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Autore: solomonty    22/06/2014    1 recensioni
Sono circondato.
Le femmine sono misteriose e sfuggenti: ancora non capisco come funzionino.
Mi confondono, mi sorprendono, mi seducono e mi maltrattano.
Sono morbide, crudeli, chiassose, profumate, elettriche, maliziose e appassionate.
Mi piacciono e se ne approfittano.
Oh… ma anche io piaccio loro… e molto!
Martin Deeks racconta il “mondo femminile” che lo circonda.
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Marty Deeks
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Esempio n. 10: Caroline
 

Stamattina sono al distretto con il Tenente Bates, l’altro mio capo. Dopo otto mesi abbiamo archiviato un caso di rapina con omicidio.
L’ NCIS è il posto dove sto meglio ma sono sempre un poliziotto e non un agente della Marina.
Dopo aver avuto a che fare con bombe nucleari, jihad e cartelli della droga, tornare alla quotidianità metropolitana mi ridimensiona come essere umano: è un po’ come smettere di far parte de I Fantastici Quattro e tornare a essere Devil… tutta un’altra faccenda!
Non ho salvato il mondo, oggi, ma ho contribuito a tranquillizzare un quartiere e a me dà una grandissima soddisfazione.
Los Angeles è paralizzata: ci sono due manifestazioni con tanto di cortei ed è tutto bloccato. Il traffico è fermo e tra un'auto e l’altra ci passi solo se ti metti di profilo a fare l’egiziano su un geroglifico e, siccome noi americani siamo megalomani, sta venendo giù il diluvio universale con tanto di tuoni e saette.
 
Arrivo all’ascensore contemporaneamente a Caroline Miller.
“Ciao, Muffin, come mai da queste parti?” mi sorride con il suo viso pieno.
“L’omicidio Wilde… l’abbiamo chiuso. Tu piuttosto, Babe, cosa ci fai qui? Sei quasi al termine, giusto?” guardo il suo pancione.
“Sono passata a salutare. E sì, manca una settimana, ormai ci siamo” dice sospirando.
Entriamo in ascensore chiacchierando.
Con Caroline ci conosciamo da anni: abbiamo iniziato insieme in polizia. Ci siamo sempre trovati bene durante gli interminabili turni di notte che spesso condividevamo qui al distretto, all’inizio delle nostre carriere da detective: seduti alle scrivanie, uno di fronte all’altra, giocavamo a estenuanti sfide a battaglia navale con la speranza che arrivasse una chiamata.
Per tutti eravamo "Muffin & Babe" e con gli anni, nonostante la diversa strada intrapresa, abbiamo mantenuto salda la nostra amicizia e i nostri soprannomi.
Arrivati più o meno all’altezza del 5° piano l’ascensore sobbalza e si blocca.
“E adesso?” chiedo guardandomi intorno senza vedere niente. Siamo rimasti al buio.
“Si accenderanno le luci d’emergenza” risponde calma Caroline. Così avviene: le lampade led sparano luce bianca illuminando la piccola cabina.
Non soffro di claustrofobia ma gli spazi angusti non sono i miei preferiti e sapere che sotto di me c’è il vuoto mi aiuta ancora meno.
“L’ascensore non dovrebbe arrivare al piano sottostante in modo automatico?” chiedo quasi a conferma.
“Dovrebbe, ma il sistema è fuori uso da un anno” risponde lei storcendo la bocca.
“Aggiustarlo era troppo? Siamo la polizia, perché mai dovremmo seguire le regole” blatero.
Anche se non serve a niente premo tutti i pulsanti della tastiera, poi mi appoggio alla parete e guardo lei.
“Sarà il temporale… e, con tutto il traffico bloccato, la manutenzione arriverà dopodomani… staremo qui un bel po’, Muffin… avevi di meglio da fare?” chiede ridendo.
Le vado dietro allegro. “No… di meglio, no” confermo e subito dopo invio a Eric un sms per avvertirlo di quello che sta succedendo e del perché non mi vedranno arrivare tanto presto.
 
