La
seconda canzone fu quasi più acclamata della
prima. Io ero commossa, sia per le parole, che per la luce che brillava
negli
occhi di Luke. Dire che era felice era poco.
Quando
scesero dal palco, esultai. Per il momento
stava andando tutto alla grande.
Stavo
aspettando che ci raggiungessero, quando
Giorgia mi indicò un punto alle mie spalle. Io mi voltai e
vidi Elena venire
verso di noi, seguita da altre tre galline. “Sono le sue
amiche… non dovevamo
metterci contro di lei.” Fece Giorgia, intimorita. Io serrai
la mascella e
chiamai Carol, Manuela e Madison. Senza nemmeno rendercene conto, ci
disponemmo
in un arco, con me e Manuela davanti e Carol e Madison poco distanti da
noi.
Giorgia era in mezzo all’arco, protetta da quelle vipere.
“Siete ancora qui?”
chiese Elena con fare antipatico quando ci vide. “No, sai,
siamo degli
ologrammi. Tu invece, vedo che non sei ancora evaporata” fece
Carol.
“Ragazzina, portami rispetto” fece Elena
sprezzante. “Io rispetto chi mi
rispetta” disse Carol, tenendo perfettamente testa alla
vipera. “E tu, mi pare
che non la stia rispettando” aggiunse Manuela.
“Senti, confettino, tornatene in
mezzo alle caramelle. Non sei ben accetta, qui!” fece una
delle tre amiche.
Manuela rimase un attimo a bocca aperta. “Scusa, a chi hai
dato del confetto?”
chiese una voce di fianco a loro. Elena e le altre si voltarono, mentre
io
sorridevo fra me e me, sapendo a chi apparteneva quella voce. Guai in
vista.
Michael
si avvicinò, furente, a noi. “Michael, va
tutto bene” tentò di dire Manuela. “No,
non va tutto bene. Chi sono queste?”
chiese lui di nuovo. “Una stretta conoscente della band che
vi straccerà” fece
con fare di sussiego Elena. “Senti. Puoi essere la conoscente
stretta di
chiunque, ma non ti devi permettere di parlare così a loro,
soprattutto a
Manuela. Non sei la padrona del mondo e anche se lo fossi avresti solo
da
provare a rivolgerti a lei così”
ribatté Michael, nervoso.
“Cos’è, hai bisogno
del fratellone per difenderti? Fa così il duro
perché non vuole vederti
piangere?” chiese di nuovo Elena, ignorando Michael.
“Non sono suo fratello, e
ti sto dicendo queste cose perché la amo. Quindi ora gira i
tacchi, oca rifatta
che non sei altro, e stai lontana da noi. E con noi, intendo tutti noi!” fece, indicando,
con un
gesto della testa, Giorgia. Io e le altre eravamo a bocca aperta,
mentre
Manuela aveva le lacrime agli occhi. Elena, scioccata, emise un verso
stizzito.
“Andiamo via, ragazze!” fece poi, voltandosi e
andandosene via. Rimanemmo fermi
fino a quando non furono fuori dalla nostra visuale.
“Michael?” chiamò Manuela.
Lui si voltò verso la ragazza, che si tuffò fra
le sue braccia. “Grazie” sussurrò.
Vidi Michael sorridere. “Devono solo provare a trattarti
male. Nessuno può
farlo” disse. “Oppure?”
“Oppure
arriverà questa specie di eroe
alternativo a salvarti.”
“Non
sei una specie di eroe alternativo. Sei il mio
eroe, punto.”
“E
tu sei la mia piccola cupcake.”
Io
e le altre avevamo gli occhi a cuoricino.
Quanto potevano essere adorabili?
La
scena venne interrotta da una persona, che
intervenne. Era Francesco. “Scusate, avete per caso appena
messo a tacere in
modo brusco quelle quattro?” chiese. Michael
annuì. “Ti prego, fammi un
autografo. Sei il mio idolo!” disse l’altro, con la
gratitudine infusa nella
voce. Noi scoppiammo a ridere, mentre Giorgia si avvolgeva fra le sue
braccia.
