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Autore: SenseAndSensibility    16/08/2008    9 recensioni
Questa è una storia semplice nella sua originalità, piccola, dolce ma tormentata come solo l'amore sa essere.
E' un po' la mia storia, e quella di tante come me.
E' la storia dell'amore profondo di due ragazze, di due migliori amiche, di due amanti.
E' la storia che racconta di come anche nelle tenebre più fitte si possa sempre scorgere la luna..perchè, anche quando la luna ci appare calante, in realtà la sua forma resta sempre immutata.
Non dimentichiamolo mai.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shoujo-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Eccoci arrivati all'ultimo capitolo di questa storia. Stavolta non mi dilungherò nella presentazione, ma vi lascerò immediatamente alla lettura. Dirò solo che il commento (chilometrico!) di Grazia mi ha dato dei notevoli spunti di pensiero, anche perchè anch'io sono convinta di ciò che hai espresso.. ma che ne discuteremo con più calma su msn, non appena potrò connettermi senza che il pc esploda. Per ora un enorme grazie va a lei e a Dani {AshleyRiddle} per le loro bellissime recensioni (Dani..sei folle ma ti amo xD), a chi ha aggiunto la storia tra i preferiti e a chi ha solamente letto!
Grazie! {E a presto..sono già in fase di scrittura di qualcosa di nuovo.}
Ah, un ps! In questo capitolo troverete descritto un concerto di musica classica. E' il concerto di Giovanni Allevi, a cui io stessa ho assistito tempo fa. E' stata una così grande emozione, che ho deciso di condividerla in parte con voi. E ora.. hope you like it!

Ultimo capitolo. Are we the waiting (Sooner or Later)


Fa silenzio, maledetto cuore, fa silenzio.
Taci, o mio cuore, taci!
Per anni sei stato lì. Freddo e vuoto nella oscura cavità del mio petto.
E allora taci ancora, lascia che continui a vivere senza di te.
Ancora e ancora.
Fino a quando nell'aridità del mio inferno non sboccerà il frutto del suo ritorno.


*
Sono passati quasi cinque anni da quel giorno, da quel maledetto giorno in cui il mio cuore ha smesso di battere. Adesso è freddo, chiuso e tetro. Mi verrebbe da dire.. tetro come una notte senza luna.
I primi mesi sono stati i più duri, è vero. Ho pianto così tante amare lacrime che ho pensato che il mio corpo si sarebbe consumato nell'acqua, sparendo alla vista del mondo. Devo ammettere che l'ho quasi sperato.
Ma poi sono cambiata, per fortuna o purtroppo. Non sono tornata alla vita, no. Quello mai. Sono giunta ad uno stato di incoscienza, che mi permette di trascinarmi attraverso i giorni cancellando dalla memoria i momenti appena vissuti. Respirando, muovendomi, parlando senza conservarne il ricordo un attimo dopo.
Una vita terribile, si. Ma è l'unica che sono in grado di sostenere.
Ho studiato molto in questi anni, e senza averne la percezione ho quasi completato l'università con il massimo dei voti. Se la vita me lo permettesse, direi che ho un brillante, abbacinante futuro di scienziata davanti a me. Ma passato e futuro sono ormai rinchiusi insieme alle perle dei ricordi più belli giù da qualche parte, nell'oscurità. In un portagioie intarsiato d'oro ma segreto, un portagioie di cui ho finto di buttare via la chiave.
Questi sono stati i miei cinque anni. Paradossalmente, vivere cancellando gli attimi precedenti al presente mi ha portato a ricordare con chiarezza un solo, ultimo momento.
Il momento in cui ho appoggiato quel foglio sul tavolo e ho sentito l'armonia del mio cuore spezzarsi in una serie di note dissonanti.
Note che solo tu potrai ricollocare nel giusto ordine sullo spartito della mia vita.

