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Autore: _Silence    23/06/2014    6 recensioni
E se fosse tutto diverso? Se Christian rapressentasse il bianco e Anastasia il nero?
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-Facciamo così, se dovessimo incontrarci per altre tre volte tu accetti un mio invito a cena.-
-Ma io e te in che luogo mai potremmo incontrarci se non qui?.- era davvero interessata ad ascoltare, la situazione stava risultando piuttosto divertente.
-Be, in qualsiasi posto, dal meccanico, in una caffetteria, in università.- lei di tutta risposta incominciò a ridere, ma poi cercò di darsi un contennio e smise; ma sul serio credeva che potessero incontrarsi in posti così? Ma quanti anni credeva che avesse?
-E se non fosse così?.-
-Niente.- sorrise lui, non era un vero e proprio sorriso, lui ci sperava davvero in quei tre incontri e stavolta era davvero insicuro su quanto stava facendo .
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anastasia Steele, Christian Grey
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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My rules.



Jane è un vero maschiaccio e diciamo che Christian asseconda questo suo lato; Kate ogni volta lo rimprovera perché non vuole che venga su un ragazzino apposto di una ragazzina.

-Mamma ieri si è arrabbiata quando ha visto la ferita nel ginocchio.- è così che sua nipote lo saluta, la palla da calcio poggiata al fianco e una fasciatura da guerra al ginocchio per un semplice graffio.

Ieri erano andati a pattinare , Christian aveva insistito affinché mettesse le ginocchiere, ma lei non l'ha fatto così alla prima caduta si è fatta male.

Jane ha solo dieci anni, ma a Christian sembra ne abbia almeno quattordici, si ci trova bene con lei, anche se è solo una bambina, ed ha questo desiderio di stare con lei tutti i pomeriggi, tanto per staccare dallo studio e dal lavoro.

-Mi hai difeso?.- le aveva domandato mentre si incamminavano verso la macchina, Kate era solita dare la colpa di ogni cosa a Christian, che ancora riteneva fosse immaturo e senza alcuna regola, però sapeva che non avrebbe mai permesso che la sua bambina si facesse qualcosa di più di un semplice graffio, anche se per lei un semplice graffio non era solo un semplice graffio.

-Altroché.- e gli fece l'occhiolino mentre si arrampicava sul sedile dei passeggeri del pickup di Christian.

-Ma Elliot?.- mise le chiavi nel cruscotto e accese la macchina, subito il rompo si fece sentire, fece marcia indietro e si misero su strada diretti verso lo Stanley Park.

-Oh, andiamo Grey, è solamente un graffietto, sai com'è fatta mia madre.-

-Jane.- la richiamò per il tono da dura che aveva preso, ma poi si mise subito a ridere.

-Zio, penso che mamma sia incinta.-

-Come fai a saperlo?.-

-Mangia sempre cioccolato e caramelle e si arrabbia per ogni minima cosa.- mormorò ricordando, forse, uno degli episodi della settimana in cui si era seccata solo perché il tappetino del bagno non era sistemato a dovere.

-Dimmi, succede tutti i mesi?.-

-Ma si.- sbuffò sonoramente e Christian non riuscì a trattenere la risata.

Forse Jane è ancora piccola, Kate non le ha ancora spiegato cosa succede alle donne in un certo periodo di vita, ma guardandola bene gli sembrava che già stesse cambiando; certo però lui non si sarebbe preso la responsabilità di raccontarle una cosa del genere.

-Dovresti parlarne con mamma.- esalò spegnendo l'auto, erano appena arrivati e anche se la macchina era parcheggiata circa duecento metri lontana dal parco, potevano già vedere i secolari alberi della foresta che vi era all'interno.

-Christian, mi porti sempre qui a giocare a pallone.- dio, quanto si divertiva con Jane, non era una di quelle bambine viziate, Jane era così, era naturale e molto schietta e amava sporcarsi e questo la rendeva la miglior nipote del mondo.

-Grey, ti fa bene un po' di aria non inquinata.- risposte lui a tono.

Erano arrivati al solito punto e guardò la solita panchina, lei era già lì e Christian sorrise pensando che stavolta avesse un piano per parlarle una prima volta; naturalmente si sarebbe fatto aiutare da Jane e questo avrebbe reso le cose ancora più divertenti.

Lei, portava sempre un paio di occhiali da sole scuri dai vetri rotondi, i capelli lunghi fino al seno erano sempre sciolti, e ogni volta portava una di quelle gonne lunghe e larghe con una canottiera di un colore sempre scuro, in una mano teneva sempre un libro e nell'altra il guinzaglio del suo cane.

