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Autore: gioconiglio    25/06/2014    0 recensioni
poi capii una cosa: Non potevo amarla.
Io ero una creatura della notte, un mostro immortale se non ucciso, lei era la creatura giusta, un umano la perfezione. Lei non doveva stare con me, l'amavo troppo per incatenarla a me ed era giusto che prendesse le sue decisioni da sola, Jack, lui sarebbe potuto essere un compagno ideale per lei, intelligente, bello, perspicace; un ragazzo tranquillo ed educato e non un animale nel senso stretto del termine.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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ERO tornato a quella casa che mi aveva accolto quando non avevo più niente più o meno alle sette e mezzo, quando il sole era già andato sotto le colline, mio zio Ed stava guardando la partita, seduto sulla sua comoda poltrona, con in una mano il telecomando e nell'altra una bottiglia di birra.

Lui era un tipo a posto, non troppo simpatico ma neanche troppo impertinente, anche se era un po' in sovrappeso per quel lavoro, faceva il capo dei vigili del fuoco, che fosse sovrappeso era una cosa perfettamente comprensibile però, visto che i piatti di zia Virginia facevano leccare i baffi; letteralmente per lui visto che ne aveva un paio proprio sotto il naso, ormai bianchi però visto la sua non più giovane età.

-Ciao- feci

-Come è andata?- mi chiese senza distogliere lo sguardo dallo schermo

-Bene-

-Bene.- fece lui con tono che la conversazione non dovesse proseguire oltre

-Chi sta vincendo?- chiesi io per cambiare argomento

-Secondo te?- ribatté con tono scocciato

-Sicuramente non i Seattle- replicai

-Merda!- urlò lui alla televisione -No No No!-

-Okay... io... io vado da zia Virginia- feci; a me piaceva guardare le partite, ma quando i Seattle perdevano era meglio andare il più lontano possibile da Ed, che poteva distruggere qualsiasi cosa nel raggio di decine di metri; ora stavo entrando in cucina attraverso l'arco di legno che una volta, evidentemente, c'era attaccata una porta. La mia amata zia stava preparando la cena, lei era una donna non molto in carne, dai capelli neri che non erano ancora bianchi, era una brava donna che mi aveva sempre considerato come il figlio che non aveva mai avuto visto che da piccola, per via di un brutto e sanguinoso incidente d'auto, aveva perso la possibilità di averne, come suo padre aveva perso l'uso delle gambe.

-Ciao- feci

-Ciao- fece sorridendo

-Che c'è per cena?- chiesi ricambiando il sorriso

-Maccheroni e formaggio- rispose mentre stava amalgamando la pasta ai molti formaggi messi dentro una terrina

-Buono- replicai; lei sorrise compiaciuta e mi domandò “Com'è andata in spiaggia?”

-Bene- feci io

-Sono contenta-, sembrava felice. Io mi allontanai dirigendomi in camera, vidi mio zio lanciare alcune imprecazioni alla TV, ma orami non ci facevo più caso da anni.

Mi diressi in camera mia, quella vecchia camera che mi ospitava la notte da sempre. Stavo per accendere il computer ma una cosa attirò la mia intenzione, una piccola foto dietro ad esso, rimasta lì per chissà quanti anni, eravamo io ed Elizabeth. Sembravamo felici insieme, o meglio lei era smagliante, e io pure, era estate, del 2004 se la memoria non mi inganna; eravamo al DisneyWorld di Orlando, si vedeva la ruota panoramica di Topolino e le montagne russe sullo sfondo; quasi avevo dimenticato quel giorno, per quanto indimenticabile fosse, avevamo viaggiato per ore dallo stato di Washington eravamo scesi, avevamo passato l'Idaho e poi dritti fino in Kentuchy, poi eravamo andati a sud est fino in florida e poi ad Orlando, ora vedevo i suoi occhi verdi, cosi luminosi e belli, le sue goti rosee e le sue labbra carnose contorcersi in un sorriso mozzafiato, in quella foto portava un vestito blu a pois rosa ed era stupenda, io le stavo vicino, il mio braccio sinistro era appoggiato alle sue spalle; stavo sorridendo, uno dei miei smaglianti e bianchissimi sorrisi, eravamo proprio belli insieme. Lì, in quel ricordo cartaceo, portavo una polo blu con sotto una maglietta gialla che si abbinava alla marca della polo, inscritta sul lato sinistro di essa.

