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Autore: Balaclava    21/06/2014    1 recensioni
Cominciò tra i due una muta ricerca reciproca per ogni singola cosa.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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When will I see you again?

You left with no goodbye

not a single word was say

no final kiss to seal any seams

I had no idea of the state we were in

(Quando ti rivedrò ancora?

Te ne sei andato senza un addio

non hai detto una sola parola

nessun ultimo bacio a sigillare le cuciture

Non avevo idea dello stato in cui fossimo)

(Don't you remember, Adele)

 

Si conoscevano da molto tempo.

Abitavano uno di fronte all'altra, ai due lati opposti della stessa strada.

Il loro sguardo si incontrava sempre quando uscivano di casa e sin da piccoli il pensiero di entrambi al riguardo rimase immutato.

Lei lo trovava irritante, poiché non le piaceva molto essere osservata; le piaceva di più osservare. La natura, i compagni, gli adulti. Le piaceva osservare ogni cosa, per poi alla sera stendersi e rimuginare per ore su ciò che vedeva, rendendosi conto, a poco a poco, che non capiva appieno la gente che la circondava.

Lui, al contrario, lo trovava divertente.

Ogni volta che la guardava, la vedeva abbassare immediatamente lo sguardo. E lo trovava sempre divertente, perchè la maggior parte delle ragazze, quando si accorgevano che lui le fissava, lo salutavano. Talvolta agitando la mano, talvolta mandando un bacio.

Crescendo, cambiarono entrambi, in modi differenti.

Lui continuò a sorridere, ma il suo sorriso si sporcò un poco di sarcasmo e di mistero, e divenne di conseguenza più attraente.

Perchè, alla fine, è il mistero che ci attrae. Innesca in noi curiosità e allo stesso tempo timore; attrazione e reverenza.

Divenne consapevole delle reazioni che suscitava nelle coetanee e ne approfittò non poco.

Lei cominciò ad essere cosciente di sé stessa e del suo corpo, e attraversò quel sottile cambiamento che tocca tutti, chi prima e chi dopo. I suoi capelli non erano più così crespi, e li lasciava più spesso liberi di solleticarle il viso. Sui suoi occhi aleggiava, di tanto in tanto, un leggero trucco, che la rendeva più grande agli occhi degli altri, i vestiti erano più curati e le donavano di più.

Senza che nessuno dei due ci facesse molto caso, smisero di guardarsi.

Attraversarono quell'età in cui ci si sente grandi, di cui in seguito si sarebbero vergognati, e il filo sottile che li univa divenne un legame da nascondere ad ogni costo. Entrambi negavano di conoscersi. Lui era diventato un po' troppo spavaldo per i gusti di lei e lei era un tipo un po' troppo tranquilla per lui. Nessuno dei due c'entrava niente con la vita dell'altro; avevano scelto strade molto distanti.

Una sera entrambi uscirono di casa-due mondi opposti dai due lati opposti della strada- e i loro sguardi si rincontrarono per la prima volta dopo molto tempo.

Lui non ci fece molto caso, dimenticò il colore degli occhi di lei due secondi dopo, ma lei, lei rimase pietrificata.

Il suo cuore si fermò per un secondo infinito e poi incominciò a scalciare, come se volesse uscire e inseguire quel ragazzo. Lei se lo sentì arrivare perfino in gola, e nemmeno il suo cervello pragmatico riuscì a concepire che avere il cuore in gola è una cosa impossibile.

Le sembrò di cadere, di avere le vertigini. Riusciva a mettere a fuoco solo la sagoma del ragazzo che si allontanava. E un secondo dopo aveva ancora i piedi a terra, il ragazzo si stava allontanando e lei avvertiva un senso di smarrimento.

Lei cercò di dimenticarsi di quello sguardo. Per mesi cercò di toglierselo dalla testa e infine si costrinse ad innamorarsi di un ragazzo in classe sua.

Le cose andarono abbastanza bene per un po', lei viveva in quella sottile bolla di auto convinzione

e incanalava tutto il suo amore verso quel ragazzo. Senza accorgersene, aveva scelto qualcuno totalmente fuori della sua portata, qualcuno che mai avrebbe potuto avvicinare. Troppo bello, troppo popolare, troppo lontano.