*
Il mio pensiero sulla musica non è casuale. Sono a teatro adesso, seduta su una poltroncina di velluto rosso nel palco che un tempo apparteneva ai re. Il palco più elegante e ricco, che mi permette di vedere con chiarezza la scena. Avvolta nel mio vestito di raso nero, il collo scintillante d'argento e opali, mi osservo le mani con occhi spenti. Aspetto che il concerto inizi, che il magnifico pianista che ha saputo ridare un senso a quei pochi attimi passati in compagnia di un cd si sieda. Aspetto di vedere il riflesso delle sue sinuose mani sul legno lucido del pianoforte, di sentire dolci note scaturire come seta da quei tasti eburnei. Aspetto un momento da vivere.

Quando il concerto inizia sento scorrere dentro di me l'adrenalina, come non succedeva da anni. Mi metto in una posizione più composta, mi protendo un po' verso il palco, come se potessi accogliere quella musica. Non conosco tutte le composizioni, lo so. E' stata una mia scelta, per riservarmi ancora un piccolo piacere, quello della sorpresa. Non so dire quello che ho provato ascoltando quelle prime note che scorrevano dolci e sensuali nell'aria buia del teatro. Non so dire quello che ho provato guardando la concentrazione del pianista, ascoltando le sue parole sussurrate di introduzione a quelle composizioni che gli venivano dal cuore e dall'anima.
Ma so, e lo so bene, di sentire adesso qualcosa infrangersi dentro me, in reazione alla sua ultima parola.
Questa è una delle composizioni che non conosco, e mi ha colpita come un fulmine, facendomi sussultare nel buio della mia postazione della galleria.
Si chiama "Luna".
E parla di nostalgia.

Improvvisamente è come tornare alla luce, alla luce intensa del sole dopo anni rinchiusa in una caverna, incatenata sul fondo per mia sola e unica scelta. Riesco a percepire ogni cosa di ciò che mi sta intorno, persino le particelle del buio in cui la sala è avvolta premermi sugli occhi. Vedo con chiarezza ancora maggiore quelle mani riflesse.
Ma soprattutto, sento con maledetta chiarezza quelle note sublimi e indescrivibili, dolci come seta e ruvide come sabbia al contempo. Luna. La mia luna, distante e irraggiungibile, che nonostante la lontananza e contro il mio volere ancora mi illumina nella sua luce bianca e pura. Fiera e terribile, amante e sfuggente.
Ti amo, mia luna. Dio quanto ti amo.
Non ho mai smesso, mai.
Ti amo.

Sto piangendo. Senza freno, senza ritegno, senza preoccuparmi di quale frattura abbia portato nella mia vita questa serata. Sussulto scossa dalle lacrime, mentre la musica, con un'ultima nota passionale e notturna, si conclude, e iniziano gli scroscianti applausi a premiare la capacità di destare un'emozione.

L'uomo accanto a me, dagli occhi profondi e verdi come un prato in primavera, si sporge dalla sua poltroncina e mi tocca una mano. Già all'inizio della serata mi aveva osservato con ansia sedermi, composta e vuota, al mio posto, come sapesse. E forse sa, e non mostra. La vita dietro la maschera che l'umanità si è creata ancora comporta un filtro tra anime sconosciute che magari, in un altro momento, sarebbero fatte per capirsi.

"Sta meglio, signorina?"

No, non è stato un semplice "va tutto bene?" di cortesia.
E' stato un cerotto posto per tempo su una ferita sanguinante, riapertasi improvvisamente e senza riguardo.

"Si. Adesso sto meglio. Adesso posso sentire".

E mentre lo dico, sento che è vero. Sto meglio.
E quel pianoforte, in cui si concentrano e si intrecciano vite, amori e ombre, adesso me lo conferma.
Il prossimo brano è "Back to life".

Il concerto continua, mentre io ascolto intensamente e riprendo il mio cammino di vita con rinnovato vigore. Le note si susseguono incalzanti, una dopo l'altra, fino ad arrivare alla fine di questa serata, splendida e terribile.
L'ultimo brano, "Come sei veramente". Introdotto da una frase così semplice e così disarmante allo stesso tempo. Chiara e limpida come un lampo, illumina tutto il mio mondo notturno.

"Questo pezzo è dedicato a chi ama... Perchè solo chi ama riesce a vedere l'altro come è veramente".

