 
“Gaetano…” sussurra lei, mentre l’irritazione evapora e lascia di nuovo il posto a quel blocco allo stomaco agrodolce, soprattutto quando nota la differenza tra il modo malinconico e quasi aspro in cui ha pronunciato la parola famiglia ora, riferendosi ai suoi genitori, rispetto alla dolcezza e al calore di pochi istanti fa, quando parlava di lei, di loro.
 
In un impulso circumnaviga gli stretti spazi dell’abitacolo e se lo abbraccia forte.
 
“Ti garantisco che te la cavi benissimo, molto più di quanto avrei mai osato sperare,” gli sussurra nell’orecchio, sentendo le braccia di lui stringersi ancora di più attorno alla sua vita, “ed è proprio per questo, perché mi sto abituando così bene, a poter dividere davvero tutto con te, e ti garantisco che nemmeno a me era mai successo prima, non in un modo così… profondo e naturale almeno, che mi… mi fa male quando scopro che c’è qualcosa che senti di non poter condividere con me. E probabilmente non è giusto nei tuoi confronti che pretenda tanto da te ma…”
 
“Mi stai dicendo che sono come uno di quegli studenti con la media del nove, che quando prendono sette, deludono le tue aspettative?” le domanda con un sorriso, allentando leggermente l’abbraccio per accarezzarle il viso.
 
“Come siamo modesti, dottor Berardi,” replica, scuotendo il capo e facendolo ridere, per poi però abbracciarlo ancora più forte ed aggiungere in sussurro, “ma te lo puoi permettere: sei da dieci e lode.”
 
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“Sammy? Che ci fai qui?”
 
“Finalmente, prof.: è da un’ora che aspetto e ormai pensavo non tornaste più,” replica la ragazza, uscendo dalla  macchina parcheggiata di fronte a casa di Andreina, “sua madre mi ha detto che non c’eravate ma io ho bisogno di parlarvi.”
 
Camilla sbircia con la coda dell’occhio Rosetta che “passeggia” all’ingresso del condominio, sebbene sia ormai quasi mezzanotte.
 
“Ma è tardissimo, e tuo marito?” le domanda, avendo ormai intuito la gelosia dell’ispettore Mancini e stupendosi che Sammy esca da sola a tarda notte.
 
“Pietro è al lavoro, temo che si sia ormai fissato sul caso di Ilenia, prof. ed è proprio di questo che voglio parlarle.”
 
“E tu come lo sai? Te l’ha detto lui di Ilenia?”
 
“No, anzi, non me ne voleva parlare, ma l’ho incontrata oggi di fronte alla questura e mi ha detto che è indagata per omicidio. Solo che quando ho telefonato a casa di sua madre per avere sue notizie, il marito di sua madre mi ha detto che Ilenia non sta più qui con voi. L’ho chiamata sul cellulare ma è sempre staccato e non so come raggiungerla…”
 
“Ti ha seguita qualcuno?” domanda Gaetano preoccupato, guardandosi intorno.
 
“No, no, sono sicura di no. E comunque i colleghi di Pietro li conosco tutti, se fossero qui intorno me ne sarei accorta,” spiega, cogliendo al volo il cuore del problema.
 
“Sammy, di cosa mi vuoi parlare?” chiede Camilla, intuendo e temendo già quello che seguirà.
 
“Prof., lei pensa di… di aiutare Ilenia, vero?”
 
“Sammy, la situazione è complicata e… e poi…”
 
“E poi mio marito è convinto che lei sia colpevole e questo mi mette in una posizione scomoda. Lo so, prof., ma… vorrei capire quanto è grave la situazione. Pietro è un pezzo di pane, prof., nella vita di tutti i giorni almeno, ma sul lavoro lo so come è fatto e se si mette in testa qualcosa non molla. E io ho paura per Ilenia, prof., ma non so a chi chiedere notizie. Ho provato a parlarne con Pietro ma già abbiamo litigato e pure di brutto e so già che non mi dirà niente. E non posso chiedere a Marchese, prof., per le ovvie ragioni che immaginerà anche lei… a volte penso che mi odi, oltre ad odiare Pietro…”
 
Camilla sospira: la ripetizione in serie della parola prof. denotava chiaramente l’agitazione di Sammy. Lo faceva anche quando la chiamava alla lavagna e non aveva studiato.
 
“Marchese non ti odia, Sammy, ma sai anche tu che con tuo marito come superiore… è una situazione complicata ed imbarazzante per tutti. Comunque, De Matteis e anche tuo marito ci hanno intimato di restare fuori da questo caso e di non occuparcene, sia a me che a Gaetano e… non vogliamo problemi, ma soprattutto non vorremmo crearne alla tua vita di coppia.”
 
“E quindi non farete nulla per Ilenia?” le domanda, la sorpresa e la delusione evidenti nella voce.
 
“Credo che quello che Camilla sta cercando di dirti, Sammy, è che qualsiasi cosa potremo o non potremo fare per Ilenia, è meglio per tutti se non te ne parliamo,” si inserisce Gaetano, notando quanto Camilla sia in difficoltà.
 
“Quindi siccome sono sposata con Pietro pensate di non potervi fidare di me, è così? Che non saprei mantenere un segreto?” chiede, alzando la voce, il tono sempre più amareggiato.
 
“No, Sammy, non sto dicendo questo e nemmeno Gaetano. Lo so che saresti capace di mantenerlo il segreto, ma è proprio questo il problema: ho provato per esperienza cosa succede ad una coppia quando cominciano ad esserci segreti, specie se riguardano un argomento sul quale uno dei due è completamente intransigente, come in questo caso lo è tuo marito. E poi se tuo marito lo scoprisse, oltre ai problemi che si creerebbero tra voi, sicuramente questo non farebbe che peggiorare la posizione di Ilenia,” spiega Camilla, posandole una mano sulla spalla per cercare di tranquillizzarla e di farle capire il suo punto di vista.
 
“Prima di tutto non è detto che Pietro lo scopra, prof., e poi, se seguissi il suo ragionamento, per quieto vivere dovrei assecondare tutte le decisioni di mio marito, tutte le sue idee, anche quando penso che stia sbagliando?”
 
“No, Sammy, però… dovreste parlarne, dovresti parlarne con lui, chiarirti con lui, fargli comprendere che secondo te si sbaglia, non agire alle sue spalle. Lo capisci?”
 
“Ma l’avrà capito anche lei com’è fatto… non ho alcuna speranza di fargli capire che si sbaglia, se non posso dimostrarglielo in modo oggettivo. Anzi, come dice lei, si irriterebbe solo di più e questo peggiorerebbe la posizione di Ilenia,” sospira la ragazza, aggiungendo poi, dopo aver notato lo scambio di sguardi tra Camilla e Gaetano, “lo so cosa starete pensando, ma Pietro davvero non è cattivo, anzi, però sul lavoro è completamente intransigente: è il suo tallone d’Achille. Per favore, vi chiedo solo di farmi almeno capire che cosa sta succedendo ad Ilenia e se può contare su qualcuno o no.”
 
“D’accordo,” sospira di rimando Camilla, dopo essersi scambiata un altro cenno di intesa con Gaetano, “ma non qui in strada: vieni con noi.”
 
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“Mancini, Grassetti, ma siete ancora qui?”
 
De Matteis posa lo sguardo sull’ispettore e sull’agente, seduti davanti agli schermi che proiettano i filmati delle varie telecamere di sorveglianza. Un lavoro immane che avevano iniziato diversi agenti quel pomeriggio e che a quanto pare Mancini stava portando avanti ad oltranza. Grassetti appare esausta e sembra quasi malata.
 
“Sì, dottore: credo che sia importante scoprire chi ha rubato quell’auto. Ormai la Misoglio è stata allertata e dobbiamo chiudere il cerchio prima che riesca a sfuggirci… avere elementi concreti in mano per ottenere i decreti di perquisizione che ci servono.”
 
“Quindi è convinto che i pantaloni siano o da qualche parte a casa della Baudino o in quella tenuta?”
 
“Non credo possano essere altrove. Ho controllato personalmente con Marchese i bagagli della Misoglio dopo che è arrivata in albergo e non c’erano…”
 
“E l’agente Luciani è sempre di guardia fuori dall’albergo?”
 
“Sì, dottore: se la Misoglio fa anche solo un passo fuori da lì lo sapremo.”
 
