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Autore: gioconiglio    25/06/2014    0 recensioni
poi capii una cosa: Non potevo amarla.
Io ero una creatura della notte, un mostro immortale se non ucciso, lei era la creatura giusta, un umano la perfezione. Lei non doveva stare con me, l'amavo troppo per incatenarla a me ed era giusto che prendesse le sue decisioni da sola, Jack, lui sarebbe potuto essere un compagno ideale per lei, intelligente, bello, perspicace; un ragazzo tranquillo ed educato e non un animale nel senso stretto del termine.
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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NATO. Per alcuni l'inizio di tutto avviene al sicuro nelle quattro mura di un ospedale, o di una casa, ma per me l'inizio di tutto era iniziato in una foresta distante dalla città di Moonlight Falls di quattro ore di cammino lento. La mia sfortuna era iniziata quando ero nato, quella tiepida notte estiva di luna piena del 1998. Mia madre era morta di parto, solo un ricordo avevo di lei, mi guardava e mi aveva detto solo “Sei bellissimo”; lei era una donna di origini native, era chiaro chiaro, aveva dei bellissimi capelli neri lucenti portati lunghi lunghi e mossi e i suoi occhi erano neri come la notte. Quella notte portava un semplice vestito bianco candido e una collana di oro bianco, era bellissima ma comunque una bellezza appassita in quel ricordo e pronta ad essere sostituita da nuovo e bello. Sapevo che anche mio padre era morto quella notte lui era in macchina a tutta velocità per cercare Rachel, mia madre, ma non aveva visto il camion che correva veloce verso di lui, era stato un frontale, lui era stato sbalzato fuori dalla macchina e dal vetro del parabrezza mentre il camion scoppiava e la sua auto si accartocciava. I medici dissero che non doveva aver sentito dolore.
Venni ritrovato solo più o meno quattro giorni dopo il parto, sarebbe stato impossibile per un neonato come me sopravvivere tanto se non che una lupa aveva appena avuto i cuccioli e mi aveva scambiato per uno di loro e mi aveva dato il latte e giocavo con i miei fratelli lupo e tutto era così bello. Ecco, tuttora non c'era una spiegazione logica a quello che ero, a me piaceva quella, la trovavo in qualche modo quasi perverso poetica, ero un licantropo.
La mia infanzia iniziava nella casa dei miei zii da parte di mia madre vicino alla riserva e a Moonlight, era una casetta accogliente a due piani, dalle pareti in legno dipinte di bianco e con uno strano tocco europeo, dentro si apriva un minuto soggiorno dai colori caldi, un divano in pelle evidentemente vecchio, una vecchia TV logicamente non a schermo piatto in HD, un tappeto che non serviva a niente in quella casa poiché in terra c'era mouchette dal colore verdastro, procedendo in avanti, varcando un arco di piccole dimensioni si trovava la cucina con un piccolo tavolo con quattro sedie; procedendo in direzione opposta a quella della cucina si trovava il bagno e le scale che portavano al secondo e ultimo piano, dove c'erano le tre camere quella degli zii, quella degli ospiti e la mia; la mia camera era modesta, visto che era ridosso al tetto il soffitto era inclinato e in alcuni punti proprio basso, problema da non poco visto il metro e ottanta e oltre che ero. Avevo in quella camera il letto di legno a destra, a sinistra la scrivania con il mio portatile Apple sopra e vicino una macchina da scrivere, ormai tenuta quasi esclusivamente come oggetto d'arredo, vicino alla scrivania c'era la mia libreria e l'armadio guardaroba. In terra, quasi come segno di marca della casa quella odiosa Muochette verde che pareva colore palude. Fuori della casa, grazie ad una porta vicino le scale, si raggiungeva un grande garage dal pavimento in cemento dove mi dilettavo a riparare auto e moto.