“Per un attimo ho pensato che volessi difenderle!”
disse, rivolta al ragazzo.
“Io?! Difendere quelle bambole di silicone?! Quelle
odiosissime snob?! Ma cosa
ti salta in mente?! Avete tutta la mia stima per averle messe al loro
posto!” rispose
Francesco. Nello stesso istante, scese dal palco Valentina.
“Coco!” esclamò,
saltandomi al collo. Io ricambiai l’abbraccio, mentre anche
Carol si univa.
“Arrivo subito, promesso!” fece invece Manuela,
rimanendo ancora un po’ a
crogiolarsi nel calore delle braccia di Michael.
“Cioè, non so, vedi te, non ci
vediamo da anni e questo è il tuo saluto?!” chiese
Valentina, ridendo.
“Perspicace la ragazza!” rispose l’altra,
strappandoci un’altra risata.
Quando
finalmente si staccò, saltò addosso a
Valentina. “Vale!” urlò.
“Finalmente, eh?!”
“Capiscimi,
ero in un momento di coccola.”
“Lo
vedo eccome!” ribatté Valentina. Manuela si
lasciò andare ad una risata intenerita.
Dopo
il terzo round, quello che doveva essere il
presentatore terminò la serata, dando appuntamento al giorno
dopo. “Volete
venire con noi al ristorante? Offro io!” propose Francesco.
“Sicuro? Siamo in
tanti e alcuni sono delle idrovore. Vero, Luke?” fece Ashton.
Luke gli fece una
linguaccia, ridacchiando. “State tranquilli, non è
un problema. E vi devo
ringraziare per averci liberato, anche se solo per una sera, da quelle
quattro.
Sapete cosa significa che sono insopportabili? Ecco, lo sono di
più” ci disse
l’altro con un gran sorriso.
Mezz’ora
più tardi, eravamo seduti al ristorante.
“Cosa prendi?” mi chiese Luke, passandomi una mano
sulla schiena. “Non lo so,
mi sono un po’ stufata della pizza” sussurrai.
“Fortunatamente qui non c’è solo
pizza” mi rispose Luke con un piccolo sorriso. Alla fine,
optai per un piatto
di spaghetti. Scorrendo il menù, i miei occhi si
illuminarono. “C’è la scamorza
alla griglia!” esclamai entusiasta. Luke
ridacchiò. “Ti prego, ti prego, ti
prego, ne prendi una con me?” chiesi. “Non ce la
fai a finirla da sola?”
“No,
è molto pesante e non riesco mai a finirla
tutta” feci sconsolata. “Tanto meglio per
me” disse lui. Sembrava aspettare
qualcosa ma non riuscivo a capire cosa.
Quando
ordinammo, lui mi prese la mano e mi portò
fuori dal ristorante. “Finalmente, non ce la facevo
più” mi disse. Lo guardai
in modo interrogativo. “Cosa intendi?” chiesi.
“Tutta la sera, ti ho guardato
tutta la sera. Se non fosse che non potevo deludere i ragazzi, sarei
saltato
giù dal palco, subito. Non posso stare lontano da te,
è stata una tortura. E
adesso non so che altro dire, vorrei solo fare questo” disse
velocemente, prima
di baciarmi quasi con disperazione. Non capivo da dove venisse fuori
tutta
quest’irruenza, ma ricambiai il bacio. Ci separammo un
attimo, giusto il tempo
di vedere se ci stavamo sedendo su una panchina o meno, e io mi
accoccolai
sulle sue ginocchia. Avevo scoperto quella posizione strategica molto
tempo
prima: se avessi ruotato il busto verso di lui, avrei potuto baciarlo.
Se mi
fossi voltata di schiena, lui avrebbe avuto campo libero per il mio
collo. Se
invece fossi rimasta su un fianco, mi sarei rannicchiata sul suo petto,
la
testa appoggiata sulla sua spalla, le sue braccia a sostenermi. Era la
posizione perfetta.