-Zio, vuoi contemplare quella donna fin quando la mamma non chiamerà dicendo che è l'ora di andare a cena e che siamo, come al solito, in ritardo?.- Jane gli aveva lanciato una pallonata nello stomaco e lui di tutta risposta emise un gemito dolore, cosa che fece girare la ninfa dei sogni di Christian, era così bella che quel soprannome le calzava a pennello.

-Non c'era bisogno della pallonata.- bofonchiò riprendendo concentrazione mentre si avvicinava alla sua nipotina.

-Dici? Si è girata.- e ghignò e a Christian si illuminarono gli occhi.



Quelle due ore di gioco erano andate a buon fine, Jane aveva stracciato Christian riuscendo a rubargli la palla più volte, e lui doveva ammetterlo: non lo faceva apposta,la sua nipotina era davvero brava a pallone.

Si stavano godendo il loro frullato alla fragola, Jane non riusciva a stare ferma così palleggiava con un solo piede, Christian era ancora intento a fissare quella donna, seduta ancora alla panchina con il suo libro in mano.

-Hai un piano per parlarle?.-

-Si, ma tu devi aiutarmi.- le disse distrattamente prima di girarsi verso di lei.

-Adesso tu andrai da lei.-

-Io? E che le dico?.- Jane, in un certo senso, era abituata ad aiutare il suo unico zio ad abbordare le ragazze, ma stavolta era diverso, lo sapeva. Ci aveva messo più del solito per iniziare la solita discussione sul come lei stessa poteva aiutarlo e questo non era certo un buon segno; Christian è sempre stato un ragazzo abbastanza sicuro del suo fascino, ma stavolta era diverso, lei era diversa, lo sapeva.

-Hai visto che ha un cane?.-

-Si, devo andare lì ed accarezzarlo?.-

-Esattamente.- Jane fece per alzarsi – ma non adesso.- si affrettò a dire.

-Quando?.-

-Adesso io vado a pagare i frullati, quando io sarò alla cassa tu vai.- era un piano perfetto il suo e sarebbe andato tutto liscio; avrebbe pagato i frullati e la bottiglietta d'acqua e poi quando si sarebbe recato di nuovo al tavolo avrebbe fatto finta di essere spaventato perché Jane non era lì ad aspettarlo.

-Sono due frullati e una bottiglietta d'acqua.- disse al cassiere, nel frattempo sbirciava con la coda dell'occhio Jane, stava accarezzando il cane e la sua ninfa le sorrideva e diamine quanto invidiava la piccola in quel momento.

-dodici dollari.- la voce annoiata di quel povero ragazzo condannato alla cassa lo riporta ai frullati, prese il portafoglio e pagò e velocemente si diresse al loro tavolino.

-Diamine.- imprecò con fare teatrale e si rese conto di essere davvero bravo a recitare.

-Christian.- si sentì chiamare e subito si girò in quella direzione visibilmente sorpreso per chi avesse pronunciato il suo nome. Doveva premiare Jane, doveva darle il mondo, doveva darle … o al diavolo che doveva darle! La sua ninfa l'aveva appena chiamato per nome e la sua voce era così leggera e ormai, anche se riteneva fosse una pazzia solo pensarlo, amava il modo in cui pronunciava il suo nome.

-Jane.- sembrava quasi arrabbiato dal modo in cui aveva pronunciato il nome, fortuna che Jane sapesse tutto, perché allora si sarebbe davvero preoccupata.

-Zio, ma guarda che bel cane, non ho saputo resistere!!.- disse mentre accarezzava il cane, tanto per enfatizzare la cosa, ma ancora Christian aveva lo sguardo arrabbiato.

-Ti avevo detto di aspettarmi, però.- sospirò e il suo sguardo si addolcì; si sentiva in imbarazzo, non sapeva più che dire e lo sguardo insistente della sua ninfa non fece che peggiorare le cose.

-Mi scusi se l'ho chiamata per nome prima, ma la sua nipotina era così timorosa, così le ho detto di dirmi il suo nome in modo da non farla allarmare più di tanto.- si intromise la ninfa, tolse gli occhiali e Christian ammirò per la prima volta i suoi bellissimi occhi azzurri e al diavolo il mondo! Poteva esistere donna più bella?

-Non è un problema solo che, se non la riportassi integra a casa sua madre mi prenderebbe a sberle.- e sorrise cercando di essere il più affascinante possibile, con l'indice si grattò un attimo la fronte fissando un punto indefinito del terreno e immaginando la scena.

-Mia madre è una vera e propria palla.- mormorò Jane e questa, ne era sicuro, era l'unica frase vera di quei minuti di discussione, oltre a quella sulle sberle, ecco.

-Jane.- la rimproverò serio, anche se voleva sul serio ridere.

