Disclaimer: I personaggi di Queer
as Folk non mi appartengono, benché meno lo
sceneggiato. Da questa storia non ci ricavo assolutamente nulla
ù_ù
Still Standing
3.
Get Back
- Fa parte del dipartimento artistico, è una
tua responsabilità essere sicuro che le persone
che assumiamo, soprattutto se stagisti, stiano al loro posto. - disse
Vens adirato ma senza alzare la voce.
- Secondo te come potevo sapere che ne sarebbe uscito con la
stronzata del secolo, anche se indovinata?! -
- Sai l'imbarazzo che ha provocato il suo intervento, quindi
mi aspetto almeno un richiamo da parte tua e la certezza che metterai
le cose in chiaro. Deve imparare a starsene al suo posto: presentare i
cartelloni e fare quanto gli viene detto. Nessuna libera iniziativa o
è fuori. - aveva sentenziato l'uomo sedendosi alla sua
scrivania e finendo di bere il liquido ambrato contenuto nel bicchiere
di cristallo.
- Provvederò... - mormorò Brian a
denti stretti uscendo dall'ufficio e richiudendosi con rabbia la porta
alle spalle.
Erano le sei e mezza venerdì pomeriggio e
l'agenzia era già praticamente deserta.
Quella domenica sarebbero dovuti andare a casa di Stockwell
il nuovo spot che - nel mezzo delle altre campagne a cui stava
lavorando - Brian era riuscito a progettare e, come sempre, si era
rivelata un'idea geniale.
Ne aveva già parlato con il diretto interessato e
lui aveva accettato entusiasta: uno spot con i suoi bambini mentre
costruivano modellini di aerei. Avrebbe trasmesso un messaggio di
fiducia per le famiglie, sicurezza per i bambini e nel frattempo Jim
avrebbe detto anche qualche battuta ad effetto che avrebbe conquistato
anche alcuni degli elettori ancora indecisi ma più vicini
alla mentalità dell'uomo.
Brian si portò le mani davanti agli occhi
respirando profondamente nel tentativo di reprimere la rabbia che la
situazione gli aveva procurato: Justin lo aveva umiliato, Vens aveva
rotto il cazzo per colpa del ragazzo e, ultimo ma non ultimo, la
presenza della testolina bionda non faceva altro fargli rodere il
fegato.
Cercando di calmare i nervi entrò nella stanza
principale del dipartimento artistico trovando Justin intento a
riordinare qualcosa. Non gli importava realmente cosa fosse.
Appoggiò le mani alla scrivania nel mentre che il
ragazzo lo salutava formalmente e cordialmente.
- L'arancione è il nuovo blu? -
domandò Brian adirato voltandosi verso Justin senza
preoccuparsi di rispondere al saluto - Che cazzo significa? -
- E' lei che me l'ha chiesto... - si giustificò
il ragazzo continuando il suo lavoro.
- E chi ti ha detto di rispondere?! -
- Cercavo di dare una mano. -
- Ah, bene. Screditandomi davanti a un cliente. -
constatò l'uomo abbassando lo sguardo verso una valigetta in
cui erano contenuti alcuni nuovi modelli della I-Conic. - Il tuo lavoro
era presentare i cartelloni, cosa che hai malapena fatto e tenere la
bocca chiusa. - gli fece notare acidamente.
- Mi dispiace, non succederà più. - si
scusò il ragazzo mentre Brian osservava interessato un paio
d'occhiali con le lenti... arancioni.
- Ci puoi scommettere: sei fuori.-
Justin lo guardò esterrefatto, non riuscendo a
credere che Brian stesse dicendo sul serio.
- Vuoi dire che mi licenzi? - domandò
avvicinandosi a lui.
- Volevi un'esperienza pratica, giusto? Beh, lezione numero
uno: chi sbaglia se ne va’. - rispose lui con un sorriso
irriverente e focalizzando la sua attenzione sul paio d'occhiali che
aveva afferrato per poi provarseli.
- Ma hai avuto l'incarico!! -
- E lei ha avuto le mie palle grazie a te! - gli fece notare
Brian togliendosi gli occhiali con un gesto stizzito.
