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Autore: itstimetolisa    19/06/2014    1 recensioni
Isabelle e Liam sono amici da tempo, troppo tempo per rimanere tali. È risaputo che tra un ragazzo e una ragazza non può esserci amicizia, uno dei due finisce sempre per innamorarsi dell'altro.
Il giorno del diciottesimo compleanno di Isabelle, uno dei due confesserà il suo amore.
Come reagirà l'altro?
Amore.Segreti.Lacrime.
❝Perché ogni Principessa ha bisogno del suo Principe❞
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quel giorno, come tutti i giorni di ottobre, era freddo e piovasco. Una di quelle mattine totalmente ordinarie e ripetitive che si perdeva la cognizione del tempo o anche il semplice tocco dei raggi del sole sulla pelle. E Isabelle Cummings ne aveva vissute tante, di quelle giornate, che avrebbe potuto dimenticarsi il colore del sole se non fosse stato per le illustrazioni del libro di scienze.Anche quella mattina, ebbe un brutto risveglio. Causa? La sua sveglia troppo puntuale e fastidiosamente rumorosa. Isabelle era una di quelle ragazze che volevano avere tutto sotto controllo, è per questo che prima di andare a dormire controllava che tutto fosse al suo posto: lo zaino pronto e posizionato affianco allo stipite della porta, i vestiti per il giorno dopo pronti sulla sedia -tutti abbinati nei minimi particolari- e l'orario impostato, con particolare precisione sulla sveglia. Ma aveva il brutto difetto di essere anche pigra nei giorni sbagliati, ovvero qualsiasi giornata scolastica.

La ragazza si stiracchiò leggermente nel letto, prima di togliersi le coperte di dosso e alzarsi, per dare il via a una nuova corsa frenetica. Quando Isabelle si alzò, abbandonando così l'unica fonte di calore nelle vicinanze, venne scossa da un brivido di freddo. Era abituata anche a quello. Lì a Wolverhampton, pensò, non c'era persona che non fosse abituata al freddo che ti penetrava le ossa come una lama. Si poteva anche dire che il freddo e la pioggia fossero di famiglia: un invito a cena a Halloween, Natale, Capodanno e tanti altri giorni d'inverno. 
Isabelle si diresse in bagno, dove decise di farsi una doccia calda per togliersi il freddo mattutino dal corpo. Quando uscì, circa dieci minuti dopo, tornò in camera sua e andò a vestirsi. Prese lo zaino, blu con alcune spille e scritte fatte con un pennarello nero, scese le scale di fretta e andò in cucina. Lì trovo tutta la sua famiglia che faceva colazione allegramente, ridevano e scherzavano. Sembrava proprio una di quelle famiglie che riprendevano in televisione, per Isabelle era un po' così, non riusciva a trovare un difetto in nessuno di loro.
Quando si sedette a tavola tutti la salutarono con un caloroso sorriso. Sua madre, intenta a preparare la colazione dietro al piano cottura, si avvicinò al tavolo e le poggiò un piatto davanti. Ogni mattina Cassandra le faceva trovare la sua colazione preferita: le frittelle. Per lei non esisteva modo più bello per iniziare la giornata. Adorava i suoi genitori, qualsiasi cosa chiedesse, la otteneva senza chiederla una seconda volta. Ma non forzava la mano, non era viziata, si accontentava di semplicissimi gesti. 
«Allora, come va a scuola?» Domandò una voce rauca e adulta.

Isabelle roteò gli occhi senza farsi vedere, prima di rivolgere al padre un sorriso e rispondere. Apprezzava il fatto che fosse interessato a lei. Secondo ciò che le dicevano le sue amiche, i loro genitori evitavano di fare qualsiasi domanda sulla scuola o sul loro umore. Solo che la scuola era un tasto dolente. La sua vita poteva sembrare la pubblicità dei biscotti, ma la sua carriera scolastica assomigliava a un quadro di Picasso: confuso, complicato, dato per scontato.

«Va bene» tagliò corto la ragazza, ritornando a mangiare le sue frittelle.
«Hai recuperato il quattro a scienze vero?» Isabelle sperava veramente che suo padre si fosse dimenticato di ciò che gli aveva detto il professor Lance quando pochi giorni prima lo aveva chiamato al telefono. Odiava quell'uomo con tutto il suo cuore, erano quattro anni che le faceva sudare sette camicie anche solo per prendere un sei all'interrogazione. Ai compiti scritti, invece, andava male, peggio delle interrogazioni. Il voto più alto che la ragazza aveva preso era stato un misero cinque. Ovviamente non poteva mancare che suo padre, sempre da quattro anni, ai colloqui, andasse sempre prima da quel professore.

