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Autore: Ayr    20/06/2014    4 recensioni
Arden è un giovane Cacciatore di draghi, uccide queste creature per prelevare il Sospiro del Drago, una sostanza preziosissima altamente infiammabile. Elleboro è una Lingua di Fuoco, una leggenda, lei i draghi li protegge.
Quando la ragazza incontrerà Arden e lo salverà da un attacco di draghi, inizierà per lei una missione: fargli conoscere e cercare di fargli apprezzare queste meravigliose creature, facendogli capire gli orrori che i Cacciatori come lui compiono contro di esse.
Riuscirà Elleboro nella sua missione? O avrà ragione Passiflora e Arden tornerà ad uccidere draghi, come ha sempre fatto?
Dedico questa storia a mio fratello che ne ha trovato il titolo e ad una mia amica, che come me ama i draghi ed è innamorata di un Cacciatore.
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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I

Il primo ad avvistarlo fu Trevor: un magnifico esemplare che si stagliava contro il grigio-azzurro del cielo invernale.
«Saranno almeno sei metri di apertura alare!» esclamò Benjy con una mano sulla fronte per vederlo meglio. Benjy era nuovo, un pivello di appena quattordici anni che era stato spedito lì dal padre perché diventasse un “vero uomo”, come se uccidere draghi potesse aiutare. Arden lo guardò con un misto di compassione ed invidia: lui di anni ne aveva diciotto ed era da quando ne aveva dodici che attraversava quelle foreste in cerca di draghi, ormai nulla lo stupiva più. Loyd iniziò ad urlare ordini. Era un ragazzo di neanche ventiquattro anni, sarebbe stato anche affascinante se un drago non gli avesse portato via metà della faccia, comunque, nonostante la giovane età, sapeva come farsi rispettare. Trevor prese posizione agli arpioni, aspettando il momento in cui il drago si sarebbe avvicinato.
La sua figura scendeva verso terra in spirali concentriche, Arden rimase come incantato a fissare quella strana danza poi Tasha gli diede una gomitata e lui ritornò alla realtà. Il drago, intanto si era posato in una radura poco distante, i Cacciatori si avvicinarono con cautela, cercando di far cigolare il meno possibile il loro mezzo: una specie di vascello su ruote di piccole dimensioni equipaggiato con arpioni lunghi almeno venti piedi e larghi dieci. Uno di questi arpioni venne scagliato da Trevor e andò a lacerare un’ala del drago che ruggì di dolore, la punta dell’arpione si ancorò a terra, impedendo al drago di spiccare il volo, a meno che non avesse l’intenzione di lasciare a terra tutta l’ala destra. Dall’altra parte sopraggiunsero Brody e la sua squadra e anche l’ala di sinistra venne saldamente assicurata al terreno. Il drago emise una fiammata che carbonizzò la foresta davanti a lui. Benjy indietreggiò spaventato, era la sua prima battuta di caccia. Brent, accanto a lui, gli mise tra le mani con ben poca grazia una lancia alta almeno il doppio del ragazzino e pesante tre volte lui, Benjy la guardava spaventato «Cosa ci dovrei fare?» sembravano dire i suoi enormi occhi castani, spalancati per la paura. Arden prese con sicurezza una lancia simile e fece cenno a Benjy di seguirlo.
