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Autore: Jade_Horan    19/06/2014    4 recensioni
“Alex aveva dovuto cambiare vita per l’ennesima volta, ma questa volta decise di lasciarsi alle spalle il passato.
Alex era cambiata, ma in positivo.
Alex si era rialzata, era andata avanti.
Alex aveva ricominciato a sorridere.
E tutto questo grazie alla musica.
E grazie ad Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings e Michael Clifford, quattro “normalissimi” ragazzi che facevano dei video su youtube”
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Romantico,Fluff,Sentimentale,Song-fic,Malinconico,Introspettivo.
Jade♥
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Credi nell'amore a prima vista?
 
1. My sweet escape
 
“I find my sweet escape when
 I'm alone with you

-5Seconds Of Summer, Disconnected

 
Cantando a bassa voce, Alex continuò a guardarsi intorno, sentendosi molto meglio.
Immergersi nei ricordi non era mai bello, per lei. Ogni momento positivo veniva sempre associato ad uno più brutto, ed in un attimo lei veniva catapultata nel suo triste passato.
Era incredibile tutta la positività che la musica riusciva a darle, era incredibile come loro riuscissero a donarle sempre un sorriso.
Erano solo una band, ma riuscivano a farla sentire speciale.
Loro non erano una band qualunque, per lei.

Perché loro riuscivano a far stare meglio quella ragazza dal cuore spezzato.


 
~


«Sometimes you’re so close to perfection, I gotta get it through your head that you belong with me inste.. ahi!» Alex sentì un fortissimo dolore alla caviglia, inciampando e candendo a terra in men che non si dica.
La ragazza maledisse la sua sbadataggine, credendo di aver fatto una figuraccia.
Guardò in faccia la persona con cui si era scontrata, accorgendosi che fosse un ragazzo. Non notò il vestito che indossava, ne il colore dei suoi capelli, poiché il sole le faceva vedere poco e male.
«Scusami tanto, andavo di fretta, mi sono distratta un attimo e…» cominciò lei, imbarazzata.
«non preoccuparti, è stata colpa mia, dovevo stare più attento» il ragazzo le prese entrambe le mani e la aiutò ad alzarsi.
Alex fece fatica ad appoggiare il piede, facendo una piccola smorfia di dolore. «Tutto ok?» si preoccupò. Si tolse gli occhiali da sole e li appoggiò sullo scollo della semplicissima t-shirt bianca.
Per un secondo gli occhi del ragazzo incontrarono quelli di Alex, ne rimase incantato.
Alex annuì semplicemente ritrovandosi di fronte a lui, a pochi centimetri dal suo viso, ancora con le mani intrecciate alle sue.
Si accorse di essere piuttosto bassa rispetto a lui. Riuscì a vedere meglio alcuni dettagli del suo viso e il suo cappello nero, da cui usciva qualche piccola ciocca di capelli ricci di cui non riusciva a distinguere il colore.
Strinse gli occhi in due fessure, per vedere meglio, ma con scarsi risultati.
Lui fissò per poco le loro mani, ancora intrecciate. Il ragazzo avrebbe giurato di aver visto arrossire Alex, quando i loro occhi si incontrarono per la seconda volta.
Anche lui si sentì in imbarazzo, cosa piuttosto rara per un ragazzo così socievole. Si lasciò scappare una risata nervosa, che Alex trovò assolutamente buffa e adorabile.
Lui prese la busta di Starbucks – che era caduta sull’asfalto producendo un suono davvero poco rassicurante – e la porse alla ragazza «spero solo che i cornetti siano tutti interi» le fece un sorriso radioso, mostrando delle adorabili fossette. «Vado di fretta, scusami ancora per la caviglia. Buona colazione!» le regalò ancora quel bellissimo sorriso e corse via verso il parco principale di quel quartiere di Sydney, indossando di nuovo gli occhiali da sole.

Alex rimase meravigliata dal sorriso del ragazzo. Cercò di ricordare meglio la forma del suo viso, i suoi lineamenti, il colore dei suoi occhi o dei suoi capelli.
Il dolore alla caviglia si faceva sentire, ma lei non ci faceva tanto caso.
Nella sua mente c’era altro.
Il suono della sua risata, la dolcezza dei suoi gesti ed il calore delle sue mani.
Aveva una strana sensazione, all’altezza del cuore, e non riusciva a smettere di sorridere.
Conosceva quella voce, conosceva quel sorriso e quelle fossette.
Ne era sicura, al cento per cento. Avrebbe saputo riconoscerlo anche in mezzo ad altri cento.