Isabelle scrollò le spalle. «Ci sto lavorando, se riesco a prendere un nove penso di riuscire a recuperare tutta la sfilza di insufficienze entro il duemilacredici» rispose la ragazza ironicamente rivolgendo un altro sorrisetto sghembo a suo padre, sentendo sua madre e suo fratello, Jordan, ridere.

L'uomo seduto a capo tavola sospirò e ritornò a suo giornale. La madre di Isabelle si sedette a tavola, portando una tazza di caffè a suo marito, l'uomo la prese ringraziandola. Isabelle aveva finito le frittelle e stava bevendo il suo succo d'arancia mattutino, quando suo fratello più piccolo- esattamente aveva quattro anni meno di lei- si alzò di fretta da tavola e avvertì la sorella che era in ritardo. La ragazza poggiò di fretta il bicchiere sul tavolo, senza aver finito di berne il contenuto, prese lo zaino, salutò tutti e si diresse alla porta. Invidiava suo fratello, lui faceva ancora le medie e l'orario d'inizio scuola era di dieci minuti in più di quello delle superiori.
Uscì di casa e, senza nemmeno mettersi lo zaino su entrambe le spalle, iniziò a dirigersi verso la sua scuola. È vero, Isabelle aveva sempre tutto sotto controllo, ma il tempo non era una di queste cose su cui poteva organizzarsi al meglio. Aumentò il passo quando, sul suo cellulare- comprato appena pochi mesi prima- vide che erano le otto. Aveva solo cinque minuti, la mora però sapeva perfettamente che non sarebbe riuscita ad arrivare in orario. Tutta questa pressione le causò uno dei suoi sbuffi, accompagnato come sempre dalla tipica passata di mano nei suoi capelli lungi e mossi. Aumentava sempre di più il passo, ma sapeva che anche con quell'andatura non solo sarebbe arrivata lo stesso in ritardo a scuola, ma avrebbe avuto anche l'affanno e i capelli tutti scompigliati. Proprio mentre stava per emettere l'ennesimo sbuffo una macchina le si affiancò, mantenendo il suo stesso passo lento e strascicato. Avrebbe riconosciuto quella macchina tra mille. La sua teoria su chi fosse il guidatore fu confermata quando il finestrino si abbassò e vide il viso del ragazzo. Un sorriso che le piaceva tanto, un sorriso che le sembrava la cosa più calda in quella città, un sorriso che scaldava le sue giornate, di cui non avrebbe mai fatto a meno, quel sorriso era come una droga per lei.
«Vuole un passaggio, principessa?» Il ragazzo le sorrise. Amava quando la chiamava 'principessa', amava quando sorrideva e soprattutto amava il suo migliore amico. E lo amava soprattutto perché c'era in momenti come quelli. 
«Lo accetto volentieri, mio salvatore» Isabelle sorrise e aprì lo sportello dell'auto e salì dentro. Continuavano a chiamarsi così fin da quando avevano sette anni, ovvero il giorno del loro primo incontro. La ragazza ricordava bene quel giorno, visto che era il suo compleanno. Avrebbe riconosciuto anche l'interno di quell'auto tra mille, ogni mattina andava a scuola con Liam. Ma il giorno prima le disse che non poteva andare a prenderla perché doveva andare a fare un'altra cosa, fu proprio questo pensiero che causò un grande punto interrogativo nella testa della ragazza.
«Perché mi dai un passaggio?» Il ragazzo parve stranito da quella domanda. Girò la testa e inarcò un sopracciglio per un paio di secondi, prima di ritornare a guardare la strada. Isabelle rise, non si era espressa bene e questo l'aveva capito in ritardo.
«Ieri mi hai detto che non potevi venire a prendermi perché dovevi fare una cosa. Ma ora sei qui quindi...» lasciò la frase in sospeso, in modo che il suo migliore amico potesse completarla.
«Quella 'cosa' - iniziò mimando le virgolette con una sola mano, sempre guardando la strada- l'ho fatta lo stesso, solo che mi trovavo a passare e ti ho visto. Pensavo saresti andati a scuola in anticipo senza dovermi aspettare, ma vedo che senza di me sei ancora più persa.» Liam scoppiò in una risata cristallina, pura, che coinvolse anche la ragazza al suo fianco.
«Posso sapere qual era questa cosa?» chiese Isabelle sistemandosi meglio sul sedile, e aggiustandosi la sciarpa intorno al suo collo. Il ragazzo, senza darle una riposta indicò semplicemente un punto alle sue spalle. Isabelle si girò e vide la persona che non si sarebbe mai aspetta di trovare proprio nella macchina del suo migliore amico.
Harry Styles era svogliatamente seduto sul sedile posteriore vicino al finestrino, con la testa poggiata sul palmo della mano e l'aria annoiata e stanca,
Isabelle rimase a fissarlo per molto tempo. La sciarpa blu gli stava benissimo, e si intonava perfettamente al colore dei jeans che gli fasciavano le gambe. I capelli castani erano scompigliati alla perfezione. Ai piedi aveva le sue tipiche all star bianche e un po' rovinate. Isabelle non poté fare a meno di notare quanto il loro gusto in fatto di scarpe fosse più o meno uguale. Il riccio non si scomodò nemmeno a salutarla, rimase a guardare le case che scorrevano come ferro che si fondeva velocemente dal finestrino. 
Ma a Isabelle non importava se Harry la salutava o no, da quattro anni ormai c'era abituata, come s'era abituata al fatto di guardarlo in silenzio, cercando di ammirarne i particolari che lo rendevano perfetto. Smise di guardarlo solo quando sentì Liam parcheggiare la sua auto nel parcheggio della scuola. Salutò Liam e scese frettolosamente dalla macchina quando vide l'ora. Benché Liam fosse stato così gentile da accompagnarla in macchina, l'aula di scienze era dall'altra parte dell'istituto, e Isabelle era in ritardo di circa cinque minuti, ma il professore che aveva alla prima ora l'avrebbe messa in punizione anche se avesse tardato di due semplici minuti. Un altro particolare a confermare l'odio della ragazza per il professor Lance.

