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Autore: Raheela Orbeli    20/06/2014    4 recensioni
Forse era arrivato il momento di staccarmi da lui, anche se sapevo sarebbe stato molto difficile fare a meno del proprio migliore amico. Mi sarebbero mancati incredibilmente i suoi atteggiamenti da bambino che lo portava a ricevere sempre un due di picche da tutte le ragazze, mi sarebbero mancati i nostri litigi e i suoi “secchiona” che facevano aumentare la mia ira.
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Martin.
Coglione. Coglione. Coglione.
Nella mia mente c’era solo quella parola, aveva monopolizzato tutto il resto, mi aveva distratto da altri pensieri che mi assordavano con il loro rumore, che mi paralizzavano in precedenza.
Jenny non esisteva più. Poi chi era Jenny? Poteva dire di conoscerla davvero? Tutte le emozioni che avevo provato fino a quel momento, che erano riuscite a creare un vortice nel mio cuore e stomaco erano completamente sparite. C’era solo il gelo adesso, il freddo assoluto dettato dalla consapevolezza.
Come avevo potuto trattare in quella maniera lei? La mia migliore amica? Come avevo potuto darle del pagliaccio? Qui l’unico ero io, con le mie parole sparate a caso, con i sentimenti incerti e altalenanti.
Ero io il pagliaccio ad aver mentito. Lei era bellissima, dannatamente bella, bella da far male. Dovevo difendermi da lei e quello che sentivo da diverso tempo, era stata semplice autodifesa.
A causa di quelle precauzioni, però, il dolore lo provavo lo stesso, mi abbatteva come non mai. Avevo impresso nella mente ancora la sua immagine: i suoi capelli castani, parevano caramello fuso, i suoi occhi verdi erano come gemme e ti leggevano dentro, e quello che avevo scorto quella sera in quel mare non mi era piaciuto per niente.
Dovevo solo tornare a concentrarmi su Jenny, lei che le aveva dato una possibilità dopo un corteggiamento asfissiante durato anni, come avrebbe reagito scoprendo che lavoravo per il Centro? Sapendo delle mie eroiche imprese? Lo avrebbe amato sicuramente, sarebbe stato il suo eroe. Era quello per cui lottavo da anni. Niente distrazioni.
Il mio pensiero doveva focalizzarsi su di lei, era l’unica cui poteva pensare. Autodifesa.
Ero davvero ironico, il mio comportamento era inutile e rasentava l’assurdo. Non potevo provare niente, era la mia migliore amica, l’avevo vista in tutte le fasi della sua vita, nei momenti più imbarazzanti che avrebbe voluto cancellare. Era mia sorella.
Autodifesa.
In quel momento il preside iniziò a parlare con la sua voce profonda, non capì una sola parola di quello che disse, ero troppo concentrato su altro, anzi, quelle parole erano una dolce litania che mi spingevano verso l’oblio.
Il momento idilliaco durò pochissimo e il battere le mani degli studenti mi riportò alla realtà.
Ero in biblioteca, e degli studenti salivano sul palco. Chi erano? Sembravano davvero intimoriti come se sotto di loro ci fossero delle belve inferocite pronte ad azzannarle appena avrebbero commesso un passo falso. Be’ tutti eccetto uno. Il ragazzo biondo che sorrideva, sembrava sicuro di sé, incurante del resto.
Portava una camicia simile alla sua preferita, occhi scuri  come i suoi e spavaldo. Lo riconobbe dopo un bel po’ perché non poteva crederci, non poteva essere vero. Quel ragazzo non doveva essere Marvin, e la cosa peggiore erano i suoi sguardi ammiccanti nei confronti di Diana. Cosa voleva da lei? Non era stato cacciato dal Centro in posti freddi e inospitali per compiere missioni che sarebbero state inutili al mondo?
Era il suo rivale, una specie di suo alter ego e non poteva essere comparso ancora qui, quando finalmente le cose sembravano girare per il verso giusto, quando il mondo aveva iniziato ad avere l’assetto Martin perfetto.
Jenny gli posò una mano sulla spalla, era arrivata da poco, trafelata per la corsa. “Scusa avevo un impegno e non sapevo di questa riunione speciale, Ma quello non è…?” rimase scioccata anche lei mentre volgeva lo sguardo verso il Narciso più Narciso di lui.