«Ashton» sussurrò tra se e se, pensando subito dopo che fosse stupido e senza senso. Si girò impulsivamente verso la direzione in cui era andato, ma non lo vide più. «Ash..» sembrava quasi che lo chiamasse sperando che da un momento all’altro tornasse da lei.
non è possibile”, aggiunse nella sua testa, mentre continuava a cercarlo con gli occhi “non può essere lui. I ragazzi sono in tour, sono in America, in Europa, d’ovunque tranne che qui. Ed Ashton con loro. E poi avevi il sole in faccia, Alex, come poteva essere lui?”.
Fece qualche passo, per tornare a casa, ancora con moltissima confusione nella mente.
Una fitta alla caviglia le fece quasi perdere l’equilibrio, il dolore continuava ad aumentare, e la caviglia era leggermente gonfia.
Strinse i denti e si avviò a casa, cercando di ignorare il dolore alla caviglia e pensare ad altro, cosa che non fu poi così difficile.

 

~

 
non può essere lui…” Continuò a recitare nella mente sempre la stessa frase, come se fosse una noiosa poesia.
Per tutto il tragitto dalla caffetteria a casa sua il suo pensiero fisso era quel bellissimo sorriso ed il calore che la mano di “Ashton” aveva lasciato sulla sua.
Alex continuò a fissarla per tutto il resto del tragitto, lasciandosi abbandonare alla sua mente da sognatrice.

Per tutta la durata della colazione stette con lo sguardo perso ed un sorriso da ebete sul viso, tanto che la madre dovette chiederle se si sentisse bene per circa tre volte.
Beh, in effetti la sua caviglia non era proprio a posto: si era gonfiata molto di più ed era abbastanza dolorante. Alex, che aveva seguito un corso di pronto soccorso, mise una pomata sulla parte gonfia della caviglia e fece una fasciatura piuttosto stretta, che andava dal tallone alla fine della caviglia. Somigliava un po’ a quei calzini invernali di cui non sai mai descrivere la lunghezza, poiché superano la caviglia ma non coprono la gamba. Una fasciatura un po’ anti-estetica, forse, ma ad Alex in quel momento non importava molto.


Dopo la colazione la ragazza tornò in camera stringendo forte il suo cuscino preferito e saltellando come una dodicenne cotta di un ragazzo che finalmente l’ha considerata.
Aprì la finestra, «buongiorno, Alex!», disse felicemente, guardando il bellissimo paesaggio.

Si buttò a peso morto sul letto matrimoniale che aveva in camera, cominciando a fissare il soffitto e sorridere, pensando a tutto ciò che era successo solamente una mezz’ora prima.

La sua camera rispecchiava molto il suo carattere romantico.
Alex amava i letti matrimoniali, soprattutto se non li doveva condividere. Il suo era ricoperto da una leggera coperta color azzurro pastello, un paio di morbidissimi cuscini dello stesso colore ed un enorme pupazzo a forma di pinguino che aveva fin da piccola. Le pareti della camera erano dello stesso azzurro pastello del letto, mentre una sola di quelle pareti era ricoperta di foto e poster con precisione millimetrica. Sembrava una carta da parati, mentre in realtà era solo opera della pazienza e della passione di Alex. C’erano foto di ogni tipo, scattate da lei stessa, prese dai giornali, stampate da internet. Sulla parete c’era qualunque cosa, ma le cose che saltavano subito all’occhio erano le gigantografie delle città preferite di Alex: Dublino, Parigi, Berlino, Roma, ma soprattutto Londra: la parete era piena zeppa di cabine telefoniche rosse, foto fatte dal London Eye e gigantografie del Big Ben.