Presi quel ricordo cartaceo, sopra c'era un bel strato di polvere che, distrattamente, lo tolsi via col pollice e lo misi nel portafoglio, quel vecchio portafoglio di pelle marrone che da anni mi accompagnava ovunque, dentro c'erano alcuni scontrini, un biglietto del pullman, alcune banconote e la foto di mia madre, che ora viaggiava assieme a me ed Elizabeth.

Senza che me ne accorgessi erano passati molti minuti, arrivarono le otto e accesi finalmente il lettore CD che subito iniziò a produrre musica e il computer che dopo emise l'iconico suono della mela morsicata, appena si accese andai su Facebook, scrivendo Elizabeth, ma... il suo cognome? Qual'era? Proprio ora che avevo disperatamente bisogno di mettermi in contatto con lei non sapevo il suo cognome e quante Elizabeth ci saranno state su quel Social Network? Centinaia? Migliaia? Milioni? Non lo sapevo. Presi la tastiera in mano e, taggando Michael, Josh, Lindzay, Luke e Lea, scrissi “giornata perfetta in spiaggia, ci sentiamo ragazzi<3”, rimasi un momento indeciso per pubblicarlo o meno ma non ci volle molto che mia zia mi chiamò per dirmi che era pronta la cena e senza prendere la decisione a cuore premetti il tasto “Pubblica” e mi diressi giù velocemente, come una persone che non vedeva cibo da anni.

Mi sedetti al mio posto, di fronte a zia Virginia e presi due cucchiaiate della cene che mi stava di fronte, dentro una terrina

-Hai fame, immagino- disse Ed

-Logico- risposi, per quanto difficile da comprendere loro sapevano del mio, ecco... problema, ma avevano col tempo imparato ad apprezzarmi comunque, anche se sono un mostro. Era da pochi anni che avevo imparato a trattenere la trasformazione a luna piena, ma quando mi arrabbiavo era impossibile trattenerla, la trasformazione avveniva ed era meglio non trovarsi vicino a me nei primi secondi di trasformazione, potevo letteralmente uccidere.

Mia zia mangiava in silenzio ma tutto di un momento disse

-Sapete?-

Io e mio zio, impegnati a parlare di sport ci eravamo girati verso di lei per quello strano comportamento

-Domani andrò ad un corso di cucito, non tornerò prima delle sette e mezza o alle otto, Ed, caro, potresti preparare tu la cena?- chiese sorridendo

-E se invece domani non andassimo a mangiare fuori?- proposi

-Buona idea- fece mio zio -Del resto dovrei chiamare i miei colleghi visto che ai fornelli ho ottime probabilità di dar fuoco alla casa- continuò ridacchiando

-Va bene dai- disse zia Virginia -Ma andremo verso le otto e mezzo, devo prepararmi dopo il cucito-

-Per me non c'è problema- feci prendendo un'altro cucchiaio di pasta, essendo un lupo avevo sempre una grande fame, ma non ingrassavo neanche di un grammo, cosa che a volte faceva sospettare qualche umano ma io gli dicevo che era normale che non ingrassavo poiché facevo molto esercizio fisico, bugia speravo ben architettata visto che non potevano esistere altre più credibili.

Finita la cena aiutai mia zia a spreparare e, dopo essermi lavato bene i denti mi diressi in camera mia, dove guardai il mio profilo di Facebook un'ultima volta, lo stato aveva ricevuto tre like e due commenti che ero troppo stanco per guardarli, così spensi computer e lettore, mi tolsi la maglia e i pantaloni per mettermi un paio della tuta più comodi, restando a petto nudo e mi cacciai sotto le coperte.