“Novità su queste telecamere?” chiede, rivolgendosi a Grassetti, che continua ad osservare gli schermi, trattenendo uno sbadiglio
 
“Per ora niente: stiamo ricostruendo il percorso e in un paio di filmati si vede l’auto, ma non il conducente,” risponde Grassetti, con la voce velata dal sonno.
 
“Sentite, entro mezz’ora al massimo vi voglio fuori di qui. Per quanto la Misoglio sia estremamente sospetta, se questo caso si concludesse con un nulla di fatto non potete sprecarci tutte le vostre energie: mi servite vigili ed attenti.”
 
“Sì, dottore,” annuisce Mancini, anche se con un po’ di riluttanza, sorpreso da quest’ordine di De Matteis, osservandolo uscire da lì, intento a ripulirsi furiosamente gli occhiali, come spesso fa quando è immerso nei suoi pensieri.
 
 
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“Ma quindi, a quanto capisco, Ilenia per ora non rischia molto…”
 
“Se non trovano nuovi elementi più compromettenti, no, non hanno nulla in mano che possa reggere di fronte al GIP,” conferma Gaetano, sorseggiando il suo vermouth.
 
Certo, il bar vicino all’appartamento di Andreina non è il “loro” bar e la marca dell’alcolico non è la loro preferita, ma fa un certo effetto ritrovarsi nuovamente a sorseggiarlo a tarda notte, come avveniva in qualche occasione tanti anni fa, quando questi appuntamenti erano spesso l’unico modo per vedersi e scambiarsi informazioni, sguardi, battute, qualche raro contatto, sempre troppo intenso e troppo breve. E la presenza di Sammy lo riporta indietro al loro primo incontro, al loro primo caso, solo che adesso è tutto cambiato: lei è sempre la prof., ma lui, almeno qui e ora, non è più il commissario, ma solo un privato cittadino che, proprio come lei, si sta occupando di cose che non lo riguardano affatto.
 
“Sentite, io posso andare e venire quando voglio dalla questura, sono amica di Grassetti e poi conosco tutti lì. Se serve posso procurarvi informazioni, fare da ponte… Lo so che vi sta già aiutando Marchese, ma è probabile che Pietro lo tenga d’occhio e-”
 
“No, Sammy, è troppo rischioso: non pensi che sia tuo marito che De Matteis potrebbero sospettare qualcosa? Lo sanno che sei amica di Ilenia e credo che terranno d’occhio anche te… e poi-“
 
“E poi Pietro non farà mai nulla contro di me, prof., mentre contro Marchese sì, e lo sapete anche voi. Pietro so come prenderlo e-“
 
“E magari non rischierai la galera o il posto come Marchese, ma rischi di mettere in pericolo il tuo matrimonio, Sammy. Ti sei sposata da poco e sembrate felici insieme: è davvero quello che vuoi? Quando la fiducia si spezza… non si torna indietro,” risponde Camilla, con tono amaro e malinconico, tanto che Gaetano si volta a guardarla, chiedendosi se stia pensando a quello che è accaduto con Renzo. O, peggio, a quello che potrebbe accadere a loro se non stanno attenti.
 
“Pietro mi ama, prof., e anche io lo amo e… anche se dovesse scoprire qualcosa, sono sicura che alla fine capirà, che mi perdonerà, anche perché dovrà riconoscere che avevo i miei buoni motivi per agire così, dato che Ilenia è innocente,” afferma Sammy, decisa e determinata.
 
“Non lo so, Sammy, non so se posso permetterti di rischiare tanto e-“
 
“Ah no? E perché lei invece può rischiare tanto, eh, prof.? Non sono più una ragazzina, anzi, sono più che maggiorenne e lei non ha il diritto di dirmi cosa posso o non posso fare. Quindi o mi permette di aiutarla ad aiutare Sammy, o farò da sola!”
 
Camilla e Gaetano si lanciano un’altra occhiata: riconoscono entrambi quello sguardo di Sammy, e poi Camilla l’aveva visto più di una volta durante le indagini sulla morte di Nicola. Sanno che la ragazza ormai ha deciso e che non riusciranno mai a farle cambiare idea.
 
E, tra lei e Marchese, Gaetano non sa da chi temere i peggiori colpi di testa: questa storia gli piace sempre di meno e lo preoccupa sempre di più.
 
Ma a questo punto, per contenere i danni, c’è un’unica cosa sensata da fare.
 
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“Pronto?”
 
“Ilenia?”
 
“TU? Che cosa vuoi da me? Hai un bel coraggio a chiamarmi ancora, dopo che ti avevo detto che non volevo più vederti né sentirti,” esclama, improvvisamente sveglia, nonostante sia l’una di notte e si fosse appena addormentata.
 
“Ilenia, so cos’è successo allo Scortichini, so che è stato ucciso, che non è stato un incidente e soprattutto so chi è stato.”
 
“Cosa? Dove sei? Dimmi dove sei!”
 
“Sapevo che avresti cambiato idea… ci troviamo domani, stesso posto e stessa ora dell’altro giorno. Ora devo andare.”
 
“Pronto?! Pronto?!”  quasi urla nella cornetta, ma è tutto inutile: ha già riattaccato.
 
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“Dove sei stata?!”
 
“Potrei chiedere la stessa cosa io a te, non pensi?” gli domanda, notando la divisa ancora indosso e sapendo che di solito la toglie poco dopo essere tornato a casa.
 
“Io ho lavorato e ti avevo avvertito che avrei fatto tardi. Cosa che tu invece non hai fatto: dove sei stata?” le chiede di rimando, evidentemente irritato, per non dire arrabbiato.
 
“Sono uscita con dei miei amici a bermi qualcosa. E, prima che tu me lo chieda, amici non indagati di omicidio,” ribatte, dato che in fondo è la semplice e pura verità.
 
“Cos’è, una ripicca per la tua amica Ilenia?”
 
“No, semplicemente, dato che secondo te sono infantile ed immatura, ho deciso di fare quello che le persone infantili ed immature della mia età, e anche della tua, in realtà, fanno dopo una mega litigata con il marito, che invece di tornare a casa e magari scusarsi, preferisce starsene fino a tardi al lavoro, oltretutto per cercare di incriminare la compagna di banco, nonché una delle più care amiche della moglie,” sibila, mentre tutta la rabbia del litigio ritorna alla galla: improvvisamente non è più solo una tattica per sviare le domande di Pietro.
 
“Se ti ho detto quelle cose è perché a volte ti comporti come una ragazzina, come ammetti tu stessa: andarsi a divertire con gli amici non mi sembra una reazione normale dopo un litigio con il proprio marito. Io sono stato male e-“
 
“E hai uno strano modo di dimostrarlo! E poi, chi ti ha parlato di divertirsi, eh? Perché, uno non può farsi sostenere ed ascoltare dai propri amici, quando la persona che dovrebbe farlo preferisce stare altrove? E comunque, se volevi una donna adulta e matura, dovevi sposarti con una quarantenne, magari come la tua ex, non con una ragazza di 27 anni e poi rinfacciarmi se mi comporto a volte, appunto, come una ventisettenne! Ma forse ti sei già pentito di avere scelto me!”
 
“Sammy…” sussurra, vedendo gli occhi di lei riempirsi di lacrime, mentre Sammy ormai non riesce più a separare le omissioni dalla realtà e la realtà è che il comportamento di Pietro negli ultimi giorni, da quella maledetta serata della rimpatriata in poi, le ha fatto davvero male.
 
“Scusami, amore mio, scusami, e non piangere, ti prego: io voglio solo te, ti amo esattamente così come sei e non mi pentirò mai di averti scelta, anzi, non saprei stare senza di te,” proclama con voce roca, abbracciandola e tenendola stretta a sé fino a che lei smette di protestare.
 
Avvolta tra quelle braccia che l’hanno sempre fatta sentire protetta e in pace, improvvisamente Sammy non sa se sia più il sollievo che prova o più il senso di colpa.
 
Ma la professoressa aveva ragione: ormai non si torna più indietro.
 
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“Permesso, permesso!”
 
“Chūmoku!”
 
Si fa largo tra la folla di turisti giapponesi, che gli urlano contro frasi incomprensibili, evidentemente irritati, sembrando non capire che chi scende ha precedenza, e dire che loro di metropolitane dovrebbero intendersene. E lui deve scendere, ora: pedinare qualcuno a piedi in orario di punta è un vero incubo, cercando di non farsi notare e mantenere le distanze e allo stesso tempo non perdere di vista l’obiettivo.
 