Io ero Boris Cooper, nato probabilmente il 17 luglio 1997 ed ero immortale e quelli fino al 17 luglio sarebbero stati gli ultimi giorni in cui crescevo e poi sarei rimasto in quel corpo per sempre, un diciassettenne per sempre. Ero un ragazzo alto un metro e ottantasei, magro in vita ma dalle spalle larghe e molto muscoloso, avevo i capelli eri corti, ma con il ciuffo e gli occhi marroni scuri scuri quasi neri, la mia carnagione era color caramello lucida e deliziosa; essendo un licantropo, però essa era comunque molto resistente; quel giorno portavo dei jeans stretti con uno strappo sul ginocchio, una maglietta nera e delle Timberland ai piedi; insomma, ero irresistibile. Oltre ad aver un bel corpo avevo anche un bel carattere ero un ragazzo tutto pepe sempre sorridente, con un sorriso caldo, bianco e perfetto che irradia benessere nella gente. Ora potrete pensare che io fossi il super ragazzo super popolare ma non è così, me ne stavo sempre un po in disparte insieme alla mia piccola cerchia di amici cioè io, Luke e Elizabeth ma ciò era successo ai tempi delle medie, ora Elizabeth si era trasferita a New York mentre io e Luke siamo rimasti qui soli. Lei era una ragazza dolce e geniale, i capelli castani mossi erano così belli, sapevano un così gradevole profumo così femminile ma con una punta di piccantezza e i suoi occhi verdi, come i prati in aprile erano così perspicaci e belli, la sua voce era celestiale come un canto angelico. Lei era perfetta, semplicemente perfetta. Ricordo ancora il giorno in cui lei se ne era andata, era aprile, il giorno del suo compleanno e le avevo regalato un bracciale dal grande significato per me, l'avevo fatto io era un bracciale in cuoio, all'inizio i fili s'incrociavano poi si snodavano stando liberi e poi tornavano a formare la treccia, lei si limitò a dire “E' bellissimo, non so neanche come ringraziarti” io l'avevo abbracciai, stavo piangendo, alcune lacrime irrigavano il mio volto sicuro che quello sarebbe stato l'ultimo giorno in cui l'avrei vista. Lei non lo sapeva, ma quel bracciale raffigurava il mio amore per lei. Non l'avrei mai dimenticata, lei era il mio solo, unico vero amore; ma era più di vero amore non c'era una parola per definirlo, sapevo che per gli animali esisteva un imprining cioè l'amare alla follia una cosa e l'unico scopo che ti resta nella vita è renderla felice ed essere sicuro che stia bene e al sicuro, ora anche se il mio amore per lei va oltre a questo la potrei facilmente definire come il mio imprinting personale.
Luke invece era anche lui un ragazzo di origini native, aveva i capelli un po più lunghi dei miei, un po più basso di me e meno muscoloso, era un ragazzo molto simpatico e anche lui come me condivideva la maledizione del licantropo, quando avevamo undici anni gli avevo detto ciò che ero e lui mi aveva chiesto di trasformarlo e da bravo stupido io avevo accettato, ma comunque sembrava felice, anche se gli sarebbe per sempre rimasta una cicatrice sulla spalla sinistra dove l'avevo morso a forma di dentatura di lupo, per sempre. Era seduto di fianco a me nel tavolo della mensa, aveva appena bevuto un sorso d'acqua che ora ora stava sputando a causa di una mia battuta esilarante, vicino a noi era seduti anche Josh, Leah e Michael, i primi due era fidanzati possiamo dire anche in modo strano, bisticciavano continuamente ma quello che mi faceva impazzire di loro era che trovavano sempre nuovi modi per fare la pace, mi dispiaceva molto che io e Luke non avremmo più avuto la possibilità di vederli, al mio diciassettesimo compleanno avremo inscenato la nostra morte e saremo fuggiti nei boschi, del resto i nostri parenti e amici si sarebbero accorti del fatto che non saremo più cresciuti. E dopo qualche anno saremo tornati a vivere in qualche altra città dove nessuno ci avrebbe riconosciuto, per poi spostarci in un'altra e in un'altra ancora; ma i miei pensieri si erano interrotti dal suonare acuto della campanella di fine scuola, gli altri ragazzi si alzarono disordinatamente caricando gli zaini sulle spalle avviandosi verso l'uscita ma non io, ero rimasto altri due minuti a pensare ma quando mi accorsi che gli ultimi studenti rimasti mi stavano guardando mi misi ad uscire in velocità, raggiungendo Luke che mi stava aspettando per percorrere insieme il lungo viale che ci distanziava da dove avevamo parcheggiato le nostre auto
-Ehi- fece lui
-Ehi- gli risposi ancora assopito in quel pensiero
-Che hai?- sembrava preoccupato
-Niente-
-Non ti avevo mai visto tanto concentrato e allo stesso tempo distratto in vita mia-
-beh- ribattei io -Stavo pensando alla nostra vita quando lasceremo questa città, voglio dire che faremo dopo essere stati nei boschi, dove andremo? Dove staremo, nel senso dove abiteremo? Chi mai darebbe alloggio a due ragazzi? E poi ci sono i nostri amici, che faranno loro quando...