 

Aprii gli occhi al suonare squillante della sveglia, dovevo non aver dormito molto visto che per poco non ripresi il sonno ed ero anche in considerevole ritardo,

-Cazzo!- esclamai mentre mi alzavo di scatto dal letto, mettendomi il primo paio di pantaloni che mi erano capitati in mano, erano dei bermuda bianchi a sottili righi grigi sopra mi misi una canottiera bianca e una camicia azzurra, il risultato non era niente male.

Scesi di corsa giù per le scale, mangiai velocemente un biscotto in cucina e mi lavai i denti, mentre mi mettevo le scarpe, delle Converse grigie, recuperai lo zaino, il telefono e il portafogli e mi precipitai fuori della porta di casa mentre erano le otto meno cinque minuti, in altre parole avevo cinque minuti per raggiungere la scuola che era considerevolmente lontana da casa mia, entrai nel pick-up senza chiudere la porta dalla fretta ma che alla fine si chiuse mentre facevo retro marcia, e poi via a più di trenta chilometri sopra il limite, sperando di non incontrare vigili per la strada, anche se sapevo che non era possibile.

Arrivato a scuola la campanella stava suonando e io mi affrettai ad entrare e vidi una cosa strana e allo stesso tempo bellissima: Una ragazza, nuova, stava entrando in aula di biologia, le era la persona più bella che avessi mai visto in tutta la mia inutile e miserabile vita, il suo profumo così dolce e gradevole all'olfatto, i suoi capelli mossi, di quel bel castano chiaro, per qualche motivo mi ricordava qualcuno, ma chi? Era troppo familiare quel volto, dove l'avevo visto prima? Solo allora mi accorsi che stavo facendo veramente tanto tardi, allora mi affrettai ad entrare nella mia aula, ma prima riuscii a fiutare un odore nell'aria, o meglio un non odore, era Jack. Quel ragazzo era un tipo proprio strano, bianco come un lenzuolo, freddo come la roccia, non emanava odore, non emanava calore; il suo cuore non batteva.

Che cos'era? Guardai un'ultima volta quella porta che stava per chiudersi e entrai nella mia aula.

La professoressa Sue non era di certo una donna che perdonava, anzi, sopratutto un perfetto idiota come me, lei era alta, troppo per la sua età, leggermente gobba, i suoi capelli rossicci davano l'impressione di diventare bianchi da un momento all'altro, i suoi occhi anche se con un paio di occhiali davanti, erano fulminanti per quanto piccoli fossero.

Come ho già detto lei non perdonava, infatti appena entrato presi un quattro per il ritardo, la giornata non si preannunciava delle migliori, durante quella noiosa ora non facevo che pensare a lei, chi era? Perché mi ricordava qualcuno che era stato importante nella mia vita? Io conoscevo quella ragazza?

Ero così assorto in quei pensieri che quasi non mi accorsi che la campanella aveva suonato e che i miei compagni stavano andando in corridoio, Luke mi guardava meravigliato

-Ma che hai adesso?- fece sorridendo

-Niente- risposi frettolosamente -Niente-

-Sinceramente?-

-Sinceramente... beh ho una ragazza da conoscere- dissi sorridendo

-Vengo con te-

-Non te lo consiglio-

-Ma dai!- esclamò lui -Casomai se non mi vuoi ammetti che hai paura che si innamori di me- disse ridendo

Io non badai a quelle parole, camminavo, ma che, stavo quasi correndo su l'uscio della porta, quando la vidi; lei era bellissima, stava uscendo dalla sua aula, come se essa fosse l'oriente e lei il sole, come se fosse Persefone che varca le porte degli inferi poiché lei è paragonabile ad una dea, ma una dea non è adatta a questo mondo di mortali e dannati.

