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Autore: earlgreytea68    22/06/2014    1 recensioni
Le lettere sono state scritte, lette e discusse. Ma non significa che le cose si siano risolte. Ancora.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Letters [ traduzione di _opheliac ]'
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Capitolo 5

 

“Pinne?” disse Sherlock. “Ti aspetti che io indossi delle pinne?”

John, indossando le pinne in maniera meno elegante di come gli sarebbe piaciuto, chiese, “In che altro modo potresti fare snorkeling?”

“Pensavo di fare snorkeling senza farlo davvero e stare qui e guardare te.”

“Non gli piace l’idea dello snorkeling.” Fece John al simpatico dipendente dell’albergo che li stava aiutando a prepararsi. Per fortuna l’hotel offriva lo snorkeling, e John aveva semplicemente dovuto trascinare Sherlock per una breve distanza lungo la spiaggia, mentre l’altro si lamentava per tutta la strada di quanto fosse orribile il proprio costume. Almeno l’aveva indossato, il che John considerava una grande vittoria, insieme ad una T-shirt che John immaginava non sarebbe stata tolta, cosa che non aveva intenzione di menzionare poiché aveva totalmente senso.

“Oh, è molto sicuro.” il dipendente disse per rassicurare Sherlock. “E i pesci sono bellissimi.”

“Sono pesci.” replicò Sherlock.

John gli prese la mano, e lo sentì girarsi a guardarlo con sorpresa. “Continuo a cercare di dirgli che sarà romantico. Siamo qui per la nostra luna di miele.”

“Aww” fece il ragazzo, raggiante per loro. “Che bello. Congratulazioni. E lo è, è molto romantico. Anche questa giovane coppia è in viaggio di nozze.” indicò una coppia che aveva appena terminato una sessione di snorkeling; i due gocciolanti d’acqua.

La coppia fece un cenno e li salutò gentilmente, districandosi dalle pinne.

“Com’è stato lo snorkeling?” chiese John.

“È stato fantastico.” disse l’uomo della coppia, con entusiasmo. “Davvero, lo amerete. I pesci vi arrivano vicino.”

“Sono pesci.” ripeté Sherlock.

“Anche io ho dovuto essere convinto.” disse l’uomo con fare cospiratorio. “Ma aveva ragione.”

“Come al solito.” disse ridendo la novella sposa.

“Sentito, tesoro?” chiese John, e lo baciò sulla guancia prima di dirigersi verso il bordo della spiaggia, stando molto attento a non inciampare sulle proprie pinne.

“Sembri ridicolo.” Sherlock gli disse.

“Non è una bella cosa da dire al tuo nuovo marito.” John replicò, regolandosi la maschera sugli occhi e mettendosi il boccaglio. Poi cominciò a nuotare. Era davvero molto difficile. Le pinne ai piedi tendevano a voler salire in superficie, e doveva lottare per tenerle giù, e alla fine crollò semplicemente in acqua, nonostante non fosse molto alta, e si diresse dove l’acqua era un po’ più profonda. E poi, sentendosi finalmente a suo agio, si voltò verso la riva appena in tempo per vedere Sherlock nuotare con grazia nell’oceano, come se non facesse altro che fare snorkeling ogni giorno. John ruotò gli occhi mentre Sherlock gli si avvicinava, come un’elegante foca, e gli tolse il boccaglio. “Sei un irritante bastardo.” gli disse.

Io?” rispose Sherlock, suonando scioccato.

John cercò di baciarlo, ma la sua maschera non era particolarmente adatta all’attività.

“Questa è l’idea più stupida che tu abbia mai avuto.” si lamentò Sherlock. “E ne hai avute di idee terribili.”

“Zitto, penso che sia romantico.” John gli sorrise.

“Sì, e cosa era tutto quello?”

“Cosa?” chiese John, innocentemente, rimettendosi il boccaglio e scomparendo sotto il pelo dell’acqua. Era davvero molto bello lì sotto. Branchi di pesciolini argentati, e qualche pesce a strisce viola e gialle gli passarono davanti. John uscì con  la testa fuori dall’acqua. “È proprio bello.”

