IL
PIANO DI BELLA
“Charlie,
ti prego, so badare a me stessa. Adesso vai e fai buon
viaggio”. Probabilmente
se non avesse avuto tanta fretta di prendere l’aereo per la
Florida con
l’intenzione di passare qualche giorno da sua madre, mio
padre di certo si
sarebbe accorto dell’impazienza oggettiva nella mia voce.
Ancora non riuscivo a
credere di aver dato una mano alla famiglia Cullen ad organizzare la
sua
partenza da Forks: avevo il diploma in tasca già da una
manciata di mesi e
ancora Edward si ostinava a rimandare la mia morte per sua mano e
trasformarmi
in un’immortale. Cercava sempre di assumere un atteggiamento
calmo e distaccato
quando tiravo fuori l’argomento, ma percepivo nei suoi occhi
d’ambra la
preoccupazione. Non capiva che desideravo con tutte le mie forze
stargli
accanto per l’eternità? Lo capiva, ma proprio non
voleva decidersi a compiere
quel passo. Di fronte alla mia determinazione fu costretto la settimana
dopo il
diploma ad accompagnarmi a casa dei suoi per mettere a punto il piano,
dato che
lui non voleva mai parlarne. Con un sorriso nella direzione di Edward,
spiegai
ad Esme:
“L’unico
modo per farlo sembra quello di allontanare Charlie da Forks...magari
comprando
i biglietti per qualche lontana partita di baseball o... mia nonna!
Charlie
accetterebbe di sicuro andare in Florida per qualche giorno”.
Sospirai di
tristezza e feci un sorriso amaro verso Esme, che annuiva alle mie
parole.
Sapevamo tutti che mi ci sarebbero voluti alcuni giorni di isolamento
perché il
veleno messo in circolo dal morso letale di Carlisle si mescolasse al
mio
sangue umano e mi trasformasse. E avrei avuto bisogno soprattutto di
stare
lontano dagli umani. Ma non m’importava, se sapevo che Edward
era al mio
fianco. Infatti si avvicinò con passo leggero verso la mia
sedia e mi cinse la
vita con il braccio:
“credo
che possa bastare per stasera, con i piani...continua a non piacermi
questo tuo
sfrenato desiderio di morire...”
“Edward
Cullen “ - sbottai – “dovresti smetterla
di decidere per me. come ho già detto
a Charlie, so badare a me stessa e sono pronta. Cosa
c’è di sbagliato?”
tutto...-mormorò
lui con espressione affranta e appoggiando la sua splendida testa sul
mio
braccio, come se volesse essere rassicurato. Rosalie mi guardava
supplichevole:
ricordavo i suoi tentativi continui di farmi cambiare idea. Ma questa
volta
niente mi avrebbe ostacolato: avevo ferito a morte Jacob dicendogli la
verità,
avevo mandato Charlie lontano da me, avevo rassicurato mia madre
dicendole che
sarei partita con i Cullen in Alaska per tutta l’estate. Non
si sarebbe mai
insospettita. La mia insistenza credevo fosse dovuta
all’attrazione che mi
spingeva sempre più verso Edward. Non voglio essere
fraintesa: ovviamente da
quando avevo guardato la prima volta il suo corpo marmoreo, il suo viso
delizioso, il suo portamento d’altri tempi, ero letteralmente
andata in
iperventilazione. Ne ero consapevole così come lo era lui. Ma da quando
avevo deciso di
trasformarmi, i suoi sguardi d’ambra si erano fatti
più intensi del solito, i
suoi tentativi di sentire i battiti del mio cuore umano più
insistenti e i suoi
baci...come dire, più struggenti. Come se avesse
già nostalgia della mia vita
da mortale che avrei definitivamente perso per causa sua, come se
stesse
aspettando l’arrivo di una nuova Bella che avrebbe preso il
mio posto. Ma ormai
il più era fatto ed io ero irremovibile; avevo chiuso con le
paranoie. Dovevo
ammettere, (e potevo farlo soltanto con me stessa), che il mio piano
era
diverso da quello che avevo progettato nei dettagli con
l’aiuto dei Cullen. Come
avevo sempre detto, il mio obiettivo non era solo quello di diventare
immortale
ma...provare, da umana, sensazioni che avrebbero di certo avuto bisogno
di un
cuore pulsante, di un respiro corto, di un corpo mortale. Il mio scopo
era
quello di far dimenticare a Edward il nostro matrimonio e...
bè, di
consumarlo prima, in altre parole. Ero
sicura che lui mi avrebbe capito, anche se sulle prime avrebbe
rifiutato un
approccio così esplicito.