«Devi prenderlo sul petto, dove è più vulnerabile e non è protetto dalle scaglie» gli disse, il ragazzino annuì non troppo convinto. Gli altri, intanto stavano cercando di rendere inoffensivo il drago avvolgendogli la bocca in poderose corde d’acciaio ignifughe, la testa del rettile si abbatté sul terreno, sradicando qualche albero, dal suo naso uscirono sbuffi di fumo sulfureo in segno di protesta e rabbia, ma ora era diventato inoffensivo; altre corde assicuravano il suo poderoso corpo al terreno. Arden si avvicinò, lancia sguainata e pronta a colpire, Loyd gli fece un cenno e affondò l’arma nella carne vulnerabile del petto dell’animale, sangue scuro sprizzò fuori schizzando il viso del ragazzo, ma questi non parve preoccuparsene e spinse ancora più a fondo l’arma; Arden lo imitò, ma con meno violenza e soprattutto senza un sorriso sardonico che gli increspava le labbra; il piccolo Benjy, invece, era ancora indeciso sul da farsi e guardava con un misto di disgusto e paura gli altri due. Il drago emetteva lamenti strazianti e cercava di divincolarsi, ma invano, quelle corde erano a prova di drago. Arden sentì Loyd esultare e chiedere a gran voce un contenitore, aveva finalmente trovato il Sospiro del drago: era una sostanza vischiosa, appiccicosa, di colore ambra scuro e altamente infiammabile, usata come combustibile per le lampade. Era una sostanza rara e preziosissima venduta a peso d’oro, questo perché era molto difficile da recuperare dal momento che si trovava all’interno dei draghi. Il liquido colò nel contenitore di vetro azzurro, era una quantità infinitesima ma che avrebbe fruttato molto denaro se fosse stata venduta al compratore giusto. Loyd sorrise soddisfatto: era il quarto contenitore che riempivano quel giorno, il titolo di Cacciatore dell’anno se lo sarebbe aggiudicato lui questa volta, se lo sentiva. «Brent, finisci il drago» gli ordinò Loyd chiudendo il contenitore. Brent era un essere sadico e cinico che aveva perso ogni briciolo di umanità nei cinque anni che era stato rinchiuso nel carcere di massima sicurezza di Verendor, era spietato e senza un briciolo di compassione, perfetto per questo tipo di lavoro, insomma.
Con un sorriso grottesco colpì il fianco del drago con una lancia più grossa e lunga delle altre, munita di una punta ritorta su se stessa e costellata di spuntoni, la chiamavano la Spina anche se non aveva nulla a che vedere con quelle piccole sporgenze che ricoprivano il gambo delle rose, era molto più letale e dolorosa. Il drago emise un ultimo atroce grido di dolore che lacerò l’aria fredda del tardo pomeriggio, poi la sua testa cadde con un tonfo e un potente rimbombo sul terreno e non si mosse più. Arden fissò gli occhi del drago, rimasti spalancati: erano color giada con striature dorate e avevano la pupilla verticale, come quella dei gatti. Arden ne rimase come rapito, nonostante il drago fosse morto, quegli occhi continuavano a sprigionare una saggezza e una forza immensa, antica e misteriosa. «Se ti piace così tanto puoi portartelo a casa, come souvenir» gli propose Reg prima di scoppiare in una risata sguaiata. Tutto in quell’essere era sguaiato e sgraziato, dall’aspetto fisico sproporzionato, ai modi, all’atteggiamento, al comportamento; di giorno andava per foreste a caccia di draghi, di notte per bordelli a caccia di puttane. Arden non lo degnò neanche di uno sguardo, era un essere disgustoso, volgare e stupido e lui non voleva averci niente a che fare. Era un nuovo acquisto di Loyd, ma si comportava come se fosse uno dei veterani se non addirittura il capo, importunava tutto il tempo Kayle, una giovane e avvenente Cacciatrice, e non faceva altro che ridere, raccontare barzellette sconce e fare battute porche che capiva solo lui, nessuno lo sopportava ma era il migliore nell’adoperare l’arpione insieme a Trevor. Arden aveva invece una vista acutissima ed era di solito quello che avvistava i draghi, anche a molte leghe di distanza, per questo si era conquistato il soprannome di Falco; stavolta però era toccato a Trevor e si sarebbe aggiudicato lui il secondo giro di birra gratis. Non che a Arden dispiacesse: la birra che di solito offrivano era terribile, odorava vagamente di orina e ne aveva anche il colore e di solito era insipida o amarissima. Per questo Arden non accettava mai il secondo giro, molti ritenevano che lo facesse come dimostrazione di finta umiltà, ma in realtà lo faceva per preservare la salute del suo stomaco.
