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Autore: Sheloveslife    22/06/2014    1 recensioni
Selena è un'orfana, attraente e indipendente studentessa.
La notte si trasforma in una sexy e atletica Robin Hood per conto della Tribù, associazione finanziata dal ricchissimo Luke con lo scopo di rubare ai ricchi, soprattutto a quelli legati all'organizzazione criminale dei M.A.N., per dare ai bisognosi.
E Sel è l'arma migliore della Tribù; nessun legame e tutta efficienza, è stata addestrata fin da piccola: armi, combattimento corpo a corpo, una buona dose di sarcasmo e determinazione.
Nikolai è un brillante e affascinante studente con interessanti attività extra curricolari: la notte si trasforma in un efficiente agente dei M.A.N., l'organizzazione che ha ucciso i genitori e rapito Elyse, la sua piccola sorellina.
La sua invincibilità nei combattimenti viene messa a dura prova quando la sua strada si scontra con quella di Selena, durante quello che sembrava un insignificante incarico.
Lei combatte per i buoni perchè crede nella giustizia, lui per i cattivi per salvare Elyse.
Entrambi vicini ad ottenere quello che vogliono, combattono sul campo, tra le lenzuola e anche nei loro cuori, perchè niente è come sembra e tra colpi di scena, rivelazioni, dolore, ironia e passione faranno la scoperta più grande: l'amore non ha schieramenti.
Genere: Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Oggi non sono andata a lezione, ho preferito rimanere a casa e studiacchiare gli ultimi appunti per l’esame di chimica di mercoledì. Sono concentrata, tanto che non sento quasi il telefono squillare.
Appena realizzo la cosa, mi allungo sul tavolo per afferrare il telefono e premo il tasto verde, finendo di leggere la frase sull’anidride carboniosa.

“Dobbiamo parlare, apri la porta”

Mi dirigo a grandi passi verso la porta di ingresso, con il telefono ancora accostato all’orecchio nonostante la chiamata sia terminata senza nemmeno una possibilità di replica. Tipico di Luke. O almeno di un Luke arrabbiato.

Appena apro la porta il mio mentore varca la soglia e si dirige verso l’isola in cucina.
Con calma glaciale lancia la giacca sul divano e si siede sulla sedia bianca, i gomiti appoggiati al tavolo e lo sguardo gelido che mi invita a seguirlo.

-C’è una nuova missione per me?- chiedo, già sospettando la risposta negativa. In quel caso avrei ricevuto un dossier sul computer, non una visita a domicilio. La cosa mi preoccupa, ma non lo do a vedere.

-Tu sai cosa succede a chi mi mente, Selena?- chiede, osservando distrattamente la superficie liscia del tavolo.

-Perché me lo domandi?-

-Rispondi-

Lapidario. Gelido.

-Non lo so- rispondo, guardandolo con gli occhi strizzati.

-Io mi fido di te, noi ci fidiamo. Ricordati questo e fai in modo che la nostra fiducia sia sempre ben riposta. Siamo una famiglia noi. Di noi ti puoi fidare. Io e te, come sempre- sussurra con un accenno di dolcezza.

-Cosa sta succedendo, Luke?- chiedo sospettosa.

-Non ti è dato saperlo. Sappi che si tratta di un momento cruciale. La Tribù non si può permettere sbagli, siamo giunti ad un bivio importante. E abbiamo bisogno di avere tutti gli agenti migliori pronti all’azione.
Dobbiamo sapere di chi possiamo fidarci.- Fiducia. Fiducia. Continua a ripeterlo.

La domanda non viene espressa, ma lo sguardo è abbastanza eloquente.

-Hai capito, Selena?- mi domanda, nuovamente con sguardo di sfida.

-Si.- sputo fra i denti.
Mi osserva, inarcando le sopracciglia in attesa.

-Si, signore-.

Si muove aggraziatamente, alzandosi e dirigendosi verso l’uscita.

-Ti arriveranno presto i dettagli della prossima missione- sospira con voce distaccata prima di chiudere la porta dietro di sé.

Raramente ho visto Luke così freddo. Deve sospettare di Nikolai.
No, non sarebbe stato così distaccato in quel caso. Deve esserci sotto qualcosa di davvero grosso.

Ritorno ai miei libri ma dopo quell’inquietante conversazione non riesco più a mantenere salda la concentrazione e decido di andare a correre.

La fatica della corsa mi impedisce di pensare; mentre corro sono troppo assorta dal mondo attorno a me. Le case, i colori, il cielo, le persone, la strada. Si mescola tutto mentre scorro veloce tra di loro.
Quando torno a casa sono più tranquilla, accendo il computer e apro il file che mi è stato mandato.
Una nuova missione.
Questa volta si tratta di proteggere un importante alleato della Tribù, il capo del reparto di Biologia della società. Mark Gwintern.

