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Autore: Alexxassa    22/06/2014    1 recensioni
Tutto ciò che so è che il sole gli fa brillare la pelle e rende i suoi capelli lucenti e le sue labbra più rosse. Tutto ciò che so è che non sono mai stato così innamorato come in questo momento. Sono sicuro che lo dirò di nuovo. Più tardi, oggi, quando mi bacerà e dirà “Lo voglio” o quando mi butterà la torta in faccia. Lo dirò domani. E il prossimo Sabato. E il prossimo mese. E a febbraio quando tutto è triste e aspetto che i fiori primaverili fioriscano nel giardino dei vicini per poterli mettere in un vaso per il mio ragazzo. Lo dirò fra un anno. E al nostro cinquantesimo anniversario. E se potrò scegliere, quelle saranno le mie ultime parole. Amo così tanto il mio ragazzo.
O
Quella dove Louis è fin troppo innamorato del suo ragazzo.
Questa storia è una traduzione della fanfiction si ohbullship, per cui la storia non mi appartiene, io l'ho solo tradotta.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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My Boy, I Love You More Tomorrow Than I Did Today
By ohbullship


Trama:
Tutto ciò che so è che il sole gli fa brillare la pelle e rende i suoi capelli lucenti e le sue labbra più rosse. Tutto ciò che so è che non sono mai stato così innamorato come in questo momento. Sono sicuro che lo dirò di nuovo. Più tardi, oggi, quando mi bacerà e dirà “Lo voglio” o quando mi butterà la torta in faccia. Lo dirò domani. E il prossimo Sabato. E il prossimo mese. E a febbraio quando tutto è triste e aspetto che i fiori primaverili fioriscano nel giardino dei vicini per poterli mettere in un vaso per il mio ragazzo. Lo dirò fra un anno. E al nostro cinquantesimo anniversario. E se potrò scegliere, quelle saranno le mie ultime parole. Amo così tanto il mio ragazzo.
O
Quella dove Louis è fin troppo innamorato del suo ragazzo.
 

Questa storia non mi appartiene, è stata scritta da ohbullship che potete trovare qui e qui. La storia originale la potete leggere qui.


Per non farvi confondere, la storia va al contrario.
 
 
 
 
 
È strano, l’amore. È come dare tutto a qualcuno. Le cose che erano solo tue una volta adesso sono anche sue. E le cose che erano una volta sue, adesso sono anche tue. È terrorizzante. Sarà sempre pauroso. Sarai sempre spaventato. Spaventato di fare o dire la cosa sbagliata. Spaventato di mandare tutto a puttane. Spaventato di perdere quella persona che ti conosce quasi meglio di quanto conosci te stesso. Ma in qualche modo ne vale la pena.
 
Sono innamorato.
 
Così profondamente innamorato che non riesco a ricordarmi come ci si sente a non essere innamorati. Non so se l’ho amato per quattro anni o 1.460 giorni o 35.040 ore o 2.102.400 minuti, o forse per tutta la sua vita e anche quelle precedenti – se è possibile; non lo so, ma nemmeno mi interessa.
 
È, tipo, meraviglioso, questo ragazzo. Il suo naso è grande. E le sue mani. E la sua bocca. Ma più di tutti il suo cuore. Il suo cuore è grande quanto tutta l’Europa, probabilmente. E non smette mai di dare. Non smette mai di preoccuparsi troppo. È quasi un santo, il mio ragazzo.
 
Ha delle gambe che non finiscono mai. E ogni tanto quando siamo distesi sul divano guardando le repliche di Seinfeld, si agganciano alle mie caviglie e si aggrovigliano intorno alle mie gambe. Mi tengono i piedi caldi, più caldi di quanto qualunque coperta potrebbe fare. Finisco col non accendere il termosifone, solo per avere una ragione per essergli più vicino.
 
Il fatto è che non è simpatico. Ma io rido a tutte le sue battute. Ho riso per così tanto adesso che forse il suo senso dell’umorismo mi ha contagiato. O forse mi piace solo il modo in cui i suoi occhi si illuminano come un albero di Natale quando mi piego in due dalle risate.
 