Finalmente è fuori, analizza la folla che confluisce verso le scale ma non la trova. Cominciando ad andare in panico si avvia verso i gradini, continuando a guardarsi intorno, fino a che si volta quasi del tutto e con la coda dell’occhio la vede, salire di nuovo sul treno, due carrozze più avanti.
 
Maledizione! – impreca tra sé e sé, tornando sui suoi passi e cercando nuovamente di farsi largo tra la fiumana di gente che gli rema contro. Guadagnandosi una lunga serie di accidenti ed insulti, arriva finalmente alla porta ma gli stessi dannati giapponesi di prima si sono piazzati davanti e non accennano a spostarsi, fino a che la porta si chiude di fronte al suo naso e fa appena in tempo a fare un balzo indietro, prima che il convoglio riparta a tutta velocità.
 
Cazzo, cazzo, cazzo! – è il suo unico pensiero: l’aveva fregato e dire che sembrava tanto ingenua e tranquilla.
 
Estrae il telefono: sa che l’unica speranza ora è capire almeno a che fermata sia scesa, dalle telecamere delle altre stazioni. Esita per un secondo su chi sia meglio – o forse è meglio dire meno peggio – chiamare, finché seleziona il numero e attende in linea.
 
“Dottor De Matteis, sono Luciani: abbiamo un problema…”
 
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“Che cosa??!! Ma è impazzita? Non può farmi questo, prof., non potete farmi questo! E poi, se il mastino lo scopre… si scatenerà il finimondo!”
 
“Lo so, Marchese, ma lo sai com’è Sammy quando si mette in testa una cosa, no? Non c’è modo di fermarla e coinvolgerla, il meno possibile ovviamente, in modo da controllare quello che fa è l’unica soluzione che abbiamo per impedirle di cacciarsi in guai più seri.”
 
Marchese prende una gran sorsata della birra che sta bevendo, come a farsi forza: la prospettiva di dover collaborare con Sammy non lo entusiasma per niente e nemmeno l’idea di farlo dietro le spalle del mastino lo consola o gli da quella soddisfazione che avrebbe forse dovuto provare.
 
“In realtà sono abbastanza d’accordo con Marchese, Camilla: siamo in troppi in quest’investigazione parallela, e più persone ne sono a conoscenza più rischi corriamo tutti quanti,” fa notare Gaetano, la cui preoccupazione non accenna a diminuire dalla sera prima.
 
“Hai ragione, però… mi dici che alternative abbiamo? Se Sammy indaga per conto suo e si fa scoprire, lo sai che penseranno comunque che c’entriamo qualcosa, no?”
 
“Sì, lo so…” sospira Gaetano, che è purtroppo giunto alla stessa conclusione: De Matteis e Mancini forse non l’avrebbero fatta pagare a Sammy, ma l’avrebbero sicuramente fatta pagare a loro.
 
“Senti, Marchese, piuttosto, ci sono novità? Avete trovato questi benedetti pantaloni?” domanda Camilla, decidendo che è più prudente cambiare argomento.
 
“No, prof., purtroppo no: la cameriera stamattina aveva il giorno libero e, non avendo un mandato, Allegra si è rifiutata di dare l’indirizzo della cameriera a De Matteis, sebbene ci fossi anche io presente. Torneremo domani alla tenuta per interrogarla.”
 
“Capisco… e che mi dici della macchina e dei video? Si è scoperto qualcosa?” chiede Gaetano, massaggiandosi le tempie, dato che l’ora tarda e la musica forte non aiutano l’emicrania che si sta impossessando di lui.
 
“No, purtroppo no. Grassetti ci ha lavorato per ore con Mancini, sia ieri che oggi, ma niente: si vedono solo immagini dell’auto, ma nulla del guidatore. Tutte le telecamere pubbliche erano troppo distanti e non avevano una risoluzione sufficiente.”
 
“Quelle pubbliche… e quelle private? Vicino a dove è stata rubata l’auto non c’era nulla? Un negozio, una banca, qualcosa?”
 
“In realtà ci sarebbe una gioielleria, dottore, però… ci siamo stati oggi io e De Matteis, mentre tornavamo dalla tenuta di Allegra, e la proprietaria dice di avere cancellato i nastri di quel giorno e… anche se, dalla nostra esperienza, ci sembra strano… non possiamo provare il contrario, né obbligarla a consegnarceli, non avendo alcun decreto del giudice in mano.”
 
“Ma perché la proprietaria dovrebbe mentire? Per evitare multe?”
 
“Diciamo che quella non è proprio una gioielleria, prof., è più un compro oro, insomma, diciamo pure un monte dei pegni, dalle voci che si sentono e… la proprietaria non mi sembra proprio vedere di buon occhio le forze dell’ordine, ecco…”
 
“Capisco… e com’è questa proprietaria?”
 
“In che senso, prof.?”
 
“Età, stato civile, aspetto, insomma, come ti sembra?”
 
“È una donna sulla cinquantina, non bella ma… sa, una di quelle che si truccano tantissimo, hanno un fisico ancora piacente e quindi si vestono come se avessero vent’anni in meno e andassero in discoteca? Minigonna, top attillato… Ha come minimo un figlio adolescente, da una foto che c’era dietro al bancone, ma niente fede nuziale, però non vuol dire… altro non so.”
 
“Se quel nastro esiste, credo di sapere come possiamo ottenerlo, Marchese, anche se l’idea non mi entusiasma per niente,” proclama Camilla con un sospiro e un’occhiata eloquente.
 
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“Allora, signora, è sicura di non aver trovato niente in quella stanza, quando l’ha pulita lunedì?”
 
“No, io… a quanto ricordo c’erano solo rifiuti nel cestino, nient’altro, come in tutte le altre stanze, del resto,” risponde la cameriera, una signora sulla cinquantina, che, nota Marchese, appare però stranamente agitata.
 
“E che rifiuti erano? C’era qualcosa di particolare?” domanda Marchese, prendendo l’iniziativa, mentre De Matteis gli lancia un’occhiata sorpresa.
 
“No, no, alcune bottiglie d’acqua, quelle del minibar, e basta…”
 
“E lei come fa ricordarselo?” chiede di nuovo Marchese, con un’occhiata eloquente.
 
“Come, scusi?”
 
“Come fa a ricordarsi che c’erano bottiglie d’acqua del minibar, cosa peraltro esatta, considerato che, per l’appunto, ha pulito decine di stanze quella sera, visto che la tenuta era piena? Mi sembra che la risposta più normale in questi casi dovrebbe essere un non ricordo. Come fa a ricordare il contenuto preciso di quel cestino? O non sarà forse che c’era qualcosa che lo distingueva dagli altri?”
 
“Io… io…”
 
“Come ad esempio un paio di pantaloni? Magari ancora in buono stato e… anche se qualcuno li aveva gettati via, a qualcun altro potevano invece servire, no?” prosegue imperterrito Marchese, mentre la signora è sempre più in difficoltà e De Matteis gli lancia un’occhiata tra lo stupito e l’ammirato, capendo che il ragazzo ha avuto per una volta l’intuizione giusta. Forse Marchese sta finalmente crescendo come agente.
 
“Io, no, cioè… non mi permetterei mai, io…”

“Senta, signora,” interviene De Matteis, assumendo un’aria severa e comprensiva insieme, quella che di solito funziona in casi di questo tipo, “se lei si fosse appropriata di qualcosa trovato nella spazzatura non potremmo considerarlo un furto, ma se ora rifiuta di rivelarcelo, sta intralciando le indagini e potrebbe essere accusata di favoreggiamento. E inoltre lei capisce che dovrei parlare dei nostri sospetti con la titolare e chiedere al giudice di perquisire casa sua. Mentre se collabora, ne terremo conto…”
 
“No, la prego no, non dica niente alla signora Allegra. Io… io non posso permettermi di finire nei guai e di perdere il posto: ho tre figli e sono sola. Ho preso quei pantaloni per mia figlia, sa, è così difficile per me poterle comprare dei vestiti nuovi e… non pensavo di fare nulla di male!” esclama la cameriera, gli occhi che si riempiono di lacrime e la voce tremante.
 
“D’accordo signora, d’accordo, però ora ho bisogno di vedere quei pantaloni. Sono a casa sua? Può accompagnarci?”
 