«Ehi Arden, stasera devi offrire da bere tu a tutti, è d’obbligo!» esclamò Tasha dalla sua postazione al timone, era una bella ragazza, mora, dai grandi occhi verde scuro e due labbra carnose rosso intenso, ma era intoccabile e di proprietà esclusiva di Loyd. Si sosteneva che fosse diventata una Cacciatrice proprio perché era andata a letto con lui, ma a parte Reg, erano in pochi a credere ancora a questa storia.
«E perché proprio io?» chiese il ragazzo, scostandosi i capelli biondi che gli erano finiti davanti agli occhi.
«Come segno di ammirazione e rispetto nei confronti di Trevor, insomma, questa volta è stato lui ad avvistare l’ultimo drago» rispose la ragazza.
«Sì ma gli altri tre gli ho visti io» replicò lui con un sorriso, Tasha scrollò le spalle.
«Sarebbe adogni modo un gesto carino» ribatté la ragazza.
«Certo perché non devi tirare fuori i soldi tu» le fece notare il ragazzo, Tasha scoppiò a ridere.
«Non ti facevo così tirchio» commentò la ragazza.
«Più che avidità, è buon senso» rispose lui. Se avesse dovuto pagare da bere, avrebbe fatto dilapidato tutte le sue finanze in una sola volta, soprattutto per riempire la pancia a quel parassita di Reg.
«Ho capito, ho capito…ci penserà ancora Brody» concluse la ragazza.
«Che cosa dovrei fare io?» chiese il ragazzo, sentendosi chiamare improvvisamente in causa.
«Niente, lo scoprirai stasera» replicò la ragazza con un sorriso sornione.

Il pub, come sempre, era gremito di persone e nell’aria aleggiava l’odore dolciastro dell’alcol. Arden riusciva a fatica a passare in mezzo alla gente, le mani occupate da enormi calici di birra di color giallo scialbo. Era già il terzo giro che facevano e fortunatamente, non era lui a dover pagare. Arden raggiunse finalmente il tavolo ma all’ultimo si inciampò e sparse parte della birra sul tavolo.
«Diamine, Arden! Per fortuna che non sei ubriaco! Se fai fatica a stare in equilibrio quando sei sobrio, non oso immaginare a quando sei sbronzo» commentò Loyd, suscitando una risatina generale; anche Arden si costrinse a sorridere, in fondo stavano festeggiando e ad una festa bisognava stare allegri e divertirsi. Il ragazzo sedette nel misero spazio che era rimasto, nel giro di due minuti, il tempo di andare al bancone a prendere le birre e tornare, il numero di persone intorno a quel tavolo era aumentato considerevolmente e il ragazzo non era neanche sicuro di conoscerle tutte, alcune non le aveva proprio mai viste, come per esempio la bionda tinta avvinghiata a Trevor, era sicuro di non averla mai vista, eppure era lì a scolarsi birra e ridere come una gallina facendo sussultare il suo seno prorompente, come se si conoscessero da una vita e gli avesse sempre frequentati.
«Ehi, che ne dici se ce la svigniamo, tanto non credo che lo noterebbero ubriachi come sono» la proposta era giunta da una flebile voce alla sua sinistra, voltandosi si ritrovò davanti gli occhi azzurro ghiaccio di Kayle.
«Ci sto» acconsentì Arden che non vedeva l’ora di uscire da quel luogo soffocante e puzzolente. I due si alzarono dal tavolo e senza salutare nessuno uscirono dal pub. Una volta in strada Kayle scoppiò a ridere.
«Dio, non c’è la facevo più» dichiarò in un soffio «faceva un caldo tremendo, c’era puzza di fumo, si stava stretti, la birra faceva schifo e Reg continuava a palparmi le tette, o era Brent?» continuò la ragazza camminando per la strada immersa nel buio, barcollava un po’, segno che anche lei non era completamente sobria, ma almeno non si era messa a urlare frasi sconnesse dettate dall’alcol come Reg o aveva improvvisato uno spogliarello sul tavolo come una rossa che aveva tentato di portarsi a letto Arden, ma senza successo. Il ragazzo sorrise con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni.
