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Autore: Deb    19/06/2014    1 recensioni
{Fanfiction su Clockwork Flowers di LaGattaImbronciata ♥ Spinoff capitoli 9 e 10}
Salvami, Peeta. Glielo avevano detto, i suoi occhi, il suo comportamento, ma Peeta era stato troppo stupido ed egoista per notarlo. Stava pensando a se stesso, troppo preso dai propri drammi.
Sei un amico di merda. Portò le mani tremanti tra i capelli, intrecciando le dita tra i riccioli e tirando via i nodi. Era riuscito a salvarla? Si era comportato bene, almeno all'ultimo? [...]
Peeta voltò lo sguardo, osservando il punto in cui era svanita. Dove sei?

{Buon Compleanno GattaPavonessah! ♥ Love iuh!}
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Katniss Everdeen, Madge Undersee, Peeta Mellark
Note: AU, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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A LaGatta,
buon compleanno, cuoreh
spero che trascorrerai questo giorno in serenità,
intanto ti pubblico il regalo per il tuo compleanno.
Sai bene quanto avessi paura di rovinare mio marito Clock,
ma se la mogliah chiede qualcosa,
io eseguo.
E come promesso,
ecco ciò che mi hai chiesto per il tuo compleanno
Ti voglio bene, tesorina
Non scordarti mai quanto tu sia speciale
e che effetto hanno le tue parole.
Noi rimarremo sempre con te
e ti supporteremo ogni giorno.

...
SCRIVIH, NAUH!
Love iu



Death's Flowers
Clockworks Flowers Fanfiction. Si richiede la lettura di quella storia prima di leggere questa.



Bruciavano. E più le sue mani si muovevano lungo la linea delle sue cosce, più sentiva i palmi bruciare.
Devo pulire. Devo mandarle via.
Avanti ed indietro, le dita tremavano e vibravano sopra la trama del jeans e bruciavano.
Caldo e freddo. Freddo interno, caldo nei palmi.
Peeta non sapeva dire se fossero passati pochi secondi o giorni interi, poteva essere lì da una vita per quanto ne sapeva. In attesa di qualcosa, di una parola, della conoscenza. Qualcuno che gli dicesse che andava tutto bene, che stava bene, che Madge si era ripresa e che sarebbe uscita, a breve.
Devo pulire. Riuscirò a pulire, Madge? Troppo preso dai suoi pensieri, da ciò che era accaduto quel pomeriggio, troppo cieco per vedere che l'amica stesse male. Sono bravo ad osservare. Non l'aveva fatto, non con lei. Aveva bisogno di aiuto, Madge, e lui non c'era stato, non aveva visto la sua richiesta d'aiuto.
Salvami, Peeta. Glielo avevano detto, i suoi occhi, il suo comportamento, ma Peeta era stato troppo stupido ed egoista per notarlo. Stava pensando a se stesso, troppo preso dai propri drammi.
Sei un amico di merda. Portò le mani tremanti tra i capelli, intrecciando le dita tra i riccioli e tirando via i nodi. Era riuscito a salvarla? Si era comportato bene, almeno all'ultimo? Come stai, Madge?
Peeta voltò lo sguardo, osservando il punto in cui era svanita. Dove sei? Avrebbe voluto correre, mettere un piede davanti all'altro, entrare in quel corridoio e cercarla, arrivare da lei, stringerla tra le sue braccia. Non ti lascerò più. Osserverò, vedrò... sempre. Pulirò qualsiasi macchia.
Colpa sua. Buono a nulla. Era sempre colpa sua, avrebbe dovuto guardarla attentamente e comprendere cosa ci fosse che non andasse. Se fossi stato accorto, l'avrei notato. Sempre e solo colpa sua. Se fosse stato più veloce, se solo fosse stato davvero con lei in quel momento invece di perdersi nella sua rabbia. Avrei dovuto accorgermene.