-La lasci stare.- accennò un sorriso – Jane vuoi andare a giocare con Josie?.- non aspettò nemmeno che la bambina rispondesse che subito slaccio la pettorina del suo piccolo animale di compagnia lasciando che corresse dietro a Jane.

-Non vorrei distubarla.- mormorò Christian accennando al libro che teneva in mano socchiuso.

-Non è un disturbo, Josie è sempre sola a casa ed io non ho il tempo di farla giocare.-

-Una donna in carriera.- disse distrattamente mentre giocherellava con il mazzo di chiavi del suo pickup

-Una donna troppo vecchia per un ragazzo così giovane.- rispose lei e Christian alzò il volto seriamente stupito da quello che aveva appena sentito.

-E …. chi dice che avrei interessi nei suoi confronti?.- all'inizio era parso davvero insicuro, ma poi si riprese cercando di portare a suo vantaggio la situazione.

-Non darmi del lei, mi fa sentire più vecchia di quanto già non sia, be su questo hai ragione, ma se non avessi avuto interessi nei miei riguardi adesso non saremmo qui a parlare e la tua nipotina non sarebbe a giocare con il mio carlino.- e con questo Anastasia credette proprio di averlo zittito così fece per alzarsi, prese la borsa, richiamò Josie e le mise la pettorina, ma prima di andare si piazzò davanti Christian, le braccia incrociate al petto, i suoi occhiali sulla punta del naso guardando con aria di sfida il povero ragazzo ormai sconfitto nella sua impresa. Doveva ammettere però che quella situazione la eccitava più del previsto, le piaceva vederlo così rassegnato e sopratutto era così bella quella posizione: lei alzata davanti a lui, e lui seduto con il viso verso l'alto, lei era senz'altro in una posizione di dominio e al solo pensare questa parola gli occhi azzurri di Anastasia brillarono.

-Anastasia.- disse solamente e Christian si alzò mentre la guardava andare via.

-Anastasia, aspetta.- lei si girò e lui la raggiunse facendo una piccola corsa, erano viso contro viso e stavolta anche Christian aveva quello sguardo di sfida.

-Facciamo così, se dovessimo incontrarci per altre tre volte tu accetti un mio invito a cena.-

-Ma io e te in che luogo mai potremmo incontrarci se non qui?.- era davvero interessata ad ascoltare, la situazione stava risultando piuttosto divertente.

-Be, in qualsiasi posto, dal meccanico, in una caffetteria, in università.- lei di tutta risposta incominciò a ridere, ma poi cercò di darsi un contennio e smise; ma sul serio credeva che potessero incontrarsi in posti così? Ma quanti anni credeva che avesse?

-E se non fosse così?.-

-Niente.- sorrise lui, non era un vero e proprio sorriso, lui ci sperava davvero in quei tre incontri e stavolta era davvero insicuro su quanto stava facendo .

-Ci sto.- sorrise lei sornione, sapeva che non si sarebbero incontrati o meglio lo sperava per lui.



Erano ormai passati tre giorni da quando Anastasia e Christian avevano fatto quell'assurdo patto, e non si erano visti nemmeno al parco, Anastasia era stata parecchio impegnata con il lavoro e non aveva avuto il tempo di dedicarsi a se stessa e a Josie.

Josie era un'adorabile carlino di cinque anni, non l'aveva presa subito dopo la morte della sua Josie, per i primi anni voleva stare da sola, sentire il silenzio e logorarsi internamente senza che nessuno le dicesse che stava facendo la cosa sbagliata.

A volte accompagnava sua madre in clinica per i suoi controlli che, da quando era morto quel bastardo che lei si ostinava a chiamare amore della sua vita, si era ammalata di cuore. Odiava suo padre, l'ha sempre odiato, non capiva come Carla potesse amarlo, invece, la picchiava diamine!! E tornava sempre ubriaco in casa e addosso aveva sempre un profumo di donna, segno intangibile del tradimento, ma sua madre trovava sempre una scusa finché un giorno quel bastardo era tornato a casa così ubriaco che appena aveva smesso di picchiare sua madre incominciò anche con lei e fu quel giorno che qualcosa in Carla si smosse.

-La salute di sua madre sembra stia migliorando, ha bisogno di lei e ha bisogno di sentirsi in pace con se stessa, quello che le ripeto sempre miss Steele.- lo sapeva Ana che sua madre avesse bisogno di lei, ma delle volte non riusciva proprio ad andare a casa sua perché la mente le ritrasmetteva i soliti incubi e lei ne aveva abbastanza di tutto.

-Ha bisogno di altre cure?.- voleva il meglio per sua madre, era la sua unica figlia, lei stessa era la sua risorsa, con il piccolo lavoro che faceva non poteva permettersi di certo tutte le medicine ed i controlli che le servivano, così provvedeva Ana a lei.

