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Autore: King_Peter    24/06/2014    4 recensioni
Sta per tornare.
La sua storia sta per essere riscritta: paure misteriose rinasceranno, oscure forze.
Dolori dimenticati.
Qualcosa che gli Dei dell'Olimpo avevano persino dimenticato, qualcosa che ha covato rancore tra le fiamme del Tartaro e che adesso risorge per cercare vendetta, quella stessa vendetta che le è stata impedita anni prima e che ora brucia nelle sue vene del mondo come un fuoco.
Quel fuoco che brucerà il mondo.
Quel fuoco che dieci semidei dovranno spegnere.
Quel fuoco da cui deriverà la cenere della vita, il sapore di ruggine della vittoria.
♣♣♣
Sul volto di lei si dipinge un'espressione di terrore, mentre la sua mano corre al pugnale che porta al fianco, legato ad una cintura di pelle.
Cerca di trattenerlo, gli strappa persino la camicia di dosso pur di fermarlo, ma lui continua a camminare verso il mare aperto, non riuscendo più a sentire la sua voce, come se fosse atona, senza suono."

♣♣♣
""Potete solo rispondere alla chiamata."
Fissò ognuno con i suoi occhi millenari, come se stesse cercando di capire il legame che li univa, inutilmente.
"Potete solo giurarlo sul fiume Stige."
Genere: Avventura, Fantasy, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altro personaggio, Dei Minori, Gli Dèi, Nuova generazione di Semidei, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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10. I's a revolution, I suppose
 
 
Archie,
"I'm waking Up, I feel it in my Bones"
 
 Archie era incredulo.
"Smettila Dik, sembri una pazza ninfomane che non lo fa da due anni." esclamò la seconda che aveva parlato, i capelli neri che le ricadevano leggeri sulle spalle, gli occhi così luminosi da somigliare ad una supernova in avvicinamento che li avrebbe ridotti in cenere all'istante.
Archie non era particolarmente contento di ciò che la sua mente iperattiva gli stava suggerendo.
"Zitta, se non vuoi che ti spedisca nel Tartaro seduta stante." ribatté la prima, vestita di una bianca tunica immacolata, stile antica Grecia, con i medesimi occhi, diverse nell'aspetto solo per il colore del capelli, biondi piuttosto che mori.
La seconda stava per controbattere a sua volta, ma venne interrotta dalla terza donna che fino a quel momento era rimasta in silenzio, identica a quelle che Archie pensò come le sue sorelle, per la sola differenza dei profondi capelli del colore della terra bruna e fertile.
"State dando uno spettacolo indecoroso, sorelle." le redarguì, muovendosi verso Luke e Daphne che stavano più vicini di quanto Archie si fosse accorto fino ad ora, voltandosi, poi, per rivolgergli il migliore dei suoi sorrisi e fargli un occhiolino.
Archie non seppe quanto rimase lì imbambolato, non riuscendo a pensare che una donna così bella gli avesse appena rivolto la sua attenzione e l'aveva manifestata così apertamente.
"Oh Eunomie!" borbottò la prima, quella dai capelli biondi, "Sai, non era così divertente stare lassù nel cielo da sola. Ora che sono tornata permettimi di divertirmi un po', riducendo questi semidei in delle belle polpette divine ... uhm, da quant'è che non ne assaggio una!" disse, leccandosi le labbra con fare sognante.
Selene sembrava sul punto di vomitare.
"Sta scherzando, vero?" chiese alla terza donna, Eunomie o come cavolo l'aveva chiamata la bionda, che fece un gesto con la mano, indicando quanto la questione fosse inutile.
"Oh, non preoccupatevi." liquidò la domanda, "A Dike piace scherzare, vero?" domandò, rivolgendo uno sguardo di rimprovero alla bionda che si strinse nelle spalle.
"Ovvio." sbuffò.
"Bene, adesso possiamo cominciare!" esclamò contenta Eunomie, gli occhi, quei maledetti occhi da cui Archie non riusciva a staccarsi, continuavano a scintillare come una miriade di stelle.
Il figlio di Nike si mosse un po' a disagio sul suo posto, indeciso se quelle tre donne fossero o meno una minaccia, guardando in direzione degli altri e di Luke, soprattutto, per decidere sul da farsi.
"Cominciare cosa?" chiese sospettoso Warren: ad Archie non era mai piaciuto, ma in quel momento, e immaginò che non ce ne sarebbero mai stati altri, si trovò perfettamente d'accordo con lui e la sua scontrosità che il figlio di Ares non si faceva mai scrupolo a mostrare, delineando perfettamente le caratteristiche dell'intera progenie del dio della guerra.
La seconda delle tre sorelle sorrise, battendo le mani a cui seguì lo sbarramento delle porte a tripla mandata,, mentre Archie cominciava davvero ad avere paura.
"Il banchetto, no?"
 
