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Autore: Goldenslumber14    24/06/2014    3 recensioni
"-Ma questo è un fottutissimo triangolo, e da entrambi i lati!-
-In che senso?-
-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!-"
Si sono conosciuti ad Amburgo, erano ancora dei ragazzi e nessuno di loro avrebbe immaginato che, quella città sporca e violenta avrebbe cambiato per sempre la loro vita. Un semplice incontro in uno strip club si rivela essere più significativo di quanto avessero pensato e l'unico ricordo di quell'incredibile storia, è una bambina: Marilyn. Non le hanno mai detto nulla su sua madre, volendo come cancellare ogni ricordo di quel periodo, ma Marilyn vuole sapere, e forse sarà proprio ricordando che John e Paul capiranno che non possono continuare a fingere.
Dal testo (Cap VIII):
"-Paul, non ho più nessuno, se adesso te ne vai anche te- Paul lo zittì. Disse che avrebbe sicuramente trovato un'altra donna e sarebbe stato felice -Si, e poi magari viviamo per sempre felici e contenti? Paul non è come una fiaba, io non sono come te! Hai trovato la donna della tua vita, la mia se n'è andata. So che in passato ho sbagliato, ma non lo rifarei, perché adesso so cosa significhi per me"
•momentaneamente sospesa•
Genere: Comico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: John Lennon, Nuovo personaggio, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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"Salve a tutti! Finalmente ho più tempo libero e quindi ho fatto un salto ad aggiornare la mia storia. Era proprio passato tanto tempo, sorry.
Ma ormai lo sapete che sono sempre in ritardo...ma cercherò di migliorare ^^.
Vorrei ringraziare J_Marti_96 e Chiara_LennonGirl06 per le belle recensioni. Grazie mille :D
Ok, ora vi lascio alla lettura.
With Love
Goldenslumber14"




Capitolo X:

 

-Scozia- 07:57-

 

Marilyn guardò annoiata il paesaggio, che scorreva veloce sotto la macchina. Quando aveva pronunciato quella frase, Paul le aveva riattaccato senza rispondere. Si chiese come mai Paul non le avesse mai detto nulla della sua relazione con John, non ci avrebbe trovato nulla di male.

-Marilyn, siamo arrivati- la avvertì Linda passandole lo zaino. Lei ringraziò e scese dalla macchina. Linda la lasciava sempre qualche metro più avanti rispetto alla scuola.

La ragazza si guardò intorno, tutte le macchine che si suonavano a vicenda perché non volevano arrivare in ritardo a scuola.

Un pensiero improvviso le attraverso la mente “Mi dispiace per Linda, ma devo farloscattò per un lato del marciapiede, doveva fare in fretta o avrebbe perso il treno. Non le importava di perdere la scuola, voleva delle spiegazioni e subito.

La stazione non era molto lontana ed era già andata a Londra col treno.

Quando arrivò alla stazione guardò il tabellone con gli orari. Quello per Londra era già arrivato. “Cristo!” corse verso il binario cinque, dove stava per partire il suo treno. Riuscì in tempo ad infilarsi nel vagone. Sospirò sollevata e si diresse verso le poltrone.

Si sedette insieme ad una coppia di indiani, che stavano consultando la guida turistica di Londra. Non aveva soldi con se e se fosse arrivato il controllore, probabilmente l'avrebbe fatta scendere alla prima fermata “E se gli dicessi chi sono probabilmente non mi crederebbe”.

Appoggiò lo zaino sulla sue ginocchia guardandosi intorno. C'era molta gente quel giorno, e tutti rendevano calda l'atmosfera.

Il suo sguardo si soffermò su una famigliola: i genitori stavano giocando con la figlia. Marilyn notò che l'uomo stava stringendo la mano a sua moglie. Avrebbe voluto avere una famiglia come quella, vivere con sua madre. Certe volte ci pensava, a come sarebbe stato con lei accanto “Probabilmente non sarei quella che sono adesso” pensò mentre si legava i capelli in una coda.