*
Altri cinque anni sono passati. Più consapevoli, più ragionati. Anche più dolorosi, certo. Il dolore, sordo e insistente, mi ha accompagnato durante questi mesi, come desiderio di giorni migliori.
Ma ho ritrovato la speranza. Adesso ho 28 anni, ne sono passati dieci da quel giorno. Sebbene la mia mano conservi ancora la sensazione di quella carta fredda di vuoto tra le mani, io ti cerco ancora. E ho mantenuto la promessa a lungo ignorata. Ho parlato di te al vento. Ho parlato di te agli alberi, ai fiori.
E, in una mattina di autunno, anche alle foglie cadute davanti alla nostra scuola.
Le foglie.. Amore mio, nessuna di loro ti ha portato anche solo una delle mie parole?
D'autunno pensi mai a me, a quello che ti sei lasciata alle spalle?
Pensi mai ad un bacio al sapor di caffè, con cui un giorno ti ho svegliata?

Io non ti ho più abbandonata un attimo. E' venuto il momento di parlare di te anche alle persone.

*
E adesso eccomi qui. Alle soglie dei trenta, a raccontare tutto questo davanti a una telecamera che avevo accolto in casa mia solo per parlare della mia carriera, delle mie scoperte scientifiche.
Ma, lo devo ammettere, di scoperta ne ho fatta una che nessuno dei miei esperimenti potrà mai superare.
Ho scoperto te, e avevo solo 18 anni.
Ho scoperto l'amore. Intenso, inarrivabile e travolgente.
C'è chi nella vita non lo scopre mai.

Ecco, la mia storia si è conclusa. C'è un attimo di silenzio, dove l'unica cosa che si muove è la luce rossa sulla macchina da presa che indica che siamo in diretta. Vorrei entrare nella casa di ogni persona che è rimasta ad ascoltarmi, in questo quarto d'ora in cui ho riaperto il portagioie del mio cuore. Vorrei osservare le loro espressioni e leggere i loro pensieri.
Ma soprattutto vorrei sapere se ci sei anche tu.. Vorrei capire se il mio non è stato solo un magnifico e doloroso sogno.

Degli applausi mi riscuotono dai miei pensieri. La giornalista, i cameramen, gli addetti alle luci, tutto lo staff applaude sorridendomi. E io trovo forza in quei sorrisi, la forza di vivere che ci sostiene da dentro, l'unica forza che contrasta quella tensione all'autodistruzione che è insita nella natura, per qualche oscuro e insondabile motivo.

*
Questa notte ho dormito bene, la prima volta dopo tanto tempo. Ho confessato, e ritrovato la vecchia chiave dorata del mio cuore, un po' impolverata, ma pur sempre vera e funzionante.
Hai raccolto il mio appello?
Hai cercato anche tu la tua chiave?

*
Faccio colazione in piedi, e mentre il latte scalda nel microonde, canto insieme agli uccellini che svolazzano fuori dalla mia finestra di città. Una scena quasi stucchevole, lo ammetto.
Mentre pulisco il salotto dagli ultimi piccoli disastri lasciati dalla troupe ieri, sento le campane che annunciano l'arrivo di una nuova, fresca giornata.
Adesso non mi tormentano più come quel giorno. Sento ancora nelle ossa la fredda voce di quella volta, quando sto male. Ma ormai ho imparato ad apprezzarne il limpido suono, grata del fatto che siano stati i suoni a riportarmi alla vita.

Evidentemente a questa mia vita mancava ancora un suono, forse il più importante, forse l'annuncio di una novità.
Quello del campanello, che mi chiama insistentemente alla porta, spettinata e struccata come sono, con l'aspirapolvere ancora in mano. E' raro che io guardi chi è prima di aprire, cosa che un giorno mi porterà a fare una brutta fine, credo. E anche oggi non considero neppure il citofono, apro e basta.
E forse è meglio così.
Perchè l'emozione della sua vista confusa, in un turbine di profumati capelli, così come li ricordavo, l'emozione delle sue labbra di rosa e di luna sulle mie, della sua pelle sotto le mie mani, è stata improvvisa e travolgente.

E io, anche dopo tutti questi anni insieme, non l'ho mai più dimenticata.
  
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