Mi avvicinai a lei, sentivo il sudore scendermi giù per la schiena e per il torso, ero dietro di lei a non più di dieci metri, si volto e mormorò “Boris?”. Il mondo come io lo conoscevo era crollato sulle mie stesse spalle, i suoi occhi così verdi, le sue goti rosee, la sua voce soave e melodiosa, non poteva che essere lei: Elizabeth.

Mi avvicinai a lei e ripetei quel nome

-Elizabeth?- lei sembrò meravigliata e un bellissimo sorriso prese forma nel suo volto

-Boris!- fece lei tutta felice come una pasqua -Da quanto tempo!- continuò

-Perché sei tornata?- feci serio

-Perché mi mancavate tutti, stupido- fece sorridendo e poi continuò -E perché i miei hanno divorziato e io e mio padre siamo tornati a vivere qui- io allora l'abbracciai tutto felice e lei ricambiò la stretta, restando per un attimo soffocata, quell'abbraccio per quanto breve fosse mi sembrò durare un eternità e oltre, non ero mai stato tanto felice di vedere una persona in tutta la mia vita, lei si divincolò da me sorridendo e dicendo in modo perspicace e allo stesso tempo meravigliata ed eccitata “non hai più l'apparecchio e ne hai messi su di muscoli” poi continuò più seria

-L'ultima volta eri un così magro e asciutto, è da tanto che non ci vedevamo- l'ultima parte della frase l'aveva evidentemente rattristita molto così decisi di tirare un po' su il morale di quella scena strappalacrime

-Dai tempi delle torte di fango- feci con un sorriso a trentadue denti così bianchi da emanare luce propria, ci riabbracciammo ancora ma questa volta finì di colpo

-Devo andare, ci sentiamo dopo- fece velocemente e lasciandomi lì a bocca aperta; avevo veramente incontrato Elizabeth o era stato solo uno scherzo fatto dalla mia mente?

Luke stava arrivando con perfetta calma e mi chiese sorridendo

-Allora chi è la tua nuova fiamma?-

-Ti faccio conoscere qualcuno ma dopo, ora sto morendo di fame- feci sorridendo

Mi ero seduto al tavolo con i nostri amici che, ovviamente di Elizabeth non sapevano neanche il nome e non sapevano che era tornata dopo tanti anni. Da mangiare io presi una pasta fredda che probabilmente le cuoche a basso costo di quella scuola pubblica l'avevano comprata in lattina e poi aperta e servita così com'era.

La mia attenzione era ricaduta sugli altri quando Luke annunciò

-Sapete, Boris si è trovato una nuova ragazza- io lo guardai con sguardo fulminante mentre per gli altri quella notizia non era altro che argomento di pettegolezzi e subito partirono migliaia di domande

-Chi è?- cominciò Josh

-Quanti anni ha?- ora era Michael

-Non dirmi che è più piccola- sta volta era Lindzay

-Se è più piccola è una cosa immorale- era Lea

-Ragazzi! Ragazzi! Ragazzi!- intervenni -Non sono fidanzato, non è la mia fidanzata-

-Chi?- Stavo per rispondere “Elizabeth” ma mi trattenni dicendo solo

-Non posso dirlo, ma lo scoprirete- feci nell'esatto momento che la campanella finale suonò e molti studenti lasciando i pranzi metà la e andarono via, io però aspettai che Elizabeth finisse così da poter andare via insieme, lei mi guardava felice come una pasqua, mentre io le dicevo dolcemente “Perché prima tutta quella fretta” lei per un po' ci pensò e poi mi disse sorridendo

-Perché ci stavano guardando tutti-

Io assunsi un tono di voce irresistibile e le dissi

-C'è qualcuno che vuole conoscerti, vieni- lei mi seguì dicendomi in modo felice e giocoso che assumeva sempre alle “Con molto piacere”, uscimmo da scuola insieme e fuori c'era Luke e i suoi occhi s'illuminarono, aveva capito chi fosse lei e subito gli partì un grido acuto

-Elizabeth!-, lei per un momento fece difficoltà a ricordarsi chi fosse lui ma poi capì

-Luke!- fece abbracciandolo, cosa che non mi diede non poco fastidio e sentii un ringhio partirmi da dentro ma lo ricacciai subito via

-Ne è passato di tempo- fece lui

-non ricordo neanche quanto- fece lei sorridendo; il ringhio tornò e questa volta più forte e più difficile da controllare, Luke capì e le disse “Beh io sono abbastanza tanto indietro con i compiti quindi beh, ci vediamo in giro” poi corse via

-Ma che aveva?- mi chiese

-Compiti- risposi io -Hai bisogno di un passaggio?-

-Molto volentieri- rispose.

