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Autore: Zomi    23/06/2014    6 recensioni
Ci sono giorni in cui non si sa proprio ciò che si sta cercando, e lo sbattere in ogni dove la testa ci fa agitare e perdere ancor di più la rotta.
Ci sono giorni in cui non è il cosa cerchiamo, che ci attanaglia lo stomaco, ma solamente la sfrenata, indomabile e vigorosa indole umana per il fuggire.
D’altronde è sempre stato così: l’uomo primitivo fuggiva se sentiva le canne della steppa muoversi dietro di lui. Se restava fermo, per capire se era solo il vento, e sbagliava, veniva mangiato dalla belva nascosta nel canneto.
L’uomo fugge, poi ragiona.
Fugge dal vento nella steppa.
Fugge dai pensieri.
Fugge dalla vita che lo vuole morto.
L’autobus sobbalza, su una buca dell’asfalto, e Nami sussulta un po’, scossa da quel brivido di vita che non è sua. È solo l’autobus di linea che oscilla, frenando e aprendo le porte, permettendo alle persone di scendere e salire, andando e partendo da altre strade verso altre strade.
Torna a fissare il suo riflesso sul vetro appannato, contando le gocce di pioggia che si attaccano al vetro freddo, scivolando come piccole lacrime fino alla guaina protettiva del finestrino, unendosi tra loro...
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: Missing Moments, Nonsense, OOC | Avvertimenti: nessuno
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LIFE
 
 


Capitolo 1 : Nami



 
Ci sono giorni in cui il lieto fine è lontano anni luce.
C’è solo il buio tra noi e la vita, e sembra che ci sia da sempre, e che sempre resterà lì.
Non c’è sorriso, frase, risata che tenga.
C’è solo la testa.
Piena dei suoi pensieri, colma del buio che non vuole andare via.
C’è solo la testa, collegata direttamente con lo stomaco, che sobbalza, infrange le idee contro le pareti lisce delle budella, che si attorciglia all’aumentare dei pensieri.
 
Ci sono giorni in cui non si sa proprio ciò che si sta cercando, e lo sbattere in ogni dove la testa ci fa agitare e perdere ancor di più la rotta.
Ci sono giorni in cui non è il cosa cerchiamo, che ci attanaglia lo stomaco, ma solamente la sfrenata, indomabile e vigorosa indole umana per il fuggire.
D’altronde è sempre stato così: l’uomo primitivo fuggiva se sentiva le canne della steppa muoversi dietro di lui. Se restava fermo, per capire se era solo il vento, e sbagliava, veniva mangiato dalla belva nascosta nel canneto.
L’uomo fugge, poi ragiona.
Fugge dal vento nella steppa.
Fugge dai pensieri.
Fugge dalla vita che lo vuole morto.
 
L’autobus sobbalza, su una buca dell’asfalto, e Nami sussulta un po’, scossa da quel brivido di vita che non è sua. È solo l’autobus di linea che oscilla, frenando e aprendo le porte, permettendo alle persone di scendere e salire, andando e partendo da altre strade verso altre strade.
Torna a fissare il suo riflesso sul vetro appannato, contando le gocce di pioggia che si attaccano al vetro freddo, scivolando come piccole lacrime fino alla guaina protettiva del finestrino, unendosi tra loro a formare dei piccoli rigagnoli verticali.
Gli occhi della rossa seguono una scia liquida correre verso il basso, attraversando il riflesso del suo viso, tagliandolo a metà quasi fosse di carta.
Lo sguardo color nocciola resta fermo a fissare l’ovale perfetto della sconosciuta dai capelli rossi che gli è dinanzi, studiando la sua espressione atona e senza sentimenti.
Sembra quasi che il riflesso di Nami abbia più vita di lei stessa.
Sembra che ormai, la vita, sia in lei solo per riflesso.
Sospira, oscillando per lo scossone di partenza del bus, rimessosi in marcia dopo l’ennesima fermata.
Forse, arriverà a casa quando la notte sarà calata sul mondo intero, e più nessuna luce riuscirà a riflettere la sua immagine in nessun luogo.
Nemmeno la pioggia potrà più spezzarle il viso.
Figuriamoci le lacrime.
Ma per ora, Nami si deve piegare alla tenue luce di un pomeriggio inoltrato, piovoso, grigio, e rumoroso per il chiasso cittadino, mentre è imbottigliata nel traffico del centro città, in un autobus di linea che sembra non abbia voglia di andare avanti, ne tornare indietro.
Forse, come lei, ha solo voglia di restare fermo, di non scappare più dal vento che si muove tra le fronte, e di farsi mangiare dalla belva di turno.
Come lei, ha perso di vista la sua cosa da cercare.
O forse non l’ha mai avuta.
 
