Fanfic su artisti musicali > Ed Sheeran
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Autore: sheeranshobbit    24/06/2014    0 recensioni
"Quello era il giorno. Me l'ero ripetuto mentre salutavo mia madre che mi faceva le ultime raccomandazioni. Me l'ero ripetuto mentre mio padre mi ricordava di chiamare come minimo tre volte al giorno perché altrimenti si sarebbero preoccupati. Me l'ero ripetuto mentre aprivo la porta di casa per l'ultima volta, lasciando le mie chiavi sul comò dell'ingresso, perché tanto non mi sarebbero servite per un po'. Me l'ero ripetuto mentre afferravo il manico delle mie due valigie, zaino in spalla e Canon al collo, e mi dirigevo verso il taxi bianco che mi avrebbe accompagnata, perché i miei genitori dovevano lavorare."
'Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione veritiera del carattere di questa persona, nè offenderla in alcun modo'
Genere: Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ed Sheeran, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Where I land.

 
Mi stropiccio velocemente gli occhi e sbadiglio un paio di volte. Mi sono addormentata. Perfetto, era l’ultima cosa che volevo fare. Avrei dovuto godermi il viaggio in aereo, invece il suo tremolio regolare mi ha fatto da ninna nanna. Guardo giù dal finestrino. E’ una fortuna che mi abbiano assegnato proprio questo posto, se non sono vicina a un finestrino, io su un aereo non ci salgo. Mio padre me lo diceva sempre che sono strana. Non ho paura dell’aereo, anzi, le turbolenze mi divertono. E’ come essere sulle montagne russe, certo al livello estremo, ma tutto ciò a patto che io abbia la possibilità di guardare giù. Probabilmente è solo una cosa psicologica, ma se sono in un posto centrale, vado in paranoia e addio viaggio tranquillo.
Siamo sul mare, avrò dormito sì e no mezz’oretta, niente di grave, ho ancora tempo prima dell’atterraggio. Stiracchio le gambe, per quanto mi è possibile. Si vede che la Ryanair è abituata a passeggeri magri, perché lo spazio tra le file di sedili è veramente ridicolo. Io non mi posso lamentare, a differenza della signora alla mia destra. Avrà sì e no una quarantina d’anni, ha tutto il viso rosso, un po’ per la bruciatura che probabilmente ha preso nella sua vacanza di inizio Estate, un po’ perché non ha smesso di urlare con la povera hostess per ogni minima cosa. Il vestito viola che indossa sottolinea ancora di più il fatto che non sia proprio un peso piuma. Ha una voce insopportabile, squillante fino all’inverosimile, che mi trapassa i timpani. Mi sta portando a un esaurimento nervoso. Brutto esempio, e scaccio velocemente quel pensiero dalla mia mente. In quel momento la signora decide di fare una pausa dall’insulta-l’hostess-per-cose-assurde e si gira a guardarmi. Abbozzo un sorriso, perché di solito funziona e perché probabilmente dalla mia espressione traspariva tutto il fastidio che quella donna mi stava procurando e tutto il disgusto per il suo foruncolo sul naso. E’ rivoltante, credo di dover vomitare. Lei mi fissa impassibile, poi, senza alcun preavviso, mi urla addosso un –Be’, che hai tu da guardare?- accompagnato da una serie di sputi, per poi tornare a prendersela con la poveretta di turno. Sollevo la mano aperta e spalanco gli occhi. Scusi se mi sono permessa di rovinare il suo tranquillissimo viaggio con il mio sguardo aggressivo! Che schifo, penso, mentre mi infilo le cuffie, perché probabilmente è l’unico modo per non sentire più la voce della donna e ciò che sta dicendo. Non vedo la differenza tra un hamburger con l’insalata e un hamburger con insalata a parte, perché questo è il genere di problemi che la tormenta.
Mi abbandono sul sedile accompagnata dalle note di Yellow. I Coldplay sono sempre un’ottima medicina a ogni male.
Le case cominciano a sfilare sotto il mio sguardo man mano che lasciamo alle nostre spalle la distesa d’acqua azzurra e ci avviciniamo alla costa. Stiamo volando sopra Brighton o una città del genere, ne sono convinta. Mio cugino mi ci deve accompagnare per forza, lo costringerò liberamente a portarmici. Mancheranno venti minuti più o meno. La signora in viola continua a urlare contro la prima hostess che le capita a tiro, un vecchietto nella fila dietro tira calci al mio seggiolino. Il neonato in quinta fila continua a piangere a intervalli regolari perché forse la reputa una cosa divertente. Una ragazza, due sedili più avanti, sta avendo una sorta di attacco di panico e, quello che presumo sia il suo fidanzato, le sta dicendo che va tutto bene. Il viaggio è un disastro, ma Londra è sempre più vicina.
 