L'accompagnai fino al mio vecchio pick-up tutto scolorito, parlammo dal più e del meno per la strada lei sembrò meravigliata quando le dissi che quella carrozzella l'avevo riparata io, e durante quella conversazione venni a sapere il vero motivo del perché erano tornati lì: Dopo aver divorziato i suoi genitori la volevano entrambi in affidamento, ma quando seppe che suo padre stava tornando a Moonlight lei aveva lasciato la vita di ricchezza per tornare nel luogo dove era cresciuta da piccola

-Mi mancavate terribilmente tu e Luke- fece, io le misi un braccio intorno al collo ma vidi che si era spaventata

-Boris stai bene? Sei bollente-

-Sto benissimo, e solo che...- mi ci volle qualche secondo per riflettere alla risposta da dare -Che noi Nativi abbiamo un diverso adattamento ambientale e siamo più caldi- sperai in quel momento che se la bevesse con tutto il cuore, e fu così per mia grande fortuna; ora lei si stava accoccolando sul mio braccio restando così per un po', poi a mio dispiacere dovetti interrompere quell'atmosfera magica e carica

-Dove abiti?- domandai

-Qua, alla fine di Regent Street-

-Okay- feci.

Regent Street era una via molto vicina e sfortunatamente non ci volle molto perché la percorsi tutta fino a raggiungere la sua casa dalle mura in legno e pietra, molto bella e differente dalle altre casa di Moonlight

-Vuoi entrare?- chiese lei guardandomi

-Sarà per un'altra volta- risposi provando a sorridere

-Sicuro?-

-Si

Lei stava entrando in casa, percorrendo il vialetto di ciottoli dalla strada alla porta ma io la trattenni un ultimo istante

-Eli-

-Si?

-Quando farà bello, nei prossimi giorni, possiamo trovarci e andare un spiaggia, anche con Luke, se vuoi.-

Lei ci pensò qualche secondo, poi fece

-Si, mi sembra perfetto.-

-Ok, a domani- feci io allontanandomi

-Ciao- fece lei, io stavo salendo in macchina, le feci un segno di saluto con la mano e mi allontanai, stupidamente innamorato.

Il mio arrivo a casa fu come tutti gli altri, mi arrivava in faccia una scena già vista più volte, mio zio era tornato prima e mi aspettava sulla veranda guardandomi con sguardo serio, mia zia era dentro probabilmente a fare il bucato

-Perché ci hai messo tanto?- cominciò

-Ho accompagnato un'amica a casa.- feci io

-Chi era?-

-Nessuno.- Sapevo che quella risposta così dura l'avrebbe insospettito, ma non avevo voglia di raccontargli del piacevole incontro con Elizabeth, non ancora.

Per tutto il resto della giornata non facevo altro che pensare a lei, ma poi una cosa che fino a poco prima non aveva neanche invaso l'anticamera del cervello ora era al centro dei miei pensieri: Jack.

Erano assieme a biologia loro due, e quando avevo sentito il suo non-odore, lei mi aveva lasciato solo, qualcosa non tornava, e se lei lo amasse? Questo spiegherebbe moltissime cose, ma allo stesso tempo mi faceva sorgere molti più interrogativi, perché non mi spiegava più semplicemente come stavano le cose? Perché allora sembrava anche innamorata di me?, ma la cosa più importante perché io l'amavo? Tutto ciò non aveva senso, non potevo innamorarmi di una ragazza con cui avevo passato i primi anni della mia vita, non potevo innamorami di una ragazza che mi considerava quasi come un fratello, non potevo.