“Ma se i vicini vedono i poliziotti arrivare a casa mia, cosa penseranno di me?”
 
“Entrerò solo io: sono in borghese, nessuno si accorgerà di niente,” la rassicura De Matteis, con il suo tono più conciliante, fino a che la donna acconsente, sebbene tra le lacrime.
 
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“Non posso ancora crederci: mi spiegate perché mi sono lasciato convincere?”
 
“Perché sei un uomo meraviglioso e perché mi ami,” risponde Camilla con un sorriso, posandogli un lieve bacio sulle labbra e squadrandolo per l’ennesima volta da capo a piedi.
 
“Ma sono ridicolo conciato così: sembro un coatto o uno di quei… vitelloni che vanno in tv a farsi corteggiare!” proclama esasperato, osservando i pantaloni aderentissimi e di almeno una taglia in meno di quella che porta abitualmente, e quella ridicola maglietta talmente attillata da risultare praticamente trasparente. Per non parlare dei capelli ingellati che lo fanno sembrare peggio di un gallo cedrone o degli occhiali da sole a specchio e decisamente troppo grossi.
 
“Chi? I tronisti?” domanda Sammy, scoppiando a ridere e mettendolo ancora più a disagio, “in effetti è vero, ma è proprio quello che volevamo, giusto prof.?”
 
“Giusto, purtroppo…” commenta Camilla, chiedendosi come lui possa risultare terribilmente attraente persino conciato così, anche se lei preferisce mille volte il suo Gaetano, l’uomo dal gusto sempre impeccabile, che riesce a sembrare elegante anche in maniche arrotolate di camicia o quando gira seminudo per casa.
 
Ma, dalla descrizione avuta da Marchese della proprietaria della gioielleria, e visto il ruolo che bisognerà interpretare, è convinta che questo sia proprio il look perfetto per ottenere ciò che stanno cercando.
 
“Sappiate che mi sento trattato come un uomo oggetto, un toy boy,” ribatte Gaetano, con tono ironico e volutamente melodrammatico, guadagnandosi una gomitata nel braccio da parte di Camilla.
 
“Piantala di fare lo scemo! E comunque, vedi di non entrare troppo nel ruolo, caro il mio tronista, siamo intesi?” lo avverte con un’occhiata che gli fa capire che non sta del tutto scherzando.
 
“Tranquilla, Camilla, non hai nulla da temere, e non solo perché, come hai già ricordato tu stessa, ti amo, ma anche perché preferisco senza alcun’ombra di dubbio stare con una donna a cui piaccio anche se indosso dei pantaloni che non mi tolgono la circolazione,” ribatte, semiserio, aggiungendo poi con una mezza risata, “sembro uscito da un film di Verdone!”
 
“Sì, vabbé, dai, Ivano, datte ‘na mossa: vai e vedi di tornare vincitore,” lo punzecchia, indicandogli la gioielleria che ormai è poco distante: onde evitare problemi avevano parcheggiato la macchina di Sammy lontano da ogni telecamera ed avevano fatto l’ultimo tratto a piedi.
 
“Questa più tardi me la paghi, Jessica,” rimpalla, non perdendo un colpo e facendole l’occhiolino, trattenendosi però dal citare la più celebre battuta del film, vista la presenza di Sammy.
 
“Beh, sempre meglio Jessica che Fosca…” commenta Camilla con un sorriso malizioso, confermandogli che si sono intesi perfettamente senza bisogno di parole.
 
Si volta e si avvia verso il negozio. Camilla lo osserva mentre si allontana e nota immediatamente un paio di passanti che si girano per ammirarlo, mangiandoselo con gli occhi.
 
E, mentre il drago dentro di lei riprende a ruggire, si maledice per aver avuto questa bella pensata e spera di non doversene pentire.
 
“Salve!”
 
“Salve,” gli risponde una voce annoiata, finché la donna dietro al bancone si gira, lo squadra da capo a piedi ed aggiunge con un tono decisamente molto più amichevole e gentile, “desidera qualcosa?”
 
“Sì, in effetti sì…”
 
“Cerca qualcosa per lei? O si tratta di un regalo? Magari per sua moglie…” commenta la proprietaria, in un modo civettuolo che gli rende difficile trattenere una risata.
 
“No, no, per la carità: sono divorziato,” risponde, cercando di mantenere la parte studiata con Camilla, marcando più che può quell’accento romano che ha ormai perso completamente in anni di vita al nord e che in passato invece tendeva ogni tanto ad emergere, soprattutto quando era agitato o alterato, “però in realtà la mia ex moglie c’entra con il motivo per cui sono qui.”
 
“Ah, sì? Mi scusi ma non capisco…” proclama, incuriosita, sporgendosi lievemente sul bancone, mentre lui si avvicina.
 
“Vede… non so se l’ha saputo, ma… sabato scorso hanno rubato un’auto, praticamente qui di fronte,” comincia a spiegare, notando come gli occhi della donna si allargano quasi impercettibilmente, mentre deglutisce.
 
“Se è un poliziotto-“ lo avverte, ritraendosi lievemente, mettendosi sulla difensiva.
 
“No, no, assolutamente no. Ma, perché, c’ho l’aria da sbirro? Non me l’aveva mai detto nessuno, ma…“ commenta con una risata, appoggiandosi contro l’altro lato del bancone e sollevando gli occhiali da sole sui capelli per lanciare alla donna la sua migliore occhiata innocente ed irresistibile. Quella che funzionava quasi sempre nelle sue scorribande per locali.
 
“In effetti no, per niente, però non capisco perché le interessi la storia della macchina,” ammette lei, rilassandosi quasi impercettibilmente e ritornando a sporgersi oltre il bancone.
 
“Vede… l’auto è mia, ma la usava mio figlio, anche il giorno che l’hanno rubata,” racconta con nonchalance, sperando che Marchese avesse ragione quando sosteneva che il cameriere e la proprietaria della gioielleria non si conoscessero.
 
“Ah, lei ha un figlio già grande? Sembra così giovane…” commenta la donna, apparendo sempre più interessata e a suo agio, quasi fin troppo a suo agio per i suoi gusti, da come lo squadra.
 
“Sì, ha 19 anni, fa il cameriere per mantenersi… è un bravo ragazzo, per fortuna. Sa, prima viveva con la mia ex ma… lei c’ha le mani bucate, le davo quasi tutto quello che avevo di mantenimento, ma spendeva tutto per sé, tanto che mio figlio non appena s’è trovato un lavoro ha deciso di andarsene a vivere da solo. Quindi l’assegno di mia moglie si è molto ridotto negli ultimi mesi e… diciamo che sospetto che questo furto… non è proprio un furto…”spiega, continuando a lasciar emergere l’accento e a sforzarsi di evitare congiuntivi e condizionali, come suggeritogli da Camilla, per apparire coerente col ruolo interpretato, ma senza strafare e cadere in una specie di parodia stereotipata alla Ivano o alla “supercafone” di Er Piotta.
 
“Lei pensa che sua moglie…”
 
“Mia moglie sa che l’auto è mia e che aiuterò nostro figlio a comprarne un’altra, se non si trova, dato che gli serve per lavorare, e… lei c’aveva le chiavi di riserva quando abitavano insieme e non le ha mai restituite a mio figlio, lei capisce cosa intendo, vero?” domanda facendole l’occhiolino, notando come le guance di lei si scuriscano perfino sotto la palata di fondotinta che deve avere sul viso e che la fa sembrare innaturale, quasi uscita da un museo delle cere.
 
“Ah, guardi, se penso a quel bastardo del mio ex e a tutto quello che è stato capace di inventarsi non mi stupisco più di niente,” sospira la donna, aggiungendo con un tono complice ed indignato insieme, “pensi che dopo avermi mollata da sola a crescere due figli è stato ancora capace di ripresentarsi quando ho aperto questo posto e di chiedermi il mantenimento, lui a me!”
 
Gaetano non può fare a meno di notare con ammirazione come l’intuizione di Camilla sul probabile stato civile della donna e sui rapporti con l’ex marito fosse stata assolutamente corretta, sebbene derivata solo da un’analisi per interposta persona.
 
“Però non ho ancora capito come pensa che posso aiutarla…” commenta poi sorridendo ed inclinandosi ancora di più verso di lui, in un modo che mette in evidenza la generosa scollatura, strizzata in una maglietta molto, ma molto scollata.
 