 
Ok, il figlio di Nike ammise di aver sbagliato sul conto di quelle tre, ma non si sarebbe mai aspettato che stendessero una tovaglietta da pic-nic, a quadri rossi e bianchi, nel bel mezzo di una discoteca e cominciassero a cacciare panini, bibite e quant'altro da un cestino che normalmente non avrebbe potuto contenere tutta quella roba.
Archie avrebbe imparato che non c'era nulla di normale in quelle tre.
"Così voi siete ... " cominciò Liz, che sembrava essersi ripresa davvero bene dopo il suo "attacco", mentre addentava una fetta di pane con marmellata e burro.
La figlia di Efesto alzò un sopracciglio, reggendo con una mano la merenda e rigirandosi nervosamente un bullone preso da chissà dove tra le dita dell'altra.
"Come, non ci avete riconosciuto?" chiese a sua volta quella che doveva chiamarsi Dike, facendo apparire una sottile bilancia d'oro e mettendosi in una posizione classica, seguita dalla sorella mora che mise due dita sulla stessa bilancia e imitò un'altra posa da statua greca.
Solo la terza sorella non prese posto accanto alle altre, storcendo la bocca in un'espressione che Archie non seppe riconoscere: incredulità? Sorpresa?
"Era davvero necessario il siparietto comico?" chiese Eunomie, prendendo una ciocca di capelli tra le dita e giocherellando distrattamente con essa, "Da quant è che non lo rivisitate? Due, tremila anni?" domandò, ironica, abbozzando un sorrisetto.
Archie rise e fu, probabilmente, il solo a farlo e, più la osservava, più sembrava che la conoscesse, come un ricordo, oppure un ricordo di un ricordo.
Dike sbuffò, tornando a sedere, gli occhi da supernova che scintillavano e sembravano pronti per un bombardamento solare, mentre la seconda, di cui Archie ancora ignorava il nome, faceva scomparire la bilancia nel nulla e faceva la linguaccia ad Eunomie.
"Sei sempre la solita guastafeste, Eu." borbottò, rimanendo in piedi ed appoggiandosi al muro scuro della sala dove le tre avevano deciso di far fare loro un pic-nic, cosa alquanto strana dato che, molto probabilmente, era notte fonda.
Eunomie afferrò un calice d'oro con grazia e sorseggiò il suo nettare.
"Almeno io ho imparato a crescere, Eirene." osservò lei, riponendolo sulla tovaglietta che avevano steso per terra, "Voi non vi decidete ancora a farlo, sorelle. Non è colpa mia se non siete capaci di farlo."
La sua voce era carica di amarezza, ma le altre due non osarono ribattere, rimanendo zitte e facendo calare il silenzio sul pic-nic più strano a cui Archie avesse mai partecipato.
Luke sembrò solo allora collegare tutti i fili che le tre sorelle avevano tessuto e che lui aveva ricucito assieme, ricreando la tela originale di cui erano i protagonisti.
"Dike, Eirene ed Eunomie." sillabò, "Le tre dee che sovraintendono al lavoro degli uomini." ricordò lui, guardando nella loro direzione come se si fosse accorto solo adesso di quanto fossero pericolose.
"Esatto!" esclamò Eirene, "Tutto merito della mia brillante posizione!" commentò, "È merito mio se ci ha riconosciuto!" gioì, alzando il calice e bevendolo d'un solo sorso.
Dike le scoccò un'occhiataccia ed Eirene si zittì, mentre, come Archie, osservava il fuoco che ardeva negli occhi della bionda.
"Ehm, riprendiamo qualsiasi cosa stessimo dicendo." si affrettò a cambiare argomento Eirene, "Sapete perché siamo qui, vero piccoli, ciccini, amorevoli, bravissimi, cuccioli di semidei?" chiese.
Per poco Dike non si strozzò con il suo stesse nettare quando Eirene si rese così ridicola, prendendo a ridere sguaiatamente e a contorcersi per il divertimento.
"L'ho sempre detto che tu ... che tu sei il pagliaccio della famiglia!" rise Dike, reggendosi lo stomaco, fra le lacrime degli occhi e le occhiatacce di Eunomie che sembrava volerla incenerire con lo sguardo.
"Ehm, siamo qui per voi." riprese Eunomie, osservando il volto di ciascun semidio e, quando si soffermò su Archie, il figlio di Nike ebbe sempre più l'impressione che loro due si fossero già visti: Eunomie era lì, pronta per la sua domanda, il sorriso scintillante e gli occhi di stelle che lo guardavano, come per capire se avrebbe fatto o meno la prima mossa.
"Sbaglio o ... ci siamo già incontrati, una volta?" chiese, finalmente, facendosi coraggio.
Eunomie sorrise e quel sorriso riportò Archie esattamente dove lo aveva collocato, quando stava per affogare a Ground Zero e qualcuno gli aveva dato, letteralmente, una mano.
"Esatto." confermò lei, seguita dalla voce di Dike che disse: "Eri un boccone troppo prezioso per lei.", come se fosse solamente un pezzo di carne tra i denti di una dea.
"Non era il tuo destino morire." concluse Eirene, facendo a pezzi un fazzoletto di carta, dando l'impressione di qualcuno che avrebbe tanto voluto fare a pezzi qualcuno.