Dopo
un po’, optai per la terza scelta. Lui
iniziò a lasciarmi piccoli baci sulla fronte e sulla testa,
facendomi chiudere
gli occhi, beata. Rischiavo seriamente di addormentarmi, ma per fortuna
arrivò
Carol a scongiurare quest’ipotesi. “Sentite un
po’, voi due. Primo, sono
arrivate le ordinazioni. Secondo, ci avete mollato così,
tranquillamente. Vi
pare il modo?!” chiese.
Una
cosa che non mi piaceva della convivenza? Il
fatto che ogni cosa che mi dicevano le altre mi faceva sentire
inferiore,
infantile. Anche in quel momento, le parole di Carol mi fecero sentire
una
bambina. Non mi piaceva affatto. Abbassai la testa, mettendo su un
impercettibile muso, mentre ci alzavamo e tornavamo indietro, seguendo
da
lontano Carol. Luke mi diede una leggera gomitata per attirare la mia
attenzione e io mi voltai verso di lui. Lui non disse niente, ma si
portò le
dita agli angoli della bocca, sollevandoli in un sorriso molto forzato
e
inquietante. Il messaggio era chiaro: “Sorridi!”
Io
ridacchiai alla sua faccia buffa e sul suo
viso si dipinse un’espressione vittoriosa. “Non
essere triste, mi spezzi il
cuore” mi sussurrò all’orecchio, prima
di lasciarmi un piccolo bacio sotto il
lobo. Io rimasi spiazzata: nessuno si era mai accorto di quella mia
espressione. Mi credevano solo assonnata, o annoiata. Nessuno aveva mai
pensato
che potessi essere ferita, o offesa, o alle volte vicina alle lacrime.
Lui,
invece, lo aveva capito subito.
Stavo
diventando prevedibile? O era lui a sapermi
leggere così bene?
Arrivammo
al ristorante, dove ci scusammo per
essere scappati così. Gli altri ci dissero che non
c’era problema, mentre
Giorgia, Valentina e Manuela gongolavano immaginando cosa fosse
successo. Io
ridacchiai, sedendomi.
Circa
due ore dopo, eravamo per strada, a
gironzolare in attesa della mezzanotte:
“informatori” ci avevano detto che ci
sarebbero stati dei fuochi d’artificio, e non avrei perso
l’occasione per nulla
al mondo. Era da tanto che non li vedevo, anche perché a
Capodanno ero crollata
subito e me li ero persi, e li adoravo.
Giorgia,
Valentina e Francesco erano dovuti
andare via, dicendo di avere un impegno troppo importante per essere
tralasciato. Mi era dispiaciuto, ma in parte era meglio
così: i ragazzi erano a
disagio con loro, non sapevano come comportarsi. Cercavano di non darlo
a
vedere, ma i loro occhi lo urlavano.
Stavamo
camminando lungo uno di quei viali dei
parchi costeggiati da alberi che si vedono nei film, quando Manuela
prese il
cellulare. In pochi secondi, partirono le note di Firework.
Manuela mi fece leggere lo schermo e da quello capii che
era la versione solo strumentale. Quasi ci fossimo messe
d’accordo, iniziammo a
cantare:
Do
you ever feel like a plastic bag,
drifting through the wind
wanting to start again?
Do you ever feel, feel so paper thin
like a house of cards,
one blow from caving in?
Do you ever feel already buried deep?
6 feet under screams but no one seems to hear a
thing
Do you know that there's still a chance for you
'Cause there's a spark in you
A
noi si unirono anche Carol e Madison:
You just gotta ignite, the light, and let it
shine
Just own the night like the 4th of July
Durante
il ritornello, si aggiunsero anche
i ragazzi, così da formare un unico grande coro.
'Cause baby you're a firework
Come on, show 'em what you're worth
Make 'em go "Oh, oh, oh"
As you shoot across the sky-y-y
Baby, you're a firework
Come on, let your colors burst
Make 'em go "Oh, oh, oh"
You're gonna leave 'em falling down-own-own
Sembravamo
dei pazzi, lo sapevamo, ma non ci importava. Quando finimmo il
ritornello, i
primi fuochi d’artificio scoppiarono in cielo, dipingendo sui
nostri volti dei
grandi sorrisi.