Una nuova vibrazione, ma non è il bus questa volta.
Con un pigro volteggio dell’iride, Nami scruta la sua borsa, dove un piccolo lembo di stoffa s’illumina a scatti, vibrando.
Con apatia, estrae il cellulare, fissando l’istantanea di sua sorella Nojiko lampeggiare vibrando.
Corruga la fronte, liscia e colorata dalla frangia rossa, storcendo le labbra, decisa a non voler rispondere.
Perché continua a chiamarla?
Non ha ancora capito che non le risponderà mai e poi mai?
È stanca.
Stanca nel fisico e nello spirito, ormai corroso dagli avvenimenti di tutta la settimana.
Casa, lavoro, impegni, scadenze… Bellmere.
No, basta non ne vuole più sapere.
Vuole restare ferma e immobile per pochi secondi, vuole essere divorata in un attimo e non sentire più le budella attorcigliarsi nello stomaco a ogni vibrazione del cellulare.
Vuole che passi in fretta quel minuto terribile, non vuole assistere: vuole essere già nel dopo, quando la speranza non c’è più a bruciare le tempie e la gola.
Vuole essere già nel dopo, dove c’è solo la mera e lacerante disperazione, che dal buio in cui si era acquattata, emerge in fine vittoriosa, elargendo dolore e lacrime con generosità.
Nami non vuole muoversi, vuole restare ferma e lasciare che il tempo corra inesorabilmente.
Vuole svegliarsi nel dopo, dove tutto si sarà ormai compiuto.
 
Il video del cellulare si spegne, e una nuova goccia di pioggia spezza il riflesso di Nami sul finestrino, mentre la rossa torna ad oscillare per una nuova fermata del tram.
Ruota il capo a fissare il suo riflesso, o così sembra, sorda allo schiamazzo di alcuni allegri passeggeri, ridacchianti per la pioggia che li ha bagnati.
Un bambino corre verso i sedili posteriori, mentre la madre lo richiama allungando un braccio ad afferrarlo per la collottola.
Altri passano accanto al sedile di Nami.
Potrebbero sedersi accanto a lei, parlarle.
Nonostante l’aria mogia e malinconica, è una bellissima ragazza di vent’anni: occhi color caramello fuso, capelli rossi come fragole, pelle chiara come il latte e un invitante profumo di mandarino che sembra nascerle da ogni centimetro di pelle.
Sarebbe da mangiare, da assaggiarla boccone dopo boccone ma…
Gli occhi color caramello fuso sono annacquati da lacrime testardamente trattenute.
I capelli rossi come fragole, sembrano ardire di disperazione.
La pelle lattea e coperta dalla giacca in pelle, che ne vieta la visione.
Il profumo agrodolce del mandarino sostituito dall’acquoso odore della pioggia mista a smog.
Per ciò, tutti buttano un occhio su di lei, ma poi passano avanti e si siedono parecchi sedili dopo, lasciandolo bollire nel suo brodo di tristezza.
Sarà per un'altra volta, si dicino, in un girono di sole magari.
Ma oggi piove, e forse pioverà ancora.
Sul viso di Nami.
Per parecchi giorni.
 
È per questo che vuole restare ferma, per non dover sopportare le gocce di pioggia sul suo viso quando le nuvole saranno scomparse.
Non vuole.
Non vuole essere pioggia quando ci sarà il sole.
Vuole restare ferma, immobile, lì.
La pioggia fuori, lei dentro all’autobus, a trattenere respiro e lacrime.
 
L’autobus riparte, percorre pochi metri prima di vibrare e fischiare, frenando dietro a una lunga fila di auto, ferme con i freni accesi, che brillano tra le gocce d’acqua incollate al parabrezza.
Imbottigliati in centro città.
Ottimo.
Poteva chiedere di meglio Nami? Ora ha la scusa perfetta per restare ferma immobile, ad annegare nei suoi pensieri, ignorando le chiamate della sorella e infischiandosene del tempo che corre senza sosta, come sabbia tra le dita che fugge, quasi credesse di essere dentro una clessidra.
La rossa posa la fronte sul finestrino, abbandonando lo sguardo al suo riflesso, ignorano anch’esso e perdendosi oltre.
Se il caos cittadino fosse durato abbastanza, avrebbe superato quel doloroso momento, arrivando direttamente al dopo.
Avrebbe poi, anche senza condizionale, preso dei giorni di ferie dal lavoro, per metabolizzare in fretta quanto accaduto, e ritornare alla vita con maggior facilità.
Ma era davvero così semplice?
-Posso?-
 
Sobbalza, fissando il giovane dai capelli verdi, e totalmente bagnato fino alle scarpe, che la scruta chiedendole il permesso di sedersi accanto a lei, su quel sedile vuoto che nessuno ha voluto occupare.
Annuisce, tornando ad annegare, trattenendo il fiato e fissando le gocce di pioggia sostituire pian piano le sue lacrime.
 
Non si accorge che ora, accanto a lei, c’è un altro naufrago nel mare della vita.






 
 
   
 
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