Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler
Segui la storia  |       
Autore: Jailer    19/06/2014    2 recensioni
"Ma sai: io non sono arrabbiata con te.
Forse semplicemente non sono stata abbastanza per poterti tenere completamente al mio fianco, forse non ti ho mai capito.
Non sono nemmeno arrabbiata con quella donna (o con quelle). Per te anche io avrei fatto follie, senza guardare in faccia nessuno.
È con me che ce l'ho: non sono sufficiente per nessuno, né per te, né per me.
Guardami: persino ora, persino ora non riesco ad odiarti."

Ci sono mille motivi validi per tradire. Non ce n'è nessuno per perdonare.
[CielxLizzy]
(STORIA IN FASE DI REVISIONE, VEDRÀ LA FINE ANCHE LEI. PROMESSO.)
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ciel Phantomhive, Elizabeth Middleford, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

CAPITOLO QUARTO

L’HOMME LIBRE

 

Homme libre, toujours tu chériras la mer!
La mer est ton miroir; tu contemples ton âme
Dans le déroulement infini de sa lame,
Et ton esprit n'est pas un gouffre moins amer.

(…)
Ô lutteurs éternels, ô frères implacables!

 {C. Baudelaire – L’homme et la mer}

 
Dico alle persone di chiamarmi Axel Cavendish. Ma in realtà non ho un nome: un nome è qualcosa a cui appartenere e un luogo dove ritornare, e questo per me non vale. Quindi io non mi chiamo Axel Cavendish, ma è lecito identificarmi così.
Nato da stirpe nobile, di essa ho ereditato solo il patrimonio, il colore degli occhi e l’amore per il mare.

Avevo un nonno da parte di padre ammiraglio e una madre dagli occhi blu e adultera che ormai non posso più rimproverare, sebbene l’abbia odiata a lungo – mi aveva concepito per contratto ma voleva ancora amare.
Mio padre mi ha insegnato a comportarmi da Lord e io ho imparato a fare l’attore: che la mia, in talune occasioni, sia ipocrisia o arte, sta tutto nel buon fiuto della persone con cui mi rapporto. L’osservatore più fine la chiama ispirazione.

Rispondo quasi sempre alle aspettative – poi a un certo punto voglio fare da me.
Mio padre mi ha messo per la prima volta su una nave per punirmi, e invece mi ha reso la libertà.
Ho preso la strada del commercio verso il Giappone per noia, e lì ho trovato una vita inquieta così come la volevo: la vita amara del navigante è quella che fa per me.
A quanti mi dicono che, visto che potrei permettermelo, dovrei lasciar fare quei rischiosi viaggi ad altri, e controllare gli introiti, rispondo che, visto che posso permettermelo, vado io e lascio ad altri il controllo delle entrate.
Non che ami il Giappone in modo particolare, è solo il posto più lontano della Terra.
Nemmeno odio l’Inghilterra in qualche maniera, il problema è che, non sentendomi a casa da nessuna parte, preferisco non averne una.


Torno per pochi mesi, e solo per organizzare il viaggio successivo. Quando non verso il Giappone, parto alla volta dell’India, dell’Africa, dell’America. Ma non qui. 
Quando sono indeciso tra due luoghi scelgo il più lontano. 


Ho un’amante fissa per continente e non ne voglio di più, perché dell’amore e del sesso non mi importa più del necessario.
Mi manca solo quella europea, ma ho deciso che l’unica amante fissa che posso volere da questa terra sarà una viaggiatrice e allora diventerà mia moglie.
Per il resto, non ho paura di spezzare cuori: finché saprò fare del male saprò di essere libero, e allora tutto continuerà ad andare bene. 
Sono disumano a volte – e per questo felice.


Odio le persone fedeli perché, per quel che riguarda l’amore, non hanno il senso dell’umorismo e in generale piangono in continuazione.

Ho rincontrato Elizabeth Middleford una decina di anni fa. Lei era una donna fedele.
E per questo decisi di farla ridere un po’.

 Avendo passato l’infanzia e la prima gioventù sulla terra ferma avevo collezionato un discreto numero di facce e amicizie – non più coltivate molto, a dire il vero – ma che a volte rincontravo a qualche evento mondano a cui ero ancora costretto a partecipare.    
Da bambino, mio nonno mi portava spesso a giocare presso la loro residenza del Marchese, quando Middleford e Cavendish avevano degli affari comuni di cui discutere.
Ricordo con affetto i Middleford. 


Edward era un compagno d’avventura di quelli rari, temerario e scavezzacollo, le nostre corse per le campagne inglesi erano cosa ben poco signorile. Tornavamo a casa con i vestiti sporchi di fango e della frutta che rubacchiavamo in giro come discoli; sua madre fingeva un rimprovero, faceva preparare un bagno e poi la merenda.
Appozzati  nell’acqua bollente, gli raccontavo dei libri che avevo letto dal nostro ultimo incontro. L’unico difetto di Edward era questo: non leggeva. Però gli piaceva ascoltare le storie, diceva che ero un buon narratore.
Ho perso il conto di quante volte si sia fatto raccontare i Gulliver’s Travels.

Quando non riuscivamo a fuggire dalla residenza per lanciarci in aperta campagna, a volte giocava con noi anche la sorella.

Elizabeth si fingeva una signorina troppo femminile e altezzosa per poter perdere il suo tempo con due maschi, ma poi, colta dalla noia e gelosa del fratello, diventava un commilitone.
Lizzy, così mi aveva chiesto di chiamarla - cosa che ho sempre rifiutato di fare, perché trovo delittuoso storpiare un nome così evocativo a causa della sola confidenza -, ella mi era sempre in qualche modo piaciuta: era vanesia e forte.