Convinta
di riuscire nel mio piano, che speravo non fosse stato visto da Alice,
mi lavai
e vestii con una cura particolare. Ricordavo che Edward aveva
apprezzato molto
il modo in cui Alice mi aveva conciata al ballo di un anno
prima...perciò
cercai di ripropormi al fratello alla stessa maniera, anche se mi
sentivo
comunque a disagio, come una Barbie timida. Prima che potessi
ricompormi del
tutto sentii una presenza dietro di me, silenziosa e irresistibile.
“ehi..”.-
mi sussurrò abbracciandomi da dietro
e fissandomi nello specchio della mia cameretta. “strano che
tu preferisca
uscire stasera...”-
“e
chi ha detto che voglio uscire? Credo che Charlie non avrebbe
sopportato l’idea
che io mi conciassi in questo modo per stare con te...avrebbe
malignato.”
ribattei, buttandogli le braccia al collo. Quella sera mi sentivo un
po’
vampira anch’io: avrei tanto voluto mordere quella pelle
bianchissima e dura,
ma forse mi sarei soltanto sbriciolata i denti. Risi forte dei miei
stessi
pensieri.
“Amore...sai
che non ricordo l’ultima volta che sei stata così
di buonumore? In fondo, rischi
da un momento all’altro che i Volturi spuntino dalla
finestra...” - disse
piano, inarcando un sopracciglio.
“bè,
hai ragione. Ma non permetterò che degli assassini mi
rovinino questa
serata...non credo di volermi imbellettare così
un’altra volta,
perciò...godiamoci quel che rimane di questa serata, no?-
sussurrai con fare
seducente annusandogli il collo e baciandolo con trasporto.
“tutto
sommato hai ragione...- ghignò, separandosi da me
–godiamoci la serata...sei
bellissima...- sussurrò. E inaspettatamente prendendomi in
braccio mi adagiò
delicatamente sul mio letto. Il mio cuore cominciò ad andare
a mille, ma non
persi tempo. Gli accarezzai il viso che era a pochi centimetri dal mio,
come
faceva sempre lui, e con entrambe le mani, dalle guance cominciai a
scendere
cauta fino a massaggiargli la schiena.
“Bella...se
potessi tremare, giuro che avrei una convulsione...ti prego, stammi
lontana...”
gemette, implorante.
Subito
mi accorsi di un particolare che avrebbe dovuto mettermi in allarme: la
sua
splendida pupilla di solito ambrata...era diventata di una
tonalità più scura e
le occhiaie erano più accentuate del solito.
“Da
quanto tempo non vai a caccia?” lo rimproverai, senza
smettere di annusargli la
guancia destra e il collo.
“Da
un
po’...continua a parlare, distraimi”
sospirò piano, ad occhi chiusi. Sapevo che
lo stavo facendo impazzire e che tra non molto avrei varcato la linea
invisibile
della prudenza, ma non m’ importava. Non in quel momento.
“Maledizione,
Bella Swan...basta così...”
disse improvvisamente, ma senza tentare di allontanarmi.
Approfittandone,
decisi all’istante di mettermi a cavalcioni sulle sue gambe
fredde. Tremai
quando vidi la sua espressione...ingorda.
“Tesoro,
questo non posso concedertelo...” disse con voce incerta, per
la prima volta.
Ma io opposi resistenza. Sapevo che avrebbe potuto con un gesto
spezzarmi un
braccio come un grissino, ma non volevo rinunciare così
presto al mio
proposito. Perciò, badando a non muovermi troppo, con la
punta del naso andai
in esplorazione del suo petto
ghiacciato, stando ancora sopra di lui. Mi avrebbe schiacciata con il
suo peso,
in quella posizione. Rabbrividii mio malgrado, a quel contatto e lo
baciai con
più vigore di prima.
