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Autore: Chloe R Pendragon    23/06/2014    4 recensioni
"Secondo alcune culture, le stelle erano gli spiriti dei defunti che vegliavano sui propri cari: quella suggestiva teoria era stata smontata dalle conoscenze astronomiche acquisite nei secoli, eppure lei l’aveva sempre trovata affascinante e rassicurante, poiché il dolore della perdita veniva mitigato dalla possibilità di un contatto visivo costante con chi non c’era più."
Questa storia tratta di un momento molto delicato ed è molto personale; spero che vi piaccia e che riesca a trasmettere ciò che provo. Mi piacerebbe moltissimo avere le vostre opinioni, ci terrei davvero. :)
Quinta classificata al contest "Dolci e dolorosi ricordi [Originali e qualche fandom]" indetto da SignoraKing.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Se son stelle, brilleranno

 
Marta sedeva in giardino, stringendo le gambe al petto e osservando silenziosa il cielo, i grandi occhi nocciola persi nell’immensità della volta celeste. Il suo sguardo cercava di abbracciare quel carosello di puntini luminosi, capaci di illuminare l’oscurità della notte, nella speranza di poter rischiarare le ombre che incupivano la sua anima.
Secondo alcune culture, le stelle erano gli spiriti dei defunti che vegliavano sui propri cari: quella suggestiva teoria era stata smontata dalle conoscenze astronomiche acquisite nei secoli, eppure lei l’aveva sempre trovata affascinante e rassicurante, poiché il dolore della perdita veniva mitigato dalla possibilità di un contatto visivo costante con chi non c’era più.
La ragazza sorrise mesta, pensando a ciò che avrebbe detto sua nonna se l’avesse sentita; era una donna dotata di una fede smisurata ed incondizionata, a differenza della nipote che si poneva mille domande senza trovare risposte convincenti, perciò, di fronte a un simile discorso, avrebbe sicuramente replicato con qualche osservazione teologica per persuaderla. Quella divergenza di opinioni, così marcata e ostinata, non era però riuscita a spezzare l’inossidabile legame che le univa. Era un rapporto speciale il loro, basato su un’incrollabile fiducia e un incredibile affiatamento.
La vista le si offuscò e gli occhi presero a pizzicarle mentre ripensava a tutte le volte in cui l’aveva consolata quando era triste, alle mille occasioni in cui l’aveva incoraggiata a inseguire i suoi sogni, e ai momenti felici trascorsi insieme. Per Marta ogni domenica era una festa perché c’era lei: quante partite a briscola avevano giocato, punzecchiandosi a vicenda, quante lezioni le aveva fatto ripetere, correggendola se dimenticava o sbagliava qualcosa, quante storie aveva letto con entusiasmo, spronandola a non abbandonare la passione per la scrittura.
Calde lacrime iniziarono a rigarle il viso rotondo e pallido, mentre ripercorreva mentalmente i mesi in cui era venuta a conoscenza della malattia di sua nonna; si era sentita perduta, come se le avessero trafitto il cuore da parte a parte, ma sapeva di non dover cedere al dolore. Fu così che giurò a se stessa che avrebbe fatto tesoro di ogni momento condiviso con lei, chiamando come testimoni le stelle del firmamento; per quanto stesse soffrendo immensamente, la giovane non lo aveva mai dato a vedere, piuttosto aveva cercato di consolare sua madre e di tenere lontana da quell’angoscia la piccola Irene, la sua sorellina di appena sei anni.
Le timide gocce che le inumidivano le guance si trasformarono in un pianto copioso e inarrestabile, quando ripensò all’ultima volta in cui l’aveva vista, stesa sul letto dell’ospedale, stordita dalle flebo colme di oppiacei e dall’immane agonia che la tormentava da settimane con crescente intensità; nonostante ciò, nel momento in cui Marta le aveva stretto la mano tra le sue, lei si era voltata e aveva pronunciato il suo nome, sorridendole felice.
Seduta in giardino, la ragazza fu scossa da violenti singhiozzi, il volto nascosto tra le ginocchia mentre si abbandonava alla disperazione: aveva trattenute troppo a lungo quelle lacrime... Passarono diversi minuti prima che tornasse padrona di sé, dopodiché si ricompose e tornò a fissare il cielo; rimase interdetta quando vide una stella brillare con più intensità delle altre per qualche secondo, come se volesse attirare la sua attenzione.
In seguito a quella visione, Marta sorrise e si portò una mano al petto, in modo da percepire la propria anima. Fu come se quella flebile luce fosse giunta dentro di lei, rischiarando il suo spirito dall’angoscia che l’attanagliava.
Forse quelle culture non avevano tutti i torti, pensò improvvisamente serena; se son stelle, brilleranno.



  
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