Un lamento stridulo uscì dalle sue labbra e le mani ritrovarono i jeans, sfregando le proprie colpe. Brucia. Va bene se brucia. Me lo merito.
«... senti?» Alzò lo sguardo, Peeta, incontrando gli occhi castani di un camice bianco. La mano appoggiata sulla sua spalla, stringeva con delicatezza il nervo rigido. Vai da Madge. C'era troppo sangue.
«Come ti senti?» Ripeté il dottore, lasciando il suo corpo. Come poteva chiedere come stesse lui? Madge aveva bisogno di aiuto, lo aveva richiesto, non dovrebbero ignorarla. Non dovrebbe stare davanti a lui, come se fosse Peeta colui che aveva bisogno.
Non scosse nemmeno il capo, Peeta. Abbassò lo sguardo, riprendendo a strofinare le proprie mani sul tessuto. Doveva pulire, doveva soltanto pulire. Se fosse riuscito a lavare tutto, a cancellare le macchie, allora sarebbe andato tutto bene.
I suoi polsi vennero catturati dalle mani decise del dottore. «Ti stai facendo del male, ti procurerai delle ustioni se continui così». Lo guardò, poi volse lo sguardo intorno a sé. C'era un'infermiera, poco lontano, che lo guardava serio. L'aveva chiamato lei, il dottore. Sono così inetto da aver bisogno di aiuto, dolcezza?
«Dategli tre gocce, si calmerà». La voce del dottore era fredda, abituato a quelle situazioni da chissà quanto tempo. Freddo e distaccato, calmo e deciso.
«No». Era un sussurro. Scosse la testa. «Come sta? Come sta, lei?» Sciolse la presa, per essere lui a stringere i polsi del dottore, lo guardò, speranzoso, cercando di mantenere il contatto visivo. «Come sta? Sta bene? Quando la farete uscire?»
Sospirò, il dottore. «Chi?»
«Madge. Undersee Madge». Strinse la presa, sentendo le mani irrigidirsi, le sue nocche diventare bianche per la forza utilizzata.
Non si mosse, il dottore. «Quella dell'epistassi ?»
Per loro, Madge non ha nemmeno un nome. Quella dell'epistassi . È soltanto un corpo che ha avuto un crollo. Annuì, senza poterne fare a meno, continuando a stringere quei polsi per non farlo scappare. Devo sapere cosa devo lavare via.
«Ha perso molto sangue, sta facendo gli accertamenti. Non appena ne sapremo di più verrai aggiornato tempestivamente sulle sue condizioni». Freddo e distaccato. Lontano da lui, dal suo dolore, dalla sua colpa.
Tremarono, le mani, quando lasciò la presa dal dottore, per riportarle sui jeans. Accertamenti. Tanto sangue. Devo pulire tutto. Devo aiutarla. Avrei dovuto aiutarla prima. Non posso fare altro che aspettare.
«Prendi». Un calmante. Volevano dargli qualcosa per calmarsi, ma lui non era agitato, non era niente. Era una nullità.
Scosse la testa, continuando a muovere i palmi, sfregando la propria colpa, sentendone il bruciore. Va bene così. È giusto così.
«Ragazzo, dov'è la tua famiglia? Non puoi stare qui da solo». Disse il dottore, con voce greve, proseguendo a muovere sotto il suo naso il calmante. Mosse una mano, Peeta, gettandolo a terra. Non sono io ad aver bisogno di cure, dottore. «Se sei qui da solo, dovresti andare a casa».
«Non posso». Scosse la testa, più volte. Gli occhi dilati, le mani che non riuscivano a rimanere ferme. «Non posso. Devo... Devo aiutarla». Un ulteriore sussurro, una supplica tra quella tappezzeria fiorata. I fiori si portano ai morti. Fiori in ogni muro, colorati ed allegri. Lo stomaco di contorse su se stesso, la nausea arrivò prepotente immaginando il profumo dei fiori profumare un ambiente morto. I fiori si portano ai morti. Madge non è morta, sta bene. Si riprenderà, laverò via il suo sangue.