I suoi occhi. Quelli sono un’altra cosa. Brillanti, smeraldo. Bellissimi. E non mi sono mai piaciuti veramente gli occhi verdi – non li avevo nemmeno mai notati – ma adesso sono il mio colore preferito.
 
Oggi è il giorno del nostro matrimonio. Mio e del ragazzo. Un nuovo capitolo nel nostro libro, un nuovo libro nella nostra saga, una nuova saga nella nostra collezione  e così via. E non sono mai stato così felice. Non ho mai sorriso così tanto. Non  ho neanche mai dormito di meno.
 
Dovrei dormire. Dovrei riposarmi. Dovrei essere abbracciato al mio ragazzo. Sta russando forte in parte a me. Il suo russare mi fa impazzire. Glielo dico spesso. È costante e una distrazione e mi rende difficile dormire anche quando non ci sto provando. Ogni tanto prendo quasi il mio cuscino e vado a dormire sul divano. Ma se non sentissi il russare costante – l’occasionale grugnito – non penso che sarei capace di dormire. Perché per quanto mi infastidisca, ho imparato ad amarlo.
 
Questo ragazzo. Mi fa impazzire. Fin da quando l’ho incontrato. È stupendo. Mi ha fatto balbettare e inciampare sui miei piedi, cosa che normalmente non faccio.
 
Ho notato che fa lo stesso anche lui, il mio ragazzo. Lo fa, anche adesso. Proprio ieri mattina ha saltato l’ultimo scalino ed è caduto nell’armadio dei giochi in fondo alle scale. E proprio la settimana scorsa mi ha detto una storia e ha ripetuto la terza frase otto volte. Non mi dispiace.
 
Il sole incomincia ad alzarsi.
 
Non ho dormito un secondo.
 
Il mio ragazzo ne sarà triste. Dico triste anche se non è così. Non sarà arrabbiato, solo preoccupato. Si preoccupa molto. Soprattutto per me. Si agiterà per il fatto che non ho dormito prima di una giornata così importante e insisterà che mi faccia un sonnellino o qualcosa di simile tra la cerimonia e il ricevimento.
 
È un po’ pazzo.
 
Anzi, il mio ragazzo è completamente pazzo.
 
Il che me lo fa amare ancora di più.
 
Il sole leggero gli illumina il viso. È arrotolato contro il cuscino che ho messo al posto mio sotto la finestra. Sono seduto dall’altra parte della stanza sulla poltrona che abbiamo messo lì. Normalmente è solo per buttarci sopra i vestiti ma l’ho sistemata così da poter scrivere sonetti sul modo in cui il sole fa si che il mio ragazzo sembri ancora di più ad un angelo di quanto non faccia normalmente.
 
A dire la verità non so un cazzo su come si scrivano sonetti.
 
Tutto ciò che so è che il sole gli fa brillare la pelle e rende i suoi capelli lucenti e le sue labbra più rosse. Tutto ciò che so è che non sono mai stato così innamorato come in questo momento. Sono sicuro che lo dirò di nuovo. Più tardi, oggi, quando mi bacerà e dirà “Lo voglio” o quando mi butterà la torta in faccia. Lo dirò domani. E il prossimo Sabato. E il prossimo mese. E a febbraio quando tutto è triste e aspetto che i fiori primaverili fioriscano nel giardino dei vicini per poterli mettere in un vaso per il mio ragazzo. Lo dirò fra un anno. E al nostro cinquantesimo anniversario. E se potrò scegliere, quelle saranno le mie ultime parole. Amo così tanto il mio ragazzo.
 
-
 
Non sono mai stato così nervoso.
 
I miei amici continuano a dirmi che è impossibile che dirà di no. Che mi guarda come se mettessi acqua nell’oceano. Direi stelle nel cielo ma il mio ragazzo ha le sue teorie si quelle. Dice che ogni stella è l’anima di qualcuno. Che quando moriamo, la nostra anima – la nostra sostanza – vola via nel cielo. Ne parla quando è davvero stanco e io sono incastrato in parte a lui o quando è ubriaco e disteso nell’erba del nostro giardino. Gli bacio il petto ogni volta così che, magari, la sua stella brillerà di più.
 
Sono mesi da quando ho comprato l’anello.
 
