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Autore: Molly182    24/06/2014    1 recensioni
«Perché non mi hai mai detto che il tuo vero nome è Thomas?»
«Perché non me l'hai mai chiesto…»
«Spiegami perché avrei mai dovuto chiederti se quello fosse il tuo vero nome?»
«Perché pensavo che mi avessi riconosciuto»
«È piuttosto difficile vedere chi ho davanti, sai?», mi disse mentre stava riempendo due tazze di caffè caldo. «Soprattutto se il locale ha luci basse e quello che mi sta davanti ha un maledetto cappello che gli copre metà volto»
«Hai ragione», le dissi ridendo e appoggiando il cappello sul ripiano.
Genere: Commedia, Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Chapter two
Drunk
 
Erano passati due mesi da quando ero atterrata a San Diego e avevo abbandonato la mia vecchia vita. Certo, non l’avevo completamente abbandonata, ma cercavo di tenerla nell’angolo più remoto della mia mente convincendomi che quello che avevo fatto era giusto e che le persone care che erano a Baltimora stavano bene. Non dovevo lasciarmi influenzare dalle mie emozioni deboli e dal fatto di non essere mai stata così tanto tempo lontano da casa. Però questo voleva dire crescere ed è uno dei migliori modi che abbia scelto, anche se implicava ritrovarsi a lavorare di nuovo in un bar a parecchi chilometri da Baltimora.
«Cassie mi serve una mano, il tuo amico è tornato di nuovo e ha intenzione di guidare fino a casa», disse la ragazza posando dei bicchieri nel lavandino dietro al bancone.
«Grazie Sarah», la ringrazia togliendomi il grembiule e appendendolo a un gancio. «Ora ci penso io». Mi avvicinai a lui. La sua testa era nascosta tra le braccia e i suoi lunghi capelli castani, nascosti da un berretto con un’enorme visiera, toccavano il piano del bancone e li sfioravano le braccia. Sembrava come se si fosse addormentato, ma non era così. Sapevo per certo che stava cercando di nascondere qualcosa che noi non potevamo vedere, qualcosa che era solo nella sua mente e che lottava contro di lui. «Ehi…», dissi posando una mano sulla sua spalla. «Matthew, è ora di tornare a casa», lui alzò leggermente la testa e si appoggiò di nuovo sulle sue braccia tenendo il viso voltato verso di me.
«Sarah non mi lascia andare», biascicò. I suoi occhi castani si chiusero di nuovo. Sembrava un bambino nonostante fosse grande e grosso.
«E sai perché?», gli domandai. «Perché hai bevuto ancora e sono le tre del mattino, non posso farti guidare fino a casa tua in queste condizioni. Saresti un pericolo più per gli altri se non per te stesso. Ora dammi le chiavi dell’auto», gli dissi tenendo la mano tesa verso di lui.
In un primo momento sembrava confuso, ma poi s’infilò la mano nella tasca dei jeans e prese, con fatica, le chiavi della macchina e me le porse.
«Aspettami qui, vado a chiamare un taxi»
«N-no…», disse posando una mano sul mio braccio. «N-niente tassì. Mark!»
«Come?», chiesi non capendo quello che aveva detto.
«Ma-mark. Chiama Mark, lui può venirmi a prendere», spiegò porgendomi il suo telefono. «È-è tra le ultime chiamate»
Guardai il ragazzo accasciato sullo sgabello e poi il cellulare che mi aveva dato, dovevo fare come mi aveva chiesto, così chiamai il suo amico. Dopo diversi squilli rispose una voce piuttosto assopita. «Tom, ma che cazzo!», farfuglio con la voce impastata dal sonno.
«Salve, sono Cassie, l’ho chiamata a causa di Matthew…»
«Ha combinato qualcosa?», chiese il ragazzo dall’altra parte della chiamata più attento di prima.
«No, non esattamente. Ha solo bevuto un po’ troppo e mi ha chiesto di chiamare lei»
«Certo, certo», disse questa volta più rilassato. «Beh, arrivo subito, grazie. Dove, beh, dove posso venirlo a prendere?»
«Al “The Space” sulla…»
«Sì, sì, so dove si trova, grazie mille», si affrettò a dire riattaccando la chiamata.
«Sai che non è carino far scomodare la gente a tarda notte?», domandai al ragazzo seduto davanti a me, porgendogli il suo telefonino. «Il tuo amico sembrava preoccupato»
«Mark s-si preoccupa s-sempre t-troppo»
Fu una questione di pochi minuti che il ragazzo con cui avevo parlato prima si presentasse nel bar indossando un jeans e una maglietta, probabilmente presi a caso, e con i capelli più scompigliati che avessi mai visto in vita mia.
Si precipitò da noi scuotendo la testa e passandosi poi una mano tra i capelli arruffati.
«Mi scuso per il disturbo, ma ultimamente lui…», iniziò a dire, ma lasciò la frase a metà, senza concludere cosa affliggesse il suo amico. «Grazie ancora per avermi chiamato»
«Non si preoccupi, volevo chiamare un taxi ma ha insistito per lei».
«Immaginavo, ora ci penso io, grazie ancora per… essersi presa cura di lui».
Il ragazzo si avvicinò all’amico e gli posò un braccio attorno alle spalle come per sorreggerlo. Avvicinò la sua testa a quella dell’altro e gli sussurrò qualcosa che non riuscì a capire. Matthew scosse la testa.
«…di nuovo lei? Devi sistemare questa cosa!», disse il moro.
«Io… p-posso restare da t-te?»
«Andiamo Tom, Skye ha già preparato il divano»
«Gr-grazie», rispose l’altro alzandosi dallo sgabello e sorreggendosi all’amico. Nonostante Matthew fosse più alto di Mark, questo riuscì a sorreggerlo piuttosto bene, come se facesse ciò da sempre.
«Grazie ancora Cassie, ci vediamo… spero in una situazione migliore».
   
 
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