Libri > Hunger Games
Segui la storia  |       
Autore: mormic    20/06/2014    6 recensioni
Effie ha estratto decine di nomi da quella boccia di vetro, ma i suoi unici vincitori, nonostante stiano partecipando alla loro seconda arena, sono stati estratti solo una volta dalle sue dita affusolate. Sono volontari. E questo dovrà pur fare la differenza. Una differenza che Effie dovrà affrontare come non avrebbe mai nemmeno sospettato.
E dalla sera dell'intervista di lei non si sa più nulla, fino alla fine, quando riappare provata e fragile.
Questa è la sua storia, mentre in tutta Panem è il caos della rivoluzione.
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Altri, Effie Trinket, Haymitch Abernathy, Plutarch Heavensbee
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Grigio e Oro'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 photo banner_zpsc51d0db2.png

CAPITOLO 4
 
“Allora, i miei ragazzi hanno sete! Chi vuole essere il mio sponsor?” domanda Haymitch
praticamente urlando, rientrando in scena come se nulla fosse accaduto.
Io gli sto dietro elargendo grandi sorrisi a tutti coloro che si sono voltati a guardarci.
Questa edizione della memoria ha creato ovviamente uno scenario particolare: molti distretti, come
il 7 e l’11, l’8 e il 10 non hanno nessun mentore, perché sono stati loro ad essere spediti nell’arena.
Il distretto 4, quello di Mags e Finnick, ha solo Annie, ma nelle sue condizioni psichiche è più una
spettatrice silenziosa e lacrimevole. Ci sono gli accompagnatori, come me, ai quali però non è concesso cercare sponsorizzazioni per il loro distretto, che se ne rimangono sui loro divani e sulle loro poltrone, chiacchierando come se stessero guardando un qualsiasi programma televisivo, completamente distaccati.
Ero così anche io fino a due anni fa.
Poi ci sono i mentori dei distretti 1 e 2 che sono un numero indescrivibile.
D’altronde vincono sempre loro, quindi negli anni hanno accumulato talmente tanti mentori che ho saputo, durante i settantaquattresimi Hunger Gamen, che Cato e Clove si sono addirittura potuti scegliere da soli chi li avrebbe dovuti seguire, tenendo un mentore a testa. Il grosso del lavoro quindi sarà soffiare a tutti i presenti del distretto 1 e 2 possibili alleanze.
Haymitch comincia ad offrire da bere a tutti quelli che l’anno precedente erano sembrati papabili per un eventuale sponsor e io lo assisto nel suo lavoro, più ascoltando che parlando. Si accomoda al bancone accanto ad un ricco proprietario di una catena di negozi capitolini che quest’anno è stratega per la prima volta. Scambia qualche battuta spiritosa, ironizzando sulle divise dei tributi di quest’anno e poi abbandona il campo, sapendo che da un soggetto simile, in questa circostanza, avremmo potuto ricavare poco.
Passiamo in fretta a parlare e bere con altri tre personaggi, ma tutti e tre sono convinti che due ragazzini possono veramente poco contro ventidue veterani, anche se sono riusciti a formare un’alleanza. Il quarto ha un’aria opulenta, un largo sorriso mentre osserva gli Hunger Games e prende appunti su un blocco poggiato sul bracciolo del divano che occupa per intero.
Haymitch lo saluta e gli si accomoda di lato, sedendosi sulla poltrona accanto al sofà.
Si salutano, scambiano un paio di battute, io rimango in piedi tra i due, non sapendo bene dove potermi sedere, o per meglio dire, non avendo un briciolo di posto per sedermi, perché entrambi non mi lasciano un pizzico di posto, e cominciano a ridere, entrambi brilli. Opto per accomodarmi discretamente sul tavolino da salotto, accavallando le gambe e posando le mani sulle ginocchia.
Schiena dritta, Effie Trinket.
La conversazione si sta concentrando sulle potenzialità dei favoriti, quando Haymitch getta l’amo.
“Andiamo! – esclama gettandosi indietro sullo schienale della poltrona, rischiando di rovesciarsi il cocktail sui pantaloni – Hai mai visto qualcuno tirare una freccia come fa Katniss? Ha delle altissime possibilità di colpire Gloss ancora prima che lui la avvicini. E poi è mille volte più bella di Cashmere! Dovrà pur valere qualcosa!” aggiunge giocando una carta veramente improbabile.
Ma sembra funzionare e io mi costringo a non strabuzzare gli occhi e cominciare a balbettare quando sento la risposta che gli arriva.
“Mi piacerebbe proprio che vincesse! Dopo Finnick credo che ci sia bisogno di una ventata femminile qui a Capitol City!” esclama scoppiando a ridere.
Io so cos’è Finnick per questa gente.
