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Autore: dreamlikeview    24/06/2014    4 recensioni
Castiel è un angelo, ama e ammira la razza umana, e desidera profondamente essere uno di loro, un umano. Nonostante agli angeli sia vietato interagire con gli uomini, viola le leggi del Paradiso, salvando una famiglia di cacciatori da un nido di vampiri, e da quel momento il suo desiderio aumenta a dismisura, spingendolo a fare una pazzia.
Un accordo gli permetterà di vivere sulla terra, e di comportarsi come un umano. Ma quale sarà il prezzo da pagare?
[Angel/Human!Cas, Hunters!Winchester Brothers, Destiel, semiAU, long-fic]
Genere: Angst, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: AU, Lime, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Desclaimer: I personaggi non mi appartengono, e la cosa è ingiusta. Non scrivo con scopo di lucro, ma per mero diletto, io da tutto ciò non ci guadagno assolutamente nulla, al massimo ci perdo la faccia.

Crediti: A Lu per il magnifico banner, a cui chiedo scusa se ultimamente sono troppo presa da questi due cattivoni.


 

«Dean» lo chiamò Sam, improvvisamente. Era immobile sul letto, con ancora quel trench tra le mani, senza sapere cosa fare. Il minore era preoccupato, perché sì, Dean era uno che tendeva a chiudersi a tutte le emozioni, a non mostrarle e fingersi indifferente, ma quella volta, la situazione sembrava addirittura peggiore delle altre. Non parlava con nessuno, non usciva dalla sua stanza, ed era in quello stato da due giorni, senza aver versato nemmeno una lacrima. Piangere non era segno di debolezza, a volte, come in quel caso, era l’unica cosa in grado di lasciar uscire tutto, di sfogarsi, e poi ritornare ad una vita normale, per quanto l’accezione di normalità valesse per loro, per la loro vita. Eppure, Dean non sembrava del medesimo parere. Sam ricordava ogni reazione di Dean alle morti della loro distrutta, ma unita famiglia, ma nessuna di queste era equiparabile a come stesse ora, dopo aver perso Castiel.
Sembrava non aver voglia di fare nulla.
Rimaneva nella sua stanza, steso sul letto, ed usciva da lì solo per soddisfare bisogni fisiologici, ma non mangiava, né beveva e Sam era seriamente preoccupato. Quello non era Dean, non era suo fratello, non era quello che lo aveva cresciuto, nonostante avessero perso i genitori, non era più la sua spalla, colui sul quale contare. Era un contenitore vuoto.
Doveva aiutarlo, spronarlo, perché così non poteva continuare, come avrebbe fatto quando i demoni fossero arrivati? O se avessero trovato dei casi?
Non poteva restare in quello stato, non poteva vedere suo fratello ridotto in quel modo, non riusciva a sopportarlo, forse perché egoisticamente voleva di nuovo il suo fratellone, quello forte che sapeva ridere di tutte le situazioni, quello che insultava prima di sparare, che lo salvava da qualunque brutta faccenda. Non poteva sopportare che la vita di suo fratello si fosse interrotta nel momento in cui aveva visto Castiel morire, o meglio sparire nel nulla.
Si era ricordato quella mattina che l’angelo gli avesse lasciato un biglietto per Dean, e lui aveva promesso di consegnarlo, forse leggendone il contenuto, Dean avrebbe mostrato un po’ di… vita. Sam non chiedeva molto, voleva almeno vederlo sfogarsi, sarebbe stato meglio vederlo totalmente arrabbiato, piuttosto che apatico com’appariva in quel momento. Si diresse dal fratello, per consegnargli il biglietto ed insieme ad esso aveva portato anche una fetta di torta di mele – la sua preferita – e una birra.
«Dean, per favore» lo chiamò nuovamente, e il maggiore voltò il viso verso il suo guardandolo con quello sguardo vuoto, spento e assente, come se non lo ascoltasse nemmeno «devi mangiare qualcosa» disse avvicinandosi al letto, porgendogli il piatto «per favore, è la tua preferita».
Il maggiore guardò riluttante il piatto, scuotendo  la testa. Non aveva fame, non aveva sete. Non provava più niente, si sentiva totalmente svuotato da qualsiasi cosa, non aveva mai provato qualcosa di simile. Non riusciva nemmeno a parlare, tanto fosse giù di corda. Vedere Castiel morire in quel modo, era stato un colpo troppo forte, anche per il “tutto d’un pezzo” Dean Winchester.
«Almeno parlami» insisté il minore, senza distogliere lo sguardo dal fratello «andiamo Dean! Sei tu quello forte tra noi, non puoi buttarti giù così!» tentò di spronarlo, ma Dean semplicemente non reagì «Dean! Questo non sei tu! Andiamo, riprenditi!»
Dean continuò a scrutare un punto indefinito oltre la finestra, senza fiatare «mio fratello non farebbe così, mio fratello si rimboccherebbe le maniche e tenterebbe di tirare fuori il culo di Castiel da quel buco infernale!»
«Tuo fratello non avrebbe nemmeno permesso che qualcuno morisse per colpa sua, ma ehi! L’ha fatto, e adesso non rompermi le palle» la voce arrochita e bassa di Dean raggiunse le orecchie di Sam, che sbuffò. Detestava quando il maggiore si auto-incolpava di qualcosa, forse un po’ poteva essere colpa sua, ma non poteva fare così, avrebbe dovuto fare qualcosa, perché Dean Winchester avrebbe fatto così, o forse Sam era troppo legato alla figura di suo fratello come una sorta di supereroe, e lo sopravvalutava.