- Brian... - iniziò Justin vedendo che l'uomo
aveva ripreso a curiosare all'interno della valigetta - ...Signor
Kinney - provò di nuovo - Vorrei che mi concedesse
una seconda opportunità. -
- Non dovevo darti nemmeno la prima. Ora prendi la tua roba
e va' a casa. - concluse provandosi un paio di occhiali con le lenti
blu.
- Immagino… che dovessi aspettarmelo. In fondo
non mi volevi qui fin dall'inizio. Non volevi vedermi tutti i giorni
venendo al lavoro. - constatò amareggiato il ragazzo
prendendo in mano il cappotto - Anche se una parte di me in fondo
sperava che non ti dispiacesse... E che ti ci saresti abituato. -
ammise infine con una nota di presunzione e delusione nella voce -
Forse mi sbagliavo a pensarlo. - concluse portandosi una mano davanti
agli occhi.
Le cose stavano come aveva intuito che fossero:
“fanculo al violista. E fanculo a Justin."
pensò specchiandosi nelle lenti di un paio di occhiali scuri.
- Lascia stare, non fa niente! -
- Che cosa? Che finita la tua storiella con Paganini jr
potessi correre da me? - domandò con strafottenza mentre
Justin indossava il cappotto.
- Si, una cosa del genere. -
- Mi dispiace. -
- Lo so, era stupido... -
- Quasi stupido come credere alle sue cazzate. Ma... tu sei
giovane. Inesperto. - costatò l'uomo con una
smorfia.
- E tu ti credi così furbo? Se avessi un po' di
cervello non avresti mai dovuto lasciarmi andare. Potevi dirmi che
stavo facendo il più grosso errore della mia vita! Che me ne
sarei pentito! E che quello che mi davi tu valeva mille... un
milione di volte in più di quanto lui poteva
offrirmi... - disse Justin carico di rabbia repressa - Avresti dovuto
dirmi che mi amavi. E che avresti continuato a farlo anche se me ne
fossi andato. - concluse amareggiato fissando l'uomo negli occhi.
- E' questo che volevi sentire? - gli domandò lui
mellifluo.
- Si.. Ma come al solito non l'hai detto. Quindi posso anche
andare. -
Brian alzò gli al cielo.
Possibile che Justin riuscisse ad essere sempre
così immaturo e viziato?
Justin mise a tracolla la borsa e fece per andarsene ma
l'uomo con un braccio lo trattenne, impedendogli di muoversi per poi
guardarlo negli occhi e sputargli addosso la verità: - E'
così che sei fatto?! Se non senti quello che vuoi sentire te
ne vai?! -
Justin lo guardò intensamente senza sembrare
però incline ad aprir bocca.
- Stai in piedi sulle tue gambe intanto... E tira fuori le
palle! -
Il ragazzo sembrò pensarci un momento poi,
seguendo il consiglio che gli aveva appena dato l'uomo,
portò una mano dietro la nuca di lui e lo attirò
a sé, premendo con forza le labbra sulle sue approfondendo
poi - con rabbia, dolore, malinconia e disperazione - un bacio che
agognava da troppo tempo.
Nulla che aveva a che fare con quelli che aveva dato ad
Ethan neanche i primi tempi quando quel ragazzo sembrava la
realizzazione di un sogno che stando con Brian non avrebbe mai potuto
concretizzarsi.
Brian era sempre stato al si sopra di tutto e tutti per lui.
E per sempre vi sarebbe rimasto.
Justin interruppe - seppur a malincuore - quel bacio ed
uscì lanciando un ultimo sguardo all'uomo ancora incredulo
di quanto aveva appena fatto: perché nessuno dei due si era
tirato indietro e forse, a sua volta, aveva desiderato riavere Justin
quanto il ragazzo rivoleva lui.
¤
- Ehi. - disse Justin vedendo Cynthia che stava aspettando
l'ascensore - Ancora qui a ques'ora? -
- Non sono l'unica, a quanto pare... - rispose lei
sorridendo nervosamente.