“Bella,
non ci riesco...sono assetato...non lasciarmi rompere la promessa prima
del
matrimonio...” implorò, fermandomi le mani con una
sua.
“E
se
fosse questa la mia intenzione? Se stasera volessi proprio questo, cosa
mi
risponderesti?”
Fu un
attimo. Un attimo in cui la vera natura di Edward riuscì a
terrorizzarmi. Per
la prima volta mi sentivo la protagonista di un film horror: con
espressione
famelica, aveva appena afferrato l’aria facendo scattare i
denti a vuoto, dove
un secondo prima c’era il mio collo.
Un
urlo acuto riempì la stanza, ma non proveniva da me, che
sembravo pietrificata.
Alice comparve inaspettatamente dalla finestra: “non
è possibile...Edward!
Bella!ho visto tutto e mi sono precipitata qui... ho visto che stavi
per...” Edward,
con uno scatto improvviso si alzò dal letto e corse verso la
sorella. Aveva
ancora la camicia sbottonata, ma senza tradire il minimo imbarazzo, la
abbracciò e le accarezzò i capelli:
“so
come ti sei sentita, lo vedo nei tuoi pensieri...ma per un attimo ho
perso il
controllo delle mie azioni...” disse in un soffio.
“bè...allora
dovresti impegnarti di più...avresti potuto
ucciderla...” rispose
la sorella. Poi, entrambi si
avvicinarono al mio letto. Sembrava che Edward non volesse
più toccarmi e sul
suo volto era sparita ogni traccia di violenza, sostituita da un
intenso
turbamento.
“Amore...ti
senti bene?”. Per tutto il tempo non avevo fatto altro che
guardarli impassibile,
senza la minima traccia di emozione. Sapevo che se Edward avesse visto
anche
solo il più piccolo accenno di terrore nei miei occhi, non
se lo sarebbe
perdonato per l’eternità. Respirai piano, cercando
di controllarmi.
“è
tutto a posto, Edward...Alice, non preoccuparti...”. Lei mi
abbracciò forte,
evidentemente non credendo alle mie parole.
“Bella,
non mentire. Quando ho visto la scena eri terrorizzata...”. A
quelle parole
Edward modificò l’espressione, tradendo questa
volta nient’altro che dolore.
Sentivo che soffriva più di ogni altro in quella stanza e
sembrava resistere
all’impulso di abbracciarmi e baciarmi. Non aveva ancora
detto una parola; non
riusciva neanche a scusarsi.
“Alice,
è colpa mia. Sono stata io a provocarlo. Non avrei dovuto
farlo...è solo che ho
un disperato bisogno di...” non riuscii a continuare. Alice
annuì. Aveva capito
ciò che intendevo.
“bene,
parlerò io con Carlisle... è opportuno che sappia
ciò che è successo”.
“no,
Alice, ti prego!Edward...” implorai, con le guance che
avvampavano.
Edward
si alzò dal letto e, ingaggiando quella che sembrava una
terribile lotta con se
stesso, mi toccò una guancia. Ci guardammo per un lungo
istante.
“Amore...so
quello che ha in mente Alice. Sono d’accordo,
perciò...scusami, ma devo
andare”.
Pur
non riuscendo a capire il piano, annuii docilmente in silenzio. Con un
ultimo
sguardo indecifrabile nella mia direzione, i due fratelli si
dileguarono
nell’ombra leggeri, dopo aver saltato dalla finestra. Girai a
vuoto la stanza,
cercando di riflettere, ma dopo qualche minuto Edward si
materializzò accanto a
me.
“Bella...potrai
mai perdonarmi per ciò che ti ho fatto?” disse
calmo.
“ma
certo che ti perdono...non è stata colpa tua. Io ti amo e
non sai quanto mi
dispiace...”
“domani
parto...”mi interruppe improvvisamente. Ero sicura di aver
frainteso tutto, ma
l’antica voragine dovuta alla sua assenza l’anno
precedente si spalancò alle
sue parole.
“N-non
puoi farlo, Edward! non puoi andartene per una colpa che non hai mai
avuto!”gridai con voce stridula. Mi abbracciò
immediatamente e mi baciò a lungo
e dolcemente”.