You don't have to feel like a waste of space
You're original, cannot be replaced
If you only knew what the future holds
After a hurricane
comes a rainbow
Maybe your reason why all the doors are closed
So you could open one that leads you to the
perfect road
Like a lightning bolt, your heart will blow
And when it's time, you'll know
You just gotta ignite, the light, and let it
shine
Just own the night like the 4th of July
'Cause baby you're a firework
Come on, show 'em what you're worth
Make 'em go "Oh, oh, oh"
As you shoot across the sky-y-y
Baby, you're a firework
Come on, let your colors burst
Make 'em go "Oh, Oh, Oh"
You're gonna leave 'em falling down-own-own
Boom, boom, boom
Even brighter than the moon, moon, moon
It's always been inside of you, you, you
And now it's time to let it through-ough-ough
'Cause baby you're a firework
Come on, show 'em what you're worth
Make 'em go "Oh, Oh, Oh"
As you shoot across the sky-y-y
Baby, you're a firework
Come on, let your colors burst
Make 'em go "Oh, Oh, Oh"
You're gonna leave 'em falling down-own-own
Boom, boom, boom
Even brighter than the moon, moon, moon
Boom, boom, boom
Even brighter than the moon, moon, moon
Quando
finimmo di cantare, scoppiammo a ridere. Sopra di noi, i fuochi
illuminavano il
cielo a giorno, in disegno intricati e ipnotici. Erano coloratissimi e
numerosi, uno spettacolo unico. Improvvisamente, apparvero i miei
preferiti:
dorati, con le punte blu elettrico, che sembravano frizzare
nell’aria prima di
sparire. Iniziai a saltellare, emozionata, mentre mi ricordavo come mi
ero
sentita la prima volta che avevo visto i fuochi d’artificio:
mi erano sembrate
reti che venivano verso di noi, sempre più vicine, e avevo
avuto paura. Poi
avevo sentito quelli dorati “fare frizzzzz”,
come dicevo da piccola, e mi ero messa a ridere, dimenticando la paura.
Sentii
un paio di braccia circondarmi la vita e sollevarmi, facendomi roteare.
Urlai
divertita, mentre Luke non sembrava intenzionato a mettermi
giù. Mi aggrappai
alle sue mani così familiari. Non avevo paura di cadere:
sapevo che lui non
l’avrebbe permesso.
Era
così con Luke.
I
ragazzi ci lasciarono un po’ indietro, continuando a cantare
come fossero
ubriachi.
“Luke?”
“Sì,
piccola?”
“Cosa
ti piace dei fuochi d’artificio?” chiesi,
improvvisamente curiosa, quando mi
lasciò andare. Lui rifletté un paio di secondi,
prima di rispondermi.
“Illuminano la notte.”
Io
rimasi in silenzio. Avrei voluto dirgli che bastavano i suoi occhi
così vivi, a
illuminare la notte, ma non ci riuscii. Avevo un grosso problema, con
le
parole.
“E
tu, invece?” mi chiese poi. “Eh?” feci
io, riemergendo dal lago nero e torbido
dei miei pensieri. “Cosa ti piace dei fuochi
d’artificio?” mi rigirò la
domanda. Una parte di me avrebbe voluto dire: “Quelli dorati
e blu fanno frizzzzz!”,
ma la mia parte ragionevole
me lo vietò. Della serie: fallo e io non ti conosco.
Mi
fermai a riflettere. Dovevo avere filtri con Luke? No, diceva la mia
parte
ragionevole. Mi venne da ridere, si era incastrata da sola.
“Quelli
dorati e blu fanno frizzzzz!”
esclamai come una bambina. “Frizzzzz?!”
chiese lui. Io annuii. “Sì, con cinque
zeta” risposi io, convinta. Lui mi
guardò come se avessi appena parlato in aramaico antico, poi
scoppiò a ridere.