«Smettila di auto-commiserarti, e tiriamolo fuori da quel buco infernale» gli disse ancora, cercando di spronarlo ancora e ancora, senza ottenere grandissimi risultati, dovette arrendersi quando Dean lo guardò in modo truce, prima di tornare a fissare il vuoto davanti a sé «Castiel ti ha lasciato questo, almeno leggilo» terminò arrendendosi e, appoggiando il biglietto sopra al comodino insieme al piatto con la torta e la lattina di birra, voltò le spalle per uscire dalla camera, lasciando il maggiore da solo.
Il cacciatore si tirò a sedere e osservò la lattina, il piatto, fissando poi il foglietto. Cosa ci avrebbe trovato dentro? Insulti? Probabile. Perdono? Improbabile. Amore? Forse. Dean era terrorizzato all’idea di aprirlo e leggerne il contenuto, ma erano le ultime cose che gli aveva detto Castiel, dopo i suoi insulti e il suo odio del loro ultimo incontro.
Con la mano tremante, lo afferrò e lentamente lo scartò. Si rese conto che Castiel avesse una calligrafia davvero bella, ma lo sconforto lo colse di nuovo quando si rese conto di non poterglielo dire. Sospirò, e ne lesse il contenuto, senza però capirne il senso.
«In loving thou dost well, in passion not
Wherein true love consists not: Love refines
The Thoughts, and heart enlarges; hath his seat
In reason, and is judicious».
Erano versi di qualche poesia di cui lui non conosceva il senso? Che diavolo significavano quelle frasi? Perché Castiel doveva essere sempre così enigmatico? Stupido angelo, perché non vuoi mai essere chiaro con me? Ho capito che si parla d’amore, ma non ci capisco un accidenti, dannazione, Castiel. Per quanto si sforzasse di capire cosa volessero dire tutte quelle parole alle quali lui non riusciva a trovare un senso logico, non capiva. Perché Castiel era sempre così enigmatico? Perché lasciargli un biglietto in versi, di difficile comprensione tra l’altro, invece che lasciargli una serie d’insulti per come lo avesse trattato? Perché doveva essere tutto così dannatamente complicato per lui? Certo, parlava d’amore, non era difficile da capire quello, ma tutto il resto… cosa significava? Avrebbe dovuto chiedere a Sam, era lui il genio, l’intellettuale tra i due fratelli. Interrompere il suo silenzio? Chiedere aiuto a Sam? Forse… quello che gli aveva detto un po’ lo aveva scosso. Forse era il caso di parlare con suo fratello, e farsi spiegare quei maledetti versi. Come sempre, Dean Winchester fece esattamente ciò che la sua mente suggeriva di fare in quel momento, e per questo depose il biglietto sul comodino afferrando la torta e la birra, senza però spostare il trench da sopra le sue gambe, senza spostarsi da lì, e senza andare da Sam, in fondo era una cosa stupida. Tuttavia, per quanto potesse pensare che quel biglietto fosse qualcosa di stupido, inutile e… incomprensibile, non poté non far scappare un minuscolo sorriso dalle sue labbra. A modo suo, Castiel riusciva a toccargli il cuore, in tutti i modi possibili ed immaginabili.
 
Dean non riusciva a farsi una ragione di quello che era successo, era accaduto tutto troppo in fretta, davanti a suoi occhi. Non sapeva dove fosse, e si sentiva in colpa, perché se non fosse fuggito, Castiel sarebbe ancora vivo. Era colpa sua, era lui la mela marcia, era lui che permetteva a tutti coloro che gli stavano accanto di fare una fine dolorosa e terribile come quella di Castiel, era stato lui ad ignorarlo nel momento del bisogno, era stato lui a fermarsi alle apparenze, a credere che l’angelo lo avesse solo usato; aveva capito che non gli importava, perché poteva superare il fatto di essere stato ingannato, riflettendoci non era stato poi così azzardato da parte di Castiel temere una reazione negativa da parte di ben tre cacciatori, non gli importava di quello, perché… avere Castiel al suo fianco era stata la migliore delle sue esperienze. Sono diventato una donnicciola innamorata. – pensò il cacciatore, giocando con una manica del trench dell’angelo. Averlo accanto in quei mesi era stata un’esperienza unica, Castiel a modo suo era simpatico, ed era adorabile, e Dean non avrebbe mai potuto vivere senza di lui, semplicemente perché – ora – aveva capito cosa realmente provasse per lui, aveva capito che avrebbe fatto sul serio qualsiasi cosa. Non importavano più le bugie e la sua natura. Lo amava, semplicemente, e avrebbe potuto salvarlo, avrebbe potuto sul serio porre fine alle sue sofferenze, non perderlo, ma no, no. Lui aveva fatto il coglione, aveva messo in pericolo la vita dell’angelo, e ora lui non c’era più. Dannato orgoglio, sono un completo idiota. Castiel era finito all’inferno per colpa sua, Castiel era morto per colpa sua, e non c’era più nulla che lui potesse fare. A meno che…
Improvvisamente, le parole di Sam del giorno prima, ebbero un senso. Mio fratello non farebbe così, mio fratello si rimboccherebbe le maniche e tenterebbe di tirare fuori il culo di Castiel da quel buco! – quella frase rimbombava nella mente del maggiore, che finalmente riusciva a vedere un po’ più chiaramente la situazione. Suo fratello aveva ragione, non era da lui piangersi addosso, lui era il tipo che si dava da fare per rimediare ad un errore, che tentava di salvare anche l’insalvabile, perché doveva essere diverso per Cas? Perché non lo faceva anche per lui? Era un idiota anche per non averlo pensato, per essersi fatto fare una lavata di testa da Sam.