Lo scelse inconsciamente, ma per una ragione precisa: non aveva e non avrebbe mai avuto alcuna intenzione di cercare di parlarci, di crearsi un'opportunità per chiedergli qualcosa, e il fatto che fosse così popolare era una scusa per non provarci. Il ragazzo in classe sua era un diversivo, un modo per distrarsi dal ragazzo che abitava di fronte a lei, un semplice nome da propinare a coloro che le chiedevano chi le piaceva.

Un giorno si sedette sulla panchina della fermata ad aspettare l'autobus. Arrivava sempre dieci minuti prima dell'ora prevista per la fermata e andava in panico se non era puntuale.

Dopo qualche minuto sentì qualcuno avvicinarsi, ma non osò alzare lo sguardo, credendo che fosse chi temeva.

Ma il finestrino di un'auto di passaggio la smentì: nel riflesso, appoggiato scompostamente all'estremità della panchina c'era il ragazzo che abitava vicino a lei.

Passarono cinque minuti, e l'autobus non arrivò.

Lui allora si sedette, senza alcun particolare interesse verso la ragazza, con il semplice proposito di passare il tempo.

La salutò.

Lei sembrò nervosa, e con un po' di esitazione ricambiò. Alla vista del viso di lei, lui avvertì un senso di divertimento, una sensazione legata ad un ricordo lontano. E all'improvviso ricordò la ragazzina della casa di fronte, di come si divertiva a metterla in imbarazzo con le sue occhiate.

Si sedette accanto a lei, e questo probabilmente la mise a disagio. Ma lui non se ne curò. Come al solito, non gli importava molto delle opinioni altrui.

Si presentarono, e poco a poco il viso teso di lei si rilassò: parlare con quel ragazzo era piacevole e sembrava molto semplice, come se l'avesse già conosciuto e si fossero ritrovati dopo lungo tempo.

L'autobus non arrivò mai, e cominciò a piovere. Lui la invitò a bere un caffè insieme, dimenticandosi dei suoi amici che lo aspettavano chissà dove.

Cominciò tra i due una muta ricerca reciproca per ogni singola cosa: un brutto voto, una piccola delusione, un po' di stanchezza.

Con il passare del tempo, si cercarono senza preoccuparsi di inventarsi scuse per incontrarsi.

Sempre allo stesso bar, rimanevano seduti a parlare, lei gli raccontava del ragazzo della sua classe e lui la ascoltava, lasciandosi sfuggire di tanto in tanto un commento sarcastico. Lei conosceva solo pochi spezzoni della vita di lui, ma questo non la preoccupava: avevano tutto il tempo per conoscersi bene.

Lei cominciava a rendersi conto che quel ragazzo era diventato importante.

Lo chiamò, come ogni volta, ma lui quel giorno non poteva incontrarla. Gli chiese se era arrabbiato, e lui disse di no.

Lei pensò di chiamarlo il giorno dopo, ma il giorno dopo lui non rispose.

Non rispose mai più.

Un giorno in pieno Luglio lo vide trascinare degli scatoloni fuori da casa sua, caricarli in macchina e partire con sua madre.

Così lei cominciò ad amarlo da sola, in camera sua, guardando giù ogni mattina, sperando di scorgere una macchina nel vialetto, ma rimase deserto.

Si tormentò con le domande che non gli aveva mai posto, con le cose che non sapeva di lui.

All'inizio fu un amore tortuoso, alla ricerca disperata di una risposta da parte di lui. Poi si calmò, diventando un amore silenzioso senza aspettative né speranze.

Lo aspettò per molto tempo, lui si era lasciato dietro una scia di mistero che le provocava curiosità e allo stesso tempo timore; attrazione e reverenza.

Lo aspettò per sempre.

Non aveva idea del perchè l'avesse lasciata sola. Si affliggeva, ripetendosi che se solo avesse saputo che sarebbe finito tutto così presto, lei gli avrebbe chiesto molte cose in più. Avrebbe continuato a rispondere alle sue domande quando si facevano maliziose, avrebbe chiesto di più.

E allora forse lui sarebbe lì.

Parlava solo di lui, finché un giorno un'amica le chiese cosa sapeva di lui.

Allora lei scoppiò a piangere, perchè di lui non sapeva niente.

  
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