“È pesce, John” disse Sherlock.

John gli si avvicinò e lo spinse sott’acqua. Uscì agitandosi e annaspando per riprendere fiato e subito passò alla vendetta, il che era una cosa che John si aspettava e tentò di fuggire, tranne che Sherlock gli afferrò una delle pinne e lo tirò indietro. John, sbilanciato senza l’uso di una gamba, affondò sotto l’acqua e nuotò di nuovo verso l’alto, soffocando per metà, e Sherlock gli tolse la maschera e disse: “Stai per annegare.”

“Solo perché mi stai trattenendo per un piede.” replicò John, e poi Sherlock lo baciò.

John non se lo aspettava, ed emise un suono di sorpresa, mentre le mani di Sherlock si posarono sulla sua testa e le sue labbra su quelle di John. E poi la lingua di Sherlock scivolò dentro la sua bocca compiaciuta e John emise un verso di approvazione mentre lottava con l’acqua per rimanere a galla, aggrappandosi a Sherlock, le braccia intorno al collo dell’altro e le mani tra i suoi ricci. Sherlock sapeva del tè che John lo aveva costretto a bere prima di uscire, di sale per il mare che li circondava, e di Sherlock, e baciava incredibilmente bene. John era consapevole che stava facendo piccoli rumori di disperato incoraggiamento, cercando di avvicinarsi sempre di più, sempre di più. Non era come nessuno dei brevi sfioramenti di labbra che si erano scambiati fino a quel momento. Non era nemmeno come il bacio disperato di quella mattina. Era un bacio, e quando finì, quando John tirò indietro la testa quanto bastava per guardare verso Sherlock, si rese conto che Sherlock doveva starsi sforzando davvero molto per mantenere entrambi a galla, e John divenne anche consapevole del fatto che Sherlock, con un bacio, lo aveva sostanzialmente trasformato in una pozza di desiderio. Ma John lo aveva voluto per così tanto tempo, era stato un dolore talmente costante che aveva quasi smesso di accorgersene.

Si guardarono l’un l’altro per un lungo momento, ansimanti.

Dopo John disse: “Hai vinto. Abbiamo finito con lo snorkeling.”

“Grazie a Dio.” fu la risposta di Sherlock.

****

Avevano perso entrambe le loro maschere, e il dipendente dell’hotel non ne fu felice.

“Relax.” gli disse Sherlock. “Stiamo restituendo le pinne, no?”

“Vi metterò in conto le maschere perdute.” brontolò il giovane.

Sherlock alzò le spalle e mormorò a John, mentre si allontanavano, “Povero signor Kelly. La sua fattura sarà tremenda.”

John non rispose. Insieme a Sherlock ripercorse rapidamente il sentiero sulla spiaggia, la testa pulsante di eccitazione, e disse, non appena entrarono nella villa, “Dimmi che non si trattava solo di evitare lo snorkeling.”

“Non si trattava solo di evitare lo snorkeling.” confermò Sherlock.

“Bene.” disse John e si lanciò sopra di lui, e per un po’ tutto fu pura e completa follia, una frenesia di mani e lingue e denti mentre capi di abbigliamento venivano gettati da ogni parte. Sherlock era intelligente e sembrava determinato a provocare una serie di imprecazioni da parte di John, trovando ogni punto sul suo corpo che non aveva mai immaginato potesse aver bisogno di essere leccato o morso o succhiato. “Maledizione, sei bravo.” ansimò.

“Lo sono?” Sherlock mormorò con piacere sulla pelle di John, appena sotto il suo ombelico, facendolo gemere e quasi cadere a terra e tirare con forza i suoi capelli. “Bene. Voglio esserlo.” la bocca di Sherlock si spostò infinitamente più in basso, e poi chiese: “Lo vuoi questo?”

La domanda - il tono con cui era stata posta – filtrò attraverso lo stordimento di John. Non lo stava chiedendo per flirtare. Era una domanda seria. “Cosa?” chiese John ansimando.

