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Autore: Tina_    17/08/2008    5 recensioni
"Cuffie nelle orecchie, Ray Ban sul naso, un vestitino molto corto che metteva in risalto le sue slancianti gambe, calzanti panta-collant neri, che lasciavano intravedere la piccola tartaruga che si era tatuata il giorno del suo diciottesimo compleanno come portafortuna."
Storia d'amore fra due giovani adulti.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cuffie nelle orecchie, Ray Ban sul naso, un vestitino molto corto che metteva in risalto le sue slancianti gambe, calzanti pan

Ottobre.

Cuffie nelle orecchie, Ray Ban sul naso, un vestitino molto corto che metteva in risalto le sue slancianti gambe, calzanti panta-collant neri, che lasciavano intravedere la piccola tartaruga che si era tatuata il giorno del suo diciottesimo compleanno come portafortuna.

Le lunghe gambe terminavano in scarpe da ginnastica che rovinavano l’insieme più che grazioso della sua mise.

Lo zaino, pieno di scritte e decori firmati da lei, era al suo fianco.

Rugiada sedeva sui gradini della stazione, persa nella sua solitudine come sempre, che aspettava l’arrivo del suo treno.

Ogni giorno, fra andata e ritorno, doveva farsi circa un’ora e mezza di viaggio in treno.

Andava a scuola in una città diversa da quella in cui viveva: non aveva compagne di classe che potevano tenerle compagnia in questo tragitto, ma lei non avrebbe neanche voluto averle, anzi, a dire il vero le odiava.

Lei era la classica secchiona che pensava solo alla scuola, o quasi. Una sua gran passione era scrivere canzoni: era anche gravina, ma non osava proporsi ad una casa discografica, non si reputava all’altezza.

Non aveva amicizie in classe, nemmeno fuori di essa, non se ne curava, avendo le sue poesie che metteva in musica ed un rapporto quasi di amicizia con sua madre, che era rimasta vedova finché la sua Giada ancora riposava nel suo grembo.

Non aveva voluto risposarsi per non rischiare di incappare in uomini che avrebbero potuto fare del male alla luce dei suoi occhi.

Sara, la madre, da un lato era triste che la figlia fosse così sola, sempre chiusa in camera a scrivere o a suonare; dall’altro era contenta che fosse una ragazza coscienziosa senza troppi grilli per la testa.

Ora che Giada era diventata maggiorenne, aveva paura che potesse dissolversi come rugiada al sole, ma la figlia non aveva la minima intenzione di lasciare la felice casa materna: lì aveva tutto ciò che desiderava, dove poteva andare, a complicarsi la vita?

Giada sedeva ad occhi chiusi ascoltando e memorizzando la musica che le scorreva nelle orecchie, quando arrivò una folata di vento che fece cadere il suo zaino e riversando per terra tutto ciò che conteneva, soprattutto il suo prezioso quaderno dove annotava tutto ciò che poteva ispirarle nuove poesie e canzoni.

Scattò in piedi e si diede da fare per raccogliere tutti i suoi averi, quando vide un ragazzo, un compagno di scuola, che si chinava per darle una mano.

Strano, quel ragazzo era sul treno con le da sempre, frequentava l’ultimo anno di liceo, mentre a lei ne mancavano ancora due, ma non ricordava di averci mai parlato insieme.

Si erano osservati, quello si. E tanto anche. Del resto erano due bei ragazzi entrambi. Lui aveva anche cercato più volte di sbirciare in quel suo quaderno per vedere cosa scrivesse, invano.

Era attratto da lei, lo incuriosiva molto: quei lunghi capelli corvini, nettamente in contrasto con la pelle diafana e i vividi occhi azzurri, quelle dita affusolate che sempre stringevano la sua stilografica, regalatale dalla madre per i 18 anni: la stilografica in edizione limitata di Cartier, con una chitarra dorata sul cappuccio.