"Siamo qui per aiutarvi nella vostra impresa." ripeté Eunomie, "Vogliamo rispedire Partenope nel Tartaro almeno quanto voi."
Archie prese un pancake e lo assaggiò, assaporando la salsa al mirtillo che vi era stata messa sopra, non accorgendosi che tutti lo stavano guardando, compresa Lia che scuoteva la testa e aggrottava la fronte.
"Che c'è?" domandò agli altri, continuando a mangiare il dolce che il suo stomaco reclamava, "Ho fatto qualcosa di male?"
Silenzio.
Warren si strinse nelle spalle, come se nulla fosse, passandosi anche una mano nei capelli.
"Niente, solo che ci hanno appena rivelato che dobbiamo uccidere una sirena assassina di nome Partenope, la stessa che ha quasi ucciso Selene e che presto verrà ad uccidere anche noi." gli spiegò, con il suo solito tono strafottente, "Non vedo l'ora." concluse, mentre nei suoi occhi si accendeva una scintilla di pazzia mista al piacere perverso della battaglia.
Archie si voltò verso Eunomie, come per chiederle che non fosse vero, ma il volto della dea non ammetteva discussioni: seppur bello, continuava a rimanere freddo e scostante.
"Cioè, dovremmo uccidere questa ... Partenone, giusto?" chiese lui, finendo il suo pancake e leccandosi le dita, sporche di marmellata al mirtillo.
Dike lo guardò e lui si sentì a disagio, come se avesse un cappello a cono sulla testa e sopra ci fosse scritto, a caratteri cubitali, "asino".
"Partenope, Archie, Partenope." ripetè Lia, i capelli verdi e viola che scintillavano in mezzo a quelli neri, proprio come l'anello d'argento che portava al dito, "Una sirena."
Lo disse come se quella parola potesse rivelargli tutto, ma in realtà lui non capì nulla, provando a cercare lo sguardo di Luke o di Jake in modo che potessero suggerirgli qualcosa, inutilmente.
"E anche se fosse?" chiese, determinato, "È un mostro come gli altri e, come gli altri mostri, il bronzo celeste è in grado di rispedirla nel Tartaro, giusto?"
Guardò gli altri semidei.
"Giusto?" chiese ancora, stavolta guardando le tre dee che si erano presentate nel bel mezzo della loro festa e avevano organizzato un pic-nic sovrannaturale in quattro e quattr'otto.
Fu in quel momento che Archie si sentì veramente solo, abbandonato da tutto e da tutti, tornando a sedersi al suo posto come se avesse l'intero mondo da sorreggere sulle spalle.
"Temo di no, mio prode semidio." gli rispose Eunomie, la sua salvatrice, "Partenope è uno dei mostri più antichi che misero piede sulla terra. Non sarà così semplice eliminarla, non senza l'aiuto di un dio."
Archie aveva voglia di spaccare la testa a qualcuno.
"Perché non ci aiutate voi, allora?" chiese Jake, i suoi capelli biondo chiaro quasi bianchi alla luce della saletta dove si erano appartati.
Dike scosse la testa.
"Solo la discendenza di Crono l'ha battuta una volta, solo la discendenza di Crono può batterla ancora." disse, con un tono così serio che Archie sospettò che avesse una doppia personalità, "Il sangue degli eroi dovrà bagnare ancora la terra."
Silenzio: stava diventando così monotono, quella sera quando fu Eirene a spezzare quella sorta di incantesimo.
"Paure misteriose rinasceranno, oscure forze, dolori dimenticati."
"Ma non dovrete mai perdere la speranza, miei giovani semidei." continuò Eunomie, sorridendo con un sorriso che avrebbe rischiarato il lato buio della luna.
"La giustizia saprà trionfare." concluse Dike, mentre si alzava e la tovaglietta da pic-nic e i suoi gustosi cibi cominciavano a sparire.
Sembravano tutti confusi, lenti, ottusi, ma la mente di Luke sembrò viaggiare ad una velocità maggiore di quella di tutti gli altri.
"Ma è lei la dea della giustizia!" esclamò, indicando Dike e aggrottando la fronte, "Questo non è giusto."
Dike gli rivolse un sorriso, riscattandosi per la pazzia che fino ad allora aveva compiuto.
"Non è giusto ciò che sembra giusto, ma è giusto ciò che lo è realmente." rispose, filosoficamente, "E poi io sono solo la dea della legislazione. La dea della giustizia materiale è ... "
Luke guardò verso Warren.
"Nemesi."
Eirene annuì, soddisfatta.
"Avrete presto bisogno del suo aiuto per vincere una battaglia che da soli non potrete superare." lì avvertì Eunomie, "Possiamo garantirvi un passaggio sicuro per la vostra prossima meta, eroi, ma di più non possiamo fare."
"Cercate Nessuno, egli potrà aiutarvi." suggerì Dike.
"E dovrete farlo prima delle calende di Giugno, il giorno sacro a Zeus." continuò Eirene con tono triste, "Temo che non potrete andare oltre."
Eunomie si voltò verso Archie, sfiorandogli il mento con le sue dita candide che fecero formicolare ogni singola cellula del corpo del figlio di Nike.
"Abbi fede, Archie. Giocherai un ruolo più importante di quello che pensi."
Sorrise.
"Tieniti stretta la vita, dubito di riuscire a salvarti ancora."
Sparirono.
 