Sherlock alzò la testa, guardandolo, e John cercò di conciliare l’erotica immagine di Sherlock inginocchiato davanti a lui con ciò che gli stava chiedendo: “È questo quello che vuoi? O lo stai facendo solo perché pensi che sia quello che io voglio?”

“Non lo vuoi?” chiese John, i suoi polmoni improvvisamente stretti dal panico. Andava bene, si disse, avrebbe potuto vivere il resto della sua vita senza sesso, sarebbe stato perfettamente okay, sarebbe andato bene.

“L’ho chiesto io per primo.” rimarcò Sherlock, con calma, il suo respiro così in basso sul suo addome che John dovette chiudere gli occhi.

“D’accordo.” disse John, fermamente. “Se hai intenzione di parlarne seriamente, non puoi rimanere dove sei.”

“Tu sei eterosessuale.” fece Sherlock.

“Sì, ho avuto dubbi sulla verità di quest’affermazione per un po’, e penso che tu abbia appena deciso il verdetto a riguardo, in pratica.”

“E questo significa...?”

“Significa che sì, lo voglio. Sì, ti voglio.”

“Bene.” confermò Sherlock, e tirò via il costume di John, e poi Sherlock smise di parlare perché la sua bocca era occupata con altre cose, il che andava bene perché John perse completamente ogni capacità di avere una conversazione coerente e si concentrò soprattutto sull’essere abbastanza gentiluomo da non spingersi dentro la sua bocca e di non strappargli ciocche di capelli, ma la sensazione della bocca di Sherlock era così bella e lui era così intelligente e Gesù Cristo lo avrebbe amato fino alla fine dei tempi.

John, cercando di riprendere fiato, si rese conto che era crollato completamente sul pavimento e che Sherlock era inginocchiato accanto a lui, guardandolo compiaciuto.

“È andata bene.” Sherlock annunciò.

“Sta zitto.” disse John, e lo tirò a sé per un bacio confusionario. Quando tutto fu finito, Sherlock appoggiò la fronte contro di lui. John ansimava per riprendere fiato e disse: “Sei dannatamente fantastico. Cristo.”

Sherlock lo baciò di nuovo, un breve sfioramento di labbra sulle sue, curvate in un sorriso.

“Va bene.” iniziò John, cominciando a riprendere fiato. “Ecco la cosa. Posso provarci – voglio farlo -ma non l’ho mai fatto prima, quindi...”

“Beh, neanche io l’avevo mai fatto prima. Siamo il cieco che guida il cieco. O il cieco che guida l’ipovedente. Aspetta, chi dei due è il leader qui?”

“Era la tua prima volta.” disse John.

“Sì. Aspetta fino a quando non avrò davvero imparato.”

“Non so se essere terrorizzato o entusiasta della prospettiva.” osservò John.

Sherlock si spostò un po’ indietro e gli lanciò il sorriso più raggiante del mondo. John pensò di non averlo mai visto così felice, i suoi occhi di un blu così luminoso.

“Andiamo.” disse Sherlock. “Riesci a camminare? Voglio provare a ricevere, ma ti preferisco su un letto, questo pavimento ti sta uccidendo le ginocchia.”

“Sherlock.” chiamò John, prendendolo per mano e trattenendolo sul posto, e Sherlock lo guardò con aria d’attesa. “Ti amo.” disse.

Sherlock continuò a sorridergli, e John pensò che stava per dire Anche io ti amo. Ma quello che disse, invece, fermando il cuore di John ancora scalpitante nel petto, fu: “Lo so.”

****

John aveva pensato che il tutto sarebbe stato imbarazzante e sgradevole. Era passato così tanto tempo da quando si era sentito fuori dal suo elemento a letto che pensava che avrebbe sicuramente commesso un passo falso. Sherlock in realtà era così tranquillo, togliendosi il resto dei vestiti e continuando con la sua analogia del cieco-che-guida-il-cieco (“Forse siamo entrambi ipovedenti invece che completamente ciechi.”) e John stava cercando disperatamente di catalogare mentalmente tutte le cose che piacevano a lui, nella speranza che sarebbe stato in grado di invertire il suo ruolo in quel modo e che a Sherlock sarebbero piaciute le stesse cose.

