Perchè
il compleanno dovrebbe essere un giorno felice. Perchè non
per tutti è così. Stralcio di tristezza
in un mattino uggioso. xXx Kim xXx
Soffia,
Esprimi Un Desiderio
Se dovessi suicidarmi,
penso lo farei il giorno del mio compleanno. Nella mia mente non ho
nessun ricordo felice di questo fottuto giorno afoso che precede il
culmine dell'estate. Quando avevo quattro
anni, il giorno del mio compleanno i miei genitori hanno litigato di
brutto, le frecciatine nascoste e le osservazioni falsamente ironiche
hanno raggiunto il loro culmine di sopportazione. Ricordo ancora la
stanza fiocamente illuminata, il sole cocente di mezzogiorno relegato
dietro le tende opache, il tavolo della cucina malamente apparecchiato.
Le urla che invadevano la casa, accuse e bestemmie sputate le une in
faccia alle altre, un mattone di formaggio grana scagliato addosso allo
stipite scrostato della porta, proiettile lattiginoso che ha mancato il
bersaglio. Quando avevo otto
anni, il giorno del mio compleanno mio padre ha iniziato ad
impacchettare i suoi indumenti, gettandoli con rabbia in un borsone
scuro, insultando mia madre, vomitandole addosso fiumi di colpe
inesistenti, stronzate ingigantite dall'occhio deforme che possiede
l'ira, minacciando di andarsene da questo paese di merda che soffoca la
sua vita, di accantonare tutti quegli anni cupi che lo hanno reso
schiavo del lavoro, ore infernali trascorse con fatica pur di portare
sulla tavola un pezzo di pane. Quando avevo tredici
anni, il giorno del mio compleanno ha iniziato a diluviare, mio padre
è venuto a prendere me e le mie amiche ad una festa all'una
di notte, incazzato del suo improvvisato lavoro di tassista, dando di
matto quando non è riuscito a trovare il posto al primo
colpo. Sfuriata in macchina, schizzi di odio dalla sua bocca, lacrime
che rigavano le mie guance quando mi sono rintanata sotto le coperte
per non sentire il cupo rombo dei tuoni fuori dalle mura di casa o,
chissà, per non voler ascoltare l'eco degli amari auguri
appena ricevuti. Quando avevo quindici
anni, il giorno del mio compleanno l'ho passato a correre, sfinirmi di
esercizi, sudare, decisa a sciogliere tutto il grasso ormai inesistente
nel mio corpo allo stremo delle forze. Dovevo cenare con gli amici, un
sorriso labile sulle labbra al momento della consegna del regalo, una
fottuta foto delle mie migliori amiche, le stesse che impassibili mi
hanno visto rimanere stesa sul letto, apatica e a digiuno per un'intera
settimana, senza dire una parola quando salivo le scale a rallentatore,
il cuore a mille a rischio d'infarto, senza mollarmi un ceffone in
piena faccia cercando di farmi aprire la testa e ragionare. Me ne sono
andata prima, accusando un impegno, vile vittima del conto delle
calorie e disgustata dal cibo che sapevo di non meritare, non
finchè non sarei stata magra e bella, con una corte di
ragazzi al seguito. Ho sempre invidiato
chi trascorre il compleanno felicemente, dal risveglio con una
colazione fumante in grembo, portata da una mamma in grembiule da
cucina, con un sorriso felice sul volto. Un bacio sulla fronte, un
augurio sincero di buon compleanno e il profumino invitante della torta
appena sfornata, adorna di candeline colorate. Mi sono sempre
piaciute le feste a sorpresa, con i palloncini e gli striscioni
colorati, i cartoncini con frasi divertenti, la musica allegra in
sottofondo e le risate spensierate in compagnia, senza brutti pensieri
a sporcare la felicità del momento. Non avrei mai preteso
di meritare una cosa del genere, le cose in grande non fanno per il mio
ego maldestro rannicchiato dentro il cellophane che riveste il mio
corpo come un'acida scorza di limone. Un sorriso sereno, una
parola detta all'orecchio, una prova di considerazione. E magari, per un
frivolo secondo, avrei forse desiderato veramente vivere appieno quel
giorno.