Guardò distrattamente l'orologio, almeno due ore e sarebbe finalmente arrivata a Londra.

Si alzò dal suo posto, avendo sentito il controllore che veniva a timbrare i biglietti. Aumentò il passo cercando di essere il più normale possibile. Arrivò fino al bagno delle donne, dove si chiuse per sicurezza. Sentì dei passi e preferì guardare dalla serratura chi fosse. Inizialmente passarono due donne e poi, finalmente, il controllore. Lo aveva riconosciuto per la tipica striscia bianca sui pantaloni, molto simile a quella dei poliziotti.

Quando sentì che era andato nell'altro vagone si decise ad uscire per tornare al suo posto. Sospirò guardando il gruppo di turisti che avevano davanti, forse non avevano fatto caso al fatto che non avesse fatto vedere il biglietto.

 

Quando il treno si fermò, lei fu la prima a scendere. L'accolse l'immensa stazione di Londra, piena di persone che andavano tutte in direzioni diverse. Respirò sorridendo l'aria di fumo e nebbia che caratterizzava quel posto. Si diresse insieme ad un altro gruppo di persone fuori dalla stazione, facendosi accogliere dall'immensità della città.

Ripeté mentalmente dove si trovava l'Hotel, non era molto lontano dalla stazione. Conosceva bene quella parte di Londra per cui decise di andarci a piedi.

Guardava tutto e tutti, come se fosse la prima volta che ci veniva. Adorava quella città, aveva significato molto per lei.

Svoltò per una strada e finalmente lo vide. Il famoso Hotel a cinque stelle, dove avrebbe finalmente trovato John e Paul. Entrando notò che l'uomo grasso alla reception osservava lo spazio davanti a lui, per controllare chi entrava. Marilyn decise di aspettare ancora un po' all'entrata, per vedere se si faceva distrarre da qualsiasi cosa. Per sua fortuna delle chiavi caddero dal mobile e lui fu costretto a chinarsi. Non aspettava momento migliore. Entrò nell'edificio correndo su per le scale, in modo da non farsi vedere da nessuno.

E finalmente era lì, davanti alla porta che aveva tanto atteso di vedere “Finalmente saprò la verità” si disse deglutendo. Aveva paura, paura di ciò che avrebbe trovato dentro. Preso un po' di coraggio bussò, aspettando lì che quasi tremava.

Quando la porta si aprì, vide Paul, in vestaglia che la guardava. Restarono qualche momento in silenzio, a guardarsi increduli. Il silenzio fu interrotto da John, che non sapeva cosa stesse accadendo -Paul, ma chi è alla porta?- Paul chiuse gli occhi maledicendo John.

-Marilyn, ora mi devi spiegarmi una cosa: cosa ci fai a Londra!?-

-Potrei farti la stessa domanda- rispose calma la figlia. Paul diede un colpo allo stipite della porta, in quel momento doveva essere a scuola e invece aveva preso il treno fino a lì -Ma per caso sei impazzita, non puoi venire qui come se niente fosse. Tu devi andare a scuola!- la rimproverò Paul.

Marilyn si stava stufando, così incrociò le braccia sul petto guardandolo arrabbiata -Ma secondo te puoi assentarti per giorni senza dire nulla!? Guarda che non esisti solo tu! E poi quando avevi intenzioni di dirmi che stavi con John?-

Paul prese la figlia e la tirò dentro, senza nemmeno pensare che John era appunto lì, nel letto...nudo.

Marilyn si guardò intorno, accorgendosi della confusione che regnava sovrana nell'appartamento. Il suo sguardo poi andò su John, che dal letto la guardava incredulo -Paul, cosa ci fa qui?- chiese mentre guardava il compagno che si sedeva sul letto. Marilyn intanto li guardava, sapeva benissimo cosa avevano fatto poco prima il suo arrivo, ma pensarci era troppo strano per lei. Era già difficile accettare la cosa e in più si trovava in una situazione imbarazzante.

