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Autore: 04_04_2014    19/06/2014    4 recensioni
"Ed eravamo gay senza sapere cosa eravamo davvero: quella sillaba insignificante rendeva tutto più divertente, perché nei nostri giochi eravamo sempre "gay", ma ogni volta era un "gay diverso" perché poteva essere ciò che voleva"...
Una storia semplice, tratta dal pensiero di un ragazzo che, fin da piccolo, ha sempre vissuto nel pregiudizio, pur non essendo a conoscenza del reale significato di questo termine.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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"Sì. Sono gay. Sono gay e ti amo."
Me lo disse così, senza pensarci più di tanto. Me lo disse così e mi si fermò il cuore, come se si fosse bloccato il tempo, come se stessi per morire da un momento all'altro. Come... Come quando eravamo piccoli e giocavamo a nascondino nell'enorme giardino di mia nonna e mangiavamo tutti i gelati che volevamo e non avevamo in testa strani pensieri da adolescenti. Non sapevamo cos'era l'amore e forse non lo sappiamo neppure adesso, ma sapevamo sognare. Sognavamo ed eravamo mostri, fate, re e regine, streghe cattive e... Ed eravamo noi, sempre e solo noi. Visto che eravamo 'sempre e solo noi', i ragazzi più grandi ci dissero che eravamo 'gay'. Non sapevamo cosa volesse dire quella parola così piccola e strana, ma ci piaceva, suonava bene. "Siamo gay". E allora sognavamo anche di essere gay, ripeto, senza sapere cosa volesse dire. E quindi eravamo gay senza sapere cosa eravamo davvero: eravamo dei mostri? O dei folletti? O un principe con la sua principessa? Essere gay era bello o brutto? Bene o male? Quella sillaba insignificante rendeva tutto più divertente, perché nei nostri giochi eravamo sempre 'gay', ma ogni volta era un 'gay diverso' perché poteva essere ciò che voleva.
Il tempo ci ha spinto a crescere senza separarci e ci ha anche fatto conoscere il vero significato di quella parola, senza scandalizzarci più di tanto. Era bello ridere pensando a quando giocavamo a fare i gay, perché eravamo piccoli e ingenui, ma c'era sempre un sorriso forzato che si nascondeva dietro a quella parola... Che si nascondeva come noi nel giardino della nonna... Avevamo semplicemente aggiunto una nuova parola al nostro vocabolario personale, e allora perché non riuscivamo ad usare quel termine senza che ci si oscurasse lo sguardo? In quel periodo iniziai anche a pensare al sesso, no, non quello, al sesso opposto, pensavo al fatto che non ne ero particolarmente attratto, mentre i miei coetanei avevano già iniziato a parlare dei primi amori. Il mondo correva e noi stavamo indietro a ricordare i bei tempi e a goderci il presente, immaginando magari, ogni tanto, anche una piccola parte di futuro. La gente parlava di "omofobia", "razzismo", "emarginazione" e ancora di questi "gay" che contaminavano il mondo... Sembrava quasi che questa sillaba che stava rovinando tutto e tutti ci stesse seguendo.
In quel momento non potevo capire. Ma capii poco più tardi, tutto in un colpo. E fu una frase ad aprirmi gli occhi.
"Sì. Sono gay. Sono gay e ti amo."
Me lo disse così, senza pensarci più di tanto.
"Ti amo anch'io."
Glielo dissi così, forse troppo freddamente, pensando che era tutto come ai tempi dei gelati enormi.
   
 
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