Un’idea assurda e azzardata pervase la sua mente, ma forse aveva un piano per salvare Castiel: contattare gli angeli.
Probabilmente era un’assurdità, probabilmente non gli avrebbero nemmeno risposto, ma lui sapeva cosa aveva in mente quel tale, quel Metatron, sapeva che anche il paradiso – qualora fosse esistito – fosse in pericolo, e scambiare le informazioni in suo possesso con la vita di Castiel gli sembrava la cosa più giusta da fare, perché lui doveva salvare Castiel, doveva fare qualcosa per lui, anche solo per riscattare tutto ciò che il moro aveva fatto per lui, per loro. Doveva contattare gli angeli, e… salvare Castiel, prima che fosse troppo tardi. Già, ma come si contatta un angelo? Devo fare delle ricerche! – pensò, stupendosi di se stesso. Nella sua vita non aveva mai nemmeno cercato il significato di mezza parola, si era fidato sempre di ciò che Sam gli riferiva, le ricerche non erano mai state il suo forte, nemmeno a scuola. Forse era anche per questo che era stato bocciato per due anni di fila, ma non importava, in quel momento, per Castiel avrebbe anche fatto delle ricerche, se fossero servite a salvarlo. Avrebbe imparato a memoria tutto il sito di wikipedia pur di salvare Castiel, era pronto a tutto. Anche a prendere il suo posto all’inferno.
Uscì di fretta dalla stanza in cui si era rinchiuso da due giorni e bussò alla porta della stanza del fratello urlando: «Sammy, abbiamo del lavoro da fare e degli angeli da contattare! E fa anche rima, muovi il culo, ho il mio angelo da riportare a casa!» dopodiché corse nel salotto di casa di Bobby, o quello che poteva essere chiamato biblioteca del sovrannaturale, e dopo aver afferrato una serie di libri, riportanti sulla copertina la lettera A, avvicinò uno sgabello a se stesso, afferrò una birra fredda dal frigorifero e iniziò a sfogliarli tutti, dopo aver bevuto un gran sorso della bibita. Doveva trovarlo. Doveva esistere qualcosa per attirare gli angeli, un modo per chiamarli, perché… esistevano, ne avevano la prova. Doveva solo trovare il modo e sperare che fossero magnanimi quanto narravano le leggende, buoni quanto lo era Cas. Se sono come Cas, saranno tutte brave persone! – pensò, prima di essere raggiunto dal fratello, che con un mezzo sorriso si complimentò con lui per la scelta saggia presa, iniziando subito dopo a leggere uno di quei volumi immensi alla ricerca di notizie sugli angeli. Doveva esserci un modo per aiutare Castiel, e forse lo avevano trovato.
Contattare gli angeli poteva essere vantaggioso, ma speravano solo di non commettere qualche errore e peggiorare la situazione, Dean però era ottimista, aveva ottime informazioni da condividere con loro, alla condizione però che Castiel venisse rimandato sulla terra, alla quale ormai apparteneva. Dean era determinato più che mai a salvare l’ex-angelo dall’inferno.
E l’avrebbe fatto, costasse quel che costasse.
 
 
Nemmeno nei suoi sogni più fantasiosi e macabri, Castiel avrebbe mai immaginato quanto fosse terrificate e terribile l’inferno. A differenza di quanto credevano gli umani, i quali lo immaginavano come una distesa di fuoco, fiamme e urla, esso non era altro che una distesa del nulla più totale, ma le urla c’erano, ed erano anche molte, tra le più strazianti che avesse mai sentito, alle quali si aggiungevano anche le sue. Non sapeva esattamente da dove provenissero, era come se fossero tante camere diverse, camere immense, infinite, di un colore indefinito che poteva sembrare grigio o bianco, o a volte anche nero. L’angelo non riusciva a capirlo, il colore variava. Non ricordava da quanto tempo fosse lì, la cognizione del tempo era totalmente differente da quella della terra.
Per fare il punto della situazione, era legato in una stanza di una grandezza e di un colore indefiniti, poteva dire di sentirsi più morto che vivo. Sapeva che l’avessero portato lì insieme al suo corpo, per un motivo a lui sconosciuto, e fin da quando era stato trascinato lì, non aveva fatto altro che soffrire pene infernali. Le sue urla erano vane, nessuno giungeva in suo soccorso. Non era più una angelo, questo lo sapeva, ed era tagliato fuori dal paradiso, forse se avesse parlato con Gabriel e lui avesse tentato di dissuaderlo da quell’idea folle, avrebbe risparmiato parecchia sofferenza, parecchio dolore, ma no, lui aveva fatto di testa sua, non aveva contattato l’arcangelo suo amico, e aveva ascoltato Metatron, per questo, ora si trovava all’inferno: a causa della sua stupidità.
Eppure non riusciva a non pensare che quella fosse la cosa migliore che gli fosse capitata, certo, se avesse potuto restare tra le braccia di Dean, circondato da amore e basta, sarebbe stato meglio, ma non poteva chiedere troppo, giusto?