-Per favore, potete vestirvi?- chiese timidamente lei guardando i suoi due padri. Loro annuirono mentre la figlia si chiudeva in bagno. Quando sentirono la porta che si chiudeva John sbottò -Lo sapevo che sarebbe andato tutto male!- si alzò andando a recuperare i suoi vestiti.

-Poteva andare peggio John. Pensa se lo veniva a sapere Linda!-

John sbuffò alzando velocemente la zip dei pantaloni. Tirò a Paul i suoi vestiti, facendogli cenno di indossarli. Non dissero più nulla, occupati entrambi a pensare a cosa avesse visto Marilyn.

Quando furono presentabili, la chiamarono. La ragazza compì qualche timido passo nella stanza. Guardò entrambi i suoi genitori, sentendosi come di troppo -Perchè non me l'avete mai detto?- cominciò subito lei. Non voleva perdere tempo con inutili frasi.

Paul sospirò cercando le parole giuste per spiegare. Ma niente, le parole non venivano fuori “Perchè proprio adesso che ne ho bisogno?” pensò mentre guardava sua figlia, che aveva compiuto quel viaggio solo per sapere la verità.

-Avevamo paura- disse John correndo in aiuto di Paul. Marilyn gli lanciò uno sguardo confuso -Ma siete i miei genitori, non vi avrei mai giudicato per questo- abbassò lo sguardo. Non si erano fidati di lei, era quello il punto.

Paul le prese le spalle portandola in cucina, dove la fece sedere su una sedia. Marilyn si contorceva le mani nervosa, cosa che aveva preso sicuramente da John, che lo faceva spesso -Sentite, le cose sono più complicate del previsto, vi farei molte domande, ma è meglio che mi raccontiate tutto dall'inizio-

I due genitori si guardarono, incerti su chi avrebbe cominciato. Come al solito era Paul quello che sapeva raccontare meglio quel genere di “storie” a sua figlia -Beh, è successo tutto ad Amburgo, è lì che ci siamo scoperti l'uno innamorato dell'altro. Siamo stati insieme per quasi dieci anni, ovviamente ci sono stati i litigi, ma non abbiamo mai smesso di amarci. Tutto cambiò nel '68, ognuno di noi stava prendendo la propria strada e ciò ci disorientò tutti. John cominciò a vedersi con Yoko, come amici inizialmente- Paul si fermò un attimo lanciando uno sguardo a John, che però rimase in silenzio -ma poi si fecero molto più intimi e...ci lasciammo-

Marilyn aveva ascoltato la storia attentamente. A quanto pare John e Paul si erano ravvicinati più che mai, con questa faccenda di Jenn, ed erano riemersi i vecchi sentimenti.

-Ma come l'ha presa la mamma?-

-Beh...non tanto bene inizialmente-

 

 

-1959- Amburgo- 04:15-

 

John spinse Paul dentro la stanzuccia buia. Avevano da poco finito di suonare e visto che non era rimasto nessuno, avevano deciso di approfittarne.

-Non hai mai suonato così bene- disse John mentre baciava il più giovane, che era caduto sul letto. Non avevano saputo resistere, non riuscivano a stare lontani per troppo tempo.

Paul si stese sul letto, lasciando che John lo sovrastasse -Non è da te fare complimenti- osservò mentre gli accarezzava la schiena. John portò la sua attenzione al collo di Paul, riempiendolo di baci, mentre sentiva che l'eccitazione saliva -E non è da te accettarli senza fare il modesto- ribatté sarcastico. Paul gli levò la maglietta, lanciandola in un qualche punto della stanza semi oscurata. Gli baciò il petto, mentre sentiva la mano di John che lentamente gli abbassava la zip dei pantaloni.