Dopo venti minuti ci stiracchiamo un po’, l’immobilità è noiosa; cambiamo di posto tanto per fare qualcosa.
“Raccontami… come stai, come va?” chiedo e lei si passa una mano sulla pancia, soffiando via un respiro.
“Al lavoro, tutto bene… a casa… beh, questo è il risultato della fine della crisi che ho avuto con John” spiega indicando la sua pancia rotonda e io le sorrido.
“Bel modo di concludere una discussione” conveniamo insieme ridendoci sopra.
“Tutto a posto, lì dentro?” la domanda arriva all’improvviso: dal piano di sotto battono sulle porte.
“Quando ci tirate fuori?” chiedo senza particolare apprensione.
“Ne avrete per un po’, abbiate pazienza” è la risposta canonica.
Mi volto a guardare Caroline ma la vedo fare una smorfia e massaggiarsi la pancia.
Sgrano gli occhi allarmato e gliela indico.
“Scalcia, vero?” chiedo quasi a suggerirle la risposta ma lei si piega di nuovo in avanti con un’altra smorfia.
“Direi di no, Muffin… questi non sono calci” dice con calma.
“Mi hai appena detto che manca una settimana” la rimprovero con voce sottile e brusca.
“Sì, ma questo è il mio quarto figlio… i tempi si vanno a fare benedire” risponde frettolosa.
“Babe, tesoro… non puoi farmi questo” la prego agitato e lei appoggia una mano sulla mia.
“Hai detto che non hai di meglio da fare…” ride cercando di smorzare la mia ansia.
“Pensavo mi invitassi a una scappatella” le dico con ironia.
“Con questa pancia ingombrante?” risponde tenendomi il gioco.
“Ma certo, sei bellissima, più di prima” confermo convinto.
Mi sorride grata per il complimento, poi si piega di nuovo al dolore.
“Magari sono dolori d’avvertimento, eh?” azzardo, ma lei mi guarda con indulgenza.
“Non so come dirtelo, Muffin” mormora e poi guarda in basso, verso le proprie scarpe. La seguo con gli occhi e vedo una chiazza di liquido allargarsi sempre più. Mani alla bocca, non riesco a non guardare.
“Si sono rotte le acque” dico in un soffio. Non so niente di parti ma da qui non si torna indietro, questo lo so pure io.
Le femmine partoriscono sempre nei momenti meno opportuni!
“Ehi, là sotto… siamo in pieno parto qui… tirateci fuori” grido di slancio; “mi sentite, porca miseria? tirateci fuori subito” la mia voce è quasi isterica.
La mano di Caroline si stringe al mio braccio.
“Tranquillo… andrà tutto bene” cerca di calmarmi.
Dico, è lei che cerca di calmare me!
Prendo un bel respiro, non posso farle vedere quanta paura ho. Sorrido e le faccio una carezza sulla testa.
“Bello scherzetto, Babe, grazie” bofonchio sorridendole; “credevo che queste cose capitassero solo nei film” borbotto.
Caroline si riprende da una contrazione e mi guarda paziente.
“Allora oggi sarai il mio eroe” dice incoraggiandomi.
 
Passano due ore ma sembrano due settimane.
Dal piano di sotto arrivano frasi solidali ma mai sono stato così impotente e solo.
“Cosa devo fare? Dimmi come posso aiutarti” chiedo e lei prende in mano la situazione.
Si sfila la giacca e l’appoggia per terra, dove si siede e facciamo il punto: abbiamo acqua, il mio coltello e i due nastri che tengono legate le sue trecce rosse. Mi guarda tranquilla.
“Abbiamo tutto quello che ci serve” dice ed io annuisco anche se non ci sto capendo niente.
Telefona a John per avvertirlo della situazione e immagino la sua preoccupazione e frustrazione.
Spesso, mentre mi spiega quali saranno i miei compiti, si ferma a fare quella respirazione strana, frenetica ed io le vado dietro per solidarietà muovendo la testa come un cagnetto di plastica e pelo finto appiccicato sul pianale di un auto.
In un momento di pausa mi guarda e ride.
“Sei fantastico… ma non esagerare o finirai col partorire tu e invece mi servi pronto e vigile.”
Non posso non ricambiarle il sorriso.
“Te l’ho già detto che sei una donna eccezionale?” le chiedo, perché se le merita tutte queste parole.
Passa un’altra mezz’ora e i suoi lamenti cambiano. Mi prende la mano e la stringe forte.
“È il momento di spingere” dice; i miei occhi sono fissi nei suoi e ci scambiamo uno sguardo d’intesa che serve a incoraggiarci.
“E noi spingeremo” le rispondo sorridendo.
 
