Dalle nostre parti ci chiamano “Motyl”,
“farfalle”. Da voi siamo definite semplicemente
“puttane” o, al massimo, donne che si sposano per
denaro.
Io discendevo da una famiglia di rinomate farfalle, ero abituata a
vedere uomini che entravano e uscivano da casa mia, pensando fosse
normale.
Che io ricordi, solo una volta nella mia
vita varcai le porte di una Chiesa da sola: mia mamma era in casa con
un ospite ed io, spinta dalla curiosità, entrai in
quell’imponente edificio – avevo solo cinque anni.
Intinsi
le dita nell’acqua benedetta, mi girai e andai verso la
sacrestia… la voce del prete era piatta, senza sentimento.
-
Ecco Satana! Ecco la figlia di una peccatrice nella casa di Dio!
Il prete puntò l’indice contro di me, e in
contemporanea si girarono le poche persone che presenziarono la messa.
- FUORI! – urlò lui
– Fuori dalla casa di Dio, figlia di una peccatrice!
Si alzarono in quel mentre alcune
persone, dalle panche, e avanzarono minacciosamente verso di me: alcuni
di quegli uomini li avevo visti entrare nella mia casa per poi
chiudersi nelle camere, con mia madre: non capivo allora
perché volessero farmi del male…
Scappai, uscii ansimante da quel luogo, verso casa mia. Mentre correvo
cercavo una risposta alle facce arrabbiate dei miei compaesani; non la
trovai e diedi la colpa a quel luogo austero e all’uomo calvo
e smorto, e al suo malefico indice.
Raccontai il fatto a mia madre. Lei non
parve, sulle prime, più di tanto preoccupata; ma una notte
– ricordo che non c’era la luna, quella notte
– mi svegliò di soprassalto:
- Cecylia! Svegliati piccina, svegliati!
Mezza intontita mi alzai dal letto, la presi per mano e la seguii.
Aveva in mano una valigia, nient’altro; scappammo dal retro
della casa, e corremmo verso i campi: era estate, e ricordo che non
c’era luce… il granoturco era persino
più alto di me, vedevo solo la mano della mia mamma, e
correvo, correvo, correvo.
Ad un certo punto mi fermai e cominciai a piangere.
- Zitta! Zitta, o è la fine!
La fine? …
per una bambina di cinque anni, la parola “fine”
non significa nulla. Ma quella parola fu sufficiente per farmi zittire.
Mi girai e osservai il paesaggio e tutto ciò che mi ero
lasciata alle spalle.
- Cosa vide? – volle sapere lo
scrittore, chiaramente interessato al racconto.
La donna fece una smorfia, odiava essere interrotta.
- Vidi, in lontananza, una luce
rossa… e solo dopo, a distanza di anni, capii che era la ma
vecchia casa in fiamme. I miei compaesani, spinti dall’odio
del sacerdote, avevano deciso di “purificare” la
zona…
- … e volevano distruggere
tutto ciò che avevate? – dedusse l’uomo.
La donna sorrise, ma questa volta non era un sorriso malizioso: Simeon,
lo scrittore, ebbe l’impressione che sorridesse per non
piangere.
- No, no… volevano
“purificare” quel luogo: avevano cercato di
bruciarci vive. Devo la vita ad un cliente di mia madre, che ci
avvertì appena in tempo.
Vissi in molti altri luoghi, fino a
quando mia madre non si sposò con un uomo di qualche anno
più vecchio di lei: ricordo che si ubriacava sempre, e anche
mia madre aveva cominciato ad imitare il marito. In quel periodo avevo
quasi quindici anni: ero nel fior fiore della giovinezza, mentre mia
madre cominciava, lentamente, ad appassire; i suoi capelli
stavano diventando argentati, e il suo viso non era più
quello di un angelo.
- Perché mi racconti questo?
– la interruppe Simeon, ancora una volta.
Lei sbuffò, infastidita dall’ennesima domanda.
- Perché mia madre era gelosa.
– sospirò la donna - Molto. Odiava
andare in paese e vedere che, quando i giovani si giravano, era per
guardare me, non lei. Nessuno più la voleva come compagna:
è difficile per una donna, abituata ad essere al centro
dell’attenzione, essere soppiantata da
un’altra… Più invecchiava,
più diminuivano i guadagni… E il mio patrigno,
più si accorgeva che i soldi scarseggiavano, più
alzava il gomito e diventava irascibile…
Un giorno a casa mia madre
tornò senza soldi, e il mio patrigno si arrabbiò,
moltissimo: la picchiò, e io mi gettai su mia madre per
difenderla.
- Manda lei, domani, al tuo posto. – disse quello, guardandomi dritta negli occhi.
Ci misi poco a capire cosa intendesse.
Lo guardai stordita, e poi mi girai per vedere se mia madre mi avrebbe
difeso; ma quella alzò le spalle, e tacitamente
acconsentì, andò verso la cucina; la seguii,
frastornata.
- Mamma, mamma… no!
– singhiozzai.
Lei si girò e mi disse:
- Cecylia, è ora che tu paghi
il prezzo della tua bellezza.
- Capisci? – disse la donna,
rivolta all’uomo – mia madre era gelosa…
lei, mia madre! Era gelosa del tempo che passava, che trascorreva anche
per lei…
- E poi? – la
incalzò lo scrittore.
- Poi scappai.
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Ciao a tutti! Come mi è stato suggerito, ho cercato di migliorare la grafica... Perdonatemi, ma in quanto a tecnologia sono proprio una frana.Ne approfitto, per questo, per ringraziare Fioraliso, che ha [letteralmente parlando] buttato via una mattinata intera per spiegarmi come scaricare il programma e come usarlo...
.... e in primis un ringraziamento speciale va alla mia beta-reader, Kikkina90.
cosa ne pensano di questa storia!