Ho pensato che avrei dovuto farlo nel modo giusto. Il mio ragazzo è un po’ vecchio stile.
 
Ma volevo solo tracciare le parole sulla sua schiene e fargli indovinare le lettere mentre guardiamo repliche di Full House a notte tarda. Funzionava nel passato.
 
Volevo scrivere le parole su delle fette di banana e guardarlo mangiarle una per una dopo che ha strillato.
 
Volevo chiederglielo sotto il vischio a Natale. Volevo chiederglielo a mezzanotte a capodanno. Volevo che un aereo lo scrivesse sul cielo. Volevo chiedere a Dio di scriverlo sulle stelle. Ma Dio è un tipo impegnato e ancora non mi ha risposto.
 
È passato un bel po’ dall’ultima volta che siamo stati ad un appuntamento vero e proprio. È passato un bel po’ dall’ultima volta che siamo stati guardati male in un ristorante che ci possiamo permettere a mala pena perché ridiamo troppo forte. È passato un bel po’ dall’ultima volta che sono stato con il mio ragazzo.
 
Beh. Dodici ore. Ma quello è un bel po’ di tempo quando si tratta di lui.
 
Non è che penso seriamente che direbbe di no.
 
Parliamo del nostro futuro insieme prima di andare a dormire e durante le pubblicità di Jeopardy e mentre cuciniamo la cena.
 
Non arrivo ad immaginarmi un futuro senza di lui. Non riesco a vedermi mentre mi sveglio in parte a qualcun altro. Non riesco a ricordarmi come sono le labbra di chiunque altro sulle mie. Non voglio ricordarmelo. Le sue labbra sanno di mele o fragole o qualche frutto a cui non arrivo a pensare quando mi bacia perché mi fa venire le vertigini.
 
Una volta, a una cena di famiglia, sua madre mi ha sussurrato qualcosa su una brochure. Una che aveva trovato nella tasca del mio ragazzo quando gli stava lavando i jeans. Si chiamava “la top ten delle destinazione nel mondo per la luna di miele” e le mie guance sembravano essere andate a fuoco. Lei ha solo riso e mi ha accarezzato la schiena, perché, ovviamente, lei come chiunque altro a quanto pare, non ci vedeva con nessun’altro.
 
Mi sono messo una bella camicia – quella che aveva scelto lui per potersi coordinare – e i miei jeans neri. Mi sono messo le mie scarpe più belle e ho tirato indietro i miei capelli con qualche prodotto. Mi sono lavato i denti, due volte per sicurezza, e sono uscito dalla porta.
 
Sono in ritardo.
 
Sono sempre in ritardo.
 
Ma oggi sono in ritardo perché ho dimenticato il cavolo di anello in camera. Ho quasi dimenticato la cosa più importante della serata e possibilmente della mia vita. Me ne sono ricordato a metà strada e ho dovuto fare inversione anche se lì era illegale, e poi correre a casa e prendere l’anello prima di arrivare quindici minuti in ritardo “Dal Barone”.
 
Lo trovo seduto al tavolo nell’ala sinistra, guardando il menù e scuotendo la gamba – un tic nervoso a cui mi sono abituato anche se dovevo tenergli fermo il ginocchio per farlo smettere.
 
“Ciao amore. Scusa, avevo dimenticato qualcosa.” Sorride solo a me, mostrando le fossette.
 
“Non preoccuparti, sapevo saresti arrivato in ritardo.” Lo stuzzica, il che gonfia il mio cuore ancora di più.
 
La cena scorre tranquilla. Lui prende il prende le fettuccine alfredo e io le lasagne. Ne ruba un po’ dal mio piatto e ha del sugo agli angoli della bocca. Non penso di essere mai stato più innamorato di quanto sono oggi.
 
Insiste col prendere il dessert.
 
Ci ordina la torta “triple chocolate” anche se avevano la torta alla zucca, la sua preferita. Lo amo troppo per il mio bene. Non penso che me ne potrei andare neanche se ci provassi. Ho pensato di scappare. Fare le valige e non guardarmi indietro. Non penso che potrei mai farlo ma ogni tanto mi sento come se stessi affogando in amore e che non può essere una buona cosa. Però lui mi riporta su. Mi bacia e mi mette dell’aria fresca nei polmoni. Non sono così spaventato come ero prima.
 