E si scoprì che, in realtà, dopo un momento di panico soppresso quando Sherlock fu sdraiato davanti a lui come un autentico banchetto, John si rese conto che probabilmente non c’era quasi nulla che avrebbe potuto fare in modo errato. Sherlock si sciolse con un solo tocco, chiudendo gli occhi e rabbrividendo, e John si ricordò che Sherlock non solo non aveva mai permesso a nessuno prima d’allora di fargli qualcosa di simile, ma non aveva mai voluto permettere a qualcuno di farlo. Per Sherlock, c’era John e solo John. Lui era per Sherlock, in qualche modo, l’apice di tutto ciò che poteva mai essere. John, con le vertigini date dal semplice pensiero, lo baciò con ogni emozione che non aveva ancora trovato parola per esprimere e sentì il ricambiare di quelle emozioni sulle labbra di Sherlock.

John era contento di aver già avuto il suo orgasmo perché significava che poteva godere nel prendersi il suo tempo. Voleva rendere Sherlock completamente a pezzi prima di rimetterlo di nuovo insieme, perché adesso poteva. Così baciò e strofinò e Sherlock si inarcò per incontrarlo, ovunque si trovasse, e ansimò il suo nome in stupore, come se fosse una scoperta sorprendente che Sherlock aveva fatto. John riusciva a malapena a comprendere la profondità dell’adorazione nel modo in cui Sherlock reagiva verso lui, la sua mente stava nuotando contro tutto quello.

Dal punto di vista di John, pensava di poter avere un certo margine di miglioramento. Per prima cosa, avrebbe potuto essere preparato per lo scalciare dei fianchi di Sherlock. Inoltre, avrebbe potuto essere un po’ più bravo nel non soffocare alla fine. Ma Sherlock sembrava non dare nessuna importanza a queste cose. Era sdraiato languidamente sul letto, mentre John era andato alla ricerca di un panno per ripulire il pasticcio che aveva fatto per poi strisciare sul letto accanto a lui.

Il sole stava tramontando, la luce nella stanza era rossa, e l’oceano ruggiva al di là della loro finestra. Sherlock sorrise in maniera raggiante verso di  lui come fosse il più incredibile essere umano che avesse mai incontrato.

“Non cieco o ipovedente.” commentò Sherlock.

“Voto alto.” rispose John, ironicamente. “Migliorerò.”

“Ma sei perfetto.” disse Sherlock.

La convinzione nella sua voce era un po’ terrificante. John poteva gestire l’essere amato - voleva essere amato - ma si preoccupava sull’essere idolatrato. “In realtà non lo sono affatto.”

“Beh, certo.” disse Sherlock, sprezzante. “Se la guardi oggettivamente, naturalmente non sei perfetto. Perdi la pazienza un po’ troppo rapidamente di quanto potrebbe essere normale, e sei un terribile dattilografo, e sei incapace di gestire correttamente il denaro, e hai un terribile senso della moda –”

“Va bene.” lo interruppe John, bonariamente. “Il resto può aspettare.”

“Quello che intendevo, naturalmente, quando ho detto che eri perfetto è che sei perfetto per me.” Sherlock allungò una mano e gli spostò la frangia dalla fronte e sorrise a John con ogni costellazione nel cielo nei suoi occhi. John era assolutamente certo che nessuna donna che avesse mai portato a letto lo avesse mai guardato così, proprio come era assolutamente certo che nessuna di loro gli avesse mai detto che era perfetto.

“Sei incredibile.” gli disse John.

Il sorriso di Sherlock diventò un ghignò. “Sai di averlo detto ad alta voce?”

John ridacchiò. “Mi dispiace. Non lo farò più.”

“Non smettere mai.” disse Sherlock, sporgendosi in avanti e baciandolo.

John si lasciò andare al bacio, in quel mondo che era solo Sherlock, niente di più, niente di meno, Sherlock per il quale era perfetto, che era perfetto per lui. “Non smetterò mai.” promise, durante il bacio. “Non l’ho fatto fin’ora, no?”