 

«Ma ti rendi conto? Una settimana di punizione. Ha superato il limite, erano solo cinque minuti!» sbottò Isabelle, lasciandosi cadere a peso morto sul letto, sconfortata.
«Izzy, rilassati ok? Fai dei respiri profondi e cerca di non pensarci più» rispose Liam, affiancando l'amica, abbracciandola e accarezzandole i capelli corvini, cercando di calmarla. Non gli piaceva vederla camminare nervosamente per la camera sbuffando e passandosi le mani nei capelli, rendeva nervoso anche lui. In quel momento Liam avrebbe dovuto cercare di calmare la ragazza, e non farsi coinvolgere nella sfuriata. 
«Come faccio a calmarmi, mio padre mi ha anche tolto il telefono perché, ovviamente, il professore di scienze non ha esitato a chiamarlo una volta finita la lezione» ribatté , senza però scaldarsi. Si stava veramente rilassando sotto il tocco del suo migliore amico. Ringraziò Liam mentalmente per esserci. Isabelle si domandò se avesse mai detto a Liam quanto fosse importante per lei. Ma semplicemente lui avrebbe dovuto saperlo. Prima che potesse formulare una qualche domanda per avere la risposta il ragazzo la risveglio dai suoi pensieri, troppi pensieri che le affollavano la mente.
«Iz, come tuo migliore amico, tengo a ricordati che tra cinque giorni è il tuo compleanno» esclamò Liam, cercando di sollevarle il morale.
La ragazza capì esattamente ciò che l'amico aveva in mente, e ne apprezzò molto il gesto.
«Già, i miei hanno detto che abbiamo la casa libera. Andranno in qualche pizzeria e si porteranno anche Jordan, in modo che possa organizzare una festa. Che idea stupida» rispose Isabelle sbuffando, se c'era una cosa che odiava di più di scienze erano proprio le feste.
«Ma è il tuo diciottesimo compleanno, diciotto anni si compiono una volta sola nella vita. Dobbiamo assolutamente organizzare una festa straordinaria, così bella che se ne parlerà fino a gennaio» piagnucolò Liam, iniziando già a pensare al tema, agli invitati, al cibo e alle bibite. La ragazza rise e si sporse per abbracciare il suo migliore amico, sussurrandogli un grazie. Liam sorrise sulla spalla di lei. Liam si lasciò trasportare dalla vicinanza di Isabelle, desiderando di poter congelare il tempo. 