«Non l'aiuti certo stando qui ed in questo stato. Vai a casa». Era un ordine ben preciso, quello, ma il dottore non era nessuno per obbligarlo a fare qualcosa che non volesse. Non è morta. Devo rimanere con lei. Per lei. Madge si riprenderà. Rimarrò. L'aiuterò.
«No... No. Stanno arrivando. Tra poco arriveranno». Biascicò una scusa, scuotendo la testa. «Tra poco arriveranno». Chi? Sei solo, Peeta. Non c'è nessuno. Solo tu ed i fiori e la morte. In questo momento qualcuno sta morendo, qui dentro. La morte, i fiori. Madge si risveglierà, presto. Tra poco tornerà ed uscirà. Deglutì, Peeta. «Sta arrivando».
Il dottore sospirò, scuotendo la testa. «Come vuoi tu, ragazzo». Disse, prima di voltargli le spalle, lasciandolo solo.
Solo. Bruciava la mano quando la infilò nella tasca. Non c'è nessuno per Madge. Scandagliò la propria rubrica alla ricerca di un nome, di qualcuno che tenesse a lei. Madge non è da sola, ci sono io. Controllò ancora una volta la rubrica.
«Ma allora vi conoscete!» Madge, con Katniss. Con quella ragazza che aveva sempre osservato da lontano. Madge, che era amica della ragazza di cui aveva una cotta, che l'attirava a sé come un magnete, riempiendo i suoi occhi di colori, cercando di captare ogni sua sfumatura per poterla dipingere, come un fiore colorato in un mare di erba verde. Madge, silenziosa e fragile, in compagnia di lei.
Lei avrebbe voluto sapere che Madge stesse male. Erano amiche, vere amiche. Madge rideva, con Katniss. Madge l'avrebbe chiamata, avrebbe voluto che chiamasse la sua amica.
Non aveva il suo numero, però. Non poteva chiamarla, non gliel'aveva lasciato. Strofinò ancora una volta il palmo sui pantaloni. Come posso trovarti. Madge ha bisogno anche di te. Della sua amica.
Inspirò più a fondo, scompigliandosi i capelli con mano tremante. Il cellulare. Aveva il cellulare di Madge. Avrebbe trovato il suo numero lì. Avrebbe voluto sapere, Katniss. Era sua amica, avrebbe voluto essere messa al corrente, per esserci per Madge. Come lui, come Madge l'avrebbe voluto se non ci fosse lei, lì dentro.
Gli scivolò dalle mani, quando lo prese. Respirò a fatica, sentendo un nodo nel petto. Chiuse il pugno più volte, senza riuscire a fermare i tremiti del proprio corpo. Devi chiamarla, per Madge. Non fare il bambino. Sii uomo. Sospirò, cercando Katniss tra i contatti di Madge. Freddo e distaccato.
Copiò il numero sul proprio cellulare, componendo il numero.
Attese.
Uno, due, tre, cinque, sette, dieci squilli. «Vi stiamo trasferendo alla segreteria telefonica...»
Di nuovo.
Ancora la segreteria.
Da capo.
Dieci. «Vi stiamo trasferendo alla segreteria telefonica...»
Rispondi, cazzo...
Voleva gettare quel telefono dall'altra parte della sala. Doveva rispondere, Katniss. Doveva esserci, per Madge. L'avrebbero voluto tutte e due. Amiche. Era importante, più di qualsiasi cosa, più di qualsiasi discussione, essere presenti per le persone a cui si voleva bene. Sii uomo. Freddo e distaccato. Prese il telefono di Madge, premette la cornetta verde sotto il polpastrello. Voleva sapere, Katniss. Voleva che la sua amica sapesse, Madge. Non era sola. Aveva loro. Non era sola, in quella stanza. C'era Peeta con lei, era sempre con lei.
«Che c'è?» Il cellulare cadde dalle proprie mani. Fredda e scontrosa. Ma aveva risposto e doveva sapere. Le dita tremanti lo cinsero ancora, portandoselo all'orecchio.