“No. Sei molto affidabile. Direi che mi sono abituato alla cosa.”

“Sei alquanto viziato.” disse John.

“Abbastanza. Sei tu a viziarmi.”

“Terribilmente. È orribile.”

“Non lo è. Io approvo immensamente.” il bacio era diventato pigro e assente, uno sfioramento di labbra tra le varie frasi.

“Certo che sì.” osservò John.

Sherlock interruppe il bacio del tutto, strofinando il naso contro quello di John invece. “Quanto ci vorrà per essere pronto per un altro round? Data la tua età e tutto il resto.” Sherlock pose la domanda con una solennità che chiunque, a parte John, avrebbe trovato completamente impassibile.

“Cretino.” rispose John, e lo colpì scherzosamente con il suo cuscino.

****

Un bacio per ogni costellazione, Sherlock aveva detto, e John stava cercando intensamente di trovarne una qualsiasi a parte la cintura di Orione, che Sherlock disse non contava visto che John non sapeva dove fosse l’intera costellazione, ma solo la parte della cintura.

Non che John fosse troppo preoccupato del fatto che Sherlock sarebbe stato difficile da convincere a rompere la regola sui baci, perché Sherlock era stato colui che aveva rifiutato di scendere dal letto per la totalità della giornata. A Sherlock, si era scoperto, piaceva molto il sesso. John non se ne lamentava. Avevano trascorso l’intera giornata alternandola tra pisolini e sesso. Beh, John aveva riposato. Si era solitamente svegliato con Sherlock seduto sul letto accanto a lui, a leggere. John sia odiava che adorava l’energia di Sherlock, a seconda di ciò che Sherlock stava facendo con essa. Tutto sommato, John non ricordava di aver mai avuto una così perfetta giornata di relax.

Ma aveva anche voluto un cambio di lenzuola e aveva chiamato la cameriera e aveva convinto Sherlock che invece di muoversi semplicemente nell’altra stanza, avrebbero dovuto cercare di vestirsi e scendere in spiaggia a guardare le stelle. Era stata un’idea di Sherlock il trasformare la cosa in un gioco. E John aveva accettato perché era davvero sollevato di quanto casualmente Sherlock stesse prendendo l’intrusione della cameriera nella stanza, invece che con sospetto.

“L’orsa maggiore.” disse John, puntando ad un certo assortimento casuale di stelle. “E l’orsa minore.” John non aveva idea di dove si trovassero quelle costellazioni, ma che diavolo, aveva deciso di bleffare.

“Sbagliato e sbagliato.” disse Sherlock, accanto a lui.

“Cosa?” esclamò John, cercando di sembrare offeso. “Come osi dubitare di me?”

“Quella è l’orsa maggiore, laggiù.” spiegò Sherlock, indicando una zona completamente diversa del cielo. “Vedi quelle quattro stelle? Esse compongono la parte tonda dell’orsa.”

“Oh mio Dio.” John si rese conto, e si sedette in modo da poter correttamente guardare Sherlock. “Hai letto i miei libri di astronomia! Mentre dormivo, oggi!”

Sherlock sembrò compiaciuto. “È colpa mia se dormi così tanto?”

“Sì, in realtà il dormire di oggi è stato praticamente colpa tua, ma non è questo il punto. Dovevo essere io a insegnare a te le costellazioni!”

“Lo stavi facendo dannatamente male, John.” rispose Sherlock.

“Non sono riuscito, sai, a iniziare a fare sul serio, ancora. Ero occupato a fare altre cose. Sei un tale imbroglione.”

“Come stavo imbrogliando? A che cosa?”

“A questo gioco! Sapevi che non avevo idea di dove si trovasse ognuna di queste costellazioni!”

Sherlock si allungò, tirò John verso di sé, e lo baciò intensamente. “Ecco.” esclamò. “Sei contento adesso? Un bacio per ogni costellazione che puoi almeno nominare, anche se non hai idea di quale sia la sua posizione nel cielo.”

