The Sweater Girl
I
sogni sono illustrazioni dal libro che la tua anima sta scrivendo di
te.
Alan
Drew
La
minuta figura di una graziosa donna come di una primula appena
sbocciata è l'immagine che svolazza danzando nella mente di
un'artista.
Lo
accarezza con i suoi dolci petali e lo accompagna in un cammino
guidato dalle stelle alle porte della musica.
Mi
ero sempre vantato di avere un rapporto privilegiato con la musica,
come se tra me e lei ci fosse una storia d'amore clandestina, di cui
nessuno fosse venuto a conoscenza, e da cui traevamo entrambi
vantaggio, donando e ricevendo il regalo dell'arte stessa.
Ma
ora mi sentivo come se stessi soltanto cercando di prendere in
prestito pezzi di altre melodie per farle mie, e non mi piace affatto
tale cosa. Che cosa avrebbe pensato di me la musica in questo
momento?
Ero
veramente lo stesso Harry di sempre?
Io
avevo un sogno una volta, ed ero sicuro de essergli fedele.
Volevo
essere colui che si nutriva della propria ispirazione.
Ma
ora mi sentivo vuoto, come se non riuscissi a trarre ispirazione
dalla musica, la musa ispiratrice di mille sognatori.
Io sono un
sognatore, giusto?
A
questo punto, se il mio ego tendeva a mettere in dubbio l'incertezza,
il che
trovavo accettabile per un essere umano in grado di sbagliare, era
impossibile che andasse a toccare le mie sicurezze. La mia coscienza,
però,
veniva posseduta dalle emozioni, come adesso, e ciò che era
certo,
improvvisamente, veniva distrutto come un castello di carte
instabile. Le parole incise sulla sabbia venivano cancellate dalla
schiuma delle onde che si scioglievano al sole.
Non
comprendo come sia riuscito a rovinare il mio rapporto con la musica.
Probabilmente è solo una mia impressione. Io ho un legame
troppo
stretto con lei, ci tengo troppo per dubitarne.
Lei mi ha spinto a
lottare per i miei propri sogni, è lei che mi ha spinto ad
andare ai
provini, lei è colei che mi ha reso l'uomo più
felice al mondo.
Io
la amo!
Non
c'è espressione più sublime della musica.
E'
semplicemente superlativa.
La
musica non è accostata a nessun aggettivo.
Lei
è.
Punto e basta.
Ma
forse stavo delirando. Forse il mio problema è che do troppa
retta
alla ragione. Com'è che mi aveva detto mia sorella una
volta? “Tra
i piaceri della vita, solo all'amore la musica è
seconda”.
Sicuramente l'aveva tirata fuori da qualche sito di aforismi, quella
cervellona.
Sorrisi leggermente al soffitto, mio costante compagno
inseparabile. Quella sera il mio sguardo era fisso su un punto al di
sopra della mia testa.
Mi
giravo e mi rigiravo nel letto come un matto, cercando di prendere
sonno, ma evidentemente, tra il tempo che pareva scorresse lento,
dettato dalla pioggia, e il freddo che credevo a momenti si divorasse
il mio cuore, non ci riuscivo.
Oramai
le coperte e le lenzuola sembravano un involucro che mi proteggeva
dalle intemperie del mondo esterno.
Ero
tornato a casa alla ricerca di l'unica cose che pensavo non mi
mancasse: un po' di pace, semplicemente. A me e ai ragazzi era
concessa una settimana di pausa, in cui potevamo vedere i nostri
cari, e poi avremmo dovuto incominciare il tour europeo.
Ero
solennemente convinto, quella sera, di essere stanco morto, stanco
come se il mondo mi cadesse addosso e non riuscissi nemmeno a salire
le scale senza chiudermi come un bozzolo e addormentarmi ancora prima
che riuscissi ad arrivare alla camera da letto. Ero più che
sicuro,
ma non appena arrivato, dopo essermi tolto di dosso la roba un poco
sudaticcia e la fatica di un viaggio interminabile, che
inevitabilmente mi stringeva più dei vestiti, mi ritrovavo a
letto a
fissare il soffitto. E mi riusciva bene a convincermi che fosse
addirittura interessante!