- Il signor Kinney ha deciso che questo è stato
il mio ultimo giorno. - La donna non sembrava particolarmente colpita.
- Mi ha licenziato. - specificò lui mentre la seguiva
nell'abitacolo.
- Lo so. - rispose semplicemente lei. - Vi ho sentiti. -
Se possibile, Justin divenne più pallido di
quanto non già non fosse.
- Cosa vuol dire "avresti dovuto dirmi che mi
amavi, e che avresti continuato a farlo anche se me ne fossi andato"?
- domandò Cynthia cercando di rimanere composta quando in
realtà stava morendo dalla curiosità.
- Beh... Non mi sembra che sia una frase difficile da
interpretare... - mormorò lui imbarazzato, abbassando lo
sguardo.
- Intendo, quello che c'è dietro. Lo so anch'io
che non è difficilmente interpretabile come frase. -
Justin sospirò e, appena le porte dell'ascensore
si aprirono, cercò di sfuggire alle sgrinfie della donna.
- Troppo comodo carino. - lo rimproverò,
afferrandogli la manica del cappotto di lana nera che indossava. - Hai
da fare stasera? -
Lui la guardò aggrottando le sopracciglia.
- Cynthia... Sono gay. – ci
tenne a ribadire Justin, nel caso la donna l’avesse
dimenticato.
- Lo so. Ma cosa c'è di meglio di un giovane
ragazzo gay per accompagnare una quasi trentenne donna etero e single a
mangiare cinese in rosticceria? -
Justin sembrava piuttosto confuso.
- A casa ho mia madre che si aspetta di passare la serata
con me a vedere vecchie repliche di non so che soap-opera del
’15-‘18. Davanti a me ci sei tu, affamato, e con
una storia piuttosto interessante di cui mettere a conoscenza anche la
sottoscritta... -
- E va bene. - asserì il ragazzo, preparandosi a
un terzo grado.
¤
- Cioè, fammi capire: hai mollato Brian per un
violinista? -
- Ah, ah.- mormorò il ragazzo afferrando una
mandorla del suo pollo con le bacchette.
L'espressione dipinta sul viso di Cynthia era incredula.
- Che c'è? - aveva domandato, imabarazzato da
quello sguardo.
- Penso che sia la prima volta in vita mia che sento parlare
di Brian Kinney scaricato... Eccetto quella volta
che litigò con Michael, che molto probabilmente conosci,
anche se non ne ho mai compreso la ragione. -
- L'aveva costretto a fare outing davanti ad una sua collega
che si era presa una cotta per lui, mettendolo in imbarazzo. Tutti se
l'erano presa a morte con lui quando in realtà l'aveva fatto
solo per far tornare Michael con un tipo a cui stava insieme e farlo
andare a vivere a casa di lui. -
L'espressione di Cynthia, se possibile, era ancora
più esterrefatta.
- E tu come lo sai? -
- C'ero anch'io. - le aveva risposte semplicemente Justin.
- Ma è successo almeno due anni fa! - aveva
protestato la donna.
- Non te l'ho detto? La prima volta che Brian mi ha scopato
avevo diciassette anni. -
- NO! -
- Si... - rispose lui con un ghigno afferrando un involtino
primavera.
- E ha avuto pure il coraggio di dirmi che eri troppo
giovane! - constatò lei offesa.
- Eh? -
- Quando ti ho visto uscire dal suo ufficio la prima volta
gli avevo fatto notare che eri carino e gli chiesi cosa ne pensasse il
suo "gay radar"... Mi disse che secondo lui eri gay
ma che non eri il suo tipo e, se anche lo fossi stato, saresti stato
comunque troppo giovane. - spiegò brevemente.
Justin non poté fare a meno di ridacchiare alle
parole della donna perché, in fondo, sapeva che Brian aveva
mentito, altrimenti non avrebbe motivato quei due anni passati a
scopare con lui un giorno sì l'altro... il più
delle volte pure.
E per quanto riguardava l'età... Era una
stranezza a cui oramai si erano entrambi abituati.