Fin da quando era arrivato, gli era stato chiesto di poter porre fine a tutto quel dolore, ed essere libero, con la condizione che lui torturasse altre anime. E no, lui si era rifiutato, preferiva essere vittima, piuttosto che carnefice. Non avrebbe ceduto, lo aveva promesso a se stesso, e anche al minore dei Winchester. Non li avrebbe delusi nuovamente, sperava solamente che Dean non stesse male, ma in fondo, perché avrebbe dovuto stare male? Lo odiava, ricordava quella conversazione spiacevole, molto più di quanto ricordasse le belle esperienze. E sì, sapeva di dover concentrare la sua attenzione sui bei ricordi, non su quelli pessimi, ma proprio non ne era in grado, il negativo tornava sempre a bussare alla porta della sua mente, forse perché era in un luogo dove regnavano sovrane la violenza, la disperazione e la sofferenza.
La violenza con cui i demoni si divertivano a torturarlo era la prima cosa che avesse conosciuto, il suo corpo umano era fin troppo incline al dolore, e quei demoni fin troppo crudeli, tanto da distruggerlo, ma lui non si era spezzato, aveva sempre rialzato la testa. Quei demoni non erano altro che esseri immondi e mostri, io sono un angelo del Signore, non mi farò piegare. – si ripeteva come un mantra nella mente, mentre subiva e incassava i colpi, le ferite, i dolori da loro inflitti. Non si limitavano a picchiarlo, ferirlo e simili, no, loro maledicevano il suo corpo, torturavano anche i suoi organi interni, fino a fargli sputare sangue.
Poi era stata la volta della disperazione. Le anime che venivano torturate nei dintorni, le cui urla giungevano fino alla stanza infinita dove era rinchiuso l’angelo, quelle urla che invocavano aiuto, aveva sentito a volte anche implorare il nome di Dio, pur non subire più quelle torture, quelle urla che si spegnevano, e poi ricominciavano, quelle urla che popolavano la mente di Castiel fin da quando era arrivato, quelle urla che semplicemente facevano venire la pelle d’oca, che trasmettevano paura e angoscia, quelle anime che alla fine si spezzavano, e accettavano l’accordo con i demoni. Nuovi demoni, o simili.
E infine, conobbe la sofferenza, non solo quella fisica, perché a quella nonostante non si fosse mai abituato, poteva resistere, perché aveva imposto a se stesso di non cedere, di restare fermo nella sua decisione, ma ciò che faceva più male, forse, era la sofferenza psicologica. Quando uno dei demoni che lo torturava, infieriva sul perché si trovasse lì, parlava della persona che aveva permesso che lui finisse in quel covo di dolore, rideva della sua condizione, niente, niente sembrava far più male di quello. Perché, nonostante l’angelo smentisse sempre, tentasse di difendere il cacciatore, sapeva che se Dean fosse stato presente, e avesse capito la situazione, lo avrebbe aiutato, come aveva tentato di fare Sam, perché Dean era sempre disposto ad aiutare tutti, aveva sempre salvato tutti, indipendentemente da che persone fossero nella vita, e quando aveva deciso se salvare lui, o fare qualcosa per il proprio tornaconto personale, aveva preferito il secondo, invece del primo. Aveva preferito andare in un bar insulso ad affogare i dispiaceri nell’alcol – e nel sesso, ma Castiel sperava che non lo avesse fatto, perché avrebbe solo fatto più male – piuttosto che stargli accanto, e trovare una soluzione, qualsiasi cosa necessaria per salvarlo. Non lo incolpava, certo che no, avevano litigato, Castiel era stato meschino nei suoi confronti, ma… perché non aveva messo una pietra sopra? Perché lo aveva lasciato da solo al suo triste destino? Era ingiusto, non era colpa sua, non aveva chiesto lui di nascere angelo. Anche Sam, per quanto sospettoso all’inizio del racconto, aveva capito le sue motivazioni, invece Dean… Il flusso dei suoi pensieri fu interrotto da un dolore acuto ad un fianco. Qualcuno si stava divertendo a farlo sanguinare, ma non avrebbe urlato, quello non era niente.
«Però. Ti facevo meno resistente, angioletto» la voce irritante ed odiosa di uno dei demoni che lo tormentavano, era forse una delle cose più odiose che l’angelo avesse avuto il dispiacere di conoscere «eppure sei qui da… mmh, quasi un anno infernale e non ti sei piegato. Dovremmo usare i metodi più forti su di te» lo schernì, affondando maggiormente il pugnale nel suo fianco.
Castiel strinse gli occhi per il dolore, incapace di trattenerlo e sputò un grumo di sangue, prima di riuscire a rispondere, la voce era arrochita dal dolore, e dal fatto che non passasse il tempo a parlare con qualcuno.
Aveva la gola secca, e ogni parola, ogni sospiro, ogni respiro erano una pugnalata dritta in quel punto.
«Fa’ quello che ti pare, abominio, io non mi piegherò mai».
«Scommettiamo?» domandò girando il pugnale nella ferita che già sgorgava sangue «mh. Ti do un altro anno, poi cederai. Mi supplicherai di farti torturare, piuttosto che essere torturato, e io mi divertirò ad istruirti sulle tecniche di tortura» affermò sicuro, estraendo e impugnando il pugnale. Dopo aver lisciato la lama con un dito, senza farsi alcun male, lo affondò nell’altro fianco dell’angelo, che si contorse dal dolore.