“Beh.” commentò John, placato, poggiandosi casualmente su Sherlock e allungandosi per affondare le mani nella sabbia, “Suppongo che sia accettabile.”

Sherlock mordicchiò distrattamente dietro l’orecchio di John, il quale mosse appena la testa per assicurare che Sherlock potesse ottenere un accesso adeguato a quel punto perfetto proprio lì. “Imparerò ogni singola stella nel cielo.” mormorò Sherlock. “E poi ti bacerò una volta per ognuna di esse.”

“Non ci alzeremo mai più dal letto, vero?” osservò John.

“È un problema?”

“Come faremo a guadagnare per poterci sfamare?”

“Noioso.” rispose Sherlock, e smise di mordicchiare, mettendo la testa sulla sabbia e stiracchiandosi leggermente.

John osservò Sherlock mentre questi guardava il cielo. Sembrava felice, il che lo rese felice. Mise la testa sul suo petto e pensò come, solo pochi mesi prima, se qualcuno avesse provato a dirgli che sarebbe stato disteso sul petto di un uomo su una spiaggia a guardare le stelle durante una vacanza romantica, avrebbe riso. A meno che non gli avessero detto che il tizio era Sherlock, allora magari lui si sarebbe soffocato e avrebbe negato rapidamente cercando di non pensare troppo a quanto lui, forse, lo desiderasse.

“Sei tornato alla clinica, non è vero?”

John era stato ad un milione di miglia di distanza. Gli ci volle un secondo per tradurre la domanda di Sherlock. “Sì. Ho dovuto. Avevo bisogno dei soldi.”

“L’appartamento era pagato.”

“Non potevo rimanere al 221B, Sherlock.”

“Oh.” la voce di Sherlock era in quel tono morbido che usava quando raggiungeva improvvise conclusioni che non aveva visto prima. “Certo. Ti sei trasferito.”

“Ho dovuto. Era una tortura stare in quella casa senza di te. Ti vedevo ovunque andassi. Ti sentivo. Ogni volta che riuscivo ad addormentarmi, mi svegliavo un paio di minuti più tardi convinto di aver sentito il violino di sotto. Era terribile. Stavo impazzendo.”

La mano di Sherlock si posò sulla schiena di John, accarezzando. Un modo per scusarsi, John lo sapeva. “Eppure hai ugualmente ricevuto le lettere?”

“La signora Hudson mi ha telefonato per dirmi che c’era una lettera per me.”

“Ah.” disse Sherlock.

Ci fu un momento di silenzio.

“Ho riconosciuto la tua grafia, sai.” spiegò John. “Sono quasi caduto dal gradino.”

“Eri arrabbiato in quel momento?”

“No. Non ancora. Non sapevo cosa pensare. In un primo momento ho pensato che forse le avevi mandate prima che ti buttassi, ed erano arrivate in ritardo. È stato solo quando ho  iniziato a leggere che ho capito che dovevi essere ancora vivo. E allora mi sono arrabbiato. Ho quasi smesso di leggere.”

“Certo. Ovviamente. Ho pensato che avresti potuto farlo. E poi hai ricominciato. Ovviamente. E hai capito che ero ancora vivo.”

“Ho capito che avevi finto l’intera cosa del suicidio, sì. Anche se non sapevo perché.”

“C’erano degli assassini.” spiegò Sherlock, e John fu sorpreso perché non aveva affatto previsto che Sherlock si sarebbe addentrato nel discorso. “Uno per te, uno per Lestrade, uno per la signora Hudson. E gli assassini avevano un ordine: se non mi avessero visto saltare dall’edificio, allora dovevate morire tutti. E io non potevo lasciare che accadesse.”

John elaborò la cosa. “Avresti potuto tornare indietro immediatamente.”

“E far scoprire che era stata tutto una bufala? Pensi davvero che non vi avrebbero ucciso comunque? Pensi davvero che avrebbero riso e avrebbero detto, ‘Oh, ben fatto Sherlock, ci hai davvero fregati’? No, dovevo sbarazzarmi di ogni ultimo granello che Moriarty aveva lasciato nel mondo. Dovevo assicurarmi che foste al sicuro.”