Per quanto avesse cercato di non darlo a vedere a nessuno,
era stato lui il primo ad essere spaventato dall'idea che l'uomo che
l'aveva scopato per la prima volta avesse praticamente trent'anni (ventinove,
come ci teneva a rimarcare sempre Brian). Non che fosse un problema per
lui, però gli aveva fatto uno strano effetto
perché in fondo, ai suoi occhi, sarebbe comunque rimasto
sempre un lattante e, fin dai primi tempi, sembrava quasi di vedere
padre e figlio.
O fratello maggiore e minore... In termini pratici sarebbe
stata una relazione un po' incestuosa ma, per gli estranei, vederli
semplicemente insieme - senza che fossero intenti a scambiarsi
effusioni - quello sembrava.
Ma non era durato molto.
Non da parte sua, almeno.
Non aveva ancora ben chiaro come la pensasse Brian a
riguardo, ma da quando aveva compiuto diciannove anni tendeva a
trattarlo meno come un poppante, anche se le battute sulla differenza
d'età, il rispetto che bisognava portare agli anziani da
parte di entrambi non mancavano mai, ma il più delle volte,
strano ma vero, provenivano proprio da Brian.
Ma solo in sua presenza o quella di pochi intimissimi.
- Ma col violinista è finita. - le fece presente
Justin.
- E ora vuoi tornare da Brian... - concluse lei al suo posto.
- Già. Ma in fondo ha ragione. Mi sono comportato
da stronzo con lui quando, in passato, ha fatto di tutto per
dimostrarmi il suo amore, ma io ero troppo cieco per capirlo. -
mormorò.
- Sei giovane, è normale. -
- Sono molto più maturo di Brian da questo punto
di vista. -
- Vero, ma sai com'è fatto. Se lo vuoi:
riprenditelo. - gli aveva detto Cynthia guardandolo decisa - E lascia
da parte i doppi sensi: quelli usali con Brian. E' ancora in ufficio e
lui di sicuro li apprezzerà. - gli aveva poi intimato.
Justin sembrò cadere in uno stato di trance per
poi alzarsi e indossare velocemente il cappotto.
- Puoi pagare tu? Se va a buon fine ti offrirò io
qualcosa, ma adesso devo andare a riprendermi il tuo capo! -
La donna rise divertita e vide Justin fiondarsi fuori dal
locale e correre verso la strada che l'avrebbe condotto all'agenzia.
Quel ragazzo era l'unica persona capace di tenere veramente
testa a Brian Kinney... Lei esclusa, ovviamente.
¤
Era riuscito a convincere la guardia notturna che aveva
dimenticato alcuni libri che gli sarebbero serviti per la preparazione
di un esame e questa, seppur poco convinta, l'aveva lasciato passare
ricordandogli che comunque non sarebbe stato solo dato che negli uffici
vi era ancora qualcuno.
Chiamò l'ascensore ma, avendo fretta di arrivare
a destinazione, corse su per le scale sino ad arrivare al quinto piano
dove risiedevano gli uffici della Vanguard. Non c'era nessuno, eccetto
una luce proveniente da una stanza del corridoio principale dove Justin
era già stato: l'ufficio di Brian.
S'incamminò lentamente per il corridoio cercando
di riprendere fiato e, facendo il più silenziosamente
possibile, buttò il cappotto a terra.
Due metri.
Mancavano due metri e sarebbe stato davanti all'ufficio di
Brian.
Si fece coraggio, cercò di calmare il respiro e,
vedendolo col volto chino e lo sguardo concentrato sullo schermo del
portatile, bussò allo stipite della porta.
- Signor Kinney? -
- Taylor... Entra. - gli disse dopo una lieve esitazione,
facendogli cenno con la mano.
- Siediti. - aggiunse quando gli fu davanti per poi spostare
di lato il computer sul quale stava lavorando sino a pochi attimi prima
e guardarlo attentamente negli occhi - Volevi vedermi? -
domandò.
Justin annuì.
- Ci ho pensato.. - iniziò lui - E ho deciso che
deve riprendermi. -
- No. - non esitò a rispondergli l'uomo.