«Sono pur sempre un angelo, e gli angeli non si piegano al male» spiegò lui, gemendo per il dolore, quando il pugnale, estratto dal fianco, percorse il suo braccio, ed in esso affondò. Non un solo urlo. Aveva imparato a non urlare e a sopportare il dolore nel migliore dei modi, per quanto potesse essere migliore quel modo.
«Non vuoi deludere il tuo bel Winchester?» chiese, mentre la lama, adesso percorreva il collo del bruno e la sua altra mano raggiungeva i suoi capelli, tirandoli con forza, costringendolo a spostare la testa all’indietro, scoprendo il collo pallido, su cui incise un taglio netto e profondo, ma non troppo, era risaputo che le ferite superficiali fossero più dolorose di quelle più profonde, che potevano essere letali, ma non dolorose «se ti unissi a noi, potresti ucciderlo e vendicarti. Per colpa sua sei qui» infierì, ghignando.
«Non farò mai del male a Dean» affermò Castiel con decisione. Nonostante Dean gli avesse fatto del male, non meritava di morire, non lo avrebbe mai ucciso, nemmeno sotto tortura, nemmeno se ucciderlo avesse salvato la sua vita.
Sceglierò sempre te, non mi importa dell’inferno.
«Sei così leale» sibilò affondando la lama prima nell’altro braccio e poi nel costato dell'angelo, che si morse le labbra a sangue pur di non urlare «mi innervosisci, tiri fuori il peggio di me, angioletto. Winchester non è stato leale con te, non ti ama, e tu sei qui a soffrire per lui e a sperare che lui possa salvarti. Angioletto, sei un illuso» stavolta la lama andò a conficcarsi nella coscia, e Castiel cercò ancora di non urlare per quel dolore lancinante e tremendo, lasciandosi scappare un sonoro gemito di dolore.
«Sai… demone, non mi convincerai a diventare uno di voi parlando di Dean» la voce era affaticata, ma ciò che diceva era vero, nonostante tutto, il senso di protezione che provava verso entrambi i Winchester era vivo dentro di lui, e non lo avrebbe abbandonato per delle torture, rischiando che diventando demone, avrebbe fatto del male loro, avrebbe dovuto proteggerli anche da se stesso.
Il demone, tuttavia, si infuriò, perché conscio che Castiel non avrebbe mai ceduto. Nei suoi occhi vibrava ancora l’orgoglio angelico, e quello nessuna tortura, nessun essere crudele, nessun incantesimo avrebbe mai potuto toglierlo. Prima di diventare un umano e provare emozioni devastanti, prima di ridursi in quel modo, era stato un angelo, e la sua natura angelica continuava a vivere in lui, nonostante non avesse più le ali, non avesse più la sua grazia, aveva ancora quella che si poteva chiamare dignità. Era un angelo, e lo sarebbe sempre stato, nonostante tutto, e al male gli angeli non cedevano mai. L’unico angelo che aveva ceduto al male era stato Lucifer e tutti sapevano chi fosse e perché fosse caduto, e Castiel non avrebbe mai seguito il suo esempio.
Devo proteggere gli umani, devo proteggere i Winchester, devo proteggere la mia famiglia, devo proteggere Dean.
Quel demone non si arrese, continuò a conficcare quel pugnale in qualunque punto libero e pulito di quell’angelo, che ormai non era altro che un pezzo di carne al macello, ma che non cedeva mai. Non si spezzava, non si rompeva, non come avrebbe voluto il demone. Gli aveva strappato qualche urlo, ma nessuna supplica, le uniche suppliche che udiva erano quelle delle anime nelle camere circostanti, ma mai, mai da parte dell’angelo che aveva di fronte. Lui non cedeva, non supplicava.
Lo aveva davvero sottovalutato, quando aveva pensato che gli sarebbero bastati pochi mesi infernali per farlo cedere, invece era un osso duro, difficile da scalfire e da piegare. Sì, era decisamente una sfida da affrontare.
«Vedremo, angioletto, vedremo chi vincerà».
 
 
Dean era totalmente immerso nella ricerca. Erano passati cinque giorni dalla morte di Castiel, e tre da quando aveva deciso di contattare gli angeli. Non dormiva da tre giorni, era sempre chino sui libri, e leggeva, appuntava qualcosa su un foglio di carta e ritornava a leggere. Aveva consultato quattro libri in tre giorni, e Sam stentava a credere a ciò che vedeva. Dean non si era mai impegnato così tanto nemmeno quando anni addietro aveva dovuto studiare per prendere il diploma, e ora… aveva letto quattro libri, e non libri semplici, erano dei volumi immensamente grandi, in tre giorni, un record per lui che aveva impiegato due settimane per leggere un misero libro di cento pagine, tuttavia, Sam era di nuovo preoccupato – e non avrebbe smesso di preoccuparsi per la sua salute, se avesse continuato con quei ritmi eccessivi – era passato da uno stato di totale apatia verso qualunque cosa lo circondasse ad uno stato di iperattività. Non faceva bene al suo fisico strafare in quel modo.
Dean aveva delle profonde occhiaie violacee, e il volto sempre contratto in un’espressione di puro dolore e quella che sembrava essere stanchezza. Sam non ne poteva più di vedere Dean ridotto in quello stato, che diavolo gli era successo? Non era mai stato così per qualcuno, non si era mai abbattuto in quel modo, e il maggiore non aveva ancora sfogato il suo dolore.
Cosa sarebbe accaduto, se avessero fallito? Cosa ne sarebbe stato di Dean, se fosse andata male con gli angeli?