Per fortuna la serata passò in tranquillità, una tranquillità quasi irreale per quella casa, lo dissi e compii il più errore della mia vita

-sapete chi ho accompagnato a casa?

Ai miei zii ci volle qualche secondo per rispondere poi mia zia interruppe il silenzio dicendo

-Chi caro?

Io stavo accennando ad un sorriso, dissi la fatidica parola

-Elizabeth-

I miei zii rimasero a bocca aperta, con gli occhi fuori dalle orbite che mi guardavano come fossi pazzo

-Quella Elizabeth- intervenne mio zio

-Proprio quella, si sono ritrasferiti qui- ero proprio felice di dirlo a qualcuno

-E' fantastico, vero?- era mia zia

-Si, proprio fantastico- fece mio zio

-Sai cosa sarebbe carino- continuò mia zia zia -Se la invitassimo a cena un giorno, vero?-

-Si- feci io -Sarebbe perfetto-

Dopo questa conversazione la cena riprese con la sua noiosa tranquillità.

Quella notte sognai per la prima volta Elizabeth Ibis.

Io ero in forma di Lupo, lei era sopra di me, scappavamo da qualcuno o da qualcosa, stavo correndo con le mie forze, sentivo i muscoli strapparsi, le veni esplodere, il cuore battere così forte da scoppiare e poi le tempie che pulsavano, il mio respiro affannato e le zampe cedettero, caddi rotolando vicino ad un , lo conoscevo era alla spiaggia e Elizabeth cadde da me e si trovava a poche decine di centimetri dallo strapiombo sul mare e su scogli appuntiti e taglienti, poi capii cosa fosse il mostro che ci stava inseguendo, era Jack.

Lui mi attaccò e sentii una morsa di dolore alla spalla destra che mi costrinse a tornare nudo, ero ormai senza maglietta, strappatasi durante la trasformazione e i pantaloni a brandelli, la spalla era rossa e doleva ma io riuscii a sferrargli un colpo alla faccia che gli fece aprire il volto, lei ci guardava e solo dopo la vidi; era in piedi sul dirupo, coi piedi a metà strada tra la vita e la morte

-Non posso decidere, vi amo entrambi- fece e si buttò all'indietro, a braccia aperte verso la morte

-No!- urlai.

Ero in camera mia, tutto sudato e con le lacrime agli occhi, era solo un'incubo, uno stupido insensato incubo.

Guardai l'ora sul telefono, appoggiato al comodino, segnava le cinque e mezzo, il sole non aveva ancora fatto capolino tra le colline ma pur con tutta la buona volontà non riuscivo più ad addormentarmi, così decisi di farmi una doccia e prepararmi lentamente per la scuola.

La sola sensazione dell'acqua fredda sulla mia pelle che lentamente diventava calda fu una liberazione del mio spirito ancora turbato, e senza volerlo ero stato lì dentro più di quanto avessi programmato, assopito dai pensieri di Elizabeth, poi capii una cosa: Non potevo amarla.

Io ero una creatura della notte, un mostro immortale se non ucciso, lei era la creatura giusta, un umano la perfezione. Lei non doveva stare con me, l'amavo troppo per incatenarla a me ed era giusto che prendesse le sue decisioni da sola, Jack, lui sarebbe potuto essere un compagno ideale per lei, intelligente, bello, perspicace; un ragazzo tranquillo ed educato e non un animale nel senso stretto del termine.

Finita la doccia erano le sei e tre quarti, mi asciugai i corti capelli neri e mi vestii con una camicia di jeans, jeans e un mio vecchio paio di scarpe nere, col tacchetto, simili a delle Clark ma non formali, scesi le scale e andai in cucina a mangiare una tazza di latte con i cereali, mi rifeci la cartella ed ero pronto per la scuola, avevo già preso su le chiavi della moto, non avevo voglia di usare l'auto, e stavo per chiudermi la porta alle spalle quando

-Boris?. Era mia zia -Boris, dove stai andando?-

-A scuola- le feci io con una punta di sorpresa da quella domanda

-Non te l'ho detto?- continuò lei

Ora io la guardavo come se fosse pazza

-Detto cosa?