 
[...]
 
 
Bashir,
"Don't let the Water drag You down"
 
Bashir era ancora ... basito.
Ok, pessimo gioco di parole, ma il figlio di Tanato non continuava a fare altro se non spostare gli occhi sui suoi compagni d'impresa, non riuscendo realmente ad afferrare il senso dell'intera situazione: sentì l'istintivo bisogno di avvicinarsi a Daphne, come se qualcosa lo stesse attraendo verso di lei, ma si fermò poco dopo che vide la figlia di Afrodite sorridere a Luke, i capelli biondi splendidi sotto la luce soffusa della sala.
Quali possibilità avrebbe avuto?
La domanda gli sorse spontanea, salendo prepotente lungo la sua gola affinché uscisse dalla sua bocca, sussurrata dalle sue labbra fredde, sapientemente bloccata dalla ragione ferma di Bashir: quale possibilità avrebbe avuto la morte contro la saggezza per conquistare la mano dell'amore?
Qualcosa schiacciò il suo petto.
Controllò la maglietta nera che indossava, come ad aspettarsi una ferita profonda all'altezza del cuore, una inferta dalla mano più inesperta, ma di quelle che facevano più male, non trovandovi, ovviamente, nulla.
Bashir si appoggiò stancamente al muro della stanza, continuando a spostare il suo peso da un piede all'altro, indeciso se incrociare le braccia o tenerle chiuse a pugno in tasca, sbuffando costantemente contro il ciuffo di capelli neri che continuava a ricadergli beffardo davanti agli occhi, facendo il solletico alle sue ciglia.
La testa del figlio di Tanato continuava ad essere bombardata dalle frecciatine velenose nate dal cuore, mentre sembrava che questa stesse per implodere per la quantità di pensieri che la stava attraversando, come un fiume in piena su cui non si riesce a costruire una diga.
Ecco, la sua testa era la diga, i suoi pensieri erano il fiume: lui non aveva più controllo né su una, né sull'altro, come se fosse un estraneo, un innocuo spettatore che aveva come unico compito quello di osservare.
Osservare e cadere.
Bashir si era sempre sentito inutile: nessuno aveva mai sentito la sua mancanza, poteva sparire e nessuno se ne sarebbe accorto, ma d'altronde, a chi sarebbe mai importato del povero, freddo figlio della Morte?
Chi avrebbe mai amato il figlio di Tanato?
Sarebbe sempre continuato a rimanere l'escluso, la settima ruota del carro: provò l'impulso di piangere, così, nel bel mezzo del nulla, ma anche le lacrime faticavano ad uscire come se fossero fatte di ghiaccio e i suoi occhi fossero troppo caldi da attraversare.
La comparsa delle tre dee lo aveva turbato ancor di più, se possibile: non riusciva a capire come mai tre entità sovrannaturali si interessassero così fermamente al loro operato, come Eunomie, la terza, aveva mostrato maggiore interesse più per Archie che per lui.
Perchè? Lui non aveva rischiato la vita tanto quanto il figlio di Nike?
La rabbia dentro di lui alimentò quello che era il fiume di pensieri, infiammandolo sino a diventare un oceano in tempesta, qualcosa che era illimitato e impossibile da fermare.
E allora perché Archie e non lui? Perchè non il figlio della di Tanato, l'incarnazione stessa della morte?
Si era sentito sempre più solo, seppur circondato da altri nove semidei e, oltre quella porta, da una marea di persone.
No, si corresse, lui sarebbe sempre stato da solo.
"Ehi."
La voce cristallina e gentile di Lia interruppe il suo dissidio interiore, mentre lei gli porgeva una birra fredda che aveva preso da chissà dove, sorseggiando lentamente la sua e assumendo la stessa posizione del figlio di Tanato.
"So come ti senti." gli disse la figlia di Ecate, gli occhi intenti a scrutare tra i volti degli altri semidei come ad assorbire la loro felicità, "Anch'io ero spesso la sfigata di turno."
"Io non sono uno sfigato!" protestò Bashir.
Lia gli rivolse tutta l'attenzione dei suoi grandi e profondi occhi neri, immergendosi in quelli simili di Bashir, scavando nella sua personalità: il figlio di Tanato non era convinto che fosse una magia, ma sentì subito il bisogno di confessarle tutto.