Purtroppo Alex non era mai andata in nessuna di quelle favolose città, mentre il suo sogno più grande era vederle tutte.
Beh, in realtà il suo sogno più irrealizzabile era diventare una cantautrice e fare un tour mondiale.
Le sarebbe bastato anche un tour Europeo, ovviamente, o anche semplicemente esibirsi davanti al bar che c’era sotto casa sua, ma il suo sogno più grande era quello: viaggiare, cantare, comporre musica e suonare la chitarra. Tutte queste quattro cose, le cose che amava fare di più, avrebbe voluto che diventassero il suo lavoro.
Ma a volte, i sogni più importanti andavano solamente riposti in un cassetto minuscolo, nascosto negli angoli più remoti della mente, e lasciare che siano semplicemente sogni.
Ma lei no, lei non era come tutti gli altri.
Lei si era arresa mille volte, davanti alle prese in giro, davanti alla sua immagine riflessa nello specchio, davanti ai problemi di cui era sommersa e gli insulti che la facevano sentire sempre più umiliata.
Lei si era arresa mille volte, ma non aveva mai smesso di sognare.
Alex metteva l’anima in ogni singola nota che intonava. Metteva amore, impegno e concentrazione in ogni singolo accordo che componeva con la chitarra. Chiudeva gli occhi quando lo riteneva necessario per concentrarsi, chiudeva la porta per isolarsi dal mondo ogni volta che cantava in camera sua.
Per lei, cantare, era l’unica dolce via di fuga che aveva quando la triste realtà la faceva sentire oppressa.
Per lei cantare era un modo per sentirsi libera, un modo per rialzarsi, un modo per sentirsi sicura di se.

Era stata vittima di bullismo, aveva sentito il mondo crollarle addosso, era stata illusa da un ragazzo, aveva sentito il suo cuore sbriciolarsi in mille, minuscole, parti.
Aveva visto la maggior parte delle persone di cui si fidava voltarle le spalle, aveva dovuto cambiare vita per l’ennesima volta.
Ma stavolta, decise di lasciarsi alle spalle il passato.
Alex era cambiata, in positivo.
Era andata avanti, aveva trovato qualcosa che la facesse sorridere in modo sincero, senza aver bisogno di fingere, di recitare, di mentire.
Alex aveva superato il periodo più brutto della sua vita, durato fin troppo tempo.
E tutto questo grazie alla musica.

E grazie ad Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings e Michael Clifford.
I 5 Seconds Of Summer, per lei, erano stati un’ancora di salvezza.
Loro erano l’aria che respirava, ciò che pensava prima di andare a dormire, il primo pensiero non appena apriva gli occhi il giorno dopo.
Quattro “normalissimi” ragazzi che facevano dei video su youtube l’avevano fatta nuovamente innamorare della vita, e di tutto ciò che c’è di buono e bello nel mondo.
Come la musica, la felicità, l’amicizia.
Non aveva mai visto un’amicizia più bella della loro. Loro condividevano tutto. Loro cantavano, suonavano, raccontavano un po’ le loro giornate. Loro la facevano morir dal ridere ogni volta, le tiravano su il morale, le asciugavano quelle lacrime che, oramai, non rigavano più il suo viso.

La ragazza non poteva più far a meno di loro.
 Non poteva più fare a meno della risata di Luke, dell’energia di Michael, della dolcezza di Calum e... beh, per descrivere Ashton non riusciva a trovare un solo aggettivo.
Persino “perfetto” non le sembrava abbastanza per descrivere ciò che pensava di lui.
Non che lo preferisse agli altri tre, ma lui aveva qualcosa che l’aveva colpita fin dalla prima volta in cui aveva sentito parlare di quei “5 Seconds of Summer”.
Amava la sua espressione concentrata mentre suonava, la sua splendida voce, il suo continuo giocare con le bacchette della batteria, le sue mani enormi, i suoi occhi incredibilmente verdi e le sue meravigliose fossette.
Era la classica “cotta adolescenziale per un ragazzo impossibile/famoso”, ci passavano tutti prima o poi.

Eppure era passato qualche anno da quando seguiva quella band, e più il tempo passava più si innamorava di loro.
Ormai la band era conosciuta in tutto il mondo, ed Alex non avrebbe potuto essere più fiera dei suoi “quattro idioti”: aprivano i concerti di band celebri come gli One Direction, erano famosi in tutto il mondo per la loro musica, avevano anche cominciato ad incidere un album.