-ti stai facendo troppe pippe mentali, rilassati, ce ne occuperemo a momento debito- fece Luke aprendo un largo sorriso, proprio in quel momento passò Michael già in macchina, la sua vecchia golf bianca con una ammaccatura sul muso a destra e senza specchietto, perso in un parcheggio a Seattle, Michael era un ragazzo molto simpatico e popolare in quella scuola, sorrideva sempre e parlava apertamente con tutti, era biondo con i capelli con un ciuffo per aria com'era di moda in quel periodo, aveva gli occhi verdi scuri, una leggera barbetta dominava il suo mento simile a quello di un bambino. Quel giorno portava la giacca blu di prussia con le maniche panna della nostra scuola, un paio di jeans stretti e una canottiera sotto la giacca da dove sporgeva la collana che gli aveva regalato la sua ragazza Lindzay per il compleanno, avvenuto qualche settimana prima, forse due.
-Ehi ragazzi-
-Ehilà Josh- fece Luke -Come te la passi?-
-Non c'è male, non c'è male- fece lui -Ehi sentite adesso io, Josh, Leah e Lindzay andiamo fino alla spiaggia a farci una nuotata che fate? Volete unirvi?-
-Volentieri- feci io
-Si può fare- aggiunse Luke
-Bene, ci vediamo in strada fra una mezzoretta, okay?-
Prima che avessi potuto dare una risposta lui era già partito com'era solito fare, lasciando me e Luke soli che ci avviammo verso le nostre macchine.
La mia auto era un vecchio pick-up azzurrognolo che avevo sistemato l'estate scorsa, dalla carrozzeria era venuta via della vernice a brandelli e in alcune parti era arrugginita ma a me piaceva, dava al mezzo un'aspetto vissuto; comunque sia aprii la portiera, accesi la vettura e partii.
A casa avevo subito avvisato i miei zii della mia partenza e mi cambiai, mi misi un paio di bermuda blu scuri, una canottiera nera che mi era un po' lunga ma giusta di spalle con sopra una camicia a maniche corte a quadri azzurra, misi dentro uno zaino un costume da bagno, sempre a bermuda, non ero un tipo da costumi attillati, un termos con del te freddo, un tramezzino; mi misi in tasca il mio iPod e mi avviai alla porta prendendo anche la tavola da surf che era appoggiata vicino ad essa e partii.

La spiaggia era a circa una decina di chilometri ad est di Moonlight, era quasi esclusivamente una scogliera a strapiomdo sull'oceano, eccetto per una piccola baia nota praticamente solo a noi e ad altra poca gente; gli alberi di conifere la coronavano per tutta la lunghezza delle scogliere, per poi scendere anche sulla spiaggia accessibile solo grazie ad una piccola strada sterrata che, senza cartelli, si staccava da quella principale tre, quattro chilomerti prima.