Silenzio.
Freddo e distaccato. Sospirò, Peeta. Non era bravo, non ci sarebbe riuscito. Non era buono a fare nulla, nemmeno a sembrare calmo per cercare di non far preoccupare nessuno. Inetto. Sospirò ancora, cercando di rilassare il corpo. Chiuse gli occhi, con il tremore che continuava a non volerlo lasciare. Sta male, Katniss. Sta male. Aiutala. Sta male. Cosa devo fare per farla stare meglio? Per salvarla?
«Katniss?» Prese un altro respiro. Non ce la faccio, sta male. Sono stato cieco. È stata colpa mia. «Ka-Katniss». La voce si spezzò in un rantolo, seguito da un singhiozzo. Il suo nome, pronunciato dalle sue labbra sembrava quasi una supplica, un palliativo per il dolore, un calmante. Katniss avrebbe saputo cosa fare, forse. Katniss sarebbe stata vicino a Madge. L'avrebbe aiutata. Lei, forse, sarebbe riuscita ad aiutarla davvero, a differenza sua.
Non si accorse nemmeno che le lacrime gli scendevano lungo la guancia. Katniss. Non è sola. Madge non è sola.
Singhiozzò, senza freni, con la ragazza dall'altro capo del telefono che ascoltava il suo pianto, scoprendo la sua debolezza. Non so cosa fare, sta male e non so cosa fare.
«Peeta?»
Aprì la bocca per rispondere, richiudendola, aprendola ancora. Le parole non volevano uscire dalla propria gola. Uscivano soltanto i singhiozzi, il cercare di non piangere, facendo soltanto sì che fosse ancora più agitato. Hanno ricoverato Madge. C'era sangue dappertutto. Ne ha perso tanto. Non andrà più via, Katniss.
«Peeta, dov'è Madge?» Dentro, lontano. Non la vedo, non mi dicono nulla. Singhiozzò, ancora. «Peeta! Dimmi dov'è Madge!» Urlò, Katniss, svegliandolo da quella bolla di agitazione e dolore che lo affliggeva. L'aveva chiamato lui. Sii uomo, Mellark. Si ripeté ancora una volta, asciugandosi le mani con la mano tremante. Bruciava. Il sale bruciava il suo palmo.
«C'era troppo sangue, troppo...» La sua concentrazione svanì come una bolla di sapone, esplodendo nell'aria, scomparendo nel nulla. «Credevo...» Balbettò, sentendo il naso chiuso, senza riuscire a respirare. Tirò su con il naso, deglutendo. «Non so dove l'hanno portata, nessuno mi parla...» Continuò, facendo forza su se stesso, con la voce incerta di un ragazzino che aveva paura del buio.
«Katniss?» La chiamò, incerto, dopo il suo silenzio. Raggiungila, ti prego. Ha bisogno anche di te.
«Dove sei adesso?» La voce di Katniss lo tramortiva. In poco tempo aveva avuto modo di ascoltare la stessa voce con mille emozioni diverse passarle attraverso. Preoccupazione. Ora c'era quella Katniss, preoccupata per Madge. Agitata per lei. Raggiungila. Aiutala. Ha solo noi. Ha bisogno di noi. Non era mai stata molto espansiva, Madge. Ma aveva loro, ci sarebbero stati. Tutti e due. Anche Katniss. Stalle vicino.
«In ospedale...» Rispose, passandosi il dorso lungo la linea delle labbra. «Mi aveva chiesto di stare con lei, ma io-» Si bloccò, singhiozzando ancora. Non era stato capace nemmeno di riuscire a rimanere al suo fianco. Non era riuscito ad impuntarsi, a lottare per mantenere la promessa. Stalle vicino, Katniss. Non se ne sarebbe andato. No. Sarebbe rimasto, ora. Anche a costo di dormire su quelle sedie, in mezzo a quei fiori di morte apposti in ogni angolo, soltanto per far sì che le persone la ricordassero. Madge non è morta, uscirà presto.