Sapeva tantissime cose su di loro, come se li conoscesse, come se fossero suoi amici.
Calum. Il ragazzo dolce, il ragazzo dagli intensi occhi a mandorla ed un sorriso da far sciogliere chiunque. Sapeva della sua irritazione quando lo scambiavano per un asiatico, del suo amore per il Liverpool, per il calcio, Katy Perry e la pizza. Era uno di quei ragazzi che sorridono sempre e che hanno i piedi per terra.
Era sicura che fosse uno di quelli che sanno consolare solo con un piccolo gesto, poiché ci riusciva anche attraverso uno schermo.

Michael era strano. Ecco come le era sembrato la prima volta che lo vide in uno dei loro video di Youtube. Con quella frangia incredibilmente lunga, quell’aria misteriosa, quei capelli che cambiavano colore nel giro di un mese. Alex amava la sua voce, la considerava incredibilmente particolare. Sapeva che odiava il suo secondo nome, Gordon, e che invece amava le passeggiate sulla spiaggia, le gomme da masticare, Dragonball Z e, ovviamente, la musica. Michael era parecchio fuori di testa, secondo lei. Beh, un po’ come gli altri tre, ma solo lui era capace di filmare dei video in cui attacca qualcuno con una banana.

Luke era semplicemente un ragazzo incantevole, con quel piercing al labbro da “ragazzo cattivo”, gli occhi azzurri e i capelli biondi. Un principe azzurro moderno, insomma. Una chitarra ed un motorino al posto della spada ed il cavallo bianco. Incredibilmente dolce e divertente, le era quasi sembrato il più serio del gruppo. In quel gruppo, però, nessuno poteva essere definito “serio”.
Luke, però, era molto responsabile e prendeva sempre le cose seriamente.

Ashton. Il ragazzo che ride per ogni singola battuta, anche per quelle più pessime. Quello che preferisce far cantare di più agli altri, nonostante è consapevole di avere una bellissima voce. Quello che, quando suona la batteria, ci mette anima e cuore, come se non dovesse far altro per sopravvivere. Quello che ogni singolo istante ricorda alle fans di amarle come non ha mai amato nessuno in vita sua, quello che le ringrazia infinitamente ogni singolo giorno per aver permesso al suo sogno di realizzarsi. Era quello che Alex amava di lui, più di qualunque cosa: la faceva sentire importante, amata.

Era quello il bello del rapporto tra i 5 Seconds of Summer e le loro fans: loro affermano che le fans gli hanno cambiato la vita, ma in realtà sono loro che l’hanno cambiata alle fans.

Alex, credeva che fossero solamente una cosa passeggera, che se ne sarebbero andati, ma in realtà tutti se n’erano andati mentre loro erano sempre rimasti al suo fianco.
L’avevano tirata su nei momenti più difficili.
Le avevano dato la forza di sorridere, il coraggio di reagire.
Erano la sua unica, dolce, via di fuga in una giornata dove tutto andava storto.


 
Note d'autore~
Ciaaaaao!
Sono sopravvissuta a 4 giorni intensissimi pieni di esami, crampi e lividi sulle gambe (esatto, sono inciampata come un'idiota su un cuscino, gente, UN CUSCINO!, e cadendo ho sbattuto sullo spigolo del letto ed ora ho una cosa orrenda sulla gamba color violaceo slavato che è più grande del ginocchio ç.ç) Oggi ho fatto le prove invalsi, e non capisco perchè debbano esistere... 
Ma, siccome dei miei esami non ve ne importa nulla, volevo parlarvi di questo capitolo!
Insomma, sono ancora i capitoli iniziali, il bello deve ancora venire! E nel prossimo capitolo scoprirete se "Ashton" era davvero Ashton, e soprattutto vedrete un po' cosa succede nelle loro giornate (o almeno, io immagino che siano così v.v)

Non vi anticipo altro perchè ho detto decisamente troppe cose, :)
Ringrazio le tre anime pie che hanno recensito lo scorso capitolo! :) ♥
Ringrazio chi legge silenziosamente, chi ha aggiunto la storia tra le preferite/seguite/ricordate, chi ha letto tutto questo insopportabile e chilometrico angolo "autrice" :)


Ricordate che potete trovarmi su facebook!
A presto!
Jade~♥ 
  
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