 

Quando l’ho ritrovata, una decina di anni dopo, aveva coronato il suo sogno di sposare Phantomhive – e questo l’aveva resa fragile e dubbiosa.
Sì, in effetti l’unica cosa che non mi era mai piaciuta di lei era la vocazione al focolare domestico: credeva davvero di poter riporre la propria felicità nella fedeltà di un’altra persona?

***

 
Persi di vista i fratelli quando barattai la terra per il mare, e perché, negli ultimi tempi delle nostre frequentazioni (si parla dei miei diciassette anni e dei quindici di Edward), avevamo perso l’intesa –l’oceano mi aveva fatto distante. 
Edward mi disse un giorno: tu fuggi.

 Tu non riesci nemmeno a fuggire.
L’ho salutato così l’ultima volta – lui si è sposato e io ho continuato a fuggire: avevamo ragione entrambi a diffidare l’uno dell’altro.

Quando la ritrovai, Elizabeth era ancora bella, ma dello sguardo vivo di un tempo era rimasto solo il colore – una fiera prostrata.

Era appoggiata debolmente ad un parete, pallidissima. La testa buttata lievemente indietro, un velo di sudore sulle guance, le narici dilatate. Le crine bionde scomposte, il tessuto della gonna stropicciato tra le dita nervose, sulle labbra come un riso amaro, o una bellissima smorfia: una baccante.
Più avanti avrei ritrovato in lei un’eroina tragica: come Antigone cresceva in sé un amore incapace di scendere a compromessi, e di Medea aveva la vocazione, vagamente feroce, a sacrificare tutto per esso.
Per quanto poco atto ad un’occasione mondana, quell’aspetto la rendeva estremamente seducente.
Mi riconobbe subito – anche dietro occhi velati di angoscia e lacrime trattenute.

Sorrise debolmente al mio indirizzo; un sorriso accalorato, grato, da sconfitta: salvami, portami via, diceva – e intanto lo sguardo che volgeva ad un corridoio buio alle mie spalle.

Elizabeth Middleford era vittima e complice di Phantomhive – era lei la prima a tradire se stessa.
Le asciugai le lacrime con una carezza e il ricordo del fratello.
Mi aprì il suo cuore con una facilità quasi imbarazzante. Semplicemente, cominciò a parlare.
L’avevo convinta a ballare con me, e in mezzo alla folla mi sussurrò all’orecchio, nuovamente in lacrime, che suo marito era in qualcuna di quelle stanze con un’altra donna. Lui l’aveva guardata proprio negli occhi.
Lei aveva ricambiato l’occhiata e lo aveva osservato andare via e non aveva fatto né detto nulla.


Perché?”, le chiesi.
“Se lo sapessi soffrirei di meno.”
“Non perdonare”.
“Non ho perdonato, infatti.”
“È questo quello che chiamate amore?”
“È anche questo, Axel.”
Aspettava che il marito finisse di tradirla per tornare a casa insieme.

Scherzi?
Tentò di appoggiarsi a me, come sfinita, ma la costrinsi ad un volteggio completamente fuori tempo: la sua gonna si gonfiò come un bel fiore rosa in mezzo alla pista.

 
“Lo sapete perché viaggio, Elizabeth?”
Mi guardò confusa, ancora stordita dalla giravolta, la accostai al petto, impedendole di divincolarsi.
“Perché le donne come voi non le sopporto e l’Inghilterra ne è piena.
Cerco una terra in cui un uomo possa tradire apertamente la propria donna senza farla soffrire, e in cui una donna possa tradire il suo uomo in segreto senza sentirsi in colpa.”
“Non è quello che voglio, tradirlo.”
Mi piacque perché i suoi occhi si riempirono di una rara vitalità, sebbene fosse quella della leonessa ferita a morte.

“Ne siete sicura?”
“E tanto meno con voi.”
“Chi ha parlato di me?”

“Ho sbagliato a parlare con voi, non siete più quello di una volta.”
Voi, Elizabeth, non siete più quella che conoscevo.”
 “Lasciatemi andare e dopo lasciatemi in pace, Axel.”
“Perché non dite la stessa cosa a vostro marito?
Vi ha tradito e ora, da quel che comprendo dal modo in cui mi guarda, ha pure la faccia tosta di fare la persona gelosa.”
Non fece in tempo a voltarsi verso dove si trovava il Conte dei miei stivali, che il violinista fece sfumare l’ultima nota, la lasciai andare.

 
Allontanandosi disse:
“Vi auguro di trovare quella terra. Temo che non sia in questo mondo, un mondo in cui, nel bene o nel male, esiste ancora l’amore.”
“Esiste anche la libertà, a questo mondo. Cerco solo uomini e donne che sappiano concepirla.
Ci vedremo presto, Elizabeth.”
Sorrisi, lei ricambiò, sardonica.
“In quella terra, dopo che l’avrà trovata, Marchese di Cavendish?”
“Anche in questo schifo di Inghilterra, purché voi siate presente e torniate in voi stessa.” 
“Quando?”
“La settimana prossima. Al compleanno di  vostra madre.”
Il sorriso le morì in viso un momento, per poi risorgere.
“A presto allora, Axel.”
Mi inchinai e la lasciai finalmente tornare da quel mestatore di Phantomhive.

 
Fu bella un istante, poi si avvicinò a lui, si spense.
Li guardai uscire dalla sala a braccetto: la schiena del Conte era così esile che non capii in che modo una donna potesse trovare desiderio di avvinghiarsi ad essa.
Le spalle eburnee e delicate di Elizabeth, invece, erano proprio quanto di più delicato e perfetto che un uomo avrebbe voluto proteggere.

 

 

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroshitsuji/Black Butler / Vai alla pagina dell'autore: Jailer