More than a lot
You gave me nothing
Now it's all I got
We're one
But we're not the same
Well we hurt each other
Then we do it again
- U2, One
La notte
passò più in fretta di quanto si aspettasse e mentre Ran
socchiudeva gli occhi al suono della sveglia ripensò a quanto
gli sarebbe mancata la sua faccia assonnata di prima mattina.
“Dormito bene?” chiese la ragazza stiracchiandosi.
“Certo” rispose l’altro, annuendo. Vorrei aver dormito, in realtà.
Dopo aver fatto colazione, iniziarono ad impacchettare la roba che
Conan si sarebbe portato via e riuscirono a finire solo un attimo prima
che suonasse il campanello. Il bambino
vide Ran irrigidirsi, ma fece finta di niente.
Tutto andò secondo il piano prestabilito, Yukiko si presentò
a casa Mouri con lo stesso travestimento utilizzato quasi un anno prima e, dopo
aver scambiato quattro chiacchiere con Kogoro ed Eri, si era allontanata
insieme al figlio, mentre Ran era rimasta in silenzio per quasi tutto il tempo,
mostrando un sorriso tirato.
“Eccoci qua, corri più in fretta che puoi e cerca di non
farti vedere da nessuno” trillò la donna appena la macchina si fermò davanti
alla casa del professore.
“Lo so, lo so” rispose l’altro in un soffio, prima di aprire
la portiera.
“Andrà tutto bene, la tua amica bionda mi ha spiegato per
filo e per segno cosa vuole fare. È un buon piano, sono sicura che tornerai a.. Shin-chan! Mi stai ascoltando?”
“Mmh” mugugnò lui annuendo. In realtà non aveva sentito una
singola parola, continuava a ripensare a quel mezzo sorriso che Ran aveva avuto
stampato in faccia per tutta la mattina.
Ogni volta che sentiva la solita vocina in testa che gli
diceva quanto fosse stato stupido a decidere di lasciarla sola ripeteva
a se stesso che era giusto così, perché in quel modo le
cose si sarebbero sistemate. Trasse
un respiro profondo e scese dall’auto della
madre con il borsone sulla spalla.
“Più tardi torno a salutarti come si deve, tra poco tuo
padre ha l’ennesima conferenza sul suo ultimo libro e..”
“D’accordo” continuò, facendo sbattere la portiera dietro di
sé.
“Shin-chan!” lo chiamò Yukiko, quando ormai aveva già
varcato il cancello. Si voltò verso la donna, svogliato.
“Andrà tutto bene, okay? Abbi fiducia, lei sa il fatto suo”
“Certo” disse lui, senza sapere a chi si stesse riferendo, ma poco importava.
***
Shochu passò l’intera nottata insonne, cercando di capire
cosa l’avesse tradito. Perchè doveva essere stato per colpa sua. Conosceva solo un’altra talpa
nell’Organizzazione ma aveva la certezza che non fosse stata lei a farne parola
con Alchermes o altri. Non avrebbe avuto alcun senso fare una cosa del genere.
A quel punto poteva mandare davvero tutto all’aria e
rifugiarsi in qualche paesino sperduto in Svizzera e dintorni, ma già da tempo
aveva capito che era impossibile essere in qualsiasi modo al sicuro una volta
entrati in contatto con quelle persone, era come avere un marchio di riconoscimento sulla pelle. Non
ci avrebbero messo più di un paio di settimane a scoprire il suo nascondiglio.
E poi prendendo quella decisione avrebbe cancellato mesi e mesi di lavoro, non
poteva nemmeno pensare di fare una cosa del genere, era una questione troppo
importante.
Quella mattina finse che non fosse successo niente, cercò di
non dare nell’occhio, nonostante sapesse che molto probabilmente erano state
piazzate diverse telecamere lungo i suoi percorsi abituali.
Aveva riletto centinaia di volte la mail che Alchermes aveva
inviato al suo indirizzo di posta elettronica, cercando di memorizzare
il piano
e trovare eventualmente una via d’uscita per salvare la ragazza.