Non l’ho pianificato del tutto.
 
I miei pensieri sono sparpagliati quindi faccio la prima cosa che mi viene in mente. Faccio cadere la mia forchetta per terra e lo fermo prima che la prenda per me. Mi sta dicendo che ho le mani di polenta quando quasi cado dalla sedia per prenderla ma invece che prendere la forchetta, mi metto su un ginocchio con una piccola scatolina di velluto tra le mani.
 
Non mi sta prestando attenzione. È tutto concentrato sulla torta di fronte a lui – le macchie di sugo sostituite da quelli di glassa al cioccolato a cui penso vagamente di leccare, proprio qui, nel mezzo del ristorante. Tossisco due volte prima che mi guardi con occhi spalancati e torta al cioccolato sulla bocca. Arrivo già a vedere le lacrime che gli illuminano quei bellissimi occhi e devo combattere contro le mie perché solo dio sa quanto io sia sdolcinato.
 
“Ti amo” gli ricordo “Ti ho amato per così tanto ora. Amo i tuoi strambi capelli ricci e le tue stupide gambe lunghe. Amo le tue fossette e la tua risata. Amo il fatto che sei un mangiatore disordinato e che non noti quando hai della cioccolata in faccia e amo semplicemente tutto di te. E fin da quando ti ho incontrato, le tue paure sono diventate le mie e ciò che vuoi ha una priorità su ciò che voglio io e farei di tutto per te. Non penso che nessuno mi abbia mai preso così tanto quanto mi hai preso tu e ti amo perché mi fai sorridere e mi fai sentire al sicuro. Voglio prendere ogni decisione per il resto della mia vita con te.” E cazzo, lo so che sto parlando a caso ma c’è così tanto che voglio dire a questo ragazzo che è entrato e ha cambiato completamente la mia vita. “Sei mio e io sono tuo e non voglio che cambi mai.” Sta già annuendo ma voglio finire nel modo giusto. “Mi faresti l’onore di sposarmi?”
 
Non parla quando gli metto l’anello al dito. Non parla quando gli tiro via le lacrime di gioia dalle guance. Non parla quando lo bacio come non so cosa a casa. Non è finché siamo quasi addormentati, due corpi sudati modellati assieme, che parla.
 
“Avevo sul serio della cioccolata in faccia quando mi hai fatto la proposta?” le sue guance sono rosse d’imbarazzo così gli accarezzo la guancia con il naso e lecco l’angolo della sua bocca.
 
“Penso di averla tirata via” farfuglio sulla sua pelle.
 
“Come farei senza di te?”
 
E adesso non lo dovremo mai sapere.
 
-
 
“Tutto è lecito in guerra e amore” è la più grande marea di stronzate che abbia mai sentito. Perché non è per niente lecito. Non è per niente lecito che io dica al mio ragazzo di andarsene e che lui mi ascolti. Doveva essere una minaccia a vuoto. Non doveva significare niente. Ma non è così.
 
C’erano così tante urla. Lui che mi diceva che reagivo sempre in modo esagerato e che non è di mia proprietà. Io che gli dico che non dovrebbe comportarsi da puttana.
 
“Mi ero vestito così per te, idiota!” mi ha urlato in faccia.
 
“Beh, sembrava piacere a quell’uomo. Non te ne fregava un cazzo che ti stava praticamente ficcando il cazzo dentro!”
 
“Sei – sei ridicolo!” ha urlato. Anche quando è arrabbiato le sue parole sono lente e travagliate e tartagliate. Anche quando sono arrabbiato, ne sono affezionato.
 
“E che mi dici del fatto che hai comprato quei drink a quelle ragazze? Quella era un’esagerazione.”
 
“Erano appena state mollate!” si difende. Quello ha portato il nostro litigio ai soldi e al fatto che non ne avevamo da spendere per delle troie al club che erano state mollate dal loro ultimo figo di merda. E lui ha detto che ero geloso che la gente gli prestava attenzione e li è dove ho superato il limite. Riuscivo praticamente a sentirmi gli occhi diventare lucidi.
 