“Bella,
mi sembrava di essere stato chiaro, su questo. Io non ti
abbandonerò mai
più...a meno che tu non lo chieda. È
così difficile fidarti di me?”. Per quanto
fosse impossibile, gli tremava la voce e il labbro inferiore. Gli
accarezzai
piano i capelli e ricambiai il bacio, con più veemenza.
“io
mi sono sempre fidata di te. E so che non mi avresti fatto del male,
prima...”sussurrai
convinta.
Sospirò,
e gli occhi esprimevano rancore verso se stesso e preoccupazione:
“Hai
rischiato la vita, Bella! Per causa mia! E non hai capito che in quel
momento
avevo perso...”.
“sì...il
controllo, Edward...se tu lo perdessi davvero, forse mi faresti un gran
favore...io ti desidero, non puoi negarlo, l’avrai intuito da
tempo. Ti chiedo
soltanto di unirmi a te in modo definitivo...”.
“il
modo definitivo per avermi è sposarmi...ma sei davvero
sicura di diventare come
me?” mormorò dolcemente e accarezzandomi una
guancia con il dorso di una mano
fredda.
“le
mie esigenze sono diverse, Edward...ti ho già detto che
voglio unirmi a te
fisicamente da umana. Da umana, hai capito? perché penso che
da vampira non mi
sentirò fragile come adesso, quando mi guardi e il mio cuore
accelera i battiti
che non sentirò più!” urlai con le
lacrime che mi scorrevano. Mi schiuse le
labbra salate con il pollice della mano destra, guardandomi fisso con
gli occhi
ancora più neri.
“domani
vado nella solita riserva a cacciare...dopodichè,
sarò tuo, te lo prometto. Non
che non lo sia già...ma nel senso che intendi
tu...”sussurrò sorridendo e
baciandomi ancora.
Ricambiando
il bacio e il sorriso, lo ringraziai e lo guardai uscire dalla
finestra.
Il
mattino dopo cercai di pensare ad ogni cosa tranne che ad Edward, ma
era
impossibile. La mia passione struggente che avevo desiderato mostrargli
la sera
prima era ancora più forte, aumentata dalla sua lontananza.
Questa volta sapevo
che sarebbe tornato e che avrebbe mantenuto la promessa, anche se non
sapevo
ancora in che modo. Avevo paura, ma non della possibilità
che potesse farmi del
male, ma piuttosto di non essere all’altezza. Sapevo che lui
mi avrebbe
guidata, (dopotutto aveva un secolo di esperienza!), ma sarebbe stata
comunque
la prima volta, per me. E mai come in quel momento, da tre anni a
quella parte,
mi ero sentita un’adolescente in piena crisi ormonale,
nonostante tutte le
stranezze che avevo condiviso con lui.
L’oggetto
dei miei desideri mi stava già aspettando, al tramonto, con
un’espressione
serena e maliziosa, in piedi nella cucina. Senza proferire parola,
tenendomi la
testa, mi baciò con insolita gioia.
“scusa,
ma...come mai hai fatto così presto?”chiesi, mio
malgrado incuriosita.
“bè...a
dire il vero la stagione del letargo è finita, per gli
orsi...perciò ci siamo
rifocillati abbastanza bene...”
“solo
abbastanza?”dissi fingendo di essere spaventata.
“sei
impossibile, Bella...ma soprattutto irresistibile” mi
sospirò nell’orecchio
destro. Mi prese in braccio con uno scatto fulmineo, e senza sforzo
corse come
un fulmine per chissà quale meta. Senza curarmene e senza
fargli ulteriori
domande, affondai il viso nella sua camicia scura godendomi il viaggio.
