<<
Ginnastica! Prova
ginnastica artistica, vedrai che ti piacerà. La facevo anche
io alla tua età;
mi piaceva tanto…>>
Otto anni prima, non sapevo che la risposta a quella domanda, mi avrebbe completamente cambiato la vita. Sì, bè, forse all’inizio non me ne resi conto, ma col tempo cominciai a capire che quella che mi si stava aprendo davanti, non era la porta per una vita fatta di pomeriggi passati con le amiche o davanti alla televisione, né di gelati gustati in compagnia dopo cena, prima di rientrare a casa, tantomeno una vita anche solo apparentemente tranquilla o da definirsi “normale”.
No,
tutt’altro.
La
mia sarebbe stata una vera
battaglia contro eventi a cui sarei stata messa continuamente alla
prova,
contro tentazioni e paure, ma soprattutto, contro me stessa. E le armi
vincenti, la “determinazione”, una grande
“forza di volontà”, la “voglia
di
vincere”, di “arrivare”…
avevano per me, all’età di sette anni, un
significato
che avrei veramente compreso solo con il passare del tempo e con
l’esperienza.
Non era la prima volta che io
e miei genitori, discutevamo sull’argomento.
Sono
sempre stata una bambina
piuttosto vivace, esuberante, dinamica; soprattutto, sportiva. Proprio
come il
mio fisico. Credo sia l’unica cosa che abbia
“ereditato” da mio padre e che gli
devo riconoscere; anche perché non credo di dover
ringraziare mia madre per
aver fatto sì che all’età di quasi
sedici anni fossi alta un metro e
quarantaquattro centimetri, per la precisione.
Uno dei tanti grandi errori
della mia vita. Uno di quelli che non sono ancora riuscita a perdonarmi.
I
miei genitori notarono
subito quel mio fisico. E non solo loro. La pediatra stessa, alla mia
prima
visita, si impressionò.
Allora sperarono davvero di
riuscire a far di me una campionessa, una figlia da cui aspettarsi
molto in
campo sportivo.
Non dovevano fare altro che
azzeccare lo sport giusto, quello in cui avrei eccelso.
Ricordo che il primo fu
nuoto. Dico ricordo, perché di quell’unico anno
che frequentai, niente fu così
importante da valere la pena di essere ricordato.
Peccato.
Fu quello il primo
pensiero dei miei. Ma avevo sei anni e ciò era comprensibile.
Fu tutto ciò che accadde dopo
che non fu per loro un peccato. Quella fu una vera e propria delusione.
Per
tutti.
Fu
così che cominciammo a
pensare alla ginnastica artistica. O meglio, cominciarono a pensare.
<<
Ginnastica! Prova
ginnastica artistica, vedrai che ti piacerà!>>
cominciò mia mamma quella
sera, chiudendoci nella mia piccola cameretta, anche se non ce
n’era in realtà
affatto bisogno.
<
<<…non
ci si allenava
come lo si farebbe adesso. Sono cambiate un sacco di cose. Ma tu puoi
farcela!
Ti piacerà tanto, credimi! E poi è molto
divertente, specialmente
all’inizio.>>
Non
saprei dirvi se mia mamma
continuò a parlare, perché io in quel momento mi
distrassi per pensare a quella
frase che nella testa mi suonava tanto bene: “ Tu puoi
farcela!”
“Chissà” mi chiesi dubbiosa
“cosa intende dire la mamma? Che posso diventare brava? E se
davvero fosse così
stavolta? In fondo, nuoto non mi è piaciuto tanto, ma questo
sembra fantastico!
E la mamma è così felice se provo. Tanto, posso
sempre tirarmi indietro quando
non mi va più…”
Risposi
entusiasta, senza
essere a conoscenza di ciò che mi aspettasse o in cosa
consistesse. Ma avrei
avuto tutto il tempo per scoprirlo. Più tempo di quanto
immaginassi, più di
quanto ne volessi.