Katniss non sarebbe mai capace. A meno che…
Non voglio neanche pensarci.
Strattono Haymitch per la camicia, voglio andare via di lì, ma lui mi guarda, capisce ogni cosa dai  miei occhi e invece di rispondermi fa finta che lo stia chiamando per fargli riempire di nuovo il bicchiere, così me lo porge. Io chiamo un inserviente e glielo consegno.
Alla fine si accordano per una cospicua somma, Haymitch gli stringe la mano, io sono costretta a farmi abbracciare e ci allontaniamo.
“I soldi sono molti per provenire da un solo stratega. Ma non abbastanza per poter mandare acqua per tutti” bisbiglia Haymitch mentre camminiamo nel labirinto di poltrone e spettatori che affollano il salone.
Nel frattempo s’è fatta sera e la prima notte di giochi riempie sempre il centro di addestramento. È la miglior occasione per le trattative, nonché un evento mondano tra i più importanti dell’anno,
almeno che non accada assolutamente niente. A parte ovviamente il riepilogo dei caduti durante il bagno di sangue iniziale.
“Mandiamo loro una pala per scavare e trovare l’acqua” gli rispondo con leggerezza, cercando di fare una battuta stupida, senza neanche sapere quello che ho appena detto.
Haymitch mi guarda, bloccando il suo bicchiere a metà, quando la cannuccia fucsia appena sfiora le sue labbra. Sarà il decimo cocktail che beve da quando abbiamo cominciato.
“Scavare? Effie, sei un genio!” mi dice baciandomi sulla fronte.
Io mi guardo rapidamente attorno, sorridendo imbarazzata, nella speranza che nessuno abbia visto quel gesto veloce. Poi lo fisso aspettando una spiegazione.
“Sono in una giungla Effie! Possono ricavare l’acqua! E una spillatrice ha una dimensione sufficientemente ridotta per entrare nel contenitore del paracadute” mi spiega.
In un attimo siamo entrambi nel corridoio che porta alla palestra del centro di addestramento, ma invece di arrivare in fondo a metà del lungo condotto voltiamo a destra seguendo le guida viola disegnata sulle pareti che indica “approvvigionamenti”.
L’omino che ci accoglie è alto quasi la metà di me, ha un paio di occhiali tondi e stretti, ma con lenti molto spesse e i capelli quasi del tutto caduti.
Che cosa ridicola. Oramai nessuno a Capitol City soffre più di calvizie. Quell’uomo sembra uscito da un racconto di un paio di secoli fa.
Haymitch poggia tutti i soldi sul bancone quasi sbattendo la busta.
“Una spillatrice. Distretto 12. Katniss Everdeen” dice brusco. Ma io so che c’è soddisfazione nella sua voce.
“Vuole scrivere un messaggio?” domanda l’opmino alzando solo gli occhi, ma non la testa.
“No. Capirà da sola” taglia corto Haymitch e in fretta stiamo già tornando indietro.
“Se sei così amico di Plutarch, perché non chiedi a lui di mandar loro l’acqua?” domando io.
Il corridoio è deserto, ma sbaglio a sentirmi libera di parlare.
“Plutarch è il grande stratega, lui non può fare niente per aiutarli. A parte non scagliargli contro qualche ibrido, come ha fatto Seneca lo scorso anno. Come se poi non fossero abbastanza i guai che li aspettano” mi risponde.
Sono sorpresa di aver ottenuto una spiegazione, seppur molto sommaria.
Di solito Haymitch non ha mai condiviso con me nessuna informazione al riguardo.
Ma ovviamente quest’anno la situazione è contingente.
Credo che in realtà mai Haymitch abbia saputo cosa sarebbe accaduto dentro l’arena e non so se queste informazioni lo rendano più ansioso o più operativo.
Non mi sembra il solito, veramente. Da quando siamo arrivati al centro di addestramento con Katniss e Peeta l’ho sempre visto bere, ma mai ridursi ad un ombra. C’è qualcosa nei suoi occhi di... inaspettatamente sveglio.
Torniamo verso il gran salone con passi svelti, allineati, come fosse una marcia. Ed entriamo in tempo per vedere Il paracadute arrivare tra Finnick e Katniss.
“Bisogna dire che il sistema è alquanto efficiente” commento meravigliata.
Ma qualcosa non va. Vedo i ragazzi passarsi di mano in mano la spillatrice, senza capire cosa sia. Mags tenta addirittura di farlo passare per una specie di amo da pesca.
“Avanti ragazza, usa la testa!” mormora Haymitch al mio fianco. Poi guarda l’orologio.
Non manca molto a mezzanotte.
“Pensi che lo capirà?” domando sottovoce, preoccupata.
“Ce la farà, non ti preoccupare” mi dice.