Doveva esserci
per forza, inspiegabilmente i loro programmi non erano mai davvero
completi, c'era sempre un particolare apparentemente insignificante che
trascuravano.
Man mano che il tempo passava riusciva sempre di più a
capire i vari componenti di quella banda di criminali, prima di iniziare la
missione gli erano stati dati gli schedari di gran parte dei membri, quelli
ritenuti più importanti e pericolosi dall’agenzia per cui lavorava.
Per quanto gli era stato concesso di sapere, c’erano almeno
quattro spie all’interno dell’Organizzazione, ma gli era
stato riferito un solo
nome: Hidemi Hondo alias Rena Mizunashi alias Kir, agente della CIA
sotto
copertura da diverso tempo. La sua storia era piuttosto travagliata,
aveva sentito parlare di coma, presunte alleanze con l'FBI e una
miriade di altri episodi che non gli sarebbe servito conoscere. Dalla
prima volta
in cui l’aveva vista il giorno del suo arrivo, l’aveva
presa come punto di
riferimento, seguiva i suoi ordini e non la contraddiceva mai.
“Rispetta i tuoi superiori” si era sentito ripetere per anni.
Ripetè il contenuto della mail mentalmente e respirò
profondamente, prima di raggiungere l’indirizzo stabilito da Alchermes. Non
conosceva il suo vero nome, ma aveva come la sensazione di aver già visto il
suo viso da qualche parte.
“Finalmente” sentì dire alle sue spalle appena fu nel locale. Il bar era piuttosto affollato, pieno di
coppiette che dividevano frappé dall’aria non troppo invitante e studenti
ancora in divisa scolastica che tentavano di studiare enormi paragrafi sulla
storia dell’Impero giapponese, invano.
“Mi hanno fermato per strada e ho fatto tardi”
“Non è vero” proseguì, tornando a fissare il proprio frappè,
un intruglio rosa e bianco probabilmente alla fragola. Disgustoso.
Tutto in quel posto era disgustoso, se l'idea del designer era quella
di ricreare un diner americano di fine anni Cinquanta, aveva toppato in
pieno.
Niente di tutto ciò ricordava l’America. Niente tranne la
minuscola bandierina disegnata sui tovaglioli.
“Non è vero” ripetè, mostrando un sorriso sbilenco.
“Riesci a fare del sarcasmo anche in questo momento?”
Scrollò le spalle, mentre una cameriera avanzava verso di
loro.
“Ordina qualcosa?” chiese gentilmente.
“Solo una Coca, grazie” la vide annuire e scribacchiare sul
block notes.
Per diversi minuti i due colleghi rimasero in silenzio,
lasciando che il caos del posto riempisse quegli attimi precedenti al
punto di
non ritorno. Il piano di Alchermes sembrava piuttosto solido, ma era
anche molto banale, forse dovuto all’età poco matura di
chi l’aveva organizzato.
Il rapimento di Ran Mouri si sarebbe tenuto l’ultimo giorno
della mostra, quando probabilmente ci sarebbe stato meno afflusso di
partecipanti, allo stesso tempo la sicurezza sarebbe calata e il tutto sarebbe
risultato estremamente semplice.
“Non pensavo sarebbe stato tanto facile convincerti a
partecipare” disse tra i denti, giocherellando con la cannuccia bicolore.
Mantieni la calma,
si ripeté mentalmente.
“Non avevo scelta, suppongo”
Alchermes iniziò a ridere di gusto. “Ti facevo più
intelligente, sai?”
“Gli errori dell’uomo sono in realtà ciò che lo rende
amabile*” disse di rimando, sovrappensiero.
“Pensi che citare Goethe cambierà la mia opinione su di te?”
Si strinse nelle spalle e prese a mescolare con la cannuccia
la Coca che la cameriera aveva appena portato. Non che avesse veramente
voglia
di berla, anzi, era un fascio di
nervi e pensare di bere o mangiare qualcosa gli faceva venire la
nausea, nonostante cercasse di mantenere un’aria tranquilla e
rilassata.