 

Isabelle si guardò ancora una volta allo specchio, lisciandosi per la trentesima volta il vestito. Era così nervosa, voleva essere impeccabile, fare una bella figura e magari fare anche colpo su Harry. Liam era riuscito, chissà come, a invitarlo e lui aveva accettato! Harry Styles a casa di Isabelle Cummings, il sogno romantico della ragazza da almeno tre anni. 
Sbuffò e si passò una mano nei capelli, maledicendosi subito dopo per questo suo vizio, che doveva assolutamente togliersi.
Qualcuno l'abbraccio da dietro e lei sobbalzò. Un dolce profumo le arrivò come un'onda e lei riconobbe solo da quello chi fosse la persona, senza aver nemmeno bisogno di vedere il riflesso sullo specchio. Chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal caloroso abbraccio, che diffuse in lei un senso di sicurezza e tranquillità. Isabelle si girò e guardò Liam negli occhi. Il ragazzo la osservò per bene, memorizzando ogni dettaglio. Il vestito blu che indossava le cadeva perfettamente, accentuando le curve del suo corpo, che Liam trovava splendide anche con una felpa. Esso era abbinato a degli stivaletti di un grado più scuri- sapeva perfettamente che a Isabelle non piacevano i tacchi. I capelli ricadevano liberi sulle spalle, arricciati alle punte. 
Liam si fece sfuggire una risata, cosa che non passò inosservata alla ragazza, che si preoccupò di non essere abbastanza bella da poter scendere e affrontare tutti.
Il ragazzo vide negli occhi della sua migliore amica il panico, e le passo delicatamente una mano sulla guancia, sussurrandole un "Sei bellissima". Isabelle si tranquillizzò all'istante, rilassando i muscoli ed espirando, rimanendo stupita quando si accorse di aver trattenuto il fiato per tutto il tempo.
«Pronta, principessa?» chiese Liam, prendendo la sua migliore amica per mano. Isabelle annuì poco convinta.
Arrivati in fondo alle scale Liam le sussurrò qualcosa all'orecchio, che non riuscì bene a capire, a causa del volume troppo alto. Quando scese l'ultimo scalino una marea di ragazzi le si avvicinò per darle gli auguri. Isabelle si accorse di conoscere meno della metà degli invitati, e si promise di andare a parlare con Liam o chiunque avesse organizzato questa festa. Quando la folla si calmò la ragazza si guardò intorno, aveva perso di vista Liam. Iniziò a setacciare la casa, partendo dal salotto. C'era un'atmosfera di allegria, proprio come piaceva a Isabelle. Certo, la ragazza odiava le feste, ma le piaceva vedere il volto felice dei ragazzi. Ovviamente lo spazio era poco, quindi Izzy si ritrovò a zigzagare tra le persone che si scatenavano a ritmo di musica. Quando arrivò allo stupite della porta della cucina prese molte boccate d'aria, poiché di era sentita soffocare tra tutte quelle persone. La mora si guardò ancora una volta intorno, prima di sobbalzare per lo spavento. La ragazza si ritrovava delle mani che le coprivano gli occhi, impedendole di vedere cosa stesse succedendo.
«Chi sono?»chiese una voce, maschile, scoppiando in una risata cristallina e coinvolgente.

Isabelle rise di rimando, contagiata dalla risata e riconoscendo il ragazzo. Tolse le mani dagli occhi e si girò, abbracciando il biondo. «Niall!»sussurrò la ragazza, tra le braccia del suo amico. Niall era un suo compagno di scuola, lo conosceva da quattro anni e frequentavano quasi gli stessi corsi e anche lo stesso gruppo di amici.