“Beh, ho notato che qua fuori c’è una telecamera e… siccome l’auto di mio figlio era praticamente parcheggiata qui davanti… mi chiedevo se c’ha le registrazioni di quel giorno. Magari si riesce a vedere chi l’ha portata via…” spiega con il suo migliore sorriso.
 
“In effetti la registrazione ce l’ho, però adesso devo lavorare e non ho il tempo di cercarla e farne una copia. Ma se ripassa stasera, dopo la chiusura, possiamo guardarlo insieme: in due si fa prima,” propone, con tono suggestivo ed uno sguardo eloquente, riducendo ancora le distanze fino ad essere a pochi centimetri dal suo viso.
 
Gaetano sa che se non vuole rischiare la vita e il suo rapporto con Camilla, deve pensare a qualcosa e in fretta.
 
“Grazie, è un angelo, però purtroppo io stasera lavoro: ho lezioni fino a tardi in palestra e poi faccio pure il buttafuori in una discoteca per arrotondare, quindi non c’ho proprio un minuto libero.”
 
“Ma quindi fa l’istruttore in palestra?”
 
“Sì: crossfit e kick boxing… roba così,” improvvisa Gaetano con un sorriso, avendo notato con la coda dell’occhio la foto del figlio con i guantoni in mano che solleva una medaglia.
 
“Beh, si vede: con quel fisico!” commenta la donna con una lunga occhiata di apprezzamento, per poi aggiungere, con tono orgoglioso e decisamente più materno, indicando la foto, “sa, mio figlio grande è appassionato di boxe: ha anche vinto la medaglia d’oro ai campionati regionali juniores, nei 56 kg.”
 
“Complimenti! Deve essere molto orgogliosa di lui,” risponde con un sorriso ed aria partecipe ed interessata, per poi aggiungere, “senta, anzi, senti, possiamo darci del tu?”
 
“Ma certo, anzi, devi darmi del tu,” ribatte lei con sguardo provocante, tendendo poi una mano con tanto di manicure zebrata e proclamando, “anzi, io sono Stefania, molto piacere.”
 
“Il piacere è tutto mio, io sono Ivano,” replica Gaetano, pronunciando il primo nome fasullo che, per ovvie ragioni, gli viene in mente, prendendole la mano ed esibendosi in un baciamano volutamente esagerato e privo di qualsivoglia classe, che avrebbe fatto inorridire suo padre, ma che produce invece una risatina leziosa e compiaciuta da parte di lei.
 
“Senti, Stefania,” prosegue Gaetano, continuando a tenerle la mano e a mantenere il contatto visivo, “io c’ho avuto un’idea: secondo me è meglio se questa registrazione tu la dai direttamente alla polizia.”
 
“Ma-“ protesta lei, irrigidendo il braccio e il polso, ma lui la interrompe con un altro sorriso rassicurante.
 
“Se è stata la mia ex moglie, è l’unico modo per evitarmi altri giochetti di questo tipo in futuro. E se glielo porto io, rischio di inguaiarmi, che magari pensano che c’entro qualcosa, mentre se glielo dai tu sta tutto a posto.”
 
“Ma io non posso tenere le registrazioni per più di un giorno, Ivano. E poi non mi piace la polizia.”
 
“Neanche a me me piacciono gli sbirri, ma ogni tanto possono pure far comodo, no?” proclama lui rifacendole l’occhiolino, “e poi, eddai, una donna bella come te, sono sicuro che te li rigiri come vuoi. E fa comodo pure a loro avere quel video.”
 
“Beh, sì, in effetti…” annuisce lei con un’altra risatina, mentre Gaetano nota il rosso delle guance emergere sempre di più sotto il marrone del trucco e il battito del polso farsi più accelerato.
 
“Così lasciamo tutto il lavoro noioso a loro e noi due invece, magari domani sera, che c’ho la mia serata libera, possiamo fare qualcosa di molto più piacevole insieme, che starcene chiusi qui a vederci un video. Che ne dici di una cena? Solo se ti va, ovvio, magari hai già impegni, però-“
 
“No, no, domani sera va benissimo,” lo interrompe lei, non mascherando in alcun modo l’entusiasmo.
 
“Ti piace il sushi? Sai, anche tu mi sembra che ci tieni molto alla forma fisica e quindi…” commenta, cercando di ricambiare l’occhiata di apprezzamento di lei nel modo più credibile possibile.
 
“Adoro il sushi!” proclama con un sorriso ancora più a 500 denti, che evidenzia i denti sbiancati artificialmente, mentre Gaetano non può fare a meno di chiedersi sui cimeli di famiglia di chissà quanti disgraziati questa donna abbia fatto la cresta per poterselo permettere. Come non può fare a meno di chiedersi come possa gestire un posto del genere – un mestiere in cui ci si fanno parecchi nemici –  da sola, o se ci sia qualcun altro dietro.
 
“Allora, mi dai il tuo numero?” gli domanda, interrompendolo nei suoi pensieri e costringendolo nuovamente a ragionare e in fretta.
 
“Certo, certo, aspetta,” risponde, cominciando a tastare le tasche alla ricerca del cellulare, come se potesse non accorgersi della sua presenza con i pantaloni praticamente cuciti addosso, per poi aggiungere, con uno sguardo e un tono tra lo scocciato e il dispiaciuto, “ecco, lo sapevo! L’ho di nuovo lasciato nei pantaloni della divisa da buttafuori. Una volta l’ho perfino messo in lavatrice: ma dove c’avrò la testa?”
 
“Eh, succede…” proclama lei con un’altra risatina esagerata, come se avesse appena fatto una battuta divertentissima.
 
“Senti, perché non mi dai il tuo? E magari ci mettiamo già d’accordo. Ti va se ti passo a prendere alle otto e mezza domani sera? Qui o a casa tua?”
 
“Alle otto e mezza è perfetto e io abito qua sopra, quindi…”
 
“Ah, beh, comodo,” commenta con un sorriso, mentre lei gli passa un biglietto da visita appariscente quasi quanto la proprietaria.
 
“A domani sera allora,” ribadisce lei, porgendogli di nuovo la mano con sguardo pieno di aspettative.
 
“A domani sera,” conferma, producendosi in un nuovo baciamano troppo vigoroso, per poi aggiungere, guardandola di nuovo negli occhi, “mi sa che alla fine mi toccherà pure ringraziare la mia ex per avermi fatto incontrare una fata come te.”
 
La donna per tutta risposta scoppia nell’ennesima risata da adolescente. Lui approfitta del momento per dileguarsi, voltandosi per farle per un’ultima volta l’occhiolino prima di uscire dal locale.
 
Si avvia a passo non troppo rapido fino al bar, abbastanza distante, in cui ha convenuto di ritrovarsi con Camilla e Sammy. Le trova intente a mangiarsi un gelato.
 
“Finalmente, non arrivavi più!” proclama Camilla, visibilmente sollevata, scrutandolo dalla testa ai piedi come per verificare se davvero sia tutto a posto e cercare ogni traccia compromettente, “allora?”
 
“Allora è fatta: dovrebbe chiamare la polizia e dare loro il video, senza parlare della mia visita,” risponde, cercando di sedersi e maledicendo per l’ennesima volta i pantaloni.
 
“E per il resto? Tutto bene? Come hai fatto a convincerla?” gli domanda e lui capisce benissimo che cos’è che realmente vuole sapere.
 
“Ma niente di che… sono bastati giusto un paio di baci,” proclama con nonchalance, aggiungendo, notando lo sguardo omicida di lei e scoppiando a ridere, “sulla mano, Camilla, solo sulla mano.”
 
“Scemo!” esclama lei, tirandogli un pugno sul braccio, mentre Sammy li osserva tra il divertito e l’imbarazzato, “nient’altro?”
 
“Beh sì, sappi che ormai rispondo solo al nome di Ivano,” ribatte lui, marcando nuovamente l’accento ed estraendo dalla tasca il biglietto da visita della gioielliera, “e Ivano si è guadagnato questo numero di cellulare ed una cena romantica a base di sushi domani sera.”
 
“Cosa?!” domanda lei, osservando quella specie di cartoncino che sembra uscito da un casinò di Las Vegas, mentre sente lo stomaco contrarsi nuovamente.
 