-Hey ragazzi, ma cosa fate qui...- i due si fermarono immediatamente, guardando verso il fascio di luce che illuminava la stanza. Lì, impietrita stava Jenn, che li guardava scioccata. Restarono per un momento a fissarsi, aspettando che succedesse qualcosa. Jenn sbatté gli occhi più volte -Non è possibile- disse girandosi, come per scacciare quella visione.

John si alzò immediatamente dal letto, cercando di spiegarle che non era come sembrava.

-Appunto, è anche peggio!- urlò lei correndo fuori dalla porta. I due ragazzi la inseguirono, pregandola di non urlare. Jenn si fermò guardandoli sconcertata -Potevate anche dirmelo che eravate omo- non riuscì a finire la frase che John la zittì -Ma sei impazzita!? Non urlare-

Lei scosse la testa, non aveva ancora superato lo shock e continuava a pensare che l'avessero usata per nascondere la loro relazione. John si avvicinò a lei, appoggiandole una mano sulla spalla, per tranquillizzarla. Con l'altra le alzò il viso -Hey, non devi prenderla male-

-Non devo prenderla male!? Vorrei vedere te al mio posto!- disse scansandosi da lui. John guardò disperatamente Paul, che corse in suo aiuto. Lui era il tipo che riusciva a calmare le persone, essendo calmo lui stesso, mentre John era sempre nervoso.

-Ti prego, lasciaci almeno spiegare- le disse Paul prendendole entrambe le mani. La ragazza annuì abbassando lo sguardo e permise loro di raccontarle la verità. Già quella relazione a tre era complicata di suo, poi ci si mettevano pure John e Paul con le loro venature omosessuali.

Quando Paul finì di parlare, restò per un momento col fiato sospeso, aspettando una qualsiasi reazione di Jenn. Lei infatti rimase a bocca aperta per lo stupore e si allontanò un poco da due ragazzi -Ma questo è un fottutissimo triangolo!- urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. John le tappò la bocca, non voleva che tutto il mondo sapesse della loro relazione -E lasciami!- protestò lei spingendolo via.

-Oltretutto è da entrambi i lati!-

John la guardò disorientato “Entrambi i lati?” pensò -Ma in che senso?- chiese volendo almeno capire cosa passasse per la mente di quella ragazza.

-Nel senso dell'eterosessuale e dell'omosessuale!- urlò ancora più forte di prima. John stava per impazzire, quando avrebbe capito che non doveva urlare? La prese per il braccio e la trascinò fuori. C'era ancora molta gente, per cui Jenn decise di contenersi, non voleva davvero rovinare tutto perché stare con John e Paul in fondo le faceva bene.

Paul intanto li aveva raggiunti. Sperava con tutto se stesso che Jenn si fosse calmata, e si risollevò quando la vide che parlava più tranquillamente con John -Va bene ragazzi, non dico a nessuno di questa...cosa- disse gesticolando. I due sospirarono sollevati.

Jenn si levò il cappotto e lo tirò addosso a John, che protestò animatamente -Ma perché, cazzo!?- lei incrociò le braccia piegando la testa di lato -Non so se te lo ricordi, ma sei a petto nudo-

-E non so se te lo ricordi, ma sei col costume di scena- osservò John alquanto divertito. Jenn si guardò, notando il vestito aderente e le calze a rete. Sbuffò, ma non diede cenno a volersi riprendere il cappotto. Con la sorpresa dei due, li prese per la mano, trascinandoli in quel groviglio di gente.

Li portò fino al suo appartamento. Le altre ragazze erano andate via per una vacanza e le avevano lasciato l'appartamento tutto per lei, per cui non c'era pericolo di essere scoperti.

-Ma cosa vuoi fare?- chiese John scostandosi dalla ragazza e percorrendo la stanza a grandi passi. Jenn si sedette su divano accavallando le gambe -Beh, non potevate stare lì, è più sicura questa stanza adesso- disse accendendosi una sigaretta.