-Solo del meritato riposo, forse sarebbe meglio se smettesse di lavorare in caffetteria.- Ana annuì e raggiunse sua madre che era seduta su di una sedia del corridoio bianco e terribilmente triste del Vancouver General Ospital.

-Ana, mi spiace che ogni settimana devi toglierti del tempo per me.- fu la prima frase che le disse Carla una volta intravista la figlia.

-No, lo faccio con piacere.- le aveva sorriso lei, ma non era il sorriso che amava Carla.

-Sei così cara.-sospirò lei mentre si alzava, diede una carezza sulla guancia di sua figlia e poi l'abbracciò.

-Mamma, non faccio niente di così speciale.- non riusciva a capire perché si comportasse così, che c'era di strano nel suo comportamento?

-Ana, portami al cimitero.- aveva sussurrato e Anastasia diventò di ghiaccio. Come poteva chiederglielo?

-No.- aveva ringhiato tra i denti mentre si liberava dall'abbraccio ormai troppo opprimente. Non l'avrebbe mai portata al cimitero da suo padre, che cada anche la lapide.

Prese i suoi occhiali dai vetri scuri e gli indossò; erano la sua barriera dal mondo, erano così scuri quei vetri, così terribilmente simili alla sua anima.

-Ti aspetto in macchina.- disse lapidaria mentre affrettava il passo.

-Al diavolo Christian!! Le hanno dovuto mettere quattro punti sotto il mento!!.- Jane si era rotta il mento mentre pattinavano sul ghiaccio, era la sua prima volta e non se l'era cavata così bene.

-Oh andiamo, nemmeno ha pianto.- cercava di difendersi lui mentre cercava di stare dietro a quella furia che era diventata sua cognata. Come cavolo faceva a sopportarla Elliot?

-Zio,zio Anastasia.- erano ormai arrivati all'uscita dell'ospedale, Jane era arrabbiata più con sua madre che per il mento così cercava di distrarsi guardando in giro, poi notò una donna, terribilmente uguale ad Anastasia, la conquista mancata del suo zietto.

-Zio,zio, Anastasia.- aveva gridato così forte per sovrastare le polemiche di sua madre che anche l'interessata si girò e a Christian venne un colpo quando la riconobbe.

Si fermò, non sapeva che fare esattamente, ma poi Jane lo risvegliò e lo spinse verso di lei.

-E quindi ci rivediamo.- aveva incominciato così la discussione, la mano dietro la nuca e quell'insicurezza che gli montava su ogni volta che c'era lei nei paraggi.

-Che ha fatto Jane?.-

-Oh, l'ho portata a pattinare sul ghiaccio, era la sua prima volta ed è caduta spracellandosi il mento.- sorrise sinceramente, cercava di intenerire quella donna dal cuore troppo duro e non dal sorriso facile, l'aveva già capito che fosse un tipo difficile, ma nessuno riusciva a resistere a quella sua aria da cucciolo abbandonato.Nessuno.

-Mi spiace.- disse solamente per poi voltarsi e infilarsi in macchina.

-Non mi dici niente?.- era scattato subito lui, si abbassò al livello del finestrino e cercava di decifrase il suo sguardo, poi viste una donna di mezza età salire nel lato del passeggero, pensò fosse sua madre, erano così simili, ma poi rivolse di nuovo lo sguardo sulla sua ninfa.

-Spero per te che non ci incontreremo mai più.- non capiva, Ana stava per infilare la chiave nel cruscotto, ma fu così veloce da afferrarle il polso.

-Perché?.-

-Perché quando si gioca lo si fa solo con le mie regole.- disse mentre lo guardava negli occhi, Christian sciolse la presa e la lasciò andare.

-A mai più Christian.- disse poi la ninfa prima di girare la chiave e premere sull'acceleratore.






Oh, ragazze, eccomi qui con il capitolo.

Scusate se vi ho fatto aspettare più di una settimana, ma ho avuto impegni

che mi hanno tenuto lontano dal pc, ma nel frattempo mi facevo

un'idea di quello che dovevo scrivere, così è nato questo capitolo.

Il loro primo incontro, che ve ne pare?

Oh, per non parlare di quella specie di patto stretto.

Si,diciamo che mi piace molto come capitolo, spero anche a voi.

Anche se avrei dovuto farlo all'inizio, ma volevo ringrazie chi ha recensito

lo scorso capitolo, anche per le belle parole. GRAZIE.

Spero che anche questo capitolo avrà qualche bella recensione,

non fatemi pentire di aver iniziato questa FF. c:

A presto.

Baci

Love



  
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