«Auguri Izzy» il biondo rise di nuovo, coinvolgendo un'altra volta la ragazza, senza ovviamente averlo prima ringraziato. Quando si stacco dall'abbraccio vide che dietro Niall c'era un altro ragazzo. Quel ragazzo, quello per cui aveva completamente perso la testa.
Harry Styles, in tutta la sua perfezione alla sua festa. Isabelle si soffermò a osservare i particolari del riccio, per quelle che le parsero ore. Scosse la testa, ricordando ciò che doveva fare. Prima che la ragazza potesse andare avanti e continuare a salutare gli amici e continuare la sua ricerca il riccio la fermò, parlandole con quella sua voce roca.
«Ti va di ballare?» chiese Harry, rivolgendole un sorriso con fossette incorporate. Come avrebbe potuto rifiutare? Solo un cieco avrebbe potuto dire che il riccio non fosse attraente. Harry trascinò in pista Isabelle. Ballarono per minuti, ore, anche giorni per la ragazza, finché qualcosa non attirò la sua attenzione. Un ragazzo che seduto sul bracciolo del divano, mentre reggeva nella mano destra un bicchiere di carta rosso- conoscendolo conteneva qualche bibita analcolica- mentre saettava con lo sguardo per tutta il salone, cucine e sala da pranzo, qualche volta soffermandosi a guardare le scale. Un ricordo riaffiorò alla mente della ragazza.

C'era una festa di compleanno quel giorno. La festeggiata saltellava per tutta la casa, sorridendo ai suoi parenti che le davano un regalo. Fece per la decima volta il giro della casa, nel caso qualcun altro avesse voluto darle qualcosa. Nel salone, però, un bambino attirò la sua attenzione: era seduto su una delle tante sedie, lo sguardo rivolto al pavimento e un'aria molto triste. La ragazzina non accettava il fatto che i suoi invitati fossero infelici il giorno, per lei, più importante dell'anno. Così prese coraggio e si avvicinò al bambino, che alzò lo sguardo incontrando quello della bambina dai capelli castani e mossi. Allungò la mano, prendendo la sua e lo invitò a ballare.

«Scusami un attimo» gridò per sovrastare la musica. Harry, che poco prima stava ballando con lei, allentò la presa sui suoi fianchi. Isabelle lo guardò implorante, sapendo che stava perdendo un'occasione d'oro, prima di dirigersi con gran carriera da quel ragazzo.
Forse si sarebbe pentita di aver perso la sua unica occasione con Harry, ma lui era più importante, era più importante dell'aria stessa. Quando le fu vicino gli porse una mano. Il ragazzo appena la vide sorrise, un sorriso sincero.
«La principessa ha bisogno del suo principe.» Isabelle gli prese una mano e lo trascinò al centro della massa di ragazzi che ballavano.
Liam non fiatò, iniziando a muoversi a ritmo, sorridendo alla ragazza difronte a lui. Era proprio come quando erano piccoli.

 

La festa era finita da un quarto d'ora, la casa era un completo disastro: bicchieri di carta sparsi ovunque, sul tavolino, sui divani e anche sulla moquette. La mora sbuffò, lasciandosi andare sul divano e passandosi una mano nei lungi capelli e frizionandoli un po'.
I suoi genitori sarebbero arrivati da un momento all'altro, la mora sapeva che non avrebbero gradito per niente tutto quel disordine.
Si guardò ancora una volta intorno, sussurrando un 'aiuto' sincero, iniziando a prendere e buttare i primi bicchieri nella busta, nera, dell'immondizia.
«Se la principessa è in pericolo, il principe accorre in suo aiuto» disse Liam, spuntando dietro Isabelle e donandole uno dei suoi calorosi sorrisi. Buttò un bicchiere nella busta e la prese in mano, aiutando la sua migliore amica. In poco più di mezz'ora riuscirono a rimettere la casa in ordine, sembrava proprio che nessuna folla di ragazzi avesse fatto baldoria, tra alcool e musica. Isabelle accompagnò Liam alla porta. Il ragazzo però aveva aspettato quel momento fin dall'inizio della festa. Quando era arrivato a casa di Izzy era un po' titubante su quello che voleva fare, ma se non l'avesse fatto ora, poteva anche scordarsi di ritrovare il coraggio. Liam si girò e guardo Isabelle negli occhi, piccole macchie scure e lucide. Senza pensarci una seconda volta si avvicinò a lei, le mise le mani sulle guance e poggiò le sue labbra su quelle della ragazza. 

Isabelle sbarrò gli occhi per un momento, e sentiva la pelle bruciarle sotto il tocco del suo migliore amico. Le labbra del ragazzo sulle sue erano delicate, insicure all'inizio e ben presto si lasciò trascinare quando Liam approfondì il contatto, vedendo che la ragazza non reagiva. Isabelle non pensò più, come prima, che avrebbe dovuto staccarsi, quel bacio le piaceva. Però si sentiva trascinata nell'oblio, in qualcosa di buio, quindi poggiò le mani sul petto del ragazzo e lo allontanò, forse in modo troppo brusco. La ragazza abbassò lo sguardo, non si azzardava a parlare, a far scontrare i loro sguardi. La pelle le bruciava ancora, era sicura di essere diventata rossa, ma questo poco importava.