Dopo la fine della terza spinta mi fa il gesto che temevo più di ogni altro: quello di mettermi di fronte a lei.
“Ci siamo… devi controllare, Marty” mi avverte.
Goffamente cerca di sfilarsi via le mutandine. Nella cabina lo spazio è risicato e poco dopo, stanca, muove una mano verso di me e mi chiede aiuto.
Ed eccomi qui, in un ascensore bloccato, con le mani sotto la gonna di una bella rossa a sfilarle via la biancheria intima!
La guardo imbarazzato e sicuramente rosso come un peperone.
“Scusami, Carol” mugugno consegnandole le mutandine.
“Non ti scusare… stiamo per diventare molto intimi, Muffin… anche se non è una scappatella” risponde tranquilla.
“Santo cielo, Babe, l’avrei preferita non immagini quanto” dico di getto, onestamente.
“La penso come te, Muffin, immagino eccome” mi risponde con un sorriso morbido.
Sarà pure il quarto figlio, ma la sua calma m’intimorisce e vederla soffrire e sorridere a incitarmi mi commuove; è una donna molto coraggiosa.
Si tira su il vestito fino alle cosce.
“Coraggio…” abbozza un cenno con la testa; butto fuori un respiro e mi giro a guardare e… quello che vedo è pazzesco!
In un attimo sparisce la soggezione e la difficoltà; non mi sfiora neanche l’anticamera del cervello dove sto guardando e quello che vedo mi toglie il fiato.
“Oddio, Babe, la testa… si vedono i capelli” le dico euforico.
“Allora, preparati” fa lei e svelto mi tolgo la camicia, mi sciacquo le mani, sfilo via il mio coltello e lo lavo meglio che posso. Caroline mi passa i due nastri e mentre lo fa, mi stringe forte la mano per tutta la contrazione che sembra non finire mai.
“La testa, Marty, sostienila” dice e faccio appena in tempo ad avvicinarmi, che la vedo uscire. La tengo nel palmo della mano.
“Brava, Carol, sei bravissima, ancora una” le dico e mi guarda concentrata mentre spinge per l’ultima volta.
Escono le piccole spalle e con una mano sulla schiena piccina l’accompagno dolcemente verso di me.
Caroline è concentrata, non grida, i suoi sforzi li tiene in gola e solo quando quella creatura mi scivola tra le mani, la sento buttare fuori il respiro.
“È una femmina, Carol… è una bambina!” esulto, poi svelto gliel’appoggio sulla pancia e annodati stretti i due lacci, taglio il cordone ombelicale. Avvolgo il corpo così piccino nella mia camicia e io e sua madre ci guardiamo mentre l’ascoltiamo piangere.
“Sei stato bravissimo, Muffin… puoi smettere di tremare adesso” mi prende un po’ in giro.
“Tu, sei stata bravissima” e le bacio la fronte.
Muffin ha aiutato Babe a diventare mamma!
Mi sciacquo alla bell’è meglio e lo stesso fa Carol.
“Cerco di darmi una sistemata… e tieni la tua figlioccia… Martina” dice sorridendo e mi lascia la bambina tra le braccia.
Abbasso gli occhi a guardarla e con un paio di fazzoletti di carta, che Carol ha trovato nella borsa e un po’ d’acqua che è rimasta nella bottiglia, pulisco il suo piccolo viso e la testina piena di capelli.
Sembra ricambiarmi lo sguardo, è calma e tranquilla… e si chiama come me!
“Sono un po’ stanca” sussurra Caroline e si appoggia alla mia spalla, scivolando in un leggero dormiveglia.
Ancora frastornato armeggio con una mano e chiamo suo marito per avvertirlo che è andato tutto bene; è felice e mi ringrazia, poi spiega che lo troveremo dabbasso, ma ci vorranno almeno una ventina di minuti.
Mi sta bene… possono metterci una vita e mezza, se vogliono.
Siamo seduti per terra, nell’unico spazio rimasto pulito. Ho la maglietta zuppa di sudore, sono sporco di sangue e placenta ma cullo la mia figlioccia e accarezzo la sua piccola mano mentre i suoi occhi sembrano scrutarmi con curiosità.
Oggi ho fatto molto più che salvare il mondo. Molto, molto più che salvare il mondo!
Ancora non ho smesso di tremare; non credo a nulla di tutto ciò che è accaduto, ma questa è la cosa più bella che abbia fatto in vita mia.
Sento un brivido, un guizzo salire e chiudermi la gola, ho il cuore che mi batte così forte che sembra volermi uscire dal petto. Sono affannato… ma che… mi sta venendo il singhiozzo? Non respiro… ma cosa?
All’improvviso vengo investito da un’emozione così bella e forte come mai ho provato prima. Non resisto all’impulso di buttarla fuori e, felice, mi ritrovo a piangere.

 
 
 
Guardando la 310, e contando le scale antincendio, l’ufficio di Bates dovrebbe trovarsi almeno al 9° piano.
Monty
P.S. il mio grazie a “Beverly Hills 90210” 609. M.



Disclaimer: Il Tenente Bates, Eric Beale e Martin Marty Deeks non li ho inventati io.
 

  
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