La notte era fredda, il respiro si condensava in nuvole biancastre che salivano verso il cielo solcato di nubi, la luna era coperta e non illuminava le strade, bagnate invece dalla calda luce della lanterne disposte ad intervalli regolari e alimentate dal Sospiro di drago, gli edifici erano scuri, la luce non riusciva a raggiungerli e parevano profili di uccelli rapaci che incombevano sulle strette strade della città, in attesa di rapire i viandanti che le percorrevano. Un vento freddo si insinuò nella via e fece rabbrividire Arden che si strinse nel suo cappotto di lana pesante.
«Dove vuoi andare?» chiese a Kayle, che camminava a pochi passi davanti a lui, la ragazza si voltò, un sorriso radioso che le illuminava il viso dai tratti sottili e delicati, derivazione dell’origine nordica della sua famiglia.
«Non lo so» ripose la ragazza «tu dove vuoi andare?»
A casa avrebbe voluto rispondere il ragazzo, ma si limitò a tacere. Non era snob o insofferente, come in molti credevano, era solamente un ragazzo molto timido e riservato, che non si sentiva a suo agio alle feste (a meno che non fosse ubriaco fradicio) e che preferiva passare le serate nella sua stanza, a leggere. Kayle si era fermata di colpo, come se fosse stata colta da un pensiero improvviso.
«Puoi venire a casa mia» propose voltandosi verso Arden.
A fare cosa? Avrebbe voluto chiedere lui, ma temeva di sapere già la risposta. Ma il proposito venne rimandato da un urlo improvviso che squarciò l’aria fresca della notte. Arden e Kayle si precipitarono verso il luogo da cui era provenuto. Giunsero in un vicolo stretto e buio, solamente un debole fascio di luce riusciva a rischiararlo e ad illuminare due figure: una era Daren, un Cacciatore di draghi a cui era riservata la parte nord-orientale della foresta, l’altra era quella di una ragazzina di poco più giovane di Arden, indossava una cappa di spessa lana nera, il cappuccio era scivolato via, liberando una cascata di lunghi ricci castani, la ragazza si teneva una mano sulla guancia sinistra tumefatta, Daren la teneva con forza per il braccio destro.
«Cosa è successo?» domandò Kayle.
«Non ti immischiare Kayle, non sono cose che ti riguardano» rispose bruscamente il Cacciatore.
«Mi riguardano eccome! Perché stai maltrattando una povera ragazza innocente?» replicò la ragazza.
Daren scoppiò a ridere «Innocente! Proprio!» sputò per terra, «Se ti interessa davvero saperlo, questa piccola bastarda ha cercato di boicottare il mio carico di scaglie di drago. Enon è la prima volta». La ragazzina per tutta risposta si mise a sussurrare qualcosa in una lingua sconosciuta piena di suoni sibilanti che fece accapponare la pelle ad Arden.
«E questo ti sembra un valido motivo per malmenarla?» chiese ancora Kayle «i furti si denunciano al Console, non ci si fa giustizia da soli picchiando una ragazzina in un vicolo.»
«Senti principessa, non mi scocciare, va bene? Tornatene a scopare il tuo amichetto e lasciami in pace» rispose Daren.
Arden vide la rabbia montare in Kayle, le posò delicatamente una mano sulla spalla, «Daren ha ragione, non è una questione che ci riguarda» le disse per evitare che la situazione degenerasse. C’erano sempre stati dei contrasti tra Daren e Kayle, e ogni motivo diventava buono per litigare e recriminarsi a vicenda vecchi torti subiti.
In quel momento il vicolo venne illuminato a giorno da un lampo di luce rosso-dorata, sprigionatosi dalla mano destra della ragazzina. Questo andò a colpire Daren che si accasciò a terra premendosi una mano sull’occhio sinistro, grondante sangue.