"Ne sei davvero sicuro?" gli chiese, il tono più suadente di un'ammaliatrice professionista, mentre la sua mano destra stringeva il collo della bottiglia di vetro della birra.
Bashir si lasciò scivolare sul muro, sedendosi a terra e stappando la sua bottiglia.
"No." confessò, quasi sussurrando per evitare di farsi sentire dagli altri anche se stavano parlottando fitto fitto, forse cercando di interpretare i consigli lasciati dalle tre psicopatiche di dee.
Lo sguardo di Bashir si soffermò su Daphne, la sua Daphne.
"Perché non glielo dici?" gli domandò Lia, portando le ciocche naturali viola e smeraldo dietro l'orecchio.
"Dirle cosa?" le chiese Bashir, rispondendo ad una domanda con una domanda, e specchiando i suoi occhi nei suoi, riversandoci dentro tutto il suo stupore.
Lia sorrise.
"Avanti!" scherzò lei, "Non serve essere figli di Afrodite per capire se è vero amore o meno! Si vede lontano un miglio che sei cotto di lei!"
"Ma non è vero!" protestò lui, mentre sentiva montare l'imbarazzo sulle sue guancia, colorandosi pericolosamente di rosso.
Lia rise.
"Perché, secondo te non mi sono accorto di come guardi qualcuno?" bleffò Bashir, tentando di riacquistare parte della sua calma proverbiale, sperando di dargliela a bere.
Un angolo della sua bocca di increspò in un sorriso, mentre i capelli le ricadevano davanti agli occhi e impedivano a Bashir di appurare dove i suoi occhi guardassero.
"La cosa migliore da fare è dirglielo, poi ... "
Guardò il volto di Bashir, i suoi occhi grandi ed espressivi incontrarono ancora una volta i suoi.
"Andrà tutto per il meglio." concluse, sorridendogli e sorseggiando lentamente della birra fredda, cominciando di nuovo a vagare con lo sguardo nella sala, facendo provare a Bashir la strana sensazione che si stesse riferendo a Luke.
"Mi succedeva la stessa cosa, prima che scoprissi di essere una mezzosangue." gli confessò lei, tracciando simboli sulla condensa che avvolgeva la birra che aveva in mano, "Tutti mi escludevano e mi prendevano in giro per chissà quale motivo. Non sono mai riuscita a capire." gli disse, "Mi sentivo sempre sola, incapace di trovare qualcuno che si affezionasse davvero a me, ma mi sono detta che era inutile piangere su sé stessi."
Si fermò, forse cercando di trovare le parole giuste.
"Sono sempre scappata da tutto e da tutti, ma gli eroi non fuggono. Scelgono di restare e combattere."
Lo costrinse a voltarsi e a guardarsi negli occhi.
"E tu, Bashir, sei un eroe." sussurrò, "Non dimenticarlo mai."
Il figlio di Tanato fu zittito prima di poter dire qualcosa, non potendo fare altro che rispondere all'abbraccio in cui Lia lo aveva stretto.
"Ehm ehm." tossicchiò qualcuno alle loro spalle.
Bashir scattò sull'attenti, sperando solo che non fosse Daphne: l'ultima cosa di cui aveva bisogno per conquistarla era farsi vedere abbracciato ad un'altra. Per sua fortuna non si trattava della figlia di Afrodite, ma di Hope, la sorella di Lia, che adesso si stava trattenendo dal ridere.
"Abbiamo deciso di accamparci qui, per stanotte." annunciò, le sue pupille continuavano a rimbalzare da Lia a Bashir, non riscendo a fermarsi, come due palline da ping pong, "Dato che la porta è sprangata non dovrebbero esserci problemi, per stanotte."
Sorrise.
"Non quel genere di problemi." ridacchiò.
Bashir era piuttosto sicuro che Lia l'avrebbe trasformata in una pianta ornamentale, ma Hope riuscì a sottrarsi al maleficio piuttosto in fretta, voltandosi e camminando verso gli altri.
Lia gli fece l'occhiolino.
"Tranquillo." sussurrò, "Le farò dimenticare ogni cosa."
Bashir non seppe mai se stesse scherzando o meno, l'unica cosa che fece fu accompagnarla con lo sguardo, poi la stanchezza sembrò calare sui suoi occhi, seguito dalle sue palpebre.
 