Vorrei dire a lui la stessa cosa, ma preferisco rimanere in silenzio.
Guardo l’orologio accanto al maxi schermo, io non ne porto, rovinerebbero la linea sottile del mio braccio, e penso che devo allontanarmi dal salone prima che lo faccia Haymith, per non destare sospetti.
“Va bene. Per oggi è abbastanza. Che quella ragazzina, o qualcuno di loro, capisca che fare con quell’arnese. Io mi ritiro nelle mie stanze!” esclamo alzando di un poco il tono di voce, in modo che chiunque possa sentire, se vuole.
Non dico niente ad Haymitch, neanche lo guardo, semplicemente esco, con il mio portamento eretto, non sapendo bene se sperare che qualcuno mi presti attenzione o mi ignori completamente.
Quando sono fuori del salone mi sento invecchiata di mille anni.
Se sto così, già adesso che non ho fatto nulla di diverso da quelli che sono i miei compiti come accompagnatrice, non voglio immaginare cosa mi aspetta quando comincerò ad eseguire le direttive di Plutarch.
Una parte di me continua a pensare che non vuole avere niente a che fare con loro e le loro manie sovversive, ma so di non poter abbandonare i miei ragazzi al loro destino senza che io faccia nulla.
Lo so che pagherò caro l’amore per loro, cresciuto senza controllo, senza che neanche me ne accorgessi.
Hanno solo diciassette anni. Hanno vissuto solo la metà della mia vita, affrontando cose che non immagino nemmeno. Non posso abbandonarli.
Maledetta distrazione.
Se solo non mi avessero richiamata, questa mattina, per dirmi che potevo (e in realtà era un “dovevo”) tornare al centro di addestramento, perché erano riusciti a calmare le acque (e non volevo sapere come) durante la notte, visti i tafferugli dopo la dichiarazione esplosiva di Peeta che Katniss fosse incinta.
Era solo ieri? Mi sembravano passati giorni.
Katniss non è incinta. Io lo so. Un’accompagnatrice si occupa di molte cose, tra cui assicurarsi che i suoi tributi stiano bene, che siano nutriti, puliti, educati e… sani.
Io so tutto della salute di Katniss Everdeen.
Se fosse stata incinta io l’avrei saputo. E avrei dovuto comunicarlo tempestivamente agli strateghi, che lo avrebbero comunicato al presidente e a quel punto qualcuno avrebbe preso un provvedimento, ne sono certa.
Io non ho comunicato nulla a nessuno.
Il terrore mi assale.
Il presidente ha un’arma contro di me.
Vorrà indagare, ammesso che non lo abbia già fatto, se quello che ha detto Peeta corrisponde alla verità. Se non troverà nulla avrà due opzioni: incolpare esclusivamente Peeta di aver mentito o sospettare che io abbia nascosto le prove.
Mi fermo tremante davanti la porta della mia stanza incapace di muovermi.
Ed è li che mi trova Haymitch.
“Tutto bene, bocca di baci?” chiede aprendo la porta della sua stanza, di fronte alla mia.
Io sono ancora immobile, in silenzio, con i pensieri bloccati, a fissare per terra, di spalle a lui. Non so cosa dire.
Improvvisamente l’unica cosa a cui sono in grado di pensare è che, stavolta, i ragazzi non sono gli unici a rischiare la vita.
Stavolta?
Sei proprio una scema Effie Trinket. Hai sempre rischiato e non lo hai mai saputo.
Ovviamente no. Non ho mai infranto una regola. Mai oltrepassato i limiti. Mai fatto qualcosa di testa mia. Mai dato un solo motivo per essere richiamata all’ordine.
Fino ad oggi.
Ma se fosse successo sei anni fa, sarebbe stato lo stesso. E tu lo sai.
“Katniss non è incita” riesco a dire.
“No. Non lo è” risponde lui semplicemente.
A quel punto mi giro e riesco ad alzare gli occhi su di lui.
"Snow adesso ha un pretesto" penso ad alta voce.
"Io lo sapevo che sotto capelli e trucco avevi del cervello, ragazza" mi dice sorridendo.
Sento le lacrime salirmi agli occhi.
"Sono solo una povera stupida" dico piangendo.
"A questo si può porre rimedio. Vieni, entra" mi dice.
Non mi resta che seguirlo.
Appena entriamo mi porge un fazzoletto. Di stoffa.
Devo ammettere che è la sorpresa più grande della giornata.
Haymitch Abernathy possiede un fazzoletto con le sue iniziali e me lo porge come farebbe un gentiluomo con una lacrimevole signora seduta sul suo divano.
Ma cosa è successo al mondo?
"Plutarch dovrebbe essere qui a momenti" mi dice tranquillizzandomi.
"Non posso farcela, Haymitch" gli dico continuando a piangere.