Ho guardato il mio ragazzo uscire. Dalla stessa porta in cui siamo inciampati dentro con i nostri ultimi scatoloni quando ci siamo trasferiti. La porta dove ci siamo baciati innumerevoli volte. La porta che raccoglie così tante risate e battute e ricordi.
 
Non riesco nemmeno a ricordarmi su cosa stavamo litigando. Qualcosa di stupido. Un qualche ragazzo che gli ballava addosso e il mio ragazzo che non ne faceva niente al riguardo. Speravo di non aver sclerato così tanto. Speravo di rendermi conto che il mio ragazzo è solamente troppo gentile per dire a qualcuno di andare a farsi fottere. Stava probabilmente annoiando il ragazzo con un discorso sul fatto che è occupato e che no significa no e tutto il resto. Ma me ne sono reso conto troppo tardi. Se n’era già andato. Ha lasciato il suo telefono e il suo taccuino ed è là fuori nel mondo senza niente.
 
I muri sembrano vuoti.
 
È troppo silenzioso senza forti risate o il forno che suona o qualcuno che si inciampa su qualcosa. Senza musica a tutto volume dalla radio e il mio ragazzo che mi fa roteare in giro per la sala finché non cadiamo entrambi per terra.
 
Il punto è che mi manca. Non sono nemmeno più arrabbiato. Come potrei essere arrabbiato quando lui è fuori in mezzo alla strada senza niente?
 
Chiamo un po’ di persone.  Chiedo a chiunque mi vanga in mente se l’hanno visto. Non sanno dov’è. Non sono d’aiuto.
 
L’amore è davvero difficile ogni tanto. Non ha senso. La persona che ti ha fatto arrabbiare così tanto è anche quella che ti rende la persona più felice al mondo. Il mio ragazzo mi fa impazzire. Mi da alla testa. Mi fa venir voglia di strapparmi i capelli. Ma mi fa ridere come un pagliaccio. Mi fa sorridere come un idiota. Mi fa sentire amato. E tutto ciò che voglio è lui.
 
Voglio le sue mani  tra i mie capelli e le sue labbra sulla mia fronte. Voglio solo essergli vicino.
 
Il mio cuore sembra vetro distrutto. Mi sento come se mi mancasse una mia metà. E forse è così. Abbiamo passato gli ultimi due anni a vivere l’uno dell’altro. Cazzo. L’amore è così fottutamente stupido. Tutto ciò che fa è farti a fettine. Non mi sono mai sentito così lontano da me stesso. La mia pelle sembra secca come dopo una doccia bollente. Mi sento intontito e ferito.
 
Non dormo nel letto. Le lenzuola hanno ancora il suo odore. I suoi vestiti sono ancora sparsi per terra. Sembra vuoto. Non piango. Non lo faccio e basta. Voglio piangere. Il mio cuore si contrae e mi sembra di non riuscire a respirare. Forse è un attacco di cuore.  O un ictus.
 
Non posso dormire neanche sul divano. Troppe lunghe notti spente lì.
 
Non so come potrei dormire ovunque senza lui. Come ho fatto a dormire una notte intera senza le sue gambe aggrovigliate alle mie o le sue braccia intorno a me o il suo leggero russare.
 
Nessuno dei due ha detto che è finita. Nessuno dei due l’ha chiusa. Ma sembra che sia così. Sembra che se ne sia andato e che non tornerà mai più. Il che non può essere vero, ha lasciato tutte le sue cose qui. Ma può sempre tornare, prendere le sue cose e lasciarmi qui ad arrugginire da solo perché sicuramente non c’è altra soluzione.
 
Lo so che sono drammatico. Me lo dice quasi ogni giorno. Ma è solo che non ho mai amato qualcuno così tanto quanto amo il mio ragazzo. Non ho mai provato così tanto per una persona. Non ho mai voluto niente quanto voglio la sua felicità. E l’ho ferito. Lo sguardo nei suoi occhi era abbastanza da spezzarmi il cuore ogni volta che chiudo i miei.
 
Mi addormento nel corridoio. Ha la minor quantità di ricordi. Tranne quella volta che ho dormito fuori dalla porta del bagno quando il mio ragazzo era malato e non voleva che lo vedessi vomitare.
 