Salì le scale velocemente, senza girarsi e aprendo la porta, bianca, della sua camera. Quando si chiuse la porta alle spalle, la ragazza espirò dopo un tempo che le sembrò infinito. Sentì la porta principale chiudersi, non in modo brusco, ma sempre nel suo solito tocco dolce, lo stesso tocco con cui l'aveva attirata a se. Isabelle scosse la testa e si lasciò scivolare lungo la porta, fino a toccare il pavimento della sua camera. E rimase lì, a guardare un ponto indefinito della sua stanza, in attesa che i suoi tornassero.
 

Erano tre giorni, tre giorni che Isabelle non andava a scuola.
Tre giorni che era chiusa in camera sua.
Tre giorni che i suoi genitori, o suo fratello,cercavano di convincerla a uscire.
Tre gironi che il suo telefono vibrava incessantemente sulla scrivania.
Tre giorni che sullo schermo del suo nokia appariva sempre lo stesso nome: Liam.
Isabelle si chiedeva se si fosse pentito di ciò che aveva fatto. Non voleva ammetterlo, anche solo pensarlo le riusciva difficile, ma ciò che è successo non si può cancellare. Liam l'aveva baciata, il suo migliore amico l'aveva baciata. Ogni volta che ci pensava sentiva il suo tocco sulle guance, le sue labbra morbide e non voleva farlo. Voleva parlargli, ma non trovava il coraggio. Si era comportata da vera vigliacca quel giorno, non avrebbe mai dovuto allontanarsi e andare in camera sua. Liam aveva trovato il coraggio di, anche se indirettamente, dichiararsi. Lei non avrebbe mai avuto il coraggio di farlo, questo spiegava anche perché la sua situazione con Harry non avesse subito cambiamenti in quattro anni. Harry. Cosa provava adesso per lui? Insomma, il bacio di Liam l'aveva scombussolata, questo è vero. Ma per quattro anni l'aveva visto solo come il suo migliore amico, Harry era il ragazzo che le interessava, ma non ne era più tanto sicura. Come poteva cambiare idea sul ragazzo che occupava i suoi pensieri in solo quattro giorni?
Sbuffò e si passò una mano nei capelli. Gesto che in quei tre giorni era diventato ripetitivo, ancora più del solito. Scosse la testa e spense la canzone in riproduzione sul suo telefono. Non aveva ascoltato nessuna delle parole della canzone, troppo concentrata a pensare. Si alzò dal letto e si diresse al suo armadio, prese i primi vestiti che trovò e li indossò. La ragazza, troppo distratta, non si era nemmeno accorta di non aver controllato se erano abbinati, di solito non usciva di casa se non lo erano. Scese le scale, salutò di fretta la sua famiglia e uscì di casa.
I suoi genitori non fecero domande, erano felici che Isabelle uscisse un po', ovviamente avevano anche la tipica ansia dei genitori protettivi, ma sapevano che la loro figlia sarebbe stata attenta.

Izzy sbloccò di nuovo lo schermo del suo cellulare. Nonostante leggesse attentamente i numeri bianchi in grassetto, non si ricordava mai veramente che ore fossero. Lo ricontrollò di nuovo. Erano le cinque del pomeriggio, il tempo tipico d'inverno si faceva sentire. La ragazza si strinse nel suo capotto e si coprì le labbra con la sciarpa. Percorse quasi mezzo paese con la testa fra le nuvole, il terreno sembrava una massa gelatinosa ai suoi piedi, e lei si sentiva leggera e allo stesso tempo pesante. Con mano tremante, forse per il freddo o l'agitazione, schiacciò il campanello e aspettò. Sperava che non ci fosse nessuno in casa, che fossero tutti fuori per una delle solite uscite in famiglia, ma non fu così. La porta si aprì e Isabelle si ritrovò davanti la persona che, maggiormente, non voleva vedere. Era un pensiero contorto, visto che era andata lei a casa sua. Lo guardò negli occhi, nei suoi vedeva stupore, preoccupazione e...felicità. Invece lei non sapeva bene cosa il ragazzo vedesse nei suoi occhi, quale emozione trasmettessero.