È sufficiente e me che Snow possa avere un'arma contro di me per sapere che non c'è la farò a sopportare altro.
"Certo che c'è la farai, bocca di baci" dice sedendosi accanto a me sul divano.
"Tieni" gli dico porgendogli il fazzoletto oramai fradicio.
"Te lo regalo, grazie" risponde lui sorridendo.
"Da dove vengono tutti questi sorrisi, oggi, Haymitch?" gli domando.
"Non posso permettermi di fare lo stronzo con te, bocca di baci" ammette passandomi un braccio sulle spalle.
"Lo hai sempre fatto" gli faccio notare.
"Non posso più, ora che sei diventata un essere pensante" mi canzona.
"Lo sono sempre stata" mi difendo, non trattenendo un singhiozzo.
"Io lo sapevo. Tu però no" ride sui miei capelli, perché ha poggiato la sua guancia sulla mia testa, avvicinandomi a lui.
"Avevi ragione. È così che si tratta una stupida" dico e scoppio a piangere di nuovo.
Per fortuna non ha rivoluto il fazzoletto.
"Si, è così che sapevo comportarmi. Adesso però devo prendermi cura di quei ragazzi. E di te. Fosse l'ultima cosa che faccio nella mia vita" mi dice.
Non so come reagire alle sue parole.
Temo che il mio sistema nervoso non possa reggere ulteriori colpi di scena, oggi.
"Dov'è il vecchio ubriacone che conoscevo?" domando.
"È sempre qui, pronto a saltar fuori quando ne avrò bisogno. Ma non oggi. Oggi non posso permettermelo" spiega tristemente.
Mi aggrappo alla sua camicia e singhiozzo per un po'.
"Non ti avevo mai vista piangere" mi prende in giro dopo qualche minuto.
"Perché sei uno zotico e un menefreghista e non ti è mai importato di sapere qualcosa di me o di capire quello che provavo" lo rimprovero con sincerità.
Forse troppa.
"Non mi hai lasciato molte alternative" si giustifica lui.
Io, quella sempre presa da cartoncini da scrivere, abiti da mettere, feste da organizzare e lezioni di galateo. Certo che no.
"Oggi te ne ho date troppe" osservo scostandomi da lui.
"Troppe lacrime e pochi baci" dice.
Nei suoi occhi ancora il grigio movimentato di una tempesta.
Ogni volta, negli ultimi dieci anni, che le nostre labbra si sono toccate è stato perché lui pensava che fossi una bambola da cui prendersi ciò che voleva. Ma non erano mai stati veri baci. Nella maggior parte dei caso era ubriaco, o mezzo addormentato e io mi ero ritrovata, assolutamente contro ogni mia volontà, a dover fare da balia ad un uomo che non era in grado di tenersi i piedi.
Solo con l'arrivo di Peeta, il ragazzo più gentile che avessi mai conosciuto, sono stata esonerata da quello squallore, anche se purtroppo di bacio a Haymitch ne aveva rimediato comunque più di uno.
Non sentivo niente, quando succedeva. Semplicemente lo lasciavo fare, sperando di tranquillizzarlo e non incappare nei suoi scatti d'ira. Non avevo mai sentito nulla, eccetto quel pomeriggio, in cui gli avevo regalato il braccialetto.
"Se vuoi un bacio prendilo, lo hai sempre fatto" gli dico fredda.
"Non voglio più prendere..."
Sgrano gli occhi.
Non è possibile. Deve avermi messo una qualche droga nell'acqua che ho bevuto prima. Queste sono allucinazioni. Non capisco.
Sento una certa elettricità tra me e lui.
Immagino sia per la complicità accumulata negli anni. Forse per la pressione cui siamo sottoposti con Katniss e Peeta nell'arena.
Rimango lì, semplicemente a guardare quelle nuvole che si muovono nei suoi occhi, senza sapere cosa dire o cosa fare.
E in quel momento si apre la porta.
"Ehi piccioncini! Diamoci una mossa, s'è fatto tardi!" esclama Plutarch entrando, seguito da un uomo che non conosco.
Haymitch non si muove prima di avermi guardato un altro paio di secondi, poi mi bacia sulla fronte, ancora, e tutto quello che ci siamo detti sembra svanire in una nuvola di fumo.
 
Di nuovo qui.
Vedo che leggete, ma non commentate. O ancora non vi siete fatti un’idea precisa oppure comincerò a credere che questa storia non vi piaccia affatto!
Datemi fiducia, ve ne prego. Arriverà lontana ;)
Spero di trovare nuove recensioni, perché come sempre sono l’ossigeno per l’ispirazione ;)
Grazie di cuore!
Mor
   
 
Leggi le 6 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Hunger Games / Vai alla pagina dell'autore: mormic