“Avresti preferito che passassi tutta la serata di stasera con lei a vedere i video di sorveglianza chiusi nel suo negozio? O che le lasciassi il mio numero di cellulare? E poi ti ricordo che l’idea di tutta questa sceneggiata è stata tua.”
 
“Per la carità! Io e le mie idee…” sospira lei, aggiungendo poi, preoccupata, dopo un attimo di riflessione, “e se non chiamasse la polizia?”
 
“Beh, allora mi toccherà proprio andarci a cena con Stefania, per convincerla,” proclama serio, prima di scoppiare di nuovo in una risata di fronte allo sguardo inferocito di lei: adora quando Camilla fa la gelosa, “e dai, professoressa, ma ti pare?”
 
“Guarda che stai rischiando grosso, dottor Berardi,” lo minaccia, colpendolo con la punta del dito indice appena sotto lo sterno.
 
“Camilla, ti garantisco che invece tu non rischi assolutamente nulla,” ribatte lui con un sorriso, trattenendole la mano nella sua, prima di aggiungere in un sussurro, in modo da non farsi sentire da Sammy, “e poi in queste serate ho già preso un impegno con una certa Jessica, con cui ho un conto in sospeso.”
 
“Vedremo se anche lei avrà un conto in sospeso con te, e soprattutto di che tipo, caro il mio Ivano,” ribatte lei, mordendosi però le labbra per trattenersi dal ricambiare il sorriso.
 
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“Centrale a Bravo otto, Centrale a Bravo otto…”
 
“Qui bravo otto, ditemi Centrale,” risponde, attivando il microfono della radio.
 
“Marchese?”
 
“Si, Grassetti, sono io. È successo qualcosa?”
 
“Cercavo il dottor De Matteis, ho un messaggio per lui.”
 
“Il dottor De Matteis non è con me. Sta interrogando una testimone e tornerà poi in taxi, credo. Hai provato sul cellulare?”
 
“Sì, ma è irraggiungibile…”
 
“Grassetti, di che si tratta? Magari posso aiutarti…”
 
“È per il caso Scortichini: abbiamo ricevuto una chiamata dalla gioielleria di fronte al luogo dove hanno rubato la panda bianca. A quanto pare la proprietaria ha ritrovato la registrazione, dice che l’aveva ancora nel cestino del computer e non l’aveva cancellata del tutto,” spiega Grassetti con un sospiro, facendo capire quanto questa versione non la convinca.
 
Allora ce l’hanno fatta – è il pensiero di Marchese, che non può evitare un sorriso.
 
“Senti, Grassetti, ci vado io, tanto sono di strada, non sono distante dall’EUR,” propone, cercando di contenere l’entusiasmo per l’enorme colpo di fortuna di aver risposto per primo a questa chiamata, “così per quando De Matteis torna abbiamo la registrazione in centrale.”
 
“Va bene,” proclama lei dopo un attimo di esitazione: Mancini era con Luciani di fronte all’albergo della Misoglio e non aveva nessuno a cui chiedere istruzioni.
 
Del resto dopo che la Misoglio era sparita per qualche ora il giorno prima, avevano deciso di intensificare i controlli, sebbene fosse ritornata regolarmente in albergo la sera stessa. La cosa che però la preoccupa di più è l’ordine tassativo di Mancini di non riferire a Marchese né del pedinamento, né della “fuga”. È anche per questo che non è sicura che mandare lui a prendere i nastri sia una buona idea, ma in fondo De Matteis non l’ha tolto dal caso, sebbene la Misoglio fosse stata una sua compagna di classe.
 
“Ok, Centrale, passo e chiudo!”
 
Stacca la comunicazione, e, facendo attenzione alla strada, afferra il cellulare e seleziona in rubrica un numero che erano anni che non componeva e che, almeno quello, era rimasto lo stesso, anche se era cambiato tutto il resto.
 
“Sammy? Sono Marchese…” annuncia con tono imbarazzato ed esitante, che combacia perfettamente con quello della ragazza all’altro capo della cornetta, “ci sono novità: siete ancora in zona EUR, per caso?”
 
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“Eccoci qui…”
 
Finalmente – pensa, trattenendosi per un soffio dall’esclamarlo ad alta voce: non ne poteva più.
 
Per tranquillizzare la cameriera aveva dovuto rimandare in centrale Marchese con la pantera della polizia e aveva quindi deciso di accompagnare la donna fino a casa sull’auto di lei.
 
Peccato che la macchina in questione fosse una punto ormai maggiorenne che aveva decisamente visto tempi migliori e che, unita alla guida iperprudente al limite dell’intralcio al traffico della signora, si era tradotta in quello che più che un viaggio gli era parso un pellegrinaggio in ginocchio.
 
“Dove sono questi pantaloni?” domanda, cercando di non apparire troppo impaziente, dopo che la signora aveva chiuso la porta dietro di loro.
 
“Sì, mi scusi… è che… lei è tanto elegante e… qui non siamo abituati a vedere qualcuno vestito come lei. Ha notato come ci guardavano sulle scale? Chissà cosa penseranno i vicini…” commenta la signora, chiaramente a disagio e in imbarazzo.
 
“Senta, signora, sono sicuro che potrà inventarsi una storia credibile per i vicini, ma ora, per favore, avrei davvero bisogno di vedere quei pantaloni,” ripete, sforzandosi di mantenere un tono conciliante.
 
“Sì, sì, certo, mi scusi, subito,” balbetta la signora, avviandosi verso una delle stanze.
 
Sa che forse non dovrebbe ma la segue.
 
Più che una stanza quello che compare loro davanti è una specie di campo di battaglia: vestiti gettati qua e là insieme a riviste e a un solo libro, che appare quasi fuori posto in mezzo a quel ciarpame, una scrivania zeppa di trucchi sparpagliati alla rinfusa, poster appesi a tutte le pareti. Insomma, la camera di un’adolescente tipica. Solo che lui detesta il caos, il disordine e gli adolescenti tipici.
 
La donna, a cui probabilmente ogni albergo toglierebbe il posto se vedesse la camera della figlia e poi forse la riassumerebbe se la donna fosse in grado di risistemarla in tempi brevi, cosa per cui, a parere di De Matteis, occorrerebbe la magia di Mary Poppins, appare a suo agio in mezzo a quel maremoto e si avvia decisa verso una delle pile di vestiti, da cui cava finalmente un capo di stoffa bianca.
 
De Matteis per una volta estrae ed indossa più che volentieri i guanti di lattice e non di certo per non contaminare le prove: più contaminate di così…
 
“Sono questi,” proclama la donna, come se fosse necessario, porgendoglieli.
 
“Benissimo,” sospira, sollevato, tenendoli a distanza di sicurezza dal proprio corpo ed analizzandone ogni dettaglio.
 
E poi li volta ed è come se una scarica di adrenalina ed una secchiata d’acqua gelida gli percorressero il corpo nel medesimo istante.
 
Merda!
 
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“Eccomi!”
 
“Finalmente, Marchese!” proclama Camilla, tirando un sospiro di sollievo, “stavamo per esaurire la lista delle consumazioni di questo bar.”

“Ho fatto prima che ho potuto e-“ esordisce, ma poi alza gli occhi e li strabuzza, mentre la mandibola quasi gli precipita al suolo, non appena nota il coatto palestrato da reality seduto accanto alla prof. e, soprattutto, chi è il coatto palestrato da reality seduto accanto alla prof..

“Dottor Berardi?!” domanda, incredulo, trattenendo a stento le risate.
 
“Marchese, non t’azzardare a ridere, o giuro che, a costo di farmi radiare io stesso, vado dal questore in persona per convincerlo a sbatterti a dirigere il traffico,” minaccia Gaetano, lottando però per rimanere serio.
 
“Beh, però devo dire che il travestimento ha funzionato: la gioielliera sembrava un’altra rispetto alla volta scorsa. Gentile, disponibile, collaborativa, si è raccomandata di fare tutto il possibile per aiutare il povero ragazzo a cui avevano rubato l’auto,” ricorda Marchese, scoppiando infine a ridere.
 
“Ah, buono a sapersi, Ivano,” commenta Camilla, sibilando il nome nell’orecchio di Gaetano.
 
“Allora, hai il filmato?” domanda Sammy, tagliando corto, prima che ricomincino a battibeccare per altre due ore, mentre Marchese si siede, con un certo imbarazzo, accanto a lei.
 