“Potevi dirmelo.” John suggerì, perché il pensiero lo aveva infastidito.

“E correre il rischio di farti avere un valore per loro? Di farti avere un segreto che avrebbero potuto desiderare? Di non essere abbastanza convincente nel tuo dolore? Avrai capito che l’intero punto è stato quello di togliere ciascun rischio al riguardo?”

“Avrei potuto fuggire insieme a te. Come adesso. Così. Avrei potuto aiutarti.”

Sherlock rispose dopo un attimo, a bassa voce: “Sì. Avresti potuto. Volevo così tanto tenerti al sicuro. Fisicamente al sicuro. Non mi venne in mente, il danno emotivo... E non pensavo a quanto sarei stato incapace di lasciarti andare, anche se per il tuo bene.”

“Pensavo che fossi morto, lo sai.” disse John, spostandosi in modo da poter premere il naso sul petto di Sherlock, respirare la sua vitalità rassicurante. “L’ultima lettera che mi hai mandato... ero convinto che mi avessi scritto quelle cose, mi avessi mandato tutte quelle lettere, solo se avessi pensato che stavi per morire. E se tu lo pensavi, beh, con quale frequenza sbagli? Ero terrorizzato. Ero così terrorizzato di perderti di nuovo. Mi sono promesso che se ti avessi trovato ancora vivo per miracolo... “

“Che cosa ti sei promesso?” chiese Sherlock.

John alzò la testa per guardare verso di lui. “Che non avrei mai lasciato che ci separassimo di nuovo. Che non avrei mai più creduto che tu mi avessi lasciato. Non riuscivo a credere a come ci fossi cascato la prima volta.”

“Dovevi cascarci. Era quello il punto.”

“Avrei dovuto saperlo, Sherlock. Sono sicuro che ora, se tornassi indietro e riguardassi alla cosa, vedrei un milione di segnali diversi, un milione di diversi indizi.”

“Non dovevi guardare, John. Ho fatto la cosa nel modo in cui l’ho fatta così che tu non dovessi ripensarci, non capisci?”

“Lo capisco. Ma questo non significa che sarò mai completamente d’accordo con la cosa. Ti amo. E ti amerò, assolutamente e completamente, con ogni respiro che ho nel mio corpo. Ho bisogno che tu lo sappia. E ho bisogno che tu sappia che ci sarà sempre una parte di me che hai ucciso quel giorno, una parte di me che non potrà mai perdonarlo pienamente. Ma non importa. Perché io ti amo, ti amo con ogni fibra del mio essere. Riesci a capirlo? Mi credi?”

Sherlock sorrise, ma in maniera triste e tormentata. “Oh, sì. Lo capisco. C’è una parte di me che non potrà mai perdonare me stesso per questo.”

John mise la testa contro Sherlock. Il suo cuore batteva confortante sotto di lui, e John regolò il suo respiro al ritmo delle onde.

 

 

 

Note della traduttrice:

Finalmente riesco a pubblicare questo quinto capitolo. Lo so, lo so, è passato un sacco di tempo. Mi dispiace, giuro! A mia discolpa dico che dall’ultimo aggiornamento ho fatto due traslochi, due esami, ho lavorato incessantemente cinque giorni a settimana e ho avuto anche una incredibile vita sociale. Ma non mi ero dimenticata della traduzione, assolutamente!

Come sempre GRAZIE immensamente a PapySanzo89 per essere una fantastica beta, avere una gran pazienza e aiutarmi nei miei scleri <3

Grazie a voi per le letture e i commenti, prometto che il prossimo capitolo arriverà quanto prima, purtroppo sono ancora in piena sessione estiva e questo potrebbe significare che finché non terminerò gli esami non ci saranno aggiornamenti ogni settimana ma spalmati nell’arco di 10-15 giorni. Ma questa storia è talmente bella da valerne la pena, giusto?

Alla prossima,

_opheliac

   
 
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