Mi ricordo di lui: un allegro e sorridente ometto danese, con gli occhiali e l’aria sempre indaffarata.
Si occupa della ricerca di medicina alternativa il cui utilizzo è strettamente rivolto alla Tribù.
Il mio compito era solo quello del secondo cambio di sorveglianza, dalle 21 alle 4. Abbastanza semplice, Luke doveva essere abbastanza innervosito.

Merda. Merda merda merda. Nikolai.
Afferro il telefono e compongo il suo numero di casa.

-Pronto?- risponde con voce bassa.
-Sono Selena. Stasera non ce la faccio. Mi farò perdonare, lo prometto- dico tutto d’un fiato.
-Certo, un’altra volta. Ci sentiamo dopo-

Tuuut tuuut tuuut.
Oggi sono tutti di cattivo umore, deve esserci qualcosa nell’aria.

Mi stendo sul divano con le cuffiette, cercando di riposare prima del turno.
 
 
La sveglia suona e in un attimo apro gli occhi ed entro in modalità lavoro.

Entro nella doccia fredda. Ogni piccola goccia che scorre sul mio corpo. Sento i muscoli contrarsi e percepisco la pelle d’oca. Sento tutto. L’acqua fredda acuisce i miei sensi e il calore corporeo viene annullato. Sono pronta.

Apro velocemente il cassetto  della biancheria e infilo il primo perizoma nero che mi capita sotto le dita.

Poi è la volta  dei coltellini e dei pugnali attaccati alle gambe e alle braccia.  È come un rituale, tutto deve essere fatto in un certo ordine per garantire la mia serenità mentale. Non ho bisogno di armi particolari, queste mi danno una certa sicurezza. Indosso la tuta mimetica e gli stivali ed esco incappucciata da casa.

Giungo al laboratorio, un’altra struttura bassa e particolarmente insignificante. Nessun controllo o guardia visibile, nessuna persona si sarebbe mai immaginata cosa c’era all’interno.

Un ragazzo in tuta nera si avvicina e alza la mano in segno di riconoscimento. È uno dei nostri.

-Agente Marrel?-
-Sono io- rispondo secca.
-La aspettano di sotto- conclude prima di allontanarsi e scomparire di nuovo nel buio.
È buio ma prima di avvicinare l’iride al pannello di riconoscimento mi osservo intorno. I soldati nascosti dal buio mi fanno un cenno, eppure una brutta sensazione mi attanaglia lo stomaco. Brutto segno.

Scendo le scale e percorro il corridoio principale, senza curarmi dei laboratori scientifici estremamente avanzati che mi circondano. Ogni tipo di macchinario o campione immaginabile è presente in questo locale e probabilmente solo la Tribù e il Pentagono ne conoscono l’esatta ubicazione. Si tratta di un reparto altamente specializzato che vanta numerosi esperti. Molte altre società organizzate ne conoscono l’esistenza e tentano di scoprirne l’ubicazione. E questa è così ovvia da non scatenare alcun sospetto. Ovviamente sono state prese le dovute precauzioni di sicurezza.

Arrivo al laboratorio principale, digito il mio codice personale e le porte della capsula di sicurezza si spalancano. Entro e allargo le braccia mentre un fascio di luce si abbassa su di me. Terminato il controllo le porte dall’altra parte si spalancano ed entro nel laboratorio.
L’agente più vicino alla parete fa un passo avanti, alza la mano ritta sulla fronte in segno di saluto.

-Puoi andare, me ne occupo io- lo congedo.
-Sono stato incaricato di fornire i dettagli della missione, signora- afferma con espressione immutata.

Luke ha convocato il reparto dell’esercito. Guardo dietro la capsula. Poi dentro il laboratorio immenso.
Tutti soldati dell’esercito. La questione doveva essere davvero importante.

-Riposo. Ti ascolto soldato- affermo, attenta alle sue parole.

-Il dottor Gwintern sta lavorando ad un nuovo esperimento. Necessita di protezione 24 ore su 24 a tempo indeterminato. All’interno dell’edificio sono stati collocati trenta soldati e altri trenta fuori. La priorità è che il dottore rimanga al sicuro- continua lui, con voce ferma.

-Il signor Grey ha inoltre affidato a lei il comando, signora- aggiunge il soldato.

Tutto chiaro.
-..Aspetta. Ripeti soldato- pretendo.
-Il signor Grey ha affidato a lei il comando, signora. Questi sono gli ordini impartitoci- afferma, quasi come a scusarsi.
Rimango davvero allibita ma non lascio trasparire emozioni. Luke mi ha affidato il comando.