Appena scesi dalla vettura mi accorsi con piacere che era anche venuta anche Renee, la sorella adottiva di Lindzay di quattro anni più piccola di noi, era una ragazzina di colore indomabile lei, con dei capelli ricci che gli coronavano la testa come la corona di un leone e due occhi molto, molto espressivi così scuri, così belli.
Appena mi vide urlò a squarciagola “Boris” correndomi in contro e abbracciandomi, io la sollevai la terra, in una specie di girotondo magico
-Ciao tesoro- le feci, lei si staccò subito dalla mia prese dicendomi apertamente e on una faccia imbronciata
-Credevo che non saresti più venuto
-Ti pare che io sia tipo da non venire?- le feci con un sorrisetto beffardo
-E che sarebbe quello stupido sorrisetto che hai?- mi chiese, non ci volle molto perché soppiammo a ridere come due pazzi
-Ciao Boris- era Lindzay che si avvicinava abbracciandomi, io ricambiai il suo abbraccio e dopo aver salutato tutti con abbracci e pacche sulle spalle Luke si fece avanti
-Allora che ne dite? Un bagnetto?- subito Renee si mise a saltare urlando “Si! Si! Si! Si!” vedendo Luke, Michael e Josh già mezzi nudi e le ragazze che si spogliavano lasciandosi addosso solo il bikini ricordai che io ero con i pantaloni, così dissi “Voi andate io mi metto il costume e vi raggiungo”, se fossimo stati solo noi maschi non mi sarei fatto tanti problemi, io non avevo niente che gli altri non avevano già visto ma con le ragazze era diverso, sopratutto con la piccola Renee; così mi misi dietro la mia macchina e mi tolsi in velocità pantaloncini e mutande, mettendoli dentro un sacchetto e mi misi il costume, allora uscii dal mio nascondiglio e mi tolsi anche la camici e la canottiera e corsi dai ragazzi già in acqua e si schizzavano e giocavano.
L'acqua era fresca, rinfrescante e limpida, sulla mia pelle da licantropo creava una piacevole sensazione di benessere. Renee mi saltò addosso in un abbraccio che ad apparenza sembrava durare infinito, ma forse durò solo qualche secondo
-Vieni! Vieni!- urlava la piccola -Portami dove non tocco!-
-Non si può proprio, signorina- feci io assumendo un buffo accento nobile
Lei allora provò a spingermi e a montarmi sopra per farmi cadere e poi, conoscendola, avrebbe insistito ancora con più decisione; come poteva pensare lei che solo spingendomi avrebbe potuto far cadere Quel colosso che ero io di più quasi trenta centimetri più alto di lei?
Ad un certo punto le sue suppliche vennero ascoltate e io, con in groppa Renee, e i miei compari ci allontanammo da riva finche lei non fu pienamente soddisfatta.
Restammo in mare ancora qualche tempo, sino a quando si erano fatte le quattro, allora rientrammo in terra; Renee ora si era concentrata nella costruzione di un castello di sabbia, le ragazze erano nel mezzo di una discussione sedute su alcuni asciugamani mentre io, Michael, Luke e Josh che intanto ci eravamo asciugati, tolti i costumi e rimessi solo i pantaloncini, stavamo giocando a calcio. Il tempo pareva essersi fermato, era una scena così bella, eravamo tutti felici e mi chiedevo se lo sarebbero stati anche quando io e Luke ce ne saremo andati, speravo con tutto il mio cuore che ci avrebbero dimenticato ma sapevo che non sarebbe mai successo, o meglio non nell'immediato futuro, la partita era terminata e ci sedemmo vicini alle ragazze, nuovamente bagnati come quando eravamo usciti dall'acqua, solo che ora era sudore
-Che schifo!- fece Lindzay
-La va te vi- fece Lea scandendo molto bene le sillabe, i loro ragazzi le stavano abbracciando e tutti noi, col sole che si stava unendo al mare, anche lui in un'abbraccio che era un tramonto dai migliaia di colori dietro di noi, scoppiammo a ridere, io feci a Luke “Questo intendevo quando avevo detto -Che faranno i nostri amici-”.

 

   
 
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