Mentre il ragazzo l’aiutava, si presentò:

“Piacere, Marco. Sono un tuo compagno di scuola!”

Ma si pentì subito di averlo detto, e si sentì molto stupido. Ma lei, intuendo i suoi pensieri, cercò di rispondergli in modo da non fargli capire i suoi, di pensieri, che coincidevano con quelli di Marco.

“Piacere, Giada. Lo so, ti guardo dal mio primo giorno di scuola…”

No questo era ancora più stupido! Arrossì, e dopo scoppiarono a ridere insieme, contenti di essere finalmente riusciti a conoscersi.

Il viaggio in treno lo fecero insieme, e si dettero appuntamento per la mattina dopo.

Cominciò così una piacevole abitudine quella di prendere il treno insieme sia la mattina che a mezzogiorno: all’andata si raccontavano il pomeriggio, la sera, la notte, i sogni; al ritorno si raccontavano la mattinata trascorsa, insultavano, per così dire, i professori che avevano in comune.

Dopo un paio di settimane si scambiarono i numeri di cellulare, per trovarsi poi il pomeriggio: Giada era carente in matematica, mentre Marco era più che bravo. Decisero così di trovarsi per poter aiutare giada a prepararsi per il prossimo compito.

Passarono tutto il pomeriggio a studiare e, dopo aver faticato tanto, decisero di andare a prendersi un gelato vicino a casa di Giada. Andarono a piedi e, per sbaglio, le loro mani si toccarono. Imbarazzati entrambi, scoppiarono a ridere: avevano capito che quello era l’unico modo per vincere l’imbarazzo. Dopo di che, si presero per mano.

La mano di Marco era grande, liscia, calda: accoglieva come un nido quella di Giada.

Si salutarono con un bacio sulla guancia, e poi Marco partì in sella alla sua moto.

Il giorno dopo, sul treno, si vedeva che qualcosa fra loro era cambiato: erano diventati più intimi.

Un paio di giorni dopo, Giada arrivò sul treno tutta felice e contenta: aveva preso 7 in matematica! Non riusciva a crederci: in questo modo aveva quasi recuperato il votaccio della volta scorsa.

Marco le propose di uscire per festeggiare: sarebbe passato a prenderla sabato alle 8 e mezza, e lei avrebbe dovuto vestirsi elegante.

Lei non stava più nella pelle, ed era agitatissima. In fondo era il suo primo appuntamento con chiunque.

Passò tutto il sabato pomeriggio a provare vestiti, scarpe, trucchi, pettinature.

Aveva un solo vestito elegante, preso per un matrimonio, che le stava d’incanto: sembrava una bambolina!

Alla fine, verso le otto, era pronta: vestito al ginocchio con le balze, marrone, con una scollatura tonda; calze color carne che, se possibile, rendevano ancor più belle le sue gambe; scarpe marrone e oro con un tacco da 10 centimetri che la slanciava tantissimo.

Lui arrivò puntualissimo alle 20.30 con la sua Audi; scese e si presentò con un elegantissimo completo nero con una camicia bianca di Burberry e…la cravatta. Giada non aveva mai visto un ragazzo tanto elegante.

Marco si presentò a Sara, molto compiaciuta dell’educazione di Marco.

I due giovani partirono, diretti verso il centro della città, al ristorante “Romeo e Giulietta”.

Quando arrivarono, Giada notò l’elegante pergolato che copriva la veranda ed un cameriere con tanto di cravattino che si accingeva a farli accomodare al tavolo prenotato.

Mangiarono una gustosa cenetta e quando arrivò il cameriere con il conto, pagò tutto Marco, senza cedere alle insistenze di Giada di voler contribuire.