«Quale ospedale?» La voce ancora più agitata. La immaginò, Peeta. In piedi, pronta a scattare, esattamente come quel pomeriggio, quando trascinò fuori la sorella dalla panetteria. Trascinerà fuori anche Madge. L'aiuterà. Le starà vicino. Sono amiche.
«Al Lincon. Ma-»
«Niente ma, Peeta. Dettami l'indirizzo, sto arrivando». Non lo fece concludere il discorso. Ma non fanno entrare. Eppure lei voleva esserci, per Madge. Perché le voleva bene. Grazie, Katniss. Stalle vicino.
Riprese a passarsi i palmi sui jeans quando interruppe la chiamata. Sarebbe arrivata lei, avrebbe saputo cosa fare. La trascinerà fuori. Starà bene, Madge. Ha noi. Non è da sola. Siamo con te, Madge.
E come un'aquila che si gettava sulla sua preda, lei entrò, senza degnare nessuno di uno sguardo. Concentrata e seria. Determinata. «Madge Undersee, ho detto!» Un tornado di determinazione.
Starai bene, Madge. Ci siamo noi. Ci siamo noi con te.



Tanti auguri alla Gattah, tanti auguri alla Pavonessah (è sempre la stessah personah). Taaanti auguri alla GattaPavonessah, tantih auguri a teh!!
Oggi nasce una persona cuora e speciale. Una di quelle che sono talmente carismatiche ed entusiasmanti che non riescono a farti rimanere immobile, che riescono a farti ridere e sorridere con poco. Una di quelle persone che riescono a spronarti, sempre, con tanta dolcezza, con perculi, ma anche con tanta serietà.
Ed io ho cercato di mantenere fede ad una sua richiesta - anche se è sempre troppo poco visto il suo aiuto. Una persona che conosco da relativamente poco, ma che mi sembra di conoscere da tutta una vita. Che con poco è riuscita a farmi aprire, facendo sì che mi fidassi di lei, quando di solito - all'inizio - sono sempre restia con le persone. Credo che sia una sorta di suppapawah. :'D Ad ogni modo, qualsiasi persona la conosca è davvero fortunata. E non soltanto è una persona splendida, che non giudica, che ti sta vicino, simpatica e divertente. Ma è anche una talentuosa scrittrice che, a suon di frustate, di piedi amputati e di catene dentro l'armadio con un portatile sopra le gambe, pubblicherà sicuramente un suo romanzo. Perché così dovrà essere.
E ciò che ho cercato di scrivere, per lei, non riuscirà mai a bilanciare il mastrino :'D Dannato partitario che non bilancia. ARGH! Come farò? xD Okay, okay, comunque. Non è niente di che, ma ho pubblicato ciò che sono riuscita a fare per lei. Anche se è poco :° Questa non è davvero una fanfiction su Hunger Games. Questa è una fanfiction missing momento sulla fanfiction Clockworks Flowers.
Clock è una delle mie fanfiction preferite, la mia fanfiction preferita, e la Gatta mi ha spronato a scriverci qualcosa sopra. Non avete idea, credo, delle pare mentali che mi sono fatta con la paura di rovinare la mia amata Clock.
E' un missing moment del capitolo nove e dieci di Clock, in Pov Peeta. Tratto del modo in cui Peeta si ritrova a richiamare a Katniss. Vuole che qualcun altro, oltre a lui, sia vicino a Madge. Vediamo Peeta sotto shock, infatti gli vogliono dare un calmante, con i palmi che bruciano e che avranno sicuramente ustioni da sfregamento, con la sua angoscia, con la paura di non aver fatto abbastanza per Madge, che sia colpa sua.
Spero vi sia piaciuta! ♥
Ultimo ma non ultimo... questa è la mia cinquantesima fanfiction pubblicata nel fandom di Hunger Games! Tanti auguri anche a me, insomma :'D Baci
Deb

   
 
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