Quando mi sveglio sono confuso dal perché non sono abbracciato a un ragazzo con braccia troppo lunghe e un corpo caldo.  E perché sono addormentato nel corridoio. E poi mi colpisce.
 
Devo trovare il mio ragazzo.
 
Mi rimetto in piedi e mi preparo per correre in giro per tutta la città e cercare ovunque – la biblioteca, il negozio dei dischi, la sua vecchia casa, la casa di sua sorella, ovunque. Ma mentre corro verso la porta noto un ragazzo con riccioli spettinati e guance macchiate dalle lacrime seduto a gambe incrociate sul divano.
 
Mi guarda con uno sguardo attento. Gli angoli della sua bocca si alzano un po’. Sorrido anch’io ma resto dove sono mentre singhiozzo delle scuse.
 
“Anche a me” dice con un sorriso più grande. “Vieni qua allora.” Farfuglia mentre apre le braccia per me. Lo amo più del cielo e il fondo dell’oceano e tutto ciò che ci sta in mezzo.
 
“Non ti voglio perdere mai più” sussurro sui suoi capelli. Profumano di vaniglia e lui.
 
“Non mi hai nemmeno mai perso.”
 
“Ero preoccupatissimo. Nessuno ti aveva visto.”
 
“Perché non sono andato da nessuna parte. Ero in macchina.” Le sua mani vanno nei mie capelli spettinati e mi bacia dietro l’orecchio e so che alla fine tutto andrà bene.
 
-
 
La prima volta che siamo stati intimi era la seconda notte nel nostro appartamento.
 
Non volevo fare niente che lui non volesse fare ma non c’erano obbiezioni. L’ho baciato sul nostro letto nuovo di zecca sotto le nostre coperte nuove di zecca e tutto era nuovo ma ero così abituato al sapore dei suoi baci.
 
Si è strofinato contro di me e ho dovuto trattenere i gemiti per quanto era già pronto per me. Il suo uccello duro nei boxer mentre mi baciava. Eccitazione che si diffondeva dalla mia spina dorsale e andava dritta al mio cazzo. L’ho baciato ancora di più finché non stava facendo suoni disumani sotto di me, pregando per qualcosa.
 
Ho spostato le mie labbra sulle sue clavicole e ci ho succhiato un livido e gli ho baciato il segno rosso per marcarlo come mio. Volevo che tutti sapessero che era mio e mio soltanto. Nessun’altro poteva averlo.
 
Ho leccato in giù una linea dalla sua pancia fino alla linea di peli sotto il suo ombelico finché non ho incontrato l’elastico dei boxer e l’ho stuzzicato un po’, solo perché era così bello così. Era tutto disteso che si contorceva per far si che mi avvicinassi ancora di più. Ho accarezzato la forma del suo cazzo con la bocca sopra i boxer e godendomi i suoni che faceva.
 
“Babe, ti piace?” mormoro quando gli abbasso i boxer fino alle caviglie rivelando il suo bel cazzo rosa. Gli succhio leggermente la punta e lentamente trascino la mano su e giù sul suo membro, dando un colpo con il polso ogni tanto. Lo lascio fottermi la gola finché non ho le lacrime agli occhi e la mia mandibola comincia a serrarsi e mi sposto prima che possa venirmi in bocca. “Non ancora, amore. Ti voglio scopare per bene.” Sussurro mentre mi riavvicino al suo viso.
 
Gli mordo un po’ l’orecchio mentre trema sotto di me. “Va bene?” si contorce sotto di me e io mi muovo per mettermi un preservativo e mi spalmo di lubrificante.
 
Lo apro lentamente con un dito. Lo stuzzico un po’ finché gli tocco la prostata e geme sulla mia spalla.
 
“Di più” prega. Si allunga verso i miei boxer e me li tira giù, sollevato quando il mio cazzo si libera dai loro confini.
 
Aggiungo un altro dito e vado lentamente, allargandolo. “Sono pronto” geme e so che non riuscirebbe a durare molto di più, così lo giro lentamente e gli bacio il dietro del collo prima di entrare con la punta dentro di lui.
 