-Perfetto. Può tornare al suo posto, soldato- rispondo, incamminandomi tra i macchinari. Lungo tutto il perimetro di questa immensa sala sono disposti i soldati che a turno ruotano, si spostano all’esterno e comunicano tra di loro tramite auricolari. È probabilmente la più importante missione a cui io abbia mai partecipato. E di sicuro è la prima in cui devo occuparmi di così tanti soldati.

Ok, Sel. Vediamo come te la cavi.


Mi avvicino al centro della stanza, costituito da quattro pareti di vetro a forma rettangolare per un’area di una ventina di metri quadri. Tutti coloro che stavano all’interno indossavano una tuta bianca e una mascherina. Busso su di una parete e un omino basso con gli occhiali alza il volto e sorride in segno di riconoscimento. Il dottore.

Lo aspetto fuori dall’ennesima capsula di sicurezza e lo saluto con un sorriso.

-Buonasera dottore, sono l’agent..- inizio con le mani lungo i fianchi e la voce modulata.
-Selena, che piacere vederti!- sorride attirandomi in un abbraccio che mi lascia sorpresa.
Ero solo una bambina quando ci siamo visti l’ultima volta.
-Sei proprio una bella ragazza, sai? Proprio in gamba- dice ancora, guardandomi soddisfatto.

Sto per chiedere a questo signore affettuoso come fa a sapere che sono “in gamba”, ma soprattutto a quale esperimento si stanno dedicando, quando osservo una decina di soldati parlare freneticamente alla loro radio.

-Aspetti dentro- mi rivolgo al dottore, prima di avvicinarmi ad un soldato.
-Cosa succede?- chiedo, innervosita.
-Manca la corrente, signora- risponde il soldato, con sguardo preoccupato. È un ragazzo giovane, avrà vent’anni appena compiuti ma sembra spaurito adesso. Probabilmente è alla sua prima missione e se la sta facendo sotto. Non capisco come si deve sentire, io ho ricevuto un diverso allenamento, ma provo un impeto di compassione per lui. Ma non è il momento e questo ragazzo deve essere lucido.

-Non può mancare la corrente. Questo edificio ha un gruppo elettrogeno a sé stante che permette un funzionamento perenne di quei servizi. Cosa sta succedendo?- sussurro, più a me stessa che a lui.

Percepisco la paura nel suo sguardo e lo gelo con il mio. Non adesso. Abbatti quell’ostacolo. Non puoi avere paura adesso. Sembra recepire il messaggio.
All’improvviso un frastuono copre tutte le voci e i rumori del laboratorio e la luce della stanza si spegne. Solo quella del cubo di vetro rimane accesa.

-Tutti pronti- urlo. Ma nemmeno io so a che cosa dobbiamo prepararci.
Mi torna in mente l’aria seria di Luke, nel pomeriggio. Deve esserci sotto qualcosa di grosso.


-Posizione scoperta, ripeto, posizione scoperta. Allarme rosso, ALLARME ROS..- la radio emette le parole, ma la voce del soldato si interrompe prima del fruscio.
Il dottore è dietro di noi, lo sguardo preoccupato rivolto alla radio.

-Avete sentito? Posizione compromessa, portate via il dottore. Adesso!- urlo.
Inizio ad impartire ordini ai soldati, che raccolgono i materiali indispensabili e conducono il dottore verso l’uscita di emergenza.

Prendo la radio del soldato e parlo:
-Soldato. Chiedo conferma.-

Silenzio.

-Soldato!-

-Vi consiglio di non fuggire, o sarà peggio per voi- una voce cupa e sogghignante ha preso il posto di quella preoccupata che ha dato l’allarme prima.
-Abbiamo circondato l’edificio. Non c’è modo in cui possiate scappare. Arrendetevi, vogliamo solo il dottore- continua con un tono allegro.
-Potete fottervi- rispondo, digrignando i denti.
-Andate, andate! Portatelo via!- urlo ai soldati.

Osservo la botola che si apre verso il passaggio segreto, ma sgrano gli occhi.
I soldati iniziano a sparare ma vengono ingeriti in un’enorme nuvola di fumo. Corro verso di loro , prendo il dottor Gwintern per un braccio e lo trascino via nel caos e nelle urla, per rifugiarci sotto una scrivania mentre tiro fuori il trasmettitore.

-Rispondi. Luke rispondi..-
-Selena stanno arrivando- mi dice il mio mentore dall’altra parte, già informato dell’accaduto.
-Sono già qui-

-Non allontanarti dal dottore, ok? Non permettere che lo prendano. A qualsiasi costo. Arrivano i rinforzi-

Osservo di avere una direzione libera e corro con il dottore verso la scatola di vetro. Entriamo e attivo i codici di sicurezza. Le pareti di ferro si innalzano e non potrei vedere cosa succede nella stanza se non fosse per uno schermo in un angolo. Il  vapore ci circonda da ogni parte e vedo i miei soldati accasciarsi al suolo sotto i colpi di uomini con indosso una maschera nera, come i loro abiti.