Ora
che ci pensavo, però, la frase a cui mia sorella si
riferiva,
e sono sicuro l'avesse presa da internet, perché l'avevo
già
sentita su Twitter un po' di tempo fa, era un po' ambigua.
Si,
era vero che “tra i piaceri della vita, solo all'amore la
musica è
seconda”, ma era anche vero che però
“l'amore stesso è musica”.
Quindi non aveva senso.
Mi
addormentai leggermente stordito da quanto riuscissi a pensare
limpidamente anche durante il dormiveglia.
La
vedevo in quella nuvoletta inafferrabile e incolore.
La
stavo svestendo. Aveva un maglione, un maglione scuro. Era informe e
grigio. Le dimensioni erano inadatte per la sua taglia, ma
evidentemente a lei piaceva ricoprirsi di robaccia anonima e priva di
personalità come quella. Non che mi desse fastidio, ma lei
era così
sorprendentemente intelligente che non le importava un accidenti di
cosa mettesse o no.
Certamente,
non avevo pretese particolari
quando si trattava dell'argomento “ragazze”,
bastava che mi prendessero così come ero, che sapessero che
ero io,
e che loro erano loro stesse,
e che tra
loro ce ne fosse una che,
di fronte l'uno all'altra,
era in grado di comprendere senza sforzo che in
amore ci vedevamo come un ragazzo e una ragazza.
Niente pregiudizi. Amore
aldilà dell'etichetta
che tendono
a darti in base alla tua vita. Una
ragazza che mi amasse per me stesso.
Insomma,
il tipo di ragazza che stavo svestendo un po' incerto, era quel tipo
di ragazza con una taglia della mente superiore alla media. Mai
aspettata. Ma lei era nel mio sogno. La stavo sognando.
Un
momento la sognavo, un momento mi sembrava fosse tutto reale.
Ora
la stavo abbracciando. Le sue braccia infreddolite e la pelle
indolenzita dalle notti passate a scrivere di me. Il colore opaco e
scolorito del suo viso indicavano chiaramente che non era nelle
migliori condizioni. Scottava come un fusto di legno in un
falò e i
suoi occhi erano come ipnotizzati,
come
se fossero stati privati della loro profondità, intenti a
cogliere ogni minimo
dettaglio. Qualsiasi mossa facessi, era pronta e reagire di
conseguenza. Il problema era che io non
sapevo cosa stessi facendo in quel maledetto sogno. L'abbracciavo, lei
seminuda, io con solo un maglione e i boxer neri, nient'altro
addosso. L'abbracciavo e la facevo entrare nel mio maglione.
Due
persone potenzialmente asociali in un solo maglione da condividere.
Sentivo il suo busto e i seni contro il mio petto, e improvvisamente
desideravo tenerla più stretta. Farle capire che non era
sola a
lottare contro il mondo e contro le sue emozioni. Volevo tenerla
stretta e farle capire che c'è molto di più che
due corpi e un
maglione quì,
che c'è molto più di attrazione. Erano due
bocche, e un possibile
sentimento da parte mia che poteva presagirsi amore.
Il
mio cuore batteva come non mai.
Il
vento fischiava fuori da questo stretto letto
che
cigolava
e stavamo cadendo a pezzi, incastrati come
in un
puzzle.
Nella
mia mente risuonavano le note di “Never say never”
dei The Fray,
e mi sentivo come se fossi io lo scrittore del nostro destino.
Nessuno comunque si alzava per chiudere la finestra, e poi le
persiane continuavano a sbattere
ed entrambi avevamo paura che prima o poi avessero distrutto
il
nostro piccolo rifugio. Nessuno poteva toglierci il nostro morbido
maglione.
Noi
due, due bocche e questo amore di cui non avevamo ancora deciso cosa
fare.
Noi
due, un maglione. Era tutto quello che riuscivo a vedere in un sogno
così confuso.
L'unica
cosa che riuscivo a vedere era me stesso che stringeva forte quella
ragazza che portava l'odore del mio maglione e,
nonostante il mio chiaro marchio di virilità,
riusciva a far comunque prevalere il suo indistinguibile odore da
poetessa.
C'era
qualcosa di inspiegabile nella sua aria così intelligente.
Emanava
un'essenza che non avevo mai compreso. Lei era un classico.