I suoni che fa sono così ansimati e bellissimi che non penso di riuscire a farcela.
 
“Cazzo, babe, sei così stretto”
 
“Più forte” geme.
 
Lo faccio. Mi spingo completamente dentro di lui, facendo di tutto per poter continuare. Freme intorno a me e sto quasi per venire ma ho bisogno che questo momento sia perfetto per il mio ragazzo.
 
Lo scopo sul materasso. Le sue mani aggrappate alle coperte così da non toccarsi da solo. Volevo tantissimo guardare il suo viso mentre veniva.
 
“Ci sei quasi? Vuoi venire per me?” annuisce, avendo perso la capacità di parlare quando viene sul suo petto.
 
Sono servite solo un altro paio di spinte prima che io venissi nel preservativo, sospirando soddisfatto sul suo petto.
 
“Cristo” respira finalmente.
 
“Louis va bene” ride alla mia battuta stupida e quello è il momento in cui ho capito che non volevo stare così con nessun’altro al mondo. “Ti amo, cazzo.”
 
“Cazzo, ti amo anch’io, idiota.” Risponde prima di baciarmi dolcemente e si arriccia sul mio petto.
 
-
 
Eravamo semplicemente seduti nella sua vecchia camera da letto a guardare Grease.
 
È così che è iniziata.
 
E mi ha alzato dal letto e mi ha fatto cantare e ballare “You’re the One that I Want” e abbiamo riso l’uno contro l’altro.
 
Le cose più semplici sono le migliori, sul serio. È in momenti come questi, seduti nella sua camera da letto a guardare dei classici, che sono più felice di sempre.
 
Mi sta chiamando Danny e mi spinge al petto mentre canta per me, dicendomi che mi devo dare da fare. Il suo sorriso è troppo grande e sono sicuro che anche la mia faccia sembra che si stia per spezzare a metà.
 
Va a sbattere contro la lampada. La lampada. La lampada contro la quale va sempre a sbattere. Quella che sua madre mette sempre nella sua stanza per prenderlo in giro per tutte le volte che l’ha rotta da piccolo. Spacca quasi la lampadina e poi si mette a ridere come non so cosa.
 
Mentre rido di lui, carca di fare il serio e fa finta di essere arrabbiato con me ma inciampa sul tappeto e ci butta entrambi per terra.
 
Non ci muoviamo però. Restiamo sul pavimento a ridere. Le sua braccia mi stringono più vicino a lui e appoggio la testa sul suo petto. La sua maglietta grigia profuma di popcorn al burro e colonia e dovrebbe farmi venire da vomitare ma mi sento bene così. Mi sento bene con lui.
 
“Non compriamo nessuna lampada quando andiamo a vivere assieme” ed è la prima volta che ne abbiamo mai parlato. Mi gira la testa ma l’unica cosa che riesco a vedere è lui che inciampa e cade ovunque.
 
“Dovremo ricoprire la casa in pluriball” dico sulla sua maglietta. Riesco a sentire il suo sorriso che si ingrandisce sopra la mia testa e incomincia a ridere. Una vera risata – bassa e felice.
 
“Facciamolo” sussurra come se fosse un segreto solo per noi. E forse lo è.
 
“Si?” ha solo diciott’anni, è ancora solo un ragazzino. Trasferirsi sembra troppo presto ma non ho mai voluto niente di più.
 
“Mhm” mormora. È deciso allora.
 
Tre settimane dopo e abbiamo trovato il posto perfetto.
 
È piccolo. Puzza d’immondizia e aceto e ha a mala pena l’acqua calda. Ma ha una camera da letto e due bagni e un piccolo balcone carino affacciato alla strada e sembra che possiamo trasformarlo in casa.
 
Non ho mai visto il mio ragazzo così felice. Non ha smesso di sorridere da quando ha firmato le carte. Non quando stavamo mettendo via le nostre cose o quando sua madre l’ha abbracciato salutandolo – vive a soli venti minuti – e neanche quando abbiamo portato le scatole su per sei piani e non quando ci siamo buttati sul vecchio, polveroso divano.
 