Paul intanto stava dando un'occhiata in giro per il piccolo appartamento. Accendeva tutte le luci per vedere meglio le camere, si fermò sulla porta quando riconobbe la stanza di Jenn -Genesis, questa è la tua stanza?- lei per risposta alzò il pollice in segno di affermazione -Non ti dispiace se entro- lei scosse il capo, dando il permesso al ragazzo di entrare.

Paul alzò la testa girando su se stesso, lentamente, in modo da avere uno sguardo completo sulla stanza.

Notò che allo specchio erano state appiccicate varie foto. Si sedette sulla sedia guardandole una per una. La foto più in alto di tutte ritraeva una Jenn quattordicenne che sorrideva spensierata, insieme a delle sue amiche “Probabilmente le manca la vita a Londra”. C'erano anche delle cartoline dall'America, l'Irlanda, posti così insomma. Dedusse che aveva sognato di andarsene da Amburgo e che forse, si sentiva stretta in quella città.

Intanto John si era seduto accanto a Jenn, che però non riusciva a guardarlo in faccia e fumava con gli occhi persi nel vuoto. John le baciò la spalla -Ancora scioccata?- chiese mentre con le labbra percorreva la linea del suo collo. Jenn scosse la testa prendendo la mano di lui -Sono solo scocciata del fatto che non me l'avete detto-

-L'avresti sicuramente presa male- rispose John appoggiando la testa sulla spalla di lei. Chiuse gli occhi lasciando che Jenn gli accarezzasse i capelli. Era da tanto che non avevano un momento così.

-Ma lo sapevo di già, vedevo come vi guardavate, il vostro rapporto, ma saperlo così, improvvisamente...mi ha sconcertata- John comprendeva le sue ragioni, e avrebbe voluto che tutto tornasse alla normalità, ma non riusciva a stare senza Paul. Quando era riuscito finalmente ad esprimere i suoi sentimenti, era stato come se si fosse tolto un grosso peso e che potesse finalmente godere di quella felicità, di quell'amore.

La ragazza si alzò improvvisamente, esortando John di fare lo stesso. Lo portò nella sua camera, dove Paul stava guardando delle foto. Jenn si chinò a vedere di cosa si trattava e sorrise nel vedere il viso di Sophie, pochi mesi prima che partisse. La prese un momento per osservarla meglio, ricordava bene quel momento, era più felice delle altre volte perché quando stava con Sophie...si sentiva bene -Questa qui è Sophie- disse hai due indicando una ragazza alta e bionda, che rideva guardando l'obbiettivo -Due mesi dopo è partita per l'America- ricordò con tristezza. Paul si accorse di quella nota di malinconia nella voce della ragazza, così si alzò e la circondò in un abbraccio -Non devi essere triste, ci siamo noi- guardò John, che capì cosa volesse intendere l'amico, e l'abbracciò pure lui -Si, anche se le cose si stanno complicando, resteremo insieme- a quelle parole Jenn sorrise confortata.

Avevano proprio ragione, loro due avevano lo stesso effetto di Sophie, e alla fine non trovava assurdo che John e Paul si amassero. Aveva conosciuto molti uomini che alla fine si erano rivelati gay, ma era stata felice per loro, che erano riusciti ad ammetterlo almeno a qualcuno.

-Ragazzi, sono stanca, che ne dite se andiamo a dormire?- disse mentre si avviava verso il letto ad una piazza e mezzo. John e Paul si guardarono per poi annuire -Le tue amiche non lo troveranno strano?- chiese John mentre si sedeva sul letto.

-No, non ci sono-

Quando finalmente si furono sistemati comodamente nel letto, John spense la luce, essendo al lato destro del letto. Era la prima volta che dormivano tutti e tre insieme, di solito Jenn andava una volta da uno e una volta da un altro, ma in quella situazione le pareva idoneo dormire tutti assieme. Le sembrava di essere più unita a loro -Notte- disse baciando entrambi i ragazzi sulla guancia.

John la attirò a se con una gamba, suscitando la gelosia di Paul -Non è solo tua Johnny- disse scocciato il più giovane, tirandola dalla sua parte -Ma neanche solo tua- ribatté John prendendola per un braccio.

-Ragazzi, non sono un oggetto! E quindi non appartengo a nessuno, sto in mezzo apposta!- li sgridò lei.

I due annuirono mentre si insultavano sottovoce.

John appoggiò la testa sulla sua spalla, mentre Paul si era solamente limitato ad appoggiarle una mano sulla pancia. John guardò ardentemente Paul, volendo in qualche modo sentirlo, ma non poteva prendergli la mano, non con Jenn presente “Al diavolo!” pensò mentre appoggiava la sua mano su quella fredda di Paul, che sorrise a quel contatto. Jenn aprì gli occhi guardandoli divertita -Ragazzi, siamo in tre ad affrontare questa cosa- sembrava che parlasse più a se stessa, per darsi sicurezza, che a loro.

-Adesso siamo proprio un trio di amanti- commentò John. La ragazza lo guardò male, mentre Paul protestava per ciò che aveva detto -Ok, ok, quanto siete suscettibili-

 

***

 

-Scozia- 9:00-

 

-Diciamo che l'ha presa così- disse Paul terminando il suo racconto. Marilyn sorrise, come al solito i racconti su sua madre le facevano tornare il buon umore. Però ancora non sapeva cosa fare, ormai sapeva che John e Paul si amavano ancora e non poteva andare in giro a urlarlo ai quattro venti. Decise così di chiedere aiuto a loro -Ma quindi, cosa avete intenzione di fare?- i due uomini si guardarono, incerti sul da farsi. Non potevano tornare insieme, Paul aveva una famiglia e John non voleva più nascondersi, ma non sarebbe riuscito a dichiarare al mondo la sua relazione con Paul.

-Non possiamo tornare insieme- disse infine John. Il viso di Marilyn si fece spento e triste, aveva sperato in una possibile riunione dei suoi genitori -Ma perché?- chiese non riuscendo a capire per quale motivo fosse così difficile.

Paul le mise una mano sulla spalla -Non è semplice Marilyn, è stato bello ma sappiamo entrambi che non durerebbe-

-Ma invece si! Basta volerlo!- protestò la figlia guardando il proprio padre supplichevole -No Marilyn, finiremmo per litigare di nuovo e ci sarebbe soltanto dolore- le spiegò calmo Paul.

John però non diceva nulla. Non trovava nulla che potesse calmare sua figlia, perché in fondo...si trovava d'accordo con lei. Lui avrebbe voluto tornare ad amare Paul, perché sapeva quanto avessero bisogno l'uno dell'altro e quanto bello era stato.

Aveva sbagliato, ma non avrebbe ripetuto l'errore. Nella sua testa però, erano in piena battaglia pensieri contrastanti, che non gli permettevano di avere un opinione concreta in proposito. E intanto guardava Paul, che spiegava a sua figlia che aveva sbagliato a restare tutti quei giorni da lui e che sarebbe tornato immediatamente a casa.

Si ritrovò poco dopo davanti alla porta aperta, dove Paul lo guardava un po' tristemente. Non si salutarono nemmeno, e quando John chiuse la porta, si sentì infinitamente solo e triste.

Ciondolò fino al letto, dove crollò coprendosi il viso con le mani. Stava piangendo, non gli era capitato da tanto tempo di piangere per Paul. Ma non poteva scordarsi ciò che aveva detto “Finiremmo per litigare e ci sarebbe soltanto dolore”.

Cercò di nascondere i singhiozzi, che fuoriuscivano strozzati “Non sarei mai dovuto venire qui”.



 

  
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