«Dean, devi rallentare un po’ i ritmi» gli disse, mentre lui era chino sull’ennesimo volume immenso, intento a cercare un modo per contattare gli angeli, doveva esserci qualcosa, un incantesimo, un’evocazione, qualsiasi cosa per mettersi in contatto con loro «ti aiuterò anch’io, ma devi dormire ora».
Il maggiore alzò lo sguardo su di lui guardandolo male, quasi fulminandolo. Sam non poteva capire come si sentisse Dean in quel momento, per quanto il minore potesse essere affezionato a Castiel, non aveva vissuto con l’ex-angelo ciò che aveva vissuto il maggiore, e non aveva fatto la sua idiozia di fuggire nel momento del bisogno. Non lo aveva fatto morire.
«No, Sammy, devo continuare, devo tirarlo fuori, io… lui…» le parole gli morirono in gola, non riusciva ad esprimersi, non riusciva a rendere ciò che provava a parole, non avrebbe mai potuto, semplicemente perché non lo capiva nemmeno lui, non era mai stato bravo con le emozioni, soprattutto con le sue, e oltre al senso di colpa sentiva così tante cose contrastanti da non farlo dormire la notte, da non permettergli di riflettere, riusciva solo a leggere, appuntare notizie o informazioni importanti, e continuare a leggere, senza fermarsi. Le birre, il whiskey e il caffè lo tenevano sveglio, non aveva bisogno di altro, non aveva bisogno di dormire, la sua unica priorità era salvare Castiel dall’inferno, niente premeva più di questo. Il riposo, il cibo sarebbero venuti dopo, doveva rimediare ai suoi errori, doveva salvarlo, prima che fosse troppo tardi, prima che l’angelo divenisse un demone. E allora cercava, incantesimi, evocazioni, cose per attirare gli angeli, qualsiasi cosa esistesse per potersi mettere in contatto con loro.
«Ehi, ascoltami» gli disse Sam, appoggiandogli le mani sulle spalle, abbassandosi davanti a lui, cercando il suo sguardo con il proprio «lo faremo. Lo salveremo insieme, ma non servi né a me, né a Cas in questo stato» gli tolse il libro dalle mani, e lo aiutò ad alzarsi dalla sedia «fai una doccia, mangia qualcosa e vai a dormire. Sono io quello intelligente, e il nerd esperto di ricerche» lo rassicurò, guidandolo verso il bagno. Dean, seppur contrariato, lo lasciò fare. Era davvero troppo stanco per combattere contro suo fratello, non si reggeva nemmeno in piedi, per questo lasciò che il minore lo conducesse al bagno, e aprisse l’acqua della vasca, iniziando a riempirla d’acqua calda «rigenerati, quando sarai tornato da un sano e ristoratore riposo, allora avrò trovato qualcosa di utile» concluse osservando il fratello, la cui espressione era di puro sgomento. Sam si assicurò che si immergesse nell’acqua e che questa fosse alla giusta temperatura prima di congedarsi dal fratello, e avvicinarsi alla porta.
Dean non appena toccò l’acqua si sentì un po’ più sollevato, e rilassato. Osservò il fratello di spalle, e un piccolo sorriso sfuggì dalle sue labbra, erano davvero uniti, più di quanto qualcuno avesse mai potuto pensare. Sam lo stava davvero aiutando tantissimo da quando aveva perduto Castiel, e si rese conto in quel momento di non averlo mai ringraziato per ogni cosa fatta a suo favore, oltre ad essergli stato sempre accanto, fin da quando erano piccoli, ed avergli salvato la vita un’infinità di volte, lo aveva spronato, in quel momento di dolore, e aveva cercato di farlo rinsavire e ora lo stava aiutando a salvare il suo angelo.
Non avrebbe mai potuto chiedere un fratello minore migliore del suo Sammy, ma questo, Dean non lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, e Sam non lo avrebbe mai saputo.
«Sammy» lo chiamò prima che andasse via, e non appena lo vide voltarsi con l’espressione stupefatta e confusa, il maggiore gli sorrise, carico di riconoscenza e affetto «grazie, di tutto».
«Ti aspetto di sotto, non tornare prima di due ore, o ti faccio dormire io, con una botta in testa» tentò di sdrammatizzare il più piccolo, guadagnandosi uno schizzo bollente d’acqua insaponata sui pantaloni, prima di chiudersi la porta alle spalle, sentendosi un po’ più sollevato. Dean avrebbe riposato e lui si sarebbe occupato delle ricerche, come al solito.
Il maggiore ancora immerso nell'acqua, s’immerse ancora più profondamente, sommergendo quasi la testa. Doveva riflettere, cosa avrebbe mai potuto fare, per contattare gli angeli? Non c’era niente, niente su quei dannati libri. Per la prima volta in vita sua, immerso in acqua, Dean Winchester chiuse gli occhi e pregò. Chiese aiuto agli angeli, arcangeli o chiunque esistesse sopra le loro teste, perché lui aveva bisogno di fare qualcosa, aveva bisogno di salvarlo. Non solo per espiare il suo senso di colpa. Aveva capito perché si sentisse in quel modo, e non era soltanto senso di colpa. Una volta uscito dalla vasca ed essersi infilato una tuta, raggiunta camera sua, crollò in un sonno profondo pochi istanti dopo essersi appoggiato sul letto, non senza aver pregato ancora gli angeli di riportarglielo, semplicemente perché lui aveva bisogno di Castiel, e di nessun altro. Sperò solo che quelli lassù lo sentissero.