“Ti è chiaro il piano?” chiese di nuovo, senza interesse.
“Suppongo di sì, ma è necessario coinvolgere quella ragazza?
Non ha niente a che fare con..”
“La cosa non mi riguarda” proseguì, alzandosi.
“D-dove vai? Pensavo dovessimo discutere del piano”
“Hai detto di aver capito quindi il mio lavoro è concluso.
Quando ci rivedremo farai bene ad avere la figlia del detective con te, altrimenti sai cosa
ti aspetta, no?” continuò, senza volere davvero una risposta.
“Solo un’ultima domanda!” disse con tono di supplica. Doveva
sapere.
“E sia”
“Come mi hai scoperto?”
Alchermes rise di nuovo, questa volta con meno enfasi.
“Dico solo che i tuoi amici americani avrebbero dovuto
insegnarti un po’ meglio come non lasciare impronte ovunque e magari anche a
recitare, no?” continuò, per poi voltarsi e dirigersi verso l’uscita.
Shochu rimase immobile a fissare la porta che si apriva e si
chiudeva alle sue spalle, mentre una macchina nera si fermava davanti al diner
e Alchermes vi saliva, dopo avergli lanciato un’ultima occhiata. E in quel momento si rese conto di quanto tutti
nell’Organizzazione avessero sottovalutato il nuovo membro. Imprecò, lottando
contro il desiderio di prendersi a pugni per la sua sconsideratezza.
Poi sentì squillare il telefono.
“Dimmi” disse solo. Un'unica persona conosceva quel numero.
“È tutto a posto, siamo pronti a procedere” era una donna a parlare.
“D’accordo, abbiamo cinque giorni. Pensate di farcela? Io ho
le mani legate”
“Credo di sì, ma abbiamo una sola possibilità”
“Ne sono consapevole”
“A proposito, hai saputo come ti ha scoperto?”
Esitò prima di rispondere.
“Ti spiegherò tutto più avanti, non c’è tempo” detto ciò
chiuse la chiamata e tornò a fissare il bicchiere con la Cola, dove il ghiaccio
era ormai praticamente sciolto.
Non era il momento di auto commiserarsi, avrebbe pensato a
maledirsi più tardi. Doveva solo seguire il piano, niente di più facile.
***
Conan entrò nella stanza che avrebbe diviso con il
professore, purtroppo la camera degli ospiti era ormai occupata a tempo pieno
da Ai quindi avevano dovuto arrangiarsi come meglio potevano, sistemando un futon
accanto al letto di Agasa.
Prese ciò che gli serviva e tornò in salotto, dove la
piccola scienziata stava guardando svogliata un programma alla TV.
“Non ti va proprio di stare qui, giusto Kudo-kun?”
“Non è che non mi vada” sospirò “È solo che odio dover
guardare tutto da fuori senza poter fare niente”
“Dovresti essere un po’ più paziente, ma in ogni caso non
penso che mi ci vorrà molto prima di arrivare alla formula dell’antidoto
definitivo”
“Lo so”
Avevano passato tutto il pomeriggio ad organizzare il
viaggio che lei e il professore avrebbero intrapreso l’indomani per recuperare l’astragalo
nel negozio di un amico di Agasa a Tsuruoka - ancora non si spiegava come
facesse a conoscere persone che commerciavano piante rare -. Non avrebbe fatto
domande, tutto ciò che gli serviva sapere era che a breve sarebbe tornato
adulto, o almeno ci sperava.
“Shinichi-kun?” si sentì chiamare dal professore.
“Huh?”
“Vieni un momento, c’è una cosa che devi sentire”
Si alzò controvoglia e lo raggiunse nell’altra stanza, dove
l’uomo gli porse delle cuffie, che l’altro si mise.
“Di che si tratta?”
Gli fece cenno di aspettare, come a dire che avrebbe capito
da solo nel giro di un paio di secondi.