Liam si spostò di lato, per far passare la ragazza. Isabelle attraversò l'uscio della porta deglutendo. Lei era una ragazza che voleva essere sempre organizzata, allora perché, mentre andava da lui, non si era organizzato un discorso, o aveva almeno messo in chiaro le idee?
La ragazza si sedette sul divano, abbinato perfettamente al resto dei mobili nel salone. Non aveva bisogno di guardarsi intorno, era andata così tante volte lì, che conosceva a memoria le postazioni di ogni oggetto: le fotografie appese al muro e sul camino, la televisione sospesa sopra di esso e il tavolino in vetro, dove erano poggiate le riviste che, tipicamente, leggeva sua madre.
«Mi dispiace- iniziò subito Isabelle, prima che dimenticasse il discorso che le era venuto, improvvisamente, in mente-Non avrei dovuto comportarmi in quel modo, avrei dovuto guardarti, sentire quello che avevi da dirmi. Non avrei dovuto scappare da vera codarda, per poi rifugiarmi nella mia camera. Non avrei dovuto evitarmi per tre giorni, fare finta di non sentire il telefono che vibrava, se per una chiamata o per un messaggio. Non avrei, semplicemente, dovuto fare niente».
Liam non rispose, si sedette vicino alla sua migliore amica. Sì, la definiva ancora così. Perché in quei giorni si era pentivo di ciò che aveva fatto. La sua mente aveva fantasticato troppo sulla reazioni che Isabelle avrebbe potuto avere e ora, nel suo salone, seduto sul suo divano, era pronto a mettere da parte i suoi sentimenti, anche solo per ritornare suo amico e starle accanto.
«No, non è assolutamente colpa tua, Isabelle- iniziò il ragazzo, facendosi coraggio-Sono stato io, non avrei mai dovuto baciarti, è stato un errore. Cioè, io volevo davvero baciarti, ma se tu non sei d'accordo non lo farò mai più. Per me l'importante e averti vicina, se come ragazza o migliore amica non ha importanza. La tua reazione è stata chiara, e in primo luogo mi piaci proprio perché sei spontanea, reagisci.» Liam chiuse gli occhi, sicuro di non riuscire a sopportare il suo sguardo e trattenne il respiro per non tremare o vacillalare. Il silenziò calò sui due ragazzi, amplificato dal vuoto della casa. Nessuno dei due parlava, questa tensione era troppo per Liam, avrebbe voluto alzarsi e andare via, ma quella era casa sua e non poteva.
Il ragazzo aveva ancora gli occhi chiusi, quando sentì delle mani fredde,sottili e delicate poggiarsi sulle guance accaldate. Successe tutto in una frazione di secondo, le labbra della ragazza sfiorarono le sue e poi si scontrarono. Liam sbarrò gli occhi, per poi richiuderli, appena in tempo per assicurarsi che, colei che lo stesse baciando, fosse veramente Isabelle. Liam portò le sue mani dietro la schiena della ragazza, sfiorandola e toccando anche le punte dei capelli di lei.

Nessuno dei due sapeva con esattezza cosa provava l'altro, ma entrambi sentivano un movimento nella pancia, che riconobbero come elefanti a una maratona piuttosto che farfalle, la pelle d'oca e dei brividi lungo tutto il corpo e dove le mani di uno toccavano la pelle scoperta dell'altro.

Quando si staccarono erano ormai senza più respiro, affannati, emozionati. Ansimavano ed entrambi erano colorati di un rosso accesso sulle gote. Liam poggiò la sua fronte su quella di Isabelle.
«Ti sei accorto di non avermi ancora chiamato principessa? Perché io sì, e mi manca» disse la ragazza.
Liam sorrise e le baciò dolcemente la fronte.
«Principessa. Sei la mia principessa» le sussurrò dolcemente.
«E tu sei il mio principe» rispose Isabelle, prima di farsi trascinare, di nuovo, in un bacio.




 

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SALVE
Ho ripubblicato la storia aggiustando alcuni errori di battitura e aggiungendo alcune parti per rendere la lettura più fluida. 
Potete trovare la storia anche su Wattpad: itstimetolisa con il nome di Eighteen-18.
Spero che vi piaccia e seguitemi anche lì perché sto per pubblicare altre storie!
Lasciate una recensione e fatemi sapere cosa ne pensate ;)
Ciaociao
-Annalisa

   
 
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