Dopo un lungo bagno, e una dormita di circa tre ore e mezza, Dean scese nella cucina della casa di Bobby, alla ricerca di qualcosa da bere, sporse lo sguardo verso il salotto, e vide suo fratello chino su un libro, addormentato.
Era notte ormai, ma non se la sentiva di svegliarlo per portarlo a letto, si limitò ad avvicinarsi a lui e a prendere una coperta adagiandogliela sulle spalle. Non avrebbe mai ringraziato abbastanza il suo fratellino per tutto ciò che faceva per lui. Ritornò in cucina, dove afferrò una bottiglia d’acqua gelata e ne bevve un lungo sorso, prima di appoggiarsi con entrambe le mani sul lavandino, trattenendo un conato di vomito. Era disgusto per se stesso quello che provava, non era nemmeno in grado di cercare una soluzione ad un casino creato da lui, senza ridursi uno straccio e lasciare tutto il lavoro a Sam. Che razza di fratello maggiore era?
Un fruscio seguito da un fischio fastidioso invase la cucina, mentre lui era immerso nei suoi pensieri più profondi e denigratori verso se stesso. Udito il rumore, capì che qualcuno fosse entrato in casa, e afferrato un coltello da cucina, si voltò immediatamente verso l’intruso, trovandosi di fronte tre persone… alate? Tre paia di ali, delle immense ali bianche, invadevano la cucina, ed erano illuminate dalla luce lunare penetrante dalla finestra, la quale conferiva loro un’aria quasi evanescente. Dean perse qualche istante ad osservarli, il coltello stretto ancora nella mano, e l’espressione di puro sgomento sul volto. Quello più a sinistra, il più alto aveva l’espressione severa, le braccia conserte al petto e gli occhi chiusi, tuttavia non riusciva a capire il colore dei suoi capelli, la stanza era troppo buia; quello al centro era bassino, aveva uno strano ghigno divertito sul volto, e lo guardava fisso, mentre l’ultimo, lo fissava con astio, era di poco più alto di quello centrale ed aveva l’espressione quasi schifata sul volto, i suoi occhi saettavano da un punto all’altro della stanza, alla ricerca di qualcosa che Dean non conosceva.
«Sei tu che ci hai chiamati, vero?» chiese retoricamente quello centrale «non siamo inclini al mostrarci agli umani, ma tu conosci un nostro fratello, Castiel, giusto?»
Dean era senza parole. La gola era secca, e le parole mancavano. E così quelli erano angeli? Erano semplicemente meravigliosi, ma niente in confronto a Castiel, chissà com’è lui con le ali… - pensò distrattamente, mentre sentiva lo sguardo di quei tre angeli su di sé, come se volessero incenerirlo, o meglio quello a destra voleva incenerirlo, quello centrale sembrava curioso, mentre quello a sinistra… sembrava meditasse su qualcosa, e basta. Dean si torturò ancora un attimo le labbra, prima di trovare le parole per rispondere. Mettono un po’ di soggezione, solo un po’. – pensò il cacciatore, prima di prendere finalmente la parola.
«Sì, sì! Conosco Castiel» eccome se lo conosco. «sono Dean Winchester» si presentò, quando l’angelo di destra lo fulminò con lo sguardo, facendogli fare un passo indietro verso la cucina. Non aveva paura, ma quegli angeli con quelle ali immense lo mettevano sul serio in soggezione, e non era facile mettere in soggezione Dean Winchester.
«Sappiamo chi sei Winchester» sputò acidamente, dopo averlo fissato con astio ed odio.
«Su, fratello, sii gentile. È pur sempre un umano».
«È solo una scimmia senza peli»
Dean si ritrovò ad alzare gli occhi al cielo, anche la rossa lo aveva definito così, anzi aveva definito in quel modo tutta la popolazione umana. Non capiva perché li definissero così, ma decise che per una volta dovesse restare zitto.
«Noi siamo gli arcangeli» quello di sinistra finalmente finì la sua meditazione, e rivolse lo sguardo all’umano, guardando con rimprovero gli altri due che battibeccavano accanto a lui «io sono Michael» si presentò «loro sono Gabriel e Raphael» spiegò indicando prima quello centrale e poi quello a destra, ora avevano dei nomi anche loro «perché ci hai evocati, Dean?»
«Io non vi ho evocati, cioè, non ho… non ho trovato nulla, ho solo… uhm… pregato» balbettò in difficoltà e soggezione il cacciatore. Che diavolo avevano quelle creature di tanto speciale da farlo sentire così piccolo e insignificante?
«Ti abbiamo sentito» confermò Michael, mentre gli altri due arcangeli terminavano il loro battibecco, e rivolgevano anche loro l’attenzione all’umano, che tentava di spiegare loro cosa fosse accaduto.
«Io… sono disperato» disse semplicemente, e raccontò brevemente quanto sapesse della storia di Castiel, e rivelò i piani di Metatron e di quell’altro angelo, la rossa che aveva approfittato di lui da ubriaco. Chiese loro aiuto per salvare il suo angelo, e si offrì anche volontario per aiutarli nel cacciare Metatron, e scacciarlo dal paradiso. Avrebbe tentato il tutto per tutto, non importava il prezzo.
«E perché dovremmo tirare fuori un traditore dall’inferno? È quello il suo posto» disse Raphael, e Dean decise che avrebbe odiato a morte quell’arcangelo, se non avesse fatto qualcosa per il suo angelo. Con tanti angeli, lui doveva essere stato ascoltato da un burlone, un meditatore e uno stronzo. Quando si dice la sfiga, Dean.