“Shochu?” sentì
chiedere.
“Shochu? È nell’Organizzazione? Ci avrei scomm..”
“Continua ad ascoltare”
“Sono le 4 di notte, non
potevi aspettare.. per chiamarmi? Non.. due giorni, maledizione” la
comunicazione era piuttosto disturbata.
“Credi.. scoprire che
fai il doppiogioco?”
Il suo cuore perse un battito a quella domanda. Che fosse un
altro infiltrato?
Ascoltò il resto della conversazione incuriosito e al
contempo spaventato, se quella persona era una spia allora chi era il nemico? Dannazione dannazione dannazione. Quando
iniziarono a parlare del rapimento sentì la terra mancargli
sotto i piedi, mentre le parole e le voci dei due interlocutori si
sovrapponevano tra loro nella sua testa, ripetendo le stesse cose
più e più
volte, quasi fossero i brani di un disco rotto.
Non fece il minimo movimento finchè in stanza non entrò
Haibara, che, preoccupata per il viso dell’altro tanto pallido da
sembrare un lenzuolo, chiese cosa fosse successo.
“Ran” disse in un soffio “Vogliono rapire Ran”
La scienziata sbiancò, ma fu cosa di un secondo, l’attimo
successivo aveva già recuperato le cuffie che Conan teneva tra le mani e aveva iniziato ad ascoltare il messaggio.
“Dobbiamo fare qualcosa” osservò dopo aver sboccato la registrazione.
“No” sentì dire dall’altro.
“Che?!” esclamarono all’unisono Agasa e la bambina.
“Non possiamo fare niente ora, io non posso fare niente” disse lui, con tono non troppo fermo
“l’unica possibilità che abbiamo è che Haibara riesca a sviluppare l’antidoto
in tempo, pensi di farcela?”
“Non posso saperlo con certezza, almeno finchè non ho la
pianta tra le mani” ammise lei.
“Allora ci atterremo al piano già stabilito. Domani voi
andrete a Tsuruoka e ci rivediamo qui dopodomani. Se ho ragione non agiranno
prima della fine della settimana”
“Potremmo contattare l’agente Jodie così da tenere
d’occhio Ran-kun..” propose Agasa.
“Si insospettirebbe”
“Ne sei proprio sicuro, Shinichi-kun?” chiese l’uomo
con tono supplichevole, sperando in una risposta negativa ma quando lo
vide sorridere con il capo abbassato, si rassegnò all'evidenza.
Quel ragazzino era fin troppo testardo, lo era sempre stato.
Lasciò andare un sospiro. “E va bene, faremo così”
Precisazioni:
*citazione da Massime e riflessioni di Johann Wolfgang Goethe, 1833
detto questo, abbiamo un capitolo quasi totalmente dedicato a Shochu ed Alchermes, che si incontrano in un improbabile diner in stile pseudo americano degli anni Cinquanta, che bel quadretto eh?
Poooi Shin-chan si trasferisce da Agasa e BAM scopriamo che stanno tenendo d'occhio Shochu (questo dovrebbe farvi pensare, chi può mai essere? Io non parlo zan zan)
In effetti è un capitolo è un po' povero, lo riconosco, ma mi serve per collegarmi al prossimo dove si svolgerà l'azione *urla disperate* ma non voglio anticiparvi troppo uhuh
Non so bene quando riuscirò ad aggiornare, credo dopo gli orali, quindi il 2 luglio, non vogliatemene.
Spero vi sia piaciuto comunque e ci vediamo con il prossimo (che probabilmente sarà il penultimo/terzultimo prima dell'epilogo)
A presto,
Gaia
Ps. Grazie di cuore a tutti coloro che hanno recensito, messo tra le seguite/preferite/ricordate♥
Ps2. Per la vostra gioia (o forse no?) sto già scrivendo una nuova storia, che si chiamerà Treacherous o Beating heart, sono ancora indecisa ahah quale vi piace di più?
Ps3. Sentitevi liberi di recensire, non mangio nessuno!