La portò a casa e, con molta galanteria, le aprì la portiera per permetterle di scendere, la accompagnò fino alla porta di casa e lì si guardarono. Gli occhi nocciola di Marco si perdevano in quelli di Giada, così simili all’oceano per grandezza e colore. Si soffermavano anche sulla fragolina bocca della ragazza, così carnosa e invitante. E finché la guardava, si chinò a baciarla. Prima di invadere la sua intimità con la lingua, le diede tanti piccoli bacini lievi a fior di labbra e, quando non riuscì più a resistere, cerco la lingua di Giada con la sua. Giada era lì che lo aspettava, quasi impaziente. Non aveva mai ricevuto un bacio, ma pensava che fosse stato superbo.

Domenica mattina alle 10 Marco si presentò da Giada e Sara con delle brioche calde e profumate per fare colazione insieme. A Giada brillavano gli occhi dalla gioia ed era così bella, con il suo pigiamone rosa e i capelli arruffati. Sara era più che felice di come stava andando questa storia, però era anche preoccupata, perché temeva che, se fosse finita troppo in fretta, Giada ne avrebbe risentito non poco. Cercò di scacciare questi pensieri negativi per godersi la colazione insieme alla figlia e a quello che sperava sarebbe diventato il suo ragazzo.

 

Dicembre.

I giorni passarono in fretta, e a Giada si era stampato un sorriso a 32 denti per tutto il giorno tutti i giorni. Era più che felice del legame che si andava via via creando fra lei e Marco però sentiva che desiderava qualcosa in più: lo voleva tutto per lei. Sapeva che non sarebbe andato in cerca di altre ragazze, però voleva esserne sicura.

 

Gennaio.

Un sabato sera Marco passò a prenderla con la sua moto. Direzione: cinema e ristorante cinese. Anche questo piaceva a Giada: la versatilità di Marco di passare dall’ambiente elegante al meno fine.

Dopo una divertente commedia che fece ridere Giada fino alle lacrime, andarono a cena nel ristorante di fianco al cinema e presero il loro solito menu: una porzione di involtino primavera divisa a metà, riso al curry e alla “cantonese” da mangiare insieme, pollo alle mandorle e, per finire, biscotti della fortuna. Quello di Giada aveva una strana forma a cuore e, quando lo ruppe, trovò un bigliettino scritto a mano. Diceva: “Mia dolce Rugiada, dopo tutte queste settimane passate a corteggiarti ho capito cosa provo veramente per te, ed è per questo che ora prendo in mano tutto il mio coraggio per chiederti se vuoi diventare la mia ragazza.”

Giada divenne tutta rossa, e non sapeva cosa rispondere, o meglio: lo sapeva benissimo.

“Certo Marco! Si! Lo voglio!”

Si sporse sul tavolo per dargli uno di quei baci che amavano scambiarsi, con i loro giochetti di lingua, passandosela reciprocamente sulle labbra, mordendosela, dandosi lievi bacetti

Da quel momento la sua vita cambiò, in meglio. Erano sempre uno a casa dell’altra, per studiare, guardare film, coccolarsi. Giada era molto timorosa di sperimentare cose nuove, ma sapeva che Marco avrebbe aspettato che lei fosse stata pronta per spingersi avanti con le esperienze.

 

Aprile.

Un sabato d’aprile, precisamente la sera in cui festeggiavano il loro terzo mesiversario, si trovavano a casa di Marco, per cenare e guardare un film insieme.

Fuori imperversava il classico maltempo tipico d’aprile e i giovani erano a casa da soli, i genitori di Marco erano fuori a cena.

Lui preparò una cena a lume di candela con i fiocchi: antipasto, primo, secondo e dolce.

Il menu era tutto a base di pesce, che Giada adorava, come la torta, una magnifica Sachertorte con scritte sopra due semplici parole, importantissime per Giada: “Ti amo”.

Lei lo guardò, non sapeva veramente cosa dire. Era quello che provava, si, però era anche la prima volta che sentiva certe cose per un ragazzo, e non sapeva come comportarsi.