Dormire la prima notte nel nostro appartamento non sembra vero. Non sono mai stato così innamorato con il mio ragazzo. Non mi sono mai sentito così a casa quanto in questo momento. E mentre ci addormentiamo sta parlando riguardo al voler preparare la cena per le loro famiglie. E parla di serate giochi ogni settimana con i nostri amici e far venire le mie sorelle per la notte. Dormo come un sasso, abbracciato con il mio ragazzo e coperto in amore.
 
-
 
Oggi ad inglese il mio professore mi ha detto che se voglio diventare uno scrittore dovrei scrivere su delle cose che non hanno senso. Mi ha detto di tenere un diario e scrivere di cose che mi ispirano.
 
Gli ho detto che non so cosa mi ispira.
 
E poi ha detto qualcosa che non dimenticherò mai.
 
Mi ha raccontato di posti.  Grattacieli e vicoli ricoperti in graffiti. Scrivere dei vicinati del ghetto e dei porti vicino al mare. Mi ha detto di scrivere della mia casa d’infanzia e di un posto che mi fa sempre sorridere.
 
Mi ha detto di scrivere cose. Come il modo in cui gli alberi crescono o il colore di un fiore. E mi ha detto che c’è una certa arte nei colori del cielo durante il tramonto – qualcosa che non puoi spiegare ma che devi comunque cercare di scrivere.
 
Mi ha detto di scrivere riguardo il dolore. Di scavare fino in fondo e trovare quella cosa che mi ferisce di più. Mi ha detto che dovrei esporre i mei sentimenti sul tavolo e dirli così come sono. Non c’è niente di più vero dei tuoi più grandi e profondi segreti. Devi essere sincero. Devi mostrare le tue debolezze per intrattenere le persone. Devi renderti vulnerabile.
 
Tutto ciò a cui arrivo a pensare su cui scrivere è un ragazzo. Un ragazzo in un locale con dei ricci strambi e occhi brillanti. E non ordina mai niente oltre al caffè ma resta seduto per ore leggendo e mi chiedo se un giorno vorrà leggere i miei libri.
 
Questo ragazzo è strano perché scuote il ginocchio e si morde il labbro e non alza mai lo sguardo dal libro. Si è sbrodolato il caffè sul mento e non se l’è nemmeno tirato via finché non era pronto per andarsene. Mi ritrovo a guardarlo. È curioso. Voglio scrivere su di lui tutto il tempo.
 
Non riesco a pensare a niente di meglio da scrivere che lui.
 
Ma mi serve un nome. E forse voglio baciargli le labbra e scriverne poemi a riguardo ma salvo quell’informazione per dopo. Mi avvicino al suo tavolo.
 
Non ricordo di essere mai stato così nervoso parlando con qualcuno ma la mia mano è sudata quando gliela porgo. Non alza lo sguardo dal suo libro. Tossisco un paio di volte prima che alzi gli occhi verso di me, un sorriso gli si forma in faccia e una piccola fossetta compare e penso di essermi innamorato.
 
Sta per darmi la mano ma si scontra contro la sua tazza di caffè e mi guarda con aria mortificata.
 
“Oops” rido tranquillamente mentre gli passo dei fazzoletti.
 
“Ciao” sembra grato che non abbia detto niente o che non l’ho preso in giro o che non me ne sono andato per il suo incidente col caffe, ma è così carino che come potrei?
 
“Sono Harry” e già. È Harry. Ed è bellissimo e voglio scrivere romanzi su di lui.
 
“Louis.”
 
 




Ok, beh, spero che questa OS vi sia piaciuta, io la adoro perchè è semplice e dolce, e parla di una relazione intera, che dura negli anni, nei vari momenti importanti di una storia. 
Grazie mille per aver letto e se vuoi lascia una recensione, le apprezzo davvero tanto perchè così mi sembra che questo lavoro (che faccio solo perchè mi piace tradurre e voglie condividere le mie fic preferite) venga apprezzato sul serio, e che sto spendendo il mio tempo in modo giusto. Se avete qualche critica o qualche consiglio sono qui ad ascoltare, voglio migliorare quindi anche quelli sono apprezzati.
Ok , è tutto, presto tornerò con un'altra fanfiction ancora.
Ciaooo


 
  
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