“Che c’è?! È vero!”
mi difesi, seguendolo nella risata. Era così bello, quando
rideva. O in qualsiasi altro momento. “Lo so, lo so,
è che… oddio, l’ho pensato
anche io, ma mi vergognavo troppo a dirlo. Credevo che mi avresti preso
come un
bambino” mi spiegò. Io sorrisi. “Ma io
sono una bambina. E anche tu lo sei, in
parte” dissi, prendendogli la mano e appoggiandomi alla sua
spalla. Lui mi
diede un piccolo bacio sulla fronte, poi si voltò, mi diede
la schiena e mi
disse: “Salta su!” io lo guardai basita e divertita
allo stesso tempo. “Perché,
scusa?”
“Da
quando una bambina rifiuta di essere portata a cavalluccio?!”
fece. Io scoppiai
a ridere. “Mai successo” ammisi poi.
“Vuoi essere la prima a rompere questo
rito??” chiese ancora lui. “Non sia mai!”
risposi, saltandogli in schiena. Lui
barcollò un po’, prima di ritrovare
l’equilibrio. “Non peso troppo?” chiesi
preoccupata. “Guarda, sei una balena. Io ti direi di iniziare
una dieta” mi
prese in giro lui, come a dire: “Smettila di dire
stupidate.” Io decisi di
reggere il gioco. “E che dieta mi consiglia,
dottore?” feci. “A base di Nutella
e baci.”
“Nonostante
l’idea mi alletti, a cosa servirebbe una dieta del
genere?”
“A
smettere di pensare queste cretinate” fece Luke, convinto. Io
ridacchiai.
“Comunque è vero, peso” dissi.
“Hai diciassette anni, è normale non pesare
quindici chili!” rispose lui. Alzai gli occhi al cielo.
Probabilmente sbuffai,
perché lui si voltò – per quanto il suo
collo glielo permettesse – e mi guardò
con la coda dell’occhio. “Coralie Alyssa Lemaire
– già che iniziava così non
andava bene – smettila di dire queste cose. Non è
vero, che sei grassa. Sei
perfetta così come sei. Chiaro?” chiese. Io non
risposi, ma sorrisi,
commossa. “Grazie”
mi decisi a dire poi.
“E di cosa? Per averti detto quello che penso?”
fece lui, sorridendo. “Non
solo. Di tutto. Di essere qui con me, di dirmi queste cose, di esistere” risposi. lo vidi
sorridere di
nuovo. “Ti amo” mi disse solo. “Anche
io” risposi, baciandolo sulla guancia
dato che non riuscivo ad arrivare alle labbra. “Sbaglio o
abbiamo ancora una
corsa da fare?” chiesi poi. Lui annuì, prima di
iniziare a camminare, sempre
più velocemente, per poi correre. Urlai con tutto il fiato
che avevo in gola,
entusiasmata, un: “Verso l’infinito e
oltre!” Lui rise, mentre gli altri ci
guardavano come se fossimo matti. “Siete normali?”
chiese Carol, ridendo. Io e
Luke rispondemmo in coro: “No!” Loro si misero a
ridere. “Noi invece siamo
normali?” fece Michael. Manuela scosse la testa.
“Allora salta su, amore!”
esclamò Michael. Manuela esultò e
obbedì, imitata da Madison che salì sulle
spalle di Calum. Carol sembrava più restia.
“Andiamo, tesoro, che ti costa?!”
fece Ashton. “Non so…” fece lei.
“Quanto anni hai, diciassette o trentasette?!”
“Diciassette.”
“E
allora divertiti!” esclamò Ashton. “Mi
vuoi pazza?” chiese Carol. Ashton annuì.
“Allora mi avrai pazza!” fece lei con un gran
sorriso, prima di salire in
groppa ad Ashton, che ci raggiunse. Iniziammo così una gara
assurda nei viali
del parco, i ragazzi che correvano come matti, noi che urlavamo
allegramente
cose senza senso. “Siamo dei fuochi
d’artificio!” urlai, facendo sghignazzare
tutti. Io e Luke ci guardammo un attimo, prima di urlare: “Frizzzzz!!!” e scoppiare a
ridere.
Al
diavolo la normalità, eravamo pazzi e ne eravamo fieri.
*Angolo Autrice*
Grazie per essere arrivati fino a qui!!! Ciauuu
Ranyadel