Il segnale della cintura è spento. Mi precipito a prendere il mio zaino scavalcando malamente la signora e pestandole un piede. Non le devo niente a quella rovina viaggi. Cammino velocemente verso la coda dell’aereo, saluto un paio di hostess con un confuso bye e mi precipito giù dalla scaletta. Terreno Inglese. –Wooho- urlo, mentre buona parte dei passeggeri mi guarda come se fossi completamente pazza. Ma, ehi! Ci sono andata vicino, mi ritrovo a pensare con un sorrisetto divertito mentre mi avvio verso l’uscita dell’aeroporto.
Il ragazzo moro è in piedi davanti alla porta scorrevole. Lo riconosco subito, alto, magro, non è cambiato di una virgola. Come se avesse percepito la mia presenza, si gira. Eccolo lì, il mio passaporto per l’Inghilterra.
-Lynch!- urlo, correndogli in contro. Lui mi aspetta a braccia aperte.
-Cat! Non ti sei alzata di un centimetro.
-Che bello rivederti, quasi come assaggiare una crostata di chiodi.
-Sei un amore- ribatte, mentre afferra una delle mie valigie e ci incamminiamo verso la macchina.
 
Passiamo buona parte del viaggio a chiacchierare del più e del meno. Non tocca mai l’argomento Centro di Recupero e gliene sono veramente grata. Mi accorgo presto che Lynch mi è mancato veramente tanto. Siamo cresciuti insieme. D’Estate passavamo un mese intero in una casa in montagna con mia nonna tra film dell’orrore visti troppo tardi e partite di pallavolo giocate sotto il sole. E’ il fratello che non ho mai avuto, una sorta di migliore amico, ma io odio le etichette. Ha due anni in più di me, in altre parole diciannove e, una volta finita la scuola, ha deciso di trasferirsi a Londra per proseguire gli studi. Io lo seguirò volentieri non appena conclusa la quinta e questi tre mesi estivi sono una sorta di orientamento. Mi distoglie dai miei pensieri porgendomi un sacchetto di Fonzies al cioccolato, che guardo disgustata.
-Non li mangio quei cosi. Sembrano cacchette di cane!- rispondo, mentre gli restituisco la confezione.
Lui si mette a ridere.
-Non so se la mia cucina sarà migliore.
Mi metto a ridere anche io, perché so che quello che ha appena detto non è nient’altro che la verità.
-Comunque, ho pensato che non c’è niente di meglio che una festa per ambientarsi in un posto nuovo.
Lo guardo stupita.
-Sai che non metto piede a una festa da quando, ecco insomma..- mi blocco, anche se ormai non dovrebbe più succedermi. Lui capisce al volo, ma non si arrende.
-Cat, posto nuovo? Gente nuova. Qui non ti devi assolutamente preoccupare, io sono qui con te e non ti lascio sola neanche un secondo, intesi?- chiede, rivolgendomi uno sguardo sincero.
-Intesi.
-E poi, è una festa organizzata dalla mia band, non puoi perderti il concerto del tuo cuginetto preferito, perché quando sarò famoso non ti regalerò biglietti per nessuna ragione.
Rido, ne sarebbe capacissimo.
-Ok, mi hai convinto- rispondo. Perché effettivamente ha ragione. Posto nuovo, gente nuova.
Entriamo in città. Vedo i classici autobus rossi, gli edifici, i semafori lampeggianti.
-Benvenuta a Londra Cat.
E che festa sia.

 
 
Saaalve gente!
Intanto ci tenevo a chiedervi scusa perché come capitoli mi rendo conto che sono abbastanza noiosi, ma se avete ancora un po’ di pazienza il rosso farà il suo ingresso molto presto, aw. Il capitolo scorso era decisamente corto, ma mi serviva come introduzione per il viaggio eheh :3
Anyway, vi ho annoiato abbastanza, cercherò di aggiornare il prima possibile ma non prometto niente perché dalla settimana prossima vado a fare animazione all’asilo haha
Se avete tempo lasciate una recensione e ditemi cosa ne pensate dei capitoli, sarebbe fantastico.
Grazie per aver letto, un bacio, Annie
  
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