Perfetto. Tutto il mondo sarebbe caduto ai suoi piedi, ci mancava anche che Java gli sarebbe corso incontro scodinzolando come un cagnolino.
Qui ci voleva l’intervento di Zorak, o di qualche ibrido rivoltante che fosse al suo personale comando, avrebbe dovuto chiedere a Billy se si poteva fare qualche eccezione con i “detenuti” del Centro. Si sarebbe divertito un mondo, anche con qualche folletto dispettoso intento a tirare i capelli di Marvin.
“Sì, è quel coglione di Marvin, hai visto che espressione ha sul viso? Sono felice di guardarmi ogni giorno allo specchio e vedere il mio volto, ci sono persone che non hanno queste straordinarie fortune.” Il caro Marvin non doveva essere degno di alcun tipo di preoccupazione.
Jenny alzò gli occhi al cielo “certe cose non cambieranno davvero mai, Martin. Mi chiedo solo che cosa ci faccia qui.”
Disse curiosa. Sicuramente sperava che restasse.
La domanda che mi tormentava era: perché si trovava ancora qui? Una nuova missione per il Centro? Avrebbero dovuto collaborare ancora?
Se fosse stato così avrebbe dato le dimissioni, la collaborazione era impensabile, come vedere un orso grizzly ballare un valzer con un ippopotamo.
Il preside iniziò ad elencare i nomi dei tutor, ma che razza di progetto era? Per fortuna non scorsi alcun nome a me noto in quell’elenco.
I ragazzi tutor si alzarono andando incontro ai loro nuovi amichetti stranieri, Marvin non aveva tutor. Evidentemente era ambientato in maniera ottimale in quella scuola. Molti studenti iniziarono ad alzarsi annoiati ritornando alle loro mansioni abituali ossia non far nulla.
Rimasero in pochi, tra cui Daina che si avvicinò a Marvin che scese dal palco come se fosse un divo della televisione.
Iniziarono a parlare e qualcosa mi ribollì nelle viscere, come se ci fossero mille animali viscidi pronti ad uscire. Dovevo avvicinarmi, fare qualche uscita stupida delle mie e confondere Diana.
Presi la mano di Jenny, mi infondeva sicurezza. Hai visto, Marvin? Anche io ho ottenuto quello che volevo.
Diana era alle sue spalle, non lo avrebbe visto, invece Marvin lo aveva adocchiato e lo fissava con sguardo truce. Jenny aveva ragione: certe cose non cambiano mai.
“Qual buon vento, Marvin? Quello dell’Alaska era troppo forte e ti ha spinto direttamente qui?” dissi con il mio solito tono sfrontato.
Diana sussultò, come se fosse appena stata colpita da una scossa. Si girò verso di me e vide la mia mano stretta a quella di Jenny, aveva gli occhi lucidi.
“Oh, Martin e Jenny! Mentirei se dicessi che è un piacere vederti Martin.” Fece quel suo solito sorriso malandrino.
Sentii Jenny sbuffare “E’ stato un piacere rivederti Marvin, tra cinque minuti ho lezione, ci vediamo in giro.” Jenny lasciò la mia mano e si diresse verso l’uscita, evidentemente era stanca dei battibecchi, il che era decisamente meglio per loro. Avrebbe potuto dire tutto a Marvin chiaramente. “Il Centro ti ha rispedito davvero qui? Devo parlare con Mom della sua mancanza di leadership.”  Incrociai le braccia al petto con aria superiore.
Marvin era impassibile “Sono venuto qui per restare e, sì, Mom mi ha affidato un caso importante. Ma come? Non ti ha detto niente? Non eri il suo migliore agente?”
Rimasi paralizzato. Un caso serio? A lui? E Mom non lo aveva informato? In questa scuola?
Com’era possibile?
Addio momento perfetto. Le cose si sarebbero complicate di brutto.
 
Angolo ritardataria (da oggi mi firmo sempre così, ci sta.)
Allora so che questo capitolo non contiene molto dagli sviluppi di Diana ma volevo dare una versione di Martin a quello che era successo, scrivere un po’ su di lui, magari facendolo conoscere meglio.
Ringrazio sempre le ragazze che hanno recensito, siete tutte favolose ma anche a chi segue questa storia. (Ho aggiornato regolarmente, vedete? U-u)  
   
 
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