 
Fu una notte senza sogni, con il profondo stupore di Bashir dato che da quando era cominciata quell'impresa non faceva altro che avere incubi, un po' come tutti gli altri, dopotutto.
Erano quasi passate le undici quando si svegliò, uno fra gli ultimi, strofinandosi gli occhi con le mani per abituarli alla nuova luce del giorno.
Luke e Warren stavano già consultando la mappa quando fu completamente sveglio, mentre Lia gli strizzava l'occhio e gli sorrideva: nessuno lo aveva mai abbracciato, a parte sua madre che era morta quando lui era solo un bambino.
"Qual è la prossima mossa?" chiese lui, guardando direttamente negli occhi il figlio di Atena. Forse lui si accorse di quanta determinazione ci avesse messo in quello sguardo.
"L'Empire State Building." gli disse, un angolo della bocca piegato in una smorfia di sfida, "La nostra ultima meta, temo, dato che domani è il primo di Giugno."
Warren si voltò verso di loro.
"E dovremmo fare anche parecchia strada tre le strade affollate di New York"
Bashir si stava quasi pentendo di ciò che stava per dire, ma l'atteggiamento di sfida di Luke rinvigorì la sua determinazione e la sua voglia di mettersi in mostra.
"Sono sempre scappata da tutto e da tutti, ma gli eroi non fuggono. Scelgono di restare e combattere." ripeté la voce di Lia nella sua testa.
Per un attimo Bashir si voltò per guardarla, poi tornò a fissare il figlio di Atena.
"Qualcuno ha paura del buio?"

- - - 
 
*panda's corner*
Bene, eccomi qui con il decimo capitolo :3
Vado di frettissima, quindi posso fermarmi davvero poco .-. Cosa ne pensate di questo capitolo? All'inizio, al posto di Dike, Eunomie ed Eirene, che io ho reinterpretato in maniera comica, avevo pensato di far intervernire Atena, ma mi sembrava troppo scontato.
Così, ecco qui le tre pazzoidi dee del lavoro u.u Che predicano anche l'aiuto di Nemesi ... uhm, qui gatta ci cova xD
E poi Bashir e Lia *^*
Non sono pucciosissimi? Qui rischia di scapparci un'altra ship xD No, dai ... prometto che saranno solo amici anche perché sono destinati ognuno ad un partner diverso u.u
Bene, io evaporo ewe
Ditemi cosa ne pensate! ^^ Ovviamente ringrazio chiunque stia seguendo/ricordando/preferendo questa storia o solo leggendo silenziosamente :')
Hasta luego! :)



 
  
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