«Fratelli, è di Cassie che parliamo. Dobbiamo aiutarlo» intervenne Gabriel, improvvisamente serio. Il cacciatore lo guardò intuendo che probabilmente quell’arcangelo e il suo Castiel dovessero essere amici, o qualcosa del genere. Altrimenti non avrebbe saputo come spiegare l’improvviso interesse misto a preoccupazione che si impossessò di quell’angelo – e no, non sentì lo stomaco contorcersi nella più pura e semplice gelosia «non possiamo permettere che diventi un demone, e dobbiamo fermare quello psicopatico di Metatron» continuò l’angelo che Dean classificò come suo preferito. Era quello meno stronzo, tra gli stronzi.
«Ah sì, certo. Solo perché voi due siete amici del cuore, non vuol dire che salveremo un caduto» Dean dovette farsi forza per non rispondergli male perché… sei un figlio di puttana, sei un maledetto figlio di puttana – pensò guardando con astio l’angelo, che non voleva saperne di aiutare Castiel, anzi, rispondeva male ad un altro angelo, che voleva rendersi utile.
«Noi non possiamo, lo sai bene, Gabriel» intervenne Michael, guardando dispiaciuto il fratello «io volerò in paradiso a fermare Metatron, portando con me Raphael» continuò, con quel tono monocorde, e pacato senza agitazione o fretta, o cattiveria, «se, tu, Winchester, trovi un modo, saremo lieti di darti una mano. Gabriel resterà con te» disse volgendo lo sguardo a Dean, celando in quello sguardo una risposta, che Dean si aspettava già. Per salvare Castiel ci sarebbe stato bisogno di un sacrificio.
Nessuno degli angeli lo disse ad alta voce, ma Dean lo sospettava, in cuor suo sapeva che per salvarlo qualcuno avrebbe dovuto pagare un prezzo, e anche molto alto. I due angeli svanirono nel nulla, lasciando Dean da solo con Gabriel, che lo guardava interrogativo, e speranzoso. Sperava che il cacciatore capisse cosa volessero dire quelle parole e che aiutasse il suo fratellino, in fondo, Castiel era questo per Gabriel, un fratello minore, era stato lui a mostrare all’angelo scomparso la terra, a fargli conoscere il mondo terreno e il paradiso, oltre ad avergli insegnato a volare, quando era ancora inesperto.
«Tu hai capito cosa intendesse Michael?» chiese l’arcangelo, facendo vibrare leggermente le ali.
Dean annuì lentamente, ponderando la decisione.
Salvare Castiel, o continuare a vivere con il rimorso di non aver fatto niente? Finire all’inferno o restare con Sam?
Il suo unico timore era che il minore rimasse solo, e che fosse in pericolo. Cosa avrebbe dovuto fare?
«Ebbene?» chiese ancora. Gabriel continuava a fissarlo, e Dean si sentiva sotto pressione, non sapeva cosa fare, non sapeva cosa dire. Voleva solo che tutte le persone a cui teneva, fossero al sicuro, e non corressero rischi.
Era lui a mettere in pericolo tutti, era lui la pecora nera, era lui che aveva fatto morire Castiel, era lui che aveva messo in pericolo Sam tante volte, era solo colpa sua, se tutto andava storto, era per la sua sindrome dell’eroe, che tutti finivano per morire.
Sospirò, annuendo, lo avrebbe fatto, avrebbe messo tutti al sicuro, e lui si sarebbe tolto dai giochi, per sempre.
«Lo farò, ma… potrei chiedere un favore?» chiese titubante, rivolgendo uno sguardo rammaricato al fratello addormentato sui libri, Gabriel annuì incitandolo a parlare, seguendo il suo sguardo sull’altro cacciatore «vorrei che mio fratello fosse al sicuro, da tutto».
«Tu salvi il mio fratellino, e io mi impegno a proteggere il tuo» confermò l’arcangelo, e Dean tirò un sospiro di sollievo «è uno scambio equo» confermò l’arcangelo, e Dean sentì un peso in meno sul cuore. Sam sarebbe stato al sicuro, e Castiel vivo.
Non poteva chiedere di meglio.
«E sia, allora. Andiamo a recuperare Cas».
To be continued...

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Hi! 
Ma che caldo non fa gente? çç preparare gli esami con questo caldo fa fin troppo male, infatti passo più tempo a scrivere che a studiare, ma dettagli. Allora, eccoci ad un nuovo capitolo! Chiedo scusa per il ritardo, ma tra studio e idee lampo... è stato un delirio. Comunque, non temete. Non vi libererete di me facilmente, anche perchè. eheheh ho ancora un paio (decina) di Destiel solo da rileggere, che arriveranno prossimamente. 
Andiamo con ordine. Dean sta malissimo, si sente in colpa e Sammy riesce a convincerlo a cercare un modo per tirare fuori Cas (qualcuno dubitava che lasciassi Cas lì? Puah.) E prega nientemeno che gli arcangeli. Non provo simpatia per loro, ma mi stanno meno sulle palle di Metatron, (Gabriel è un caso a parte, cioè aw!)
Il biglietto che Cas lascia a Dean prima di morire, è tratto da "Paradise Lost" di John Milton. 
Siamo alle battute finali, mancano solo altri due capitoli çç spero che continui a piacervi, e grazie a tutto coloro che la seguono! Al prossimo capitolo! 
   
 
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