«Lurida bastarda» mugugnò l’uomo, la ragazzina, per tutta risposta si alzò e corse via «Te la farò pagare» le urlò dietro, ma lei era già lontana.
Kayle si precipitò da Daren «Stai bene?» gli chiese preoccupata.
«Sparisci!» la cacciò via lui in malo modo «è colpa tua se è scappata, puttana impicciona!»
Arden, invece rimase a fissare il punto in cui era sparita la ragazzina e cominciò a correre in quella direzione. Solo un’altra volta aveva visto un lampo di luce di magia di quel tipo ed era stata anche l’ultima volta che aveva visto vivo suo padre. Doveva scoprire chi o cosa fosse la ragazzina, ma prima di tutto doveva trovarla.
Intravide uno svolazzo di stoffa nera sparire dietro un vicolo e lo seguì. Lei era lì, come se sapesse che la stava seguendo e lo stesse aspettando. Aveva la mano destra pronta a scattare e la guancia sinistra gonfia e rossa.
«Perché mi stavi seguendo?» domandò la ragazzina «Vuoi punirmi per quello che ho fatto al tuo amico?» alcune scintille baluginavano intorno alle sue dita, crepitanti di magia.
«Daren non è mio amico. Non voglio punirti, non ho intenzione di farti del male» rispose Arden cauto.
La ragazzina sorrise, era un sorriso strano, sghembo, vagamente inquietante «Anche il tuo amico non voleva farmi del male, voleva solo farmela pagare.»
«Io voglio solo parlarti» dichiarò Arden.
La ragazzina non rispose ma le scintille che si sprigionavano dalle sue dita diminuirono, diventando delle minuscole lucine sfarfallanti, e questa bastò al ragazzo come risposta.
«Come ti chiami?» le chiese Arden.
«Perché ti interessa tanto saperlo?» domandò lei «Così puoi denunciarmi al tuo cosiddetto Console?»
«Voglio solo sapere chi sei» si scusò Arden O cosa sei.
La ragazzina sorrise di nuovo «Una leggenda» rispose semplicemente e per un attimo Arden intravide uno scintillio dorato attraversare i suoi grandi occhi castani.
In quel momento si sentì un rumore di passi di corsa in avvicinamento e di voci concitate.
La stanno cercando pensò Arden, anche la ragazzina parve capirlo e i suoi occhi si spalancarono, disse qualcosa in quella strana lingua sibilante e il ragazzo sentì nuovamente rizzarsi i peli delle braccia. Non poteva permettersi che la prendessero, le serviva, era l’unica che potesse dare una risposta alle sue domande.
«Vieni» le disse, facendole cenno di seguirlo. Lei lo guardò incredula.
«Cosa vuoi fare?» chiese scettica.
«Salvarti la vita» rispose lui, e senza attendere risposta la prese per un polso e la trascinò per i vicoli della cittadina. All’inizio la ragazzina provò a divincolarsi, ma la presa di Arden era forte e salda, così dopo vari e vani tentativi, rinunciò e si lasciò condurre. Si fermarono davanti ad una casa a due piani, in mattoni.
«Dove siamo?» chiese la ragazzina, il fiato corto per la corsa.
«A casa mia» ripose il ragazzo inserendo la chiave nella toppa, lei lo guardò ancora più perplessa «Questo è l’ultimo posto dove verrebbero a cercarti» aggiunse facendola entrare.

La ragazzina era seduta sul letto a gambe incrociate, si era tolta la cappa e guardava Arden con uno sguardo penetrante e sospettoso. Sotto la cappa indossava abiti in pelle: corsetto in pelle e bracciali in pelle che fermavano le maniche della camicia ai polsi, pantaloni in pelle inseriti in stivali in pelle da cui spuntava l’elsa di due pugnali, un terzo pugnale era assicurato ad una cintura alta di cuoio da cui pendeva anche un sacchetto di pelle.