Mi
sentivo così protetta, che non mi accorsi di essermi
addormentata. Ma spalancai
gli occhi, quando dolcemente mi posò a terra, baciandomi la
fronte. Mi aveva
portato in un luogo molto simile alla piccola radura erbosa e fiorita
dove mi
aveva mostrato gli effetti del sole sulla sua pelle e dove una volta io
avevo
incontrato il vampiro Laurent. All’improvviso, ero
sveglissima. Quel luogo avrebbe
potuto essere l’isola- che-non-c’è di
Peter Pan, tanto era incantevole: a parte
la cascata argentea che terminava in un piccolo fiume e il cinguettio
di alcuni
uccelli sugli alti alberi che lasciavano passare i raggi del sole che
stava
tramontando, imperava il silenzio. Edward, non mi chiese se il luogo mi
piacesse, come mi sentissi in quel momento, quali erano i miei pensieri
tormentati. La sua furia controllata avrebbe spaventato qualunque
ragazza, ma
non me. La sua brama era la mia brama, ma stranamente i movimenti non
la
indicavano: erano fin troppo delicati.
“stai
immobile” mi sussurrò. E immaginai che non volesse
perdere il controllo. Almeno
non subito. Mi sfiorò, sempre con il dorso della mano
destra, prima la fronte,
poi la guancia e il collo, dandomi i primi brividi, nonostante il
caldo. Avvicinò
la sua bocca alla mia, investendomi con il suo alito divino e fresco e
per la
prima volta lasciò che la sua lingua cercasse la mia.
Cominciò ad ansimare
piano, in modo da non spaventarmi, ma percepivo la violenza che stava
facendo a
se stesso. Restai ancora immobile, in piedi, a rimirare i suoi occhi
ritornati
di ambra liquida, non più affamati, ma colmi di
struggimento. La sua lingua
scese lambendomi il collo e lo sentii inspirare il mio profumo.
“oh
Bella...” mormorò, mentre mi prendeva dalla nuca
con una mano e mi posava con
dolcezza sul prato. Non potendo restare impassibile, avvampando, gli
premetti
le labbra sulle sue, e scorsi un lampo d’impazienza in
più nei movimenti. Se
avesse voluto, mi avrebbe tolto i vestiti in un baleno, ma volle
concedermi il
tempo per sperimentare la sensazione delle sue lunghe dita che mi
alzavano la
maglietta caute e scoprivano il reggiseno. Ansimava appena
più forte, sapevo
quanto gli stava costando.
“Edward...possiamo
smettere, se vuoi” dissi colpita dall’incertezza
nella mia stessa voce e
scrutando i suoi occhi, persi per un attimo nel vuoto.
“credi
davvero che ora potremmo fermarci?” rispose con un piccolo
gemito. Mi tolse la
maglietta e la gettò contro un albero vicino, poi mi
alzò la gonna, scoprendomi
le gambe.
A contatto con le sue mani
gelide non riuscivo
a reprimere i brividi, ma resistevo. A quel punto, toccava a me. Con
una grazia
che non mi apparteneva, seduta ancora sull’erba, sbottonai la
camicia, mettendo
a nudo il suo petto marmoreo. Baciai una piccola macchia vicino al suo
collo,
accelerando i suoi ansimi. Baciai
ancora
tutto il suo viso e Charlie, mia madre, Jacob scomparvero dalla mia
mente fino
a quando mi accorsi che eravamo quasi del tutto nudi. Per la prima
volta. Il
mio campo visivo era occupato solo dai suoi occhi, occhi che
esprimevano
rabbia, tormento, dolore, terrore...amore. Il mio cuore esplose, quando
si
posizionò sopra di me e tenne il mio viso tra le sue mani,
mentre chiudeva gli
occhi. Sentivo un freddo glaciale, pungente, che non mi uccideva
soltanto
perché il mio corpo, per contrasto, era bollente. Mi
aprì piano le gambe e non
lo guardai quando strinsi gli occhi, in una smorfia di dolore. Ma
presto il
dolore, la paura, divennero la passione che avremmo voluto dimostrare
sin
dall’inizio. Guardandoci finalmente entrambi negli occhi,
sfidammo le leggi
della natura: caldo contro freddo, donna contro vampiro. Nella foga del
momento, quando i nostri gemiti sussurrati crebbero
d’intensità, non riuscii a
rendermene conto. In un attimo, scorsi il biancore di canini affilati e
mani
altrettanto bianche che mi trattenevano impazienti il collo. Forse
urlai, non
se di gioia o paura. Avevo capito che nell’isola perduta
eravamo diventati un
unico essere immortale.