“Sì, sì, su cd e su chiavetta USB, per sicurezza,” conferma, estraendo gli oggetti e posandoli sul tavolo, “avete un computer? Però vi avviso che non posso fermarmi per molto, al limite ve ne lascio una copia e io vado.”
 
“Ho il tablet,” proclama Sammy, estraendolo dalla borsa e collegando la chiavetta USB con l’adattatore.
 
Poche indicazioni da parte di Marchese ed aprono il file. Marchese prende in mano il tablet e la situazione ed arriva all’orario incriminato.
 
“Dagli altri filmati sappiamo che l’auto deve essere stata rubata prima delle 16.30, ma alle 15.00 era lì… E infatti alle 15.00 ecco la panda,” proclama, indicando l’auto bianca che fortunatamente è inquadrata molto bene dalla telecamera.
 
“Bene, a questo punto procediamo di dieci minuti in dieci minuti e vediamo se è ancora lì,” prosegue Marchese, saltando avanti nel filmato, fino a quando arrivano alle 16.10 e l’auto scompare.
 
“Ok, allora adesso vediamo il filmato dalle 16.00 alle 16.10…”
 
Con il fiato sospeso, si sporgono tutti sullo schermo per osservare il filmato, fino a che, alle 16.03 arriva qualcuno che armeggia rapidamente accanto all’auto, nel giro di un minuto è dentro e in altri due, tre al massimo, se ne va.
 
“Questo è un professionista, o comunque uno che di auto ne ha già rubate un po’,” commenta Gaetano, usando il maschile non a caso: si nota infatti anche ad uno sguardo sommario che il ladro ha un vistoso pizzetto e i capelli corti, “riesci a ingrandire un po’ il volto?”
 
“Mmm, con l’apparecchiatura professionale sicuramente posso fare di meglio ma, tentiamo di andare fotogramma per fotogramma quando è ancora fuori dall’auto, e zoomiamo,” risponde Marchese, procedendo molto lentamente e allargando la zona interessata.
 
Bastano pochi fotogrammi, in realtà, perché Sammy esclami un “oddio, non ci posso credere!”
 
“Ma è-“ conferma Camilla, ma non fa in tempo a finire la frase, perché il telefono di Marchese squilla.
 
“Grassetti, cosa c’è?”
 
“Marchese, hai ritirato il filmato? De Matteis è tornato e ha chiesto di te, ti vuole vedere subito…”
 
“De Matteis mi vuole vedere subito?” domanda, preoccupato, “e non sai il perché?”
 
“No, ma sbrigati, lo sai che non ama aspettare,” risponde la ragazza, “adesso devo andare, a tra poco!”
 
“Che è successo?” domanda Gaetano, la cui espressione riflette quella del ragazzo, che però non fa in tempo a rispondergli perché dopo pochi secondi il silenzio viene interrotto da un altro squillo di cellulare.
 
“È il mio, ma chi è?” si chiede Camilla, estraendolo dalla borsa e leggendo il display, ma la chiamata è anonima, “pronto?”
 
“Professoressa Baudino? Sono Grassetti…”
 
“Grassetti?” domanda Camilla, cercando di mantenere un tono neutro, mentre Marchese e Gaetano si scambiano occhiate sempre più turbate, “a cosa devo questa chiamata?”
 
“Il dottor De Matteis la vuole vedere subito, cioè vuole vedere lei e anche il vicequestore Berardi.”
 
“De Matteis vuole vedere me e Gaetano, subito?” ripete ad alta voce, trattenendo a stento il panico nella sua voce, “ma come mai?”
 
“Non lo so, professoressa, ma mi ha detto che è urgente e… lo sa com’è fatto il dottore, no?”
 
“Sì, sì, ok, il tempo di arrivare, e siamo lì,” conferma Camilla, chiudendo la chiamata e scambiandosi con i suoi “complici” uno sguardo degno dei condannati al patibolo.
 
Oh, merda!
 
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“Voleva vedermi, dottore?”
 
“Sì, Marchese, chiudi la porta.”
 
Marchese deglutisce e fa come ordinato, cercando di apparire impassibile e naturale, anche se dentro di lui si sta scatenando l’inferno.
 
“Marchese, dove sei stato fino adesso?”
 
“Non gliel’ha detto Grassetti? La proprietaria della gioielleria ha chiamato dicendo di avere recuperato il filmato dal cestino del computer, quindi sono andato per prenderlo. Ne ho fatte più copie per sicurezza, tutto refertato come da procedura, ecco qui,” spiega, appoggiando cd e chiavetta sulla scrivania di De Matteis, attento a non turbare minimamente l’ordine perfetto e maniacale.
 
“Bene… certo è strano che si sia convinta Marchese, dopo diversi giorni, ma magari le è stato suggerito da qualcuno…” commenta De Matteis, mentre Marchese si sente mancare la terra da sotto ai piedi.
 
“Lei pensa?”
 
“Sì, lo penso… Del resto oggi è stata una giornata particolarmente fortunata, no, Marchese? Prima i pantaloni, poi il filmato,” dichiara, alzandosi dalla sedia e girando intorno alla scrivania, per fermarsi accanto all’agente.
 
“Sì… direi di sì…” balbetta, cercando di deglutire saliva, ma la bocca è completamente arida, peggio di un deserto.
 
“Sai, Marchese, quando ho saputo che la Misoglio era una tua ex compagna, ho pensato che fosse meglio toglierti dal caso, temevo che ti facessi condizionare, che non fossi obiettivo, lucido o che, peggio, potessi remarci contro durante le indagini…” proclama, guardandolo negli occhi, “ma poi mi sono lasciato convincere da te e dal fatto che in fondo non avevi visto la Misoglio per tanti anni e che quindi i rapporti tra voi non avrebbero dovuto essere stretti a tal punto da impedirti di fare il tuo mestiere, da farti venire meno ai tuoi doveri.”
 
“Dottore io…”
 
“Ma oggi hai mostrato uno straordinario spirito di iniziativa, assolutamente non da te, come quell’intuizione sulla cameriera, incredibilmente brillante, quasi troppo brillante. E allora ho capito tutto, Marchese, ho capito di avere commesso un gravissimo errore di valutazione…” afferma, continuando a fissarlo come se lo stesse studiando, “e quindi ho preso una decisione che ti riguarda e che, soprattutto, riguarda la tua carriera.”
 
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“Questo posto non è proprio cambiato…”
 
“Già, quanti ricordi, eh?” commenta con un sorriso malinconico, anche se ancora velato da una punta di apprensione, mentre percorrono insieme quei corridoi così familiari.
 
Durante il tragitto avevano rischiato multiple multe per eccesso di velocità, ma erano comunque in ritardo, dato che avevano dovuto passare da casa per cambiarsi: Gaetano non poteva certo presentarsi in questura conciato come “Ivano”.
 
“Già… però le facce sono tutte nuove: non è praticamente più rimasto nessuno della mia vecchia squadra,” nota con un sospiro, guardandosi ancora intorno, “sembra quasi surreale tornare qui e non vedere Torre, Ferrari, Piccolo e tutti gli altri…. Certo, razionalmente lo so che il tempo è passato e che sono cambiate tante cose, anche tra noi due, ma…”
 
“Lo so, ti capisco,” risponde lei con un altro sorriso, stringendogli la mano, mentre si siedono sulle scomodissime seggiole che Grassetti ha indicato loro, in attesa che De Matteis possa riceverli, “tu non hai idea di cosa ho provato io quando sono tornata qui per la prima volta e ho scoperto che non lavoravi più qui. Soprattutto dato che Torre per un momento mi ha fatto credere che tu… che tu fossi morto…”
 
“Cosa?!” domanda lui, con tono talmente forte che alcuni agenti di passaggio si voltano a lanciargli un’occhiataccia.
 
“Sì, mi ha mostrato una tua foto e mi ha detto che era l’unica cosa che gli rimaneva di te, che te ne eri andato e che ‘ci avevi lasciato’. Dio mio, se ci ripenso…” spiega con voce tremante, ricordando quel terribile pugno alla bocca dello stomaco, l’angoscia, il vuoto, un immenso vuoto, quel vuoto che precede il dolore quando il dolore è troppo immenso per poter essere assimilato tutto insieme. Ma per fortuna il dolore non era mai arrivato, perché Torre aveva chiarito subito l’equivoco, prima che potesse investirla.
 