Justin deglutì.
Si aspettava una risposta simile e non poteva neanche dargli
torto. Doveva scusarsi per due stupidi errori dettati dalla sua
immaturità. E mettere in chiaro che il resto, gli andava
anche bene.
- Anche se ho fatto molti errori, lei ne farebbe uno
più grande negandomi una seconda opportunità...-
disse notando che Brian aveva assunto un'espressione dubbiosa.
- Capisco... - mormorò premendo la lingua contro
l'interno della guancia e abbassando il capo.
- Perché ora ho capito cosa vuole da me. -
continuò con maggiore sicurezza e sedendosi scompostamente
sulla sedia, mettendo i piedi sulla scrivania, con fare provocante -
... e so cosa posso aspettarmi da lei. - concluse, nella speranza che
Brian comprendesse a pieno quello che gli aveva appena detto.
Erano le scuse più sentite che avesse mai fatto
ma, allo stesso tempo, non aveva perso il suo essere impertinente.
Brian Kinney sarà stato anche Brian Kinney, ma lui era pur
sempre Justin Taylor.
- Devi mettere in preventivo che ti verrà
richiesto di lavorare a lungo, per tante ore. Alle volte... fino a
notte fonda... - mormorò Brian con un tono di voce basso che
non nascondeva quasi una nota di piacere nel porlo davanti ad una
scelta obbligata basata più sul sesso che sul lavoro.
- Sarà un piacere lavorare sotto di lei... Signore...-
sussurrò Justin.
Brian corrugò la fronte soddisfatto. Mancava solo
un ultimo punto da chiarire: - E non dovrai mai,
ascoltare nessun violino in mia presenza. - sentenziò
tagliente.
- Lo prometto. -
L'uomo guardò per alcuni secondi il ragazzo
seduto davanti a lui: era cambiato da quando l'aveva incontrato la
prima volta, ma una cosa che era rimasta immutata era il suo sguardo
impertinente, e quel coraggio di non smettere mai di sostenere il
contatto visivo con lui.
Quello era Justin Taylor: quello che nonostante i mille
rifiuti e i continuo cercare altri da parte di Brian, continuava
comunque a restare con lui.
Ossessionandolo, pedinandolo, tormentandolo era riuscito ad
insinuarsi nella vita di un uomo che non aveva mai voluto che nessuno
interferisse nei suoi affari.
Contro ogni aspettativa ce l'aveva fatta ed era riuscito
nuovamente nel suo intento.
Brian sorrise davanti all'evidenza di come a
Justin fossero bastate poche parole per scusarsi e
costringerlo a dargli una seconda possibilità... Ma in
fondo, anche se non lo avrebbe mai ammesso neanche sotto tortura, era
quello che voleva.
- Bene. - disse l'uomo riassumendo un'aria professionale -
Allora puoi... - mormorò alzandosi dalla sedia - ...
cominciare ...- continuò aggirando la scrivania –
anche... immediatamente. - concluse aggiustandosi la cravatta,
incrociando le braccia e sedendosi sul ripiano a pochi centimetri da
Justin.
Justin sospirò e, tirando giù i piedi
dal tavolo, si alzò dalla sedia e dirigendosi verso la porta.
Brian lo guardò confuso, possibile che non avesse
capito cosa intendesse con il "puoi cominciare immediatamente"?
Ma quando lo vide chiudere la porta - a chiave -
sorrise.
Justin era ancora lì: aveva capito perfettamente.
-Fine-
Note dell'autrice:
Adoro il bacio che Justin da a Brian quando
quest’ultimo lo licenzia, e adoro il dialogo tra i due quando
Justin cerca di farsi riassumere e rientrare nella vita di
Brian… sono adorabili *___*
Ora che ci ho sproloquiato su un po’, mi sento
realizzata XD
Spero vi sia piaciuta, per me scriverla è stato
stupendo e una scusa in più per rivedere quella puntata XD m
PS: Se ora volete leggere Use it Well avete un piccolo
proseguo che, giustamente, è stato scritto ben prima di
questa fanfiction XD