-Oggi non hai scuola- a quella domanda io rimasi un'attimo scioccato, in una cittadina così piccola gli scioperi sono inesistenti, perché allora poteva chiudere una scuola pubblica?

-Perché?

-Perché i tuoi professori devono andare ad un corso d'aggiornamento, torna su e riposati.

-Non ho sonno- feci io -Posso uscire?-

lei arrise e disse con voce lievemente alterata da un risolino -A casa per mezzogiorno, intesi?-

-Capito- feci io già avviatomi verso il pick-up.

A poche centinai di metri da casa tirai fuori il cellulare e chiamai Elizabeth, non mi sarei sorpreso se non avesse saputo la notizia, in quel paesino dimenticato da tutto e da tutti ci voleva un bel po' prima che il numero della famiglia venga registrato nel vecchio e datato computer della segreteria.

Ci volle un po' di tempo prima che il telefono agganciasse una cella e che si sentirono i battiti elettronici, ne passò uno, poi due, tre e rispose

-Pronto?- fece

-Ehi Beth- feci

-Boris ma perché mi chiami se tre pochi attimi ci vediamo a scuola?

-Perché oggi non c'è, i professori sono ad un corso

-Ah- fece, sentivo i secondi passare inesorabili, poi -Ok, allora avviso i miei e mi ributto a letto-

-Non se ne parla- feci io sorridendo -Ti porto a fare un giro-

-Ma ai miei che dico?- sembrava preoccupata, ingiustamente preoccupata

-Digli che non c'è scuola e vai a fare un giro con un vecchio amico-

-Ok, lo farò.-

-Grande, ci vediamo presto- feci, girando la manopola destra della moto e andando più veloce, era così bello i boschi che circondavano Moonlight ridevano nel Sole, sulle colline mentre i frutti d'Agosto appassivano, corrugandosi e morendo dagli alberi, tutto era bello e tutto stava cambiando.

Arrivai a casa di Elizabeth in lieve anticipo, lei stava uscendo dalla porta e vedendomi il suo viso s'illuminò e sulle labbra apparve un grande e luminoso sorriso

-Ciao- feci io

-Ehi- fece lei divertita -ma da dove l'hai tirata fuori questa?- domandò sorridendo, i suoi denti bianchi erano in forte contrasto con la sua pelle chiara, ma ancora abbronzata dalla sua vecchia vita, Dio quanto l'amavo

-Beh,- feci io -I miei vicini un paio di anni fa avevano traslocato per Vancouver e si erano dimenticati questa nel retro, diciamo- abbassai lo sguardo un po' sentendomi un ladro -Diciamo che me ne sono appropriato, non avevamo il loro numero e non erano più tornati, quindi-

-Quindi?- fece lei sempre più divertita

-Quindi ora è mia- conclusi, ci guardammo un attimo negli occhi e scoppiammo a ridere, una risata che sembrava durasse anni, lei la troncò con una voce ricca di curiosità e i suoi occhi verdi s'illuminarono come stelle al chiaro di luna

-Dove andiamo?- fece lei -Ti porto in un posto- feci io avviandomi verso la moto -Vieni, è meglio che ti stringi a me- conclusi.

Partimmo con un rombo, in poco tempo vedemmo la casa di Elizabeth scomparire tra gli alberi, sentivo le sue mani, quelle mani perfette stringersi a me, le sentivo sul mio ventre, sui miei muscoli e involontariamente iniziai a sudare per la sorpresa piacevole, ora le sentivo più strette a me e rallentai la moto impercettibilmente per allungare quel momento di piacere ma ancor prima del previsto eravamo arrivati.

   
 
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