“Sai,” aggiunge con una mezza risata amara, “quando mi ha spiegato che ti eri solo trasferito, ho provato un tale sollievo che… che perfino quando mi ha detto che ti eri rifatto una vita, che ti eri sposato e che avevi un bimbo non sono riuscita a sentire altro che gioia per te, perché stavi bene, perché anche se tra noi due era tutto finito, o forse non era mai iniziato, tu avevi la vita che avevi sempre meritato e anche quel figlio che volevi tanto. E poi è arrivato invece il rimpianto per me, per tutto quello che avevo perso, che non avevo mai avuto, insieme alla consapevolezza e alla crudele ironia che evidentemente non era proprio destino tra noi due, che non riuscivamo mai ad essere nello stesso posto nello stesso momento.”
 
“Amore mio,” sussurra lui, commosso, abbracciandola di lato, incurante del contesto e degli agenti, “e invece, hai visto? Per una volta ti sbagliavi, professoressa!”
 
“Non sono mai stata così felice di essermi sbagliata di qualcosa, Gaetano!”
 
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“Dottore io… posso spiegarle…”
 
“Non serve spiegare, Marchese, ecco, prendi,” dichiara, porgendogli una busta e facendogli segno di aprirla, “leggila.”
 
Marchese, con le mani tremanti, estrae quel foglio dalla busta che pare una condanna a morte e scorre rapidamente il testo. Il suo cervello si rifiuta di comprendere le parole, tanto che si chiede se stia allucinando, fino a che si calma un secondo e riesce finalmente a dare un senso a quello che sta leggendo.
 
“Ma… ma… qui c’è scritto che mi propone per una promozione ad assistente!” afferma, incredulo, tirando un sospiro di sollievo.
 
“Eh beh, certo, perché tanta sorpresa? Sei cresciuto molto Marchese, da quando ti ho incontrato per la prima volta e quindi te la sei meritata. Certo, non posso prometterti niente, lo sai, però ci proviamo. E poi tra qualche mese ci sarà di nuovo il concorso per ispettori e vorrei che tu lo tentassi, Marchese. Hai fatto un ottimo lavoro oggi!” proclama, dandogli una pacca sulla spalla, anche se un po’ rigida e fredda, ma del resto questo è già un miracolo da uno come De Matteis.
 
“Ma tutto questo… solo per… solo per l’intuizione sulla cameriera?” domanda, stupito, mentre al sollievo si sostituisce gradatamente il senso di colpa.
 
“Per la cameriera e soprattutto per avermi dimostrato che possiedi la prima dote fondamentale di questo mestiere, ossia l’imparzialità e la professionalità, anche quando è coinvolto qualcuno che conosci personalmente,” spiega De Matteis, dandogli una seconda pacca sulla spalla, provocandogli un’altra colata di acido nello stomaco e allontanandosi poi da lui per rispondere al telefono.
 
“Ci sono i primi risultati della scientifica su quei pantaloni, Marchese, andiamo,” ordina, avviandosi verso la porta.
 
“Ma dottore e la pro-“ esordisce, rendendosi poi conto della terribile gaffe che stava per commettere, dato che lui non dovrebbe sapere che la prof. è stata convocata in questura.
 
“E la prova del filmato?” aggiunge, salvandosi in corner.
 
“Il filmato lo vediamo dopo Marchese, se quei pantaloni corrispondono, potrebbe essere solo una formalità!”
 
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“Ma è normale fare tutta quest’anticamera?” domanda Gaetano, innervosito, guardando l’orologio: è ormai da un’ora che aspettano.
 
E nell’attesa, l’ansia su cosa potesse avere scoperto De Matteis continua ad ingigantirsi, a crescere e a peggiorare.
 
“Sì, purtroppo è normale,” conferma lei con un sospiro, ricordando le visite precedenti in questura, “credo che ci goda a sottolineare che lui può farti aspettare.”
 
“E non ha nemmeno rispetto per un collega e pure parigrado,” sospira Gaetano, mentre la sua antipatia per De Matteis continua a crescere ad ogni istante che passa, per poi aggiungere, notando l’espressione di lei, “non che sia lecito fare aspettare chiunque così, salvo emergenze.”
 
“Più che altro ho paura che stia mettendo sotto torchio Marchese e qui nessuno ci dice niente… Dio mio, che succede se hanno scoperto che ci passa le informazioni? E non dirmi te l’avevo detto!”
 
“Ma io non ho nemmeno parlato!” sottolinea Gaetano, trattenendo un sorriso, nonostante tutto, di fronte all’espressione di lei.
 
“Ma conosco quello sguardo, ci manca solo un bel ‘ah’ a completare il tutto.”
 
“Camilla, ascoltami, a questo punto non possiamo fare altro che aspettare e, qualunque cosa sia successa, la affronteremo insieme, ok?” cerca di tranquillizzarla, sebbene sia molto, ma molto preoccupato.
 
“È che… se tu dovessi avere problemi per colpa mia, non me lo perdonerei mai,” gli sussurra, sentendosi tremendamente in colpa.
 
“Ehi, professoressa, mica mi hai puntato una pistola alla tempia e quindi la colpa è anche mia,” la rassicura, passandole un braccio intorno alle spalle.
 
Attendono ancora per un po’ in silenzio, fino a che gli occhi di Gaetano cadono sull’enorme orologio in corridoio.
 
“Adesso quello che rischiamo però è una multa: devo andare a rinnovare il biglietto del parcheggio. Torno subito, tu resti qui? Se De Matteis ti chiama, insisti per aspettarmi, ok? Io faccio in un attimo.”
 
“Tranquillo,” annuisce lei con un sorriso, anche se l’apprensione cresce e monta ad ogni passo che lui fa verso l’uscita.
 
Non sa quanti minuti siano trascorsi, tra l’agitazione ed un mix ingarbugliato di pensieri, quando una voce stranamente familiare la raggiunge.
 
“Ho bisogno di parlare con il dottor De Matteis.”
 
Camilla solleva il viso, incredula e lo vede: a pochi passi da lei, intento a parlare con un giovane agente che non ha mai visto prima e che, dall’età, sembra fresco di accademia.
 
“Ma ha un appuntamento?”
 
“No, ma io sono-“
 
“Mi dispiace, ma il dottore è impegnato e ha dato ordini di non essere disturbato e poi ha già gente in attesa,” lo interrompe il ragazzo, indicando con il dito la seggiola su cui lei è seduta.
 
È come se il mondo andasse in slow-motion: l’uomo volta il capo nella direzione indicata dalla mano e quegli occhi azzurri incrociano i suoi, riconoscendola tra stupore, imbarazzo e sembrerebbe anche esserci una punta di malinconia.
 
“Camilla…” esala in quello che è quasi un sospiro, voltandosi poi per un secondo verso l’agente e rassicurandolo che non c’è problema e può aspettare.
 
Si avvicina a lei, e di nuovo il tempo sembra scorrere al rallentatore, mentre continua ad osservarla come se volesse studiare ogni minimo particolare, ogni minimo cambiamento.”
 
“Camilla,” ripete, fermandosi ad un passo da lei, come se non sapesse più come proseguire.
 
“Ciao, Marco.”
 
 
Nota dell’autrice: Lo so, lo so, lo so, chiedo venia per l’attesa ma ero via per lavoro e il tempo per scrivere è stato inesistente per tanti giorni. Spero di aver recuperato e che il nuovo capitolo non abbia deluso le vostre aspettative, anche se vi ho lasciati su un bel cliffhanger xD. Potete immaginare cosa ci attende all’inizio del nuovo capitolo, no? E nel prossimo scopriremo finalmente chi è il misterioso ladro d’auto, avremo i risultati delle analisi sui pantaloni e… non anticipo altro, diciamo che, ripeto, nulla è come sembra e ci sono un bel po’ di misteri ancora da risolvere per i nostri “complici in indagini criminali”, che sono sempre ad un passo dall’essere scoperti. E in quel caso, che succederebbe, secondo voi ;)?
 
Come sempre i vostri pareri e le vostre critiche sono utilissimi per migliorarmi, quindi non vedo l’ora di leggere cosa ne pensate. Vi ringrazio per la pazienza di avermi seguita fin qui e, se vi va, vi do appuntamento al prossimo capitolo: nei prossimi giorni dovrei avere più tempo per scrivere quindi. salvo imprevisti, non dovrebbe impiegarci quasi due settimane come questo ;).
   
 
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