Lui si avvicinò, la prese fra le braccia e la baciò con passione, tanta passione e lei rispose al bacio con tanta foga quanto lui.

Si guardarono, e sussurrarono nello stesso momento “ti amo”. E si baciarono ancora, questa volta con più dolcezza, lui la sollevò e la portò nel suo letto, guardandola fisso negli occhi, cercando di scoprire se era quello che voleva anche lei.

Gli occhi di Giada esprimevano tutto l’amore e il desiderio che provava per lui, e Marco capì che volevano la stessa cosa.

La adagiò nel suo letto e delicatamente la spogliò. Ammirò il suo corpo di giovane, con delle forme perfette, il seno piccolo e sodo, che poteva comodamente stare in una coppa di champagne, le cosce senza un filo di cellulite che sostenevano un magnifico fondoschiena. Finché lei lo fissava dal suo letto, lui si spogliò e le si coricò accanto.

Le prese il volto tra le mani e cominciò a baciarla, e spostò le sue mani su e giù lungo il suo splendido corpo. Quando passò le dita sul suo seno lo senti inturgidirsi, poi passò sul ventre liscio fino giù, nel luogo inesplorato di Giada, dove nessuno si era mai avventurato e lo sentì inumidirsi al suo passaggio.

Le mani di Giada, dapprima ferme sul petto di Marco, cominciarono a spostarsi lungo il suo armonioso corpo, per tastare i suoi pettorali, le cosce sode, per toccare per la prima volta nella sua vita un uomo, felicissima che fosse Marco.

Lui la guardò di nuovo e le sussurrò un “vuoi…”

“si…”

Si adagiò su di lei e fece scivolare il suo sesso dentro di lei, guardandola negli occhi, cercando di farle il meno male possibile.

“Lo voglio talmente tanto, non mi fai alcun male”.

“Lo spero, amore mio. Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo!”

Fu una nottata stupenda per Giada, piena d’amore e di passione ed era tristissima quando dovette tornare a casa.

 

Maggio.

I giorni passavano felicemente, con la giovane coppia sempre più innamorata e felice.

Una domenica sera, uguale a tante altre, Marco salutò Giada per tornare a casa. Non le scrisse il messaggio della buonanotte, ma lei non se ne accorse fino al mattino dopo, poiché si addormentò appena si mise a letto.

Quando si svegliò per andare a scuola vide che lui non le aveva ancora scritto, ma pensò che potesse essere poiché aveva finito il credito.

Sul treno non lo vide e pensò che poteva stare male e, non avendo soldi nel cellulare, non poteva avvertirla.

Arrivata a scuola, i suoi professori erano in agitazione e si chiese perché.

Al metà appello, la professoressa scoppiò in lacrime e si scusò con la classe dicendo che non riusciva a proseguire, pensando che non avrebbe più visto il nome di un suo studente nell’elenco, in quanto era morto nella notte appena trascorsa causa un incidente in moto finché rientrava a casa.

A Giada si gelò il sangue nelle vene. Aveva capito perché non aveva ricevuto il messaggio di Marco, perché non l’avevo visto sul treno. Lui…non c’era più.

Svenne.

Dato che non rinveniva, venne portata al pronto soccorso.

Durante il tragitto rimase incosciente, all’apparenza, ma nella sua mente venne a trovarla Marco per l’ultima volta, le spiegò cosa era successo: un ubriaco era uscito da uno stop senza fermarsi e l’aveva centrato in pieno. Lui era morto sul colpo, era andato a sbattere contro un albero. Il ragazzo era disperato, nella mente di Giada, non voleva lasciarla, ma le disse di essere forte e andare avanti, perché lui non se ne era andato del tutto: sarebbe rimasto sempre nel suo cuore, e nel figlio che si stava formando nel grembo di Giada.

 


ma.......ma......ma......l'hai scritta tu???comnque è molto bella......
sisi! ^^
tutta farina del mio sacco! ^^
sei veramente brava!!!!

  
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