Uno sterminio. E io non posso fare nulla.

Il ragazzo spaurito di prima gira gli occhi verso la telecamera, quasi come sapesse che ci sono io a vederlo.
Resta immobile un attimo e mi fissa. La paura che prima aleggiava nei suoi occhi svanisce piano piano e lascia il posto alla determinazione. È un attimo, una consapevolezza che abbiamo io e lui insieme, come se un filo invisibile ci avesse collegati per un istante. Poi si butta nella mischia e inizia a combattere, fino a quando lo perdo di vista.

A poco a poco tutti i soldati del mio reparto cadono a terra, una questione di pochi minuti.
Com’è possibile? Non sembrano nemmeno addestrati. Sembrano fatti di carta, spazzati via da un po’ di vento. Incredibile. Sembrano drogati..

Il pensiero è interrotto dalla figura che si staglia all’entrata. Pochi sono i superstiti tra le giubbe nere, la maggior parte dei miei soldati è a terra per il fumo e per le ferite. Non so quante sono state le perdite, ma in questo momento la mia mente è concentrata su altro.

È lui. Non ho riconosciuto la voce prima, così come lui non ha riconosciuto la mia per lo sfasamento di frequenza dovuto alla radio militare. ha gli stessi vestiti neri ma non indossa la maschera.
Si guarda intorno con aria distaccata, fredda e compiaciuta.

Il dottore, accanto a me, ha un’espressione confusa in volto, troppe cose sono accadute in troppo poco tempo e metabolizzare risulta difficile a entrambi.
Il monitor inquadra Nikolai, sulla porta, che a sua volta osserva le pareti di ferro che ci proteggono.

-Oh. Non è un granchè come nascondiglio, quello- sembra di giocare al gatto e al topo e a lui la caccia sembra piacere.
-Vi informo che tutti i soldati che proteggevano il perimetro sono feriti o morti. Inutili comunque. Una risatina di sufficienza.
-Oh. Tranne uno- senza nemmeno girarsi lancia un coltello dietro di sé e colpisce al petto un soldato che stava facendo capolino di soppiatto. È quello che mi si è avvicinato all’entrata, prima.

L’ha pugnalato a sangue freddo.

Il giovane è ormai accasciato a terra e il sangue inizia a spargersi.

Osservo distrattamente gli altri cinque soldati addestrati che hanno accompagnato il mio “amico” aggirarsi per la stanza. Le loro armi sono dardi, probabilmente cosparsi di veleno. I miei uomini sono spacciati se non si interviene in fretta.

Il dottore accanto a me si accascia terrorizzato sul tavolo, ma non ascolto i suoi lamenti.

Il mio sguardo si rivolge alla chioma bionda che si dirige con sicurezza verso il corpo a terra del soldato. Il petto di quest’ultimo si alza e si abbassa freneticamente.

La speranza mi invade. Non l’ha ucciso. È ferito. Gravemente, ma non è morto e significa che lui non l’ha ucciso. Non l’ha ucciso. Non è un assassino a sangue freddo.

Poggia un dito sul coltello e il soldato annaspa.
Allora si gira e punta gli occhi color ghiaccio nei miei, attraverso lo schermo.

-Adesso si parla- il sorriso che ha trasuda crudeltà-so che ci sei. Dico a te, li dentro con il Doc. facciamo un bel patto- propone, con finta gentilezza.
-La vita dei tuoi soldati che sono rimasti ancora vivi per il dottore. Sembra uno scambio equo-

Il dito passa di nuovo sul manico e il ragazzo stringe i denti nel dolore.

Nikolai volta lo sguardo verso di me, di nuovo, incredula. Il sangue mi si gela nelle vene appena sento la fine della frase.
-se non esce di li entro i prossimi due minuti saranno tutti morti-






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Saaaaalve a tutti!
Potrei dire un sacco di cose e tirare fuori un sacco di scuse, ma ecco la verità: ho avuto un periodo davvero.. intenso e ho fatto davvero fatica a superarlo. Ho messa la scrittura e la storia da parte e mi dispiace tanto. Ho scritto un capitolo lungo lungo, anche se so che non è abbastanza per farmi perdonare tutta questa attesa. Grazie a tutti quelli che hanno continuato a seguire la mia storia, che la hanno recensita e che l'hanno messa tra i preferiti.
Vi voglio bene davvero e prometto che la solfa cambierà d'ora in avanti.
Grazie di cuore, spero vi piaccia.
Sheloveslife
  
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