«Perché mi hai salvato?» chiese la ragazzina dopo un interminabile silenzio. Arden non sapeva cosa rispondere «Ora sono in debito con te» continuò lei.
«Perché dovresti? Salvare ragazzine dai vicoli in piena notte è uno dei miei compiti» ripose lui. La ragazzina sorrise, un sorriso ben diverso da quello solito, strano e sghembo; era un sorriso dolce che si rispecchiava nei suoi occhi.
«No davvero, perché mi hai portato qui?» incalzò lei. Arden si morse le labbra, non sapeva se raccontare tutta la storia a quella ragazzina, in fondo era la prima volta che la vedeva; eppure la sete di conoscenza era più forte e premeva dentro di lui, bramava di scoprire cosa fosse quella ragazzina e come fosse stata capace di evocare quella magia.
«Come hai fatto a creare quel lampo?» chiese alla fine.
«In realtà non lo so nemmeno io. Da quanto ricordo sono sempre stata capace di fare queste cose. Ma non so da dove provenga questa magia, se è quello che vuoi sapere.»
Silenzio. Arden continuava a tormentarsi un laccio della camicia, indeciso se rivelarle o no tutta la sua storia, alla fine concluse che se avesse voluto avere delle informazioni in più dalla e sulla ragazzina, avrebbe almeno dovuto spiegarle il motivo. È così iniziò a raccontarle di com’era morto suo padre. Se lo ricordava come se fosse avvenuto il giorno prima e non ormai sei anni fa. Era una calda mattina di tarda primavera e come sempre lui e suo padre erano andati a caccia, di daini, non di draghi, suo padre aveva sempre aborrito quel tipo di caccia. Avevano avvistato uno stupendo daino, in mezzo ad una radura e suo padre stava per scoccare la freccia, quando si erano sentiti un urlo e un tonfo. Suo padre si era precipitato nel luogo da cui era provenuto e Arden si ricordava ancora che vi avevano trovato tre persone: una era incappucciata, l’altra aveva il volto scoperto e una cicatrice che gli deturpava metà del viso, la terza era distesa a terra, morta. Da quel momento i ricordi diventavano sfuocati e confusi, come le immagini sbiadite di un sogno che sta svanendo, si ricordava solo grida, colpi e quel lampo rosso; l’ultima immagine che era rimasta impressa nella sua mente era quella di un’altra figura distesa a terra, dal volto esangue e un rivolo di sangue che gli usciva dalla bocca, suo padre. Dopo la sua morte Arden era diventato l’uomo di casa e si era ritrovato sulle spalle il gravoso compito di mantenere la madre e una sorella, per questo era diventato un Cacciatore di draghi, l’alternativa sarebbe stata lavorare in una taverna o in un bordello, ma alla fine aveva optato per i cacciatori, molto meglio retribuiti. Questo però non lo disse alla ragazzina; durante il racconto non aveva proferito parola, era rimasta in silenzio e per un attimo Arden aveva anche intravisto i suoi occhi farsi lucidi, ora era tornata a guardarlo con quello sguardo penetrante frammisto a qualcosa d’altro, compassione forse?
«Mi dispiace molto per tuo padre» disse infine, con voce flebile «Ma, per quanto io sappia, non credo che sia stato uno di Noi ad ucciderlo, almeno non volontariamente.» il suo sguardo si era abbassato verso le sue mani che tormentavano i lacci degli stivali «Noi non uccidiamo, a meno che non sia strettamente necessario, ma di solito troviamo altre vie per difenderci» un sorriso triste era affiorato alle sue labbra «Quindi, non so chi possa aver ucciso tuo padre, potrebbe essere stato uno di Noi come potrebbe non esserlo stato…»
«Noi chi?» la interruppe bruscamente Arden.
La ragazzina sollevò lo sguardo verso di lui e il ragazzo venne catturato da quegli occhi castani profondi, malinconici e misteriosi «Hai mai sentito parlare delle Lingue di fuoco?» domandò.
   
 
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