Istericamente ben definita e così al di sopra dei miei
ranghi.
Si
sentiva così piccola dentro quel maglione e si aggrappava a
me con
la paura che la lasciassi andare. Ma non comprendevo il
perché. Lei
era migliore di me. Mille volte.
Un
momento vantava di quel suo sguardo fiero da leonessa, che dava a
vedere al di fuori della sua corazza, e sembrava afrodisiaca, come
una dea del sesso; un
momento sembrava impaurita.
Era la sua mente ad attrarmi
così follemente. E io
la
guardavo speranzoso che
mi
desse qualche possibilità, quando sapevo benissimo di non
essere
degno di lei.
Le
guardavo le labbra, così carnose, ma sottili,
così infiammate anche
quando non scottava
dalla febbre. Mai mi ero reso conto fossi io il motivo della sua
febbre, del suo malanno più grande. Erano labbra a cuore.
Erano le
mie labbra. Erano le nostre fuse insieme dalla mia immaginazione.
E
ridevo mentre la guardavo. Il sogno mi stava confondendo
facendomi pensare che avessi pure una coscienza che mi permettesse di
comprendere che cosa provassi o pensassi di lei.
La sua mente, indipendentemente dalla merda priva di valore che tiravano su di me alla televisione e sui siti internet, scriveva solo di me. Mi trovava sempre così sinceramente imperfetto e sensibile, e me lo diceva sempre, come se fosse la verità per lei più facile, mentre tentava invano di nascondere la menzogna degli altri nei miei confronti. Lei era così: fatta al contrario. Lei era il perfetto esempio di emancipazione dalla società che avevo sempre voluto comprendere meglio, ma che non ero mai riuscito ad individuare, tranne che nei libri di scuola. Trovare qualcuno che mi corrispondesse non perché fossi famoso, ma perché pensava fossi perfetto perché imperfetto era una rarità. Ma lei era la mia situazione ideale di stabilità. Lei ragionava, al contrario della superficialità. Si spremeva le meningi e mi capiva meglio di me stesso.
“Famoso”.
Vedi,
quando la gente dice che sei famoso...
è così come una strana...
io
odio questa cosa.
Ti priva di ogni sostanza.
Lei
invece mi nutre con i suoi sguardi e mi da vita, mi fa sentire come
se io fossi sostanza e motivo di felicità. Sostanza fatta
allo
stesso modo in cui è fatta quella dei sogni, ma pur sempre
presente.
E
poi, mentre la stringevo e sentivo la sua morbida pelle avvolgermi,
nell'angusto spazio del maglione che condividevamo, la vedevo
strizzare gli occhi e tirare fuori il suo malandato Ipod,
così caro
a lei...
Quella
notte in sogno mi aveva fatto ascoltare una canzone, che
poi è probabilmente il motivo per cui sto sognando, per cui
la
sto sognando. Per cui sogno noi due ogni volta.
Tutto
gira intorno a quella canzone, ma non mi ricordo mai di non
svegliarmi prima che parta.
E
poi tutto ricomincia da capo.
La
nostra storia, se mai esistita, era tanto
stabile quanto
noi
in cima a un grattacielo mentre stiamo per buttarci entrambi
ad occhi chiusi, a capofitto nel vuoto di Manhattan, ed è solo
nata grazie a quella maledetta canzone.
Ma
non la incolpo così facilmente.
Dovrei
prima raccontarvi la storia dall'inizio...
Note dell'autore:
Ciao a tutti, dopo aver pubblicato tante storie mai terminate, finalmente sono pronta per pubblicare l'anteprima di una fan fiction a capitoli a cui lavorerò quest'estate e di cui sarò in grado di pubblicare tutti i capitoli probabilmente dalla fine dell'estate. Da come avete capito dal titolo, è una storia che si basa su un concetto un po' strano per una fan fiction, ma non vi dico altro, perché se no si capirebbe tutto. Prima di continuare però, volevo appunto vedere che effetto aveva l'introduzione sui lettori. Quindi, se almeno un minimo vi ho incuriosito, vi prego di recensire e darmi un parere, sarebbe molto importante per me